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Se manca l’etilometro l’organo accertatore come può stabilire se il conducente del veicolo è in stato di ebbrezza?

Il metodo di accertamento sintomatico e suo valore probatorio
[Estratto da D’Apollo L., Le infrazioni al codice della strada, Giappichelli, 2009)

È orientamento consolidato che la prova dello stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcooliche può essere fornita anche attraverso elementi di giudizio diverso dall’etilometro, purché rilevati direttamente dal pubblico ufficiale operante e che costituiscano un insieme coerente ed univoco[1]. Nel caso in cui gli operanti ritengano di richiedere all’agente di sottoporsi al test, essi hanno l’obbligo di procedere con l’etilometro, unico strumento di controllo del tasso alcolico espressamente previsto dalla legge (art. 379 reg. esec. Cod. strada).

Accade infatti che l’etilometro non possa essere utilizzato: si pensi al caso di incidente laddove la pattuglia sopraggiunta non ha con sé lo strumento perché era destinata ad altre funzioni (es. controllo del territorio); ovvero il caso in cui nel sinistro la vittima ha un bisogno immediato di essere trasportata in ospedale. In tali ipotesi soccorrono i commi 4 e 5 del 186.

L’art. 186 comma 4 cod. strada stabilisce che in ogni caso d’incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool, gli organi di Polizia stradale hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento anche accompagnando il conducente del veicolo presso il più vicino ufficio o comando.

Ai sensi del successivo comma 5 per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge.

L’art. 379 reg. esec. Cod. strada al comma 3 attribuisce agli agenti accertamenti il compito di indicare, a seguito dell’accertamento o nel caso di rifiuto opposto dall’interessato, le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza. Lo stesso legislatore suggerisce due ipotesi da cui poter desumere lo stato d’ebbrezza: si tratta dello stato del soggetto e della condotta di guida.

Il concetto di “stato del soggetto” indicale ipotesi in cui lo stato d’ebbrezza può essere desunto dall’alito vinoso o alcolico, dall’alterazione della deambulazione, dai movimenti difficoltosi, dall’eloquio sconnesso o farfugliato[2].

Nella seconda ipotesi vengono ricondotti i casi di guida spericolata, pericolosa, in palese violazione delle regole di prudenza e sicurezza stradale.

In mancanza della prova legale fornita dall’etilometro, che da certezza scientifica dello stato d’ebbrezza, la valutazione è discrezionalmente affidata all’esperienza dell’agente accertatore.

Ci si chiede che valore abbia tale accertamento nell’ambito del giudizio penale seguente.

La dichiarazione dell’accertatore se confermata in dibattimento sarà utilizzabile come prova testimoniale nell’ambito del principio del libero convincimento del giudice.

per consolidata giurisprudenza di legittimità, la prova dello stato di ebbrezza del conducente può essere tratta - in assenza, nel processo penale, della previsione "di prove legali" e valendo, in detto processo, il principio del libero convincimento del giudice -, dalla valutazione di tutti i dati disponibili, ed in particolare di una serie di elementi sintomatici, nel novero dei quali rientra indubbiamente anche quello rappresentato da un’anomala condotta di guida (non diversamente giustificata) alla quale fa esplicito richiamo l’art. 379 Reg., comma 3, laddove si precisa che "resta fermo, in ogni caso, il compito dei verbalizzanti di indicare ... le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili, in particolare, dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida; così come vi rientra la percezione, da parte di testimoni, del cosiddetto "alito vinoso".

Cass., 14 giugno 2006, n. 20236.

L’orientamento della Cassazione ammette il pieno utilizzo degli accertamenti sintomatici dello stato d’ebbrezza affermando che sono compatibile con quanto stabilito dell’art. 354 comma 3 c.p.p. che conferisce, in caso di urgenza, il potere agli ufficiali di polizia giudiziaria di compiere i necessari accertamenti e rilievi sulla persona del soggetto:

L’accertamento effettuato dalla polizia sulla base dei dati sintomatici, peraltro, è compatibile con il disposto dell’art. 354 comma 3 c.p.p. che conferisce, in caso di urgenza, il potere agli ufficiali di polizia giudiziaria di compiere i necessari accertamenti e rilievi sulla persona del soggetto, senza violare l’art. 32 cost.

Cass., sez. IV, 28 marzo 1995, n. 5296, in Cass. pen., 1996, 1590.

Secondo la Cassazione i dati sintomatici riguardanti il comportamento del soggetto costituiscono una fonte di conoscenza diretta ed integrano una prova che può sostituire o integrare l’accertamento strumentale[3].

In difetto dell’esame alcolimetrico, per poter ritenere provato lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, occorre che gli elementi sintomatici di tale stato siano significativi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una assunzione di bevande alcoliche in quantità tale che si possa affermare il superamento della soglia prevista dalla legge, non bastando al riguardo l’esistenza di elementi sintomatici di significato ambiguo, inidonei a dimostrare, da soli, il superamento della soglia vietata.

Giud. Pace Chiasso, 10 gennaio 2006, n. 617.

Alla tesi dell’utilizzabilità della percezione sensoriale da parte del testimone si è eccepito che trattasi di un mero apprezzamento soggettivo od un giudizio.

Sul punto la Cassazione ha recentemente ribadito che:

la percezione, da parte del testimone, di un alito fortemente alcolico emanato dal conducente non costituisce, (…) un mero apprezzamento soggettivo od un giudizio, bensì un fatto oggettivo, percepito dal teste ex propriis sensibus (per mezzo dell’olfatto), utilizzabile al fine di prova ed avente valenza non difforme da quella riconoscibile alla percezione de visu di una determinata circostanza

Cass., 14 giugno 2006, n. 20236.

Dopo la novella del 2007 (Cd decreto Bianchi) ci si è chiesti se l’accertamento sintomatico sia ancora possibile.

Seconda una prima interpretazione, poiché la nuova norma incriminatrice utilizza, per tutte e tre le fattispecie l’espressione “qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore” ai livelli sopra indicati, ne dovrebbe conseguire la conclusione che lo stato di ebbrezza deve obbligatoriamente essere accertato coi mezzi previsti dal medesimo codice della strada, ossia con l’etilometro ovvero con mezzi ancora più precisi, come l’esame del sangue. In difetto, si dovrebbe assolvere per carenza di prova sull’elemento materiale del reato[4].

In particolare l’accertamento deve indicare con certezza il superamento del tasso alcolico dello 0,5: in mancanza di accertamento in tal senso il reato non è configurabile per carenza di un elemento essenziale del fatto tipico[5].

Si è d’altra parte affermato che se fosse corretta questa interpretazione, poiché la vecchia norma incriminatrice era da tempo pacificamente interpretata nel senso che lo stato di ebbrezza potesse essere accertato anche a mezzo di elementi sintomatici riferiti dagli agenti operanti[6], si dovrebbe concludere che la riforma ha comportato una sorta di parziale abolitio criminis per tutti i casi in cui l’accertamento non sia effettuato coi mezzi previsti

Altra ricostruzione[7], invece, ha sostenuto il permanere della punibilità di colui che mostri chiari segni rivelatori dell’influenza dell’alcool. Si è affermato che in tale caso sarà applicabile la pena relativa alla soglia più bassa del reato, in quanto pur avendo dimostrato la guida in stato d’ebbrezza, tuttavia non si è potuto quantificare la percentuale di alcol nel sangue secondo le indicazioni fornite dalla lett. a), b) o c) dell’art. 186.



[1] Cass., 9 maggio 2002 n. 6639; Cass., 30 luglio 2001 n. 30045.

[2] In tal senso si veda Cass. Sez. Un. 27 settembre 1995, n. 1299, in Arch. giur. circol. e sin., 1996, 91.

