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Stalking: ammonimento questorile e comunicazione dell’avvio del procedimento

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Abstract

Con riguardo alla legge sul procedimento amministrativo (Legge 241/1990), un aspetto particolarmente problematico, su cui la giurisprudenza si è a lungo interrogata, riguarda il rapporto esistente tra la comunicazione di avvio del procedimento, ex articolo 7 Legge 241/1990 e il provvedimento di ammonimento questorile, istituto di derivazione anglosassone, introdotto nel nostro ordinamento dal Decreto Legge 11/2009 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”.

Per risolvere tale querelle sarà essenziale, dopo aver svolto talune riflessioni in merito all’articolo 7, Legge 241/1990, procedere alla disamina del provvedimento ammonitorio, al fine di comprendere, alla luce della giurisprudenza più recente, se sussista o meno un obbligo di comunicare al soggetto interessato l’avvio del procedimento ammonitorio.

 

Indice

1. La comunicazione di avvio del procedimento

2. Il provvedimento di ammonimento questorile: focus sulla natura giuridica

3. La partecipazione dell’ammonendo al procedimento ammonitorio: orientamenti giurisprudenziali a confronto

4. Considerazioni conclusive

 

1. La comunicazione di avvio del procedimento

Dal punto di vista del diritto positivo, ai fini di un corretto inquadramento normativo del caso in esame, è opportuno premettere brevi cenni in merito alla partecipazione procedimentale.

La partecipazione del privato al procedimento amministrativo, introdotta per la prima volta con la Legge 241/1990, è un istituto cardine del diritto amministrativo, che assolve un duplice scopo. Si parla a tal proposito di partecipazione difensiva del privato - per indicare che il privato ha la possibilità di rappresentare nell’ambito del procedimento gli interessi che potrebbe addurre in un ipotetico processo amministrativo – e di partecipazione collaborativa, potendo il medesimo apportare informazioni potenzialmente utili all’istruttoria amministrativa, rendendola più completa, in ossequio ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, di cui all’articolo 97 Costituzione.

Lo strumento principale per attivare la partecipazione del privato è rappresentato dalla comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’articolo 7 Legge 241/1990, secondo il quale “Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi (articolo 7, Legge 241/1990).

Tale adempimento, che costituisce applicazione del principio del giusto procedimento, è previsto per tutti i procedimenti amministrativi, salvo che sussistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento (articolo 7 citato) ovvero in caso di provvedimenti vincolati (articolo 21-octies).

Nonostante la comunicazione di avvio del procedimento sia riconosciuta quale principio generale dell’ordinamento, con riguardo al caso di specie, è essenziale soffermarsi sulle cause di esclusione del predetto obbligo, tra le quali rileva in particolare l’adozione da parte della Pubblica Amministrazione di provvedimenti urgenti e cautelari (articolo 7, commi 1 e 2, Legge 241/1990).

Con riguardo ai primi, la giurisprudenza ha disposto la necessità di un’urgenza qualificata, precisando in ogni caso che la scelta della PA di derogare all’obbligo di comunicazione deve sempre essere motivata quanto ai presupposti di urgenza, eccezion fatta per taluni procedimenti – quali ad esempio le ordinanze sindacali urgenti ex articolo 54 T.U.E.L., e le informative prefettizie antimafia – in cui l’urgenza è in re ipsa (TAR Campania, Napoli, Sez. V, 23 marzo 2010, sent. n.1588; TAR Toscana, Sez. II, 4 marzo 2009, sent. n. 399).

Per quanto attiene invece ai provvedimenti cautelari, il dettato normativo dell’articolo 7, comma 2 Legge 241/1990, facoltizza la PA ad adottare tali provvedimenti prima della comunicazione di avvio del procedimento, sicché in tal caso l’obbligo di procedere alla comunicazione è solo posticipato, non omesso in toto (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 4 febbraio 2011, sent. n. 353).

 

2. Il provvedimento di ammonimento questorile: focus sulla natura giuridica

Operata questa premessa introduttiva, pare doveroso analizzare ora l’ammonimento questorile, figura di derivazione anglofona, inserita nel nostro ordinamento dal D.L. 23 febbraio 2008, n. 11, il cui articolo 8, comma 1 stabilisce che: “[…] fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’articolo 612 bis c.p., introdotto dall’articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all’Autorità di Pubblica Sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al Questore. Il Questore, assunte se necessarie informazioni dagli organi investigativi, e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale.

Trattasi in particolare di una misura di prevenzione, avente natura amministrativa, mediante la quale il Legislatore ha inteso punire gli autori di condotte vessatorie prima che l’aggravamento delle circostanze possa portare all’attivazione del procedimento penale per il delitto di stalking, di cui all’articolo 612 bis Codice Penale.

Da tale inquadramento ne consegue che, per l’adozione del decreto di ammonimento non è richiesta la piena prova circa la sussistenza del delitto di atti persecutori, ben potendo il primo essere adottato sulla base di un quadro istruttorio dal quale sia possibile desumere, anche solo su un piano indiziario, la pericolosità sociale del soggetto.

Con riguardo all’iter procedurale, il procedimento in esame è ad iniziativa di parte, in quanto è la persona offesa che si rivolge all’Autorità di Pubblica Sicurezza, esponendo i fatti e avanzando richiesta di ammonimento nei confronti del soggetto autore della condotta.

Una volta ricevuta l’istanza, il Questore pone in essere un’attività istruttoria, al fine di accertare la fondatezza dei fatti e valutare la pericolosità sociale del soggetto de quo. Laddove l’istanza sia ritenuta fondata, verrà quindi adottato il decreto orale di ammonimento, mediante il quale il Questore impone al soggetto interessato di tenere una determinata condotta, attiva od omissiva, conforme alla legge.

Infine, rileva considerare che l’istituto in esame è stato oggetto di recente analisi da parte del Consiglio di Stato, che ha statuito cheLa correlazione tra la disciplina amministrativa e quella penale, insieme alla finalità preventiva della disposizione, […] induce a ritenere che l’intervento del Questore non sia ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento. Dal primo punto di vista, infatti, esso è legittimato anche da condotte che, pur non possedendo gli stringenti requisiti di cui all’articolo 612 bis c.p., si rivelino potenzialmente atti ad assumere, sulla base della loro concreta manifestazione fenomenica, connotati delittuosi; dal secondo punto di vista, invece, è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione l’apprezