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Rapporto tra la preventiva escussione della società e la cartella nei confronti del socio

Ordinanza interlocutoria Cassazione n. 20494/2019
New York, Usa, Luglio 2018
Ph. Giacomo Porro / New York, Usa, Luglio 2018

Indice:

1. Principio di diritto

2. Il caso

3. La motivazione della sentenza

 

1. Principio di diritto

La Corte di Cassazione con ordinanza interlocutoria n. 20494, depositata il 30 luglio 2019 ha rinviato  all’esame delle Sezioni Unite il contrasto inerente la questione, di particolare importanza, sulla possibilità per il contribuente di far valere il beneficio di preventiva escussione con l’impugnazione della cartella di pagamento.

 

2. Il caso

La vicenda trae origine dalla ricezione da parte di un ex socio di una società in nome collettivo, in qualità di coobligato solidale, di una cartella con la quale si richiedeva il versamento di somme iscritte a ruolo derivanti da un avviso di accertamento relativo alla società.

A seguito di ciò, il contribuente presentava ricorso avverso predetta cartella lamentando la mancata notifica dell’atto presupposto della cartella.

Inoltre, il ricorrente lamentava, altresì, il fatto che l’Ufficio non avrebbe potuto chiedere le somme al socio, in virtù del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale, previsto dall’articolo 2304 codice civile.

 Le doglianze in esame venivano respinte sia dalla Commissione Provinciale che dalla Commissione Regionale; precisamente entrambi i giudici di merito, aderendo alla tesi dell’Amministrazione Finanziaria, osservavano che il beneficium excussionis atteneva alla fase della riscossione coattiva e non a quella della notifica della cartella di pagamento, la quale si pone, rispetto alla prima, come atto prodromico.

Avverso tale pronuncia, il contribuente ricorreva dinanzi la Suprema Corte, ribadendo che l’eccezione di mancata preventiva escussione del patrimonio è legittimamente proponibile con l’impugnazione della cartella di pagamento, atto che preannuncia l’esecuzione forzata.

I giudici di legittimità, con ordinanza n. 20494 depositata il 30 luglio 2019, hanno rimesso la causa all’esame del Primo Presidente affinché possa valutare l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite  per chiarire tale quaestio iuris, ossia se il contribuente possa far valere il beneficium excussionis con l’impugnazione della cartella di pagamento.

 

3. La motivazione della sentenza

La Corte di Cassazione nella ordinanza de qua, in via preliminare,  ha rilevato che, nel caso di specie, la preventiva escussione del patrimonio sociale, richiesta dall’articolo 2304 codice civile-  affinché il creditore di società in nome collettivo possa pretendere il pagamento dai singoli soci illimitatamente responsabili- non comporta la necessità per il creditore di sperimentare in ogni caso l’azione esecutiva sul patrimonio della società; difatti, tale necessità viene meno quando risulti aliunde dimostrata, da parte del creditore sociale, l’insufficienza di quel patrimonio per la realizzazione, almeno parziale, del credito.

A ciò va soggiunto che, nel caso de quo, poiché i giudici di legittimità hanno escluso che vi sia stato un accertamento sulla inesistenza del patrimonio della società partecipata,  si presenta  il problema di verificare se sia possibile per il contribuente far valere il beneficium excussionis con la impugnazione della cartella di pagamento.

Nella pronuncia di cui trattasi, il Supremo Consesso ha messo in evidenza che sul punto non vi è stata un’interpretazione uniforme da parte della Sezione tributaria della Suprema Corte.

Secondo un indirizzo risalente (cfr. Cass. n. 15713 del 12/8/2004; Cass. Sez. 6-5 n. 1040 del 16/1/2009; Cass., Sez. 6-5 n. 15966 del 29/7/2016), confermatosi fino al 2016 :”In tema di società’ in nome collettivo, il beneficio d’escussione disciplinato dall’articolo 2304 codice civile ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, consentendo al creditore di procedere coattivamente a carico del socio a condizione di aver infruttuosamente agito sui beni sociali, sicché non osta all’emissione e alla notifica al socio stesso, quale coobbligato solidale nella società’, di una cartella di pagamento, configurandosi quest’ultima non come atto esecutivo, ma conclusivo di un iter strumentale alla formazione del titolo esecutivo e all’esercizio dell’azione forzata” (Cass. n. 49 del 3/1/2014).

A tale ragionamento ermeneutico è giunta nuovamente la Suprema Corte in due recenti pronunce (Cass. n. 26549 del 21/12/2016; Cass., ord. n.1996 del 24/1/2019) nelle quali afferma che il tema della mancata preventiva escussione del patrimonio sociale non può riguardare la cartella esattoriale atteso che quest’ultima non è un atto esecutivo cui possa applicarsi l’articolo 2304 codice civile sul beneficium excussionis.

Alla base di tale iter logico vi è l’assunto del sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo, secondo il quale “[…]costituisce jus receptum il principio secondo cui la cartella di pagamento non può essere considerata atto esecutivo, perciò soggetto alla condizione di procedibilità di cui si discute, ma è piuttosto l’atto conclusivo dell’iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo prodromico all’esercizio dell’esecuzione forzata (Cass. ord. 12494 del 16/6/2016; Cass., ord. 12839 del 22/6/2015; Cass. 25764 del 5/12/2014), e preannuncia l’esercizio dell’azione esecutiva, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 2304 codice civile che disciplina il beneficium excussionis relativamente alla sola fase esecutiva”.

Al predetto filone giurisprudenziale si contrappone una seconda posizione interpretativa, espressa dalla Suprema Corte con sentenza n. 4959/2017 (seguita anche da Cass.n.23260/2018 e Cass.n. 2878/2019)  a rigore della quale,  in caso di ricorso al procedimento mediante ruolo, legittimamente il contribuente può opporre il beneficium excussionis qualora riceva la notificazione della cartella,  atteso che l’iscrizione a ruolo, avvenuta in violazione del beneficium excussionis è illegittima e, di conseguenza,  tale illegittimità si riverbera sulla notificazione della cartella, determinandone un vizio proprio. Da ciò ne discende che va dichiarata la nullità della cartella di pagamento notificata direttamente al socio di snc o di sas, senza la preventiva escussione del patrimonio sociale.

La conclusione a cui è giunto il Supremo Consesso, con la pronuncia n. 4959/2017, si basa sulle seguenti argomentazioni:

  • se si riserva l’eccezione del beneficio della preventiva escussione alla fase della esecuzione, il contribuente sarebbe sprovvisto di tutela, vista la preclusione alle opposizioni all’esecuzione e/o agli atti esecutivi dell’articolo 57 comma 1, lettera a) del DPR n. 602/73, limita la facoltà di opposizione all’esecuzione ex articolo 615 c.p.c. alla sola contestazione della pignorabilità dei beni;
  •  la cartella è, nel contempo, titolo esecutivo e precetto, dunque come è pacifico che non sia necessario attendere il pignoramento per eccepire la preventiva escussione, così, specularmente, non si può dubitare che, in materia tributaria, sia ammissibile impugnare la cartella per far valere il beneficio in questione.

Nell’ordinanza in questione (Cass. n. 20494/2019) i giudici di legittimità hanno messo in risalto che la prima argomentazione del vuoto di tutela emergente dall’articolo 57 del DPR 602/73 citato - cui si riferisce Cassazione n.4959 del 2017- è stato superato dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 114 del 2018, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 57 del DPR 602/73, nella parte in cui prevede che, nell’espropriazione forzata esattoriale, non sono ammesse le opposizioni all’esecuzione; pertanto, in sede ordinaria, il contribuente potrebbe dunque far valere la preventiva escussione.

In riferimento alla seconda argomentazione della citata sentenza del 2017(ovvero che la cartella è al contempo titolo esecutivo e precetto), i giudici di legittimità hanno sottolineato che la  cartella di pagamento altro non è che il ruolo (titolo esecutivo) relativo al singolo contribuente al quale essa è notificata , in base a quanto disposto dall’articolo 21 comma 1, Decreto legislativo n. 546/1992, che recita “la notificazione della cartella vale anche come notificazione del ruolo”, accompagnato dalla intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella (articolo 25 D.P.R. n. 602 del 1973 e articolo 6, D. M. n. 321 del 1999).

Ciò posto, secondo la giurisprudenza di legittimità “La tesi secondo cui, poiché la cartella di pagamento ingloba necessariamente anche una prima intimazione ad adempiere, per essa non dovrebbe valere il principio generale secondo cui il beneficio di preventiva escussione non preclude al debitore di munirsi del relativo titolo esecutivo, introduce un trattamento deteriore ai danni del Fisco, unico creditore non legittimato a munirsi previamente di un titolo esecutivo (senza dover attendere l’esito della escussione coattiva dei beni della società) da far valere nei confronti del socio illimitatamente responsabile, sia ai fini cautelari che di pronta esecuzione nel caso di esito infruttuoso della escussione dei beni sociali”.

L’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il beneficio della preventiva escussione può essere eccepito anche con l’opposizione all’atto di precetto può trovare applicazione, nello specifico ambito tributario, con l’ammissibilità della formulazione di tale eccezione in sede di impugnazione della intimazione ad adempiere-atto avente natura esclusiva di precetto - prevista dall’articolo 50 D.P.R. n. 602/1973.

A questo punto, la Corte di Cassazione nell’ordinanza in questione, ha focalizzato l’attenzione sulle peculiarità del processo tributario.

In primo luogo, la Suprema Corte ha messo in evidenza che se per il creditore ordinario non esistono termini di decadenza per la notificazione del titolo esecutivo (soggetto al solo termine di prescrizione), nell’ordinamento tributario la notificazione della cartella di pagamento è sottoposta ai rigorosi termini di decadenza previsti dall’articolo 25 D.P.R. n. 602/1973(entro due anni dalla data in cui sono divenuti definitivi gli accertamenti effettuati dall’Ufficio).

Ne discende pertanto che se all’Ufficio è inibita la notificazione della cartella di pagamento al socio prima della conclusione della procedura di escussione dei beni della società, si può verificare che al termine dell’escussione coattiva totalmente o parzialmente infruttuosa dei beni sociali, l’ente impositore si trovi nella impossibilità di riscuotere il proprio credito nei confronti del socio per intervenuta decorrenza dei termini di notificazione della cartella.

In secondo luogo, la questio iuris oggetto di esame della pronuncia in oggetto,  a parere dei giudici di legittimità , assume particolare rilievo  per il fatto che, secondo l’articolo 29 D.LEGGE n.78/2010, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, rubricato “Concentrazione della riscossione nell’accertamento”, risulta superata la distinzione tra avviso di accertamento e cartella di pagamento, per cui gli avvisi di accertamento emessi dal 1 ottobre 2011, concernenti le imposte dirette e l’I.V.A., relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 e successivi, costituiscono essi stessi atti della riscossione e titoli esecutivi, dovendo contenere anche l’intimazione ad adempiere all’obbligo di versamento degli importi indicati negli avvisi, o, in caso di presentazione di tempestivo ricorso, all’obbligo del pagamento a titolo provvisorio degli importi previsti dall’articolo 15 D.P.R. n.602/1973.

Appare evidente che, sottolinea il Supremo Consesso, tali problemi sono destinati a implementarsi con l’avvento dell’accertamento esecutivo, mediante il quale dopo la notifica dell’accertamento dovrà esserci subito il pignoramento (o una misura cautelare), essendo venuta meno la cartella di pagamento.

Per le ragioni poc’anzi esposte, stante il contrasto giurisprudenziale e la pregnanza della questione, è stato così interrogato il Primo Presidente per la rimessione alle Sezioni Unite.