[3] Nello stesso senso Cass., sez. VI, 27 gennaio 2000, n. 2644, in Cass. pen., 2001, 1003, e Cass., sez. un., 27 settembre 1995, n. 1299, in Arch. giur. circol. e sin., 1996, 91, secondo cui Lo stato di ebbrezza del conducente di un autoveicolo può essere provato e accertato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell’art. 379 del regolamento di attuazione ed esecuzione del c. strad.. Invero, per il principio del libero convincimento, per l’assenza di prove legali e per la necessità che la prova non dipenda dalla discrezionalità dell’interessato, il giudice può desumere lo stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool da qualsiasi elemento sintomatico dell’ebbrezza, così come può disattendere l’esito fornito dall’"etilometro", ancorché risultante da due determinazioni del tasso alcolico concordanti ed effettuate a intervallo di cinque minuti, sempre che del suo convincimento fornisca motivazione logica ed esauriente.

[4] In tal senso Trib. Aosta 25 ottobre 2007 che nell’ambito di un patteggiamento relativo ad una pluralità di reati, ha assolto ai sensi dell’art. 129 c.p.p. l’imputato perché il fatto non costituisce più reato sulla base della seguente motivazione: “attesa la chiara attuale formulazione dell’art. 186 c.s., formulato in modo da presupporre l’accertamento dello stato di ebbrezza tramite l’alcoltest”.

[5] Sposano la tesi dell’abolitio criminis N. Canestrini – G. Guarini, Punibilità del reato di guida in stato di ebbrezza cd. sintomatico dopo la l. 160/07, in www.penale.it.

[6] Precisamente a partire da Cass. Sez. Un. 27 settembre 1995, in Guida dir., 1996, 93 che ha risolto in questo senso il contrasto introdotto con gli unici precedenti contrari, rappresentati da Cass., 07 maggio 1993, n. 9240 in Foro it.. 1994, II, 646 e Cass., 29 aprile 1994, n. 6969.

[7] In tal senso Trib. Trento, 17 settembre 2007, n. 668; Trib. Rovereto, 6 novembre 2007, n. 352, in http://www.penale.it.

[Estratto da D’Apollo L., Le infrazioni al codice della strada, Giappichelli, 2009)

È orientamento consolidato che la prova dello stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcooliche può essere fornita anche attraverso elementi di giudizio diverso dall’etilometro, purché rilevati direttamente dal pubblico ufficiale operante e che costituiscano un insieme coerente ed univoco[1]. Nel caso in cui gli operanti ritengano di richiedere all’agente di sottoporsi al test, essi hanno l’obbligo di procedere con l’etilometro, unico strumento di controllo del tasso alcolico espressamente previsto dalla legge (art. 379 reg. esec. Cod. strada).

Accade infatti che l’etilometro non possa essere utilizzato: si pensi al caso di incidente laddove la pattuglia sopraggiunta non ha con sé lo strumento perché era destinata ad altre funzioni (es. controllo del territorio); ovvero il caso in cui nel sinistro la vittima ha un bisogno immediato di essere trasportata in ospedale. In tali ipotesi soccorrono i commi 4 e 5 del 186.

L’art. 186 comma 4 cod. strada stabilisce che in ogni caso d’incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool, gli organi di Polizia stradale hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento anche accompagnando il conducente del veicolo presso il più vicino ufficio o comando.

Ai sensi del successivo comma 5 per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge.

L’art. 379 reg. esec. Cod. strada al comma 3 attribuisce agli agenti accertamenti il compito di indicare, a seguito dell’accertamento o nel caso di rifiuto opposto dall’interessato, le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza. Lo stesso legislatore suggerisce due ipotesi da cui poter desumere lo stato d’ebbrezza: si tratta dello stato del soggetto e della condotta di guida.

Il concetto di “stato del soggetto” indicale ipotesi in cui lo stato d’ebbrezza può essere desunto dall’alito vinoso o alcolico, dall’alterazione della deambulazione, dai movimenti difficoltosi, dall’eloquio sconnesso o farfugliato[2].

Nella seconda ipotesi vengono ricondotti i casi di guida spericolata, pericolosa, in palese violazione delle regole di prudenza e sicurezza stradale.

In mancanza della prova legale fornita dall’etilometro, che da certezza scientifica dello stato d’ebbrezza, la valutazione è discrezionalmente affidata all’esperienza dell’agente accertatore.

Ci si chiede che valore abbia tale accertamento nell’ambito del giudizio penale seguente.

La dichiarazione dell’accertatore se confermata in dibattimento sarà utilizzabile come prova testimoniale nell’ambito del principio del libero convincimento del giudice.

per consolidata giurisprudenza di legittimità, la prova dello stato di ebbrezza del conducente può essere tratta - in assenza, nel processo penale, della previsione "di prove legali" e valendo, in detto processo, il principio del libero convincimento del giudice -, dalla valutazione di tutti i dati disponibili, ed in particolare di una serie di elementi sintomatici, nel novero dei quali rientra indubbiamente anche quello rappresentato da un’anomala condotta di guida (non diversamente giustificata) alla quale fa esplicito richiamo l’art. 379 Reg., comma 3, laddove si precisa che "resta fermo, in ogni caso, il compito dei verbalizzanti di indicare ... le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili, in particolare, dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida; così come vi rientra la percezione, da parte di testimoni, del cosiddetto "alito vinoso".

Cass., 14 giugno 2006, n. 20236.

L’orientamento della Cassazione ammette il pieno utilizzo degli accertamenti sintomatici dello stato d’ebbrezza affermando che sono compatibile con quanto stabilito dell’art. 354 comma 3 c.p.p. che conferisce, in caso di urgenza, il potere agli ufficiali di polizia giudiziaria di compiere i necessari accertamenti e rilievi sulla persona del soggetto:

L’accertamento effettuato dalla polizia sulla base dei dati sintomatici, peraltro, è compatibile con il disposto dell’art. 354 comma 3 c.p.p. che conferisce, in caso di urgenza, il potere agli ufficiali di polizia giudiziaria di compiere i necessari accertamenti e rilievi sulla persona del soggetto, senza violare l’art. 32 cost.

Cass., sez. IV, 28 marzo 1995, n. 5296, in Cass. pen., 1996, 1590.

Secondo la Cassazione i dati sintomatici riguardanti il comportamento del soggetto costituiscono una fonte di conoscenza diretta ed integrano una prova che può sostituire o integrare l’accertamento strumentale[3].

In difetto dell’esame alcolimetrico, per poter ritenere provato lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, occorre che gli elementi sintomatici di tale stato siano significativi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di una assunzione di bevande alcoliche in quantità tale che si possa affermare il superamento della soglia prevista dalla legge, non bastando al riguardo l’esistenza di elementi sintomatici di significato ambiguo, inidonei a dimostrare, da soli, il superamento della soglia vietata.

Giud. Pace Chiasso, 10 gennaio 2006, n. 617.

Alla tesi dell’utilizzabilità della percezione sensoriale da parte del testimone si è eccepito che trattasi di un mero apprezzamento soggettivo od un giudizio.

Sul punto la Cassazione ha recentemente ribadito che:

la percezione, da parte del testimone, di un alito fortemente alcolico emanato dal conducente non costituisce, (…) un mero apprezzamento soggettivo od un giudizio, bensì un fatto oggettivo, percepito dal teste ex propriis sensibus (per mezzo dell’olfatto), utilizzabile al fine di prova ed avente valenza non difforme da quella riconoscibile alla percezione de visu di una determinata circostanza

Cass., 14 giugno 2006, n. 20236.

Dopo la novella del 2007 (Cd decreto Bianchi) ci si è chiesti se l’accertamento sintomatico sia ancora possibile.

Seconda una prima interpretazione, poiché la nuova norma incriminatrice utilizza, per tutte e tre le fattispecie l’espressione “qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore” ai livelli sopra indicati, ne dovrebbe conseguire la conclusione che lo stato di ebbrezza deve obbligatoriamente essere accertato coi mezzi previsti dal medesimo codice della strada, ossia con l’etilometro ovvero con mezzi ancora più precisi, come l’esame del sangue. In difetto, si dovrebbe assolvere per carenza di prova sull’elemento materiale del reato[4].

In particolare l’accertamento deve indicare con certezza il superamento del tasso alcolico dello 0,5: in mancanza di accertamento in tal senso il reato non è configurabile per carenza di un elemento essenziale del fatto tipico[5].

Si è d’altra parte affermato che se fosse corretta questa interpretazione, poiché la vecchia norma incriminatrice era da tempo pacificamente interpretata nel senso che lo stato di ebbrezza potesse essere accertato anche a mezzo di elementi sintomatici riferiti dagli agenti operanti[6], si dovrebbe concludere che la riforma ha comportato una sorta di parziale abolitio criminis per tutti i casi in cui l’accertamento non sia effettuato coi mezzi previsti

Altra ricostruzione[7], invece, ha sostenuto il permanere della punibilità di colui che mostri chiari segni rivelatori dell’influenza dell’alcool. Si è affermato che in tale caso sarà applicabile la pena relativa alla soglia più bassa del reato, in quanto pur avendo dimostrato la guida in stato d’ebbrezza, tuttavia non si è potuto quantificare la percentuale di alcol nel sangue secondo le indicazioni fornite dalla lett. a), b) o c) dell’art. 186.



[1] Cass., 9 maggio 2002 n. 6639; Cass., 30 luglio 2001 n. 30045.

[2] In tal senso si veda Cass. Sez. Un. 27 settembre 1995, n. 1299, in Arch. giur. circol. e sin., 1996, 91.

[3] Nello stesso senso Cass., sez. VI, 27 gennaio 2000, n. 2644, in Cass. pen., 2001, 1003, e Cass., sez. un., 27 settembre 1995, n. 1299, in Arch. giur. circol. e sin., 1996, 91, secondo cui Lo stato di ebbrezza del conducente di un autoveicolo può essere provato e accertato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell’art. 379 del regolamento di attuazione ed esecuzione del c. strad.. Invero, per il principio del libero convincimento, per l’assenza di prove legali e per la necessità che la prova non dipenda dalla discrezionalità dell’interessato, il giudice può desumere lo stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool da qualsiasi elemento sintomatico dell’ebbrezza, così come può disattendere l’esito fornito dall’"etilometro", ancorché risultante da due determinazioni del tasso alcolico concordanti ed effettuate a intervallo di cinque minuti, sempre che del suo convincimento fornisca motivazione logica ed esauriente.

[4] In tal senso Trib. Aosta 25 ottobre 2007 che nell’ambito di un patteggiamento relativo ad una pluralità di reati, ha assolto ai sensi dell’art. 129 c.p.p. l’imputato perché il fatto non costituisce più reato sulla base della seguente motivazione: “attesa la chiara attuale formulazione dell’art. 186 c.s., formulato in modo da presupporre l’accertamento dello stato di ebbrezza tramite l’alcoltest”.

[5] Sposano la tesi dell’abolitio criminis N. Canestrini – G. Guarini, Punibilità del reato di guida in stato di ebbrezza cd. sintomatico dopo la l. 160/07, in www.penale.it.

[6] Precisamente a partire da Cass. Sez. Un. 27 settembre 1995, in Guida dir., 1996, 93 che ha risolto in questo senso il contrasto introdotto con gli unici precedenti contrari, rappresentati da Cass., 07 maggio 1993, n. 9240 in Foro it.. 1994, II, 646 e Cass., 29 aprile 1994, n. 6969.

[7] In tal senso Trib. Trento, 17 settembre 2007, n. 668; Trib. Rovereto, 6 novembre 2007, n. 352, in http://www.penale.it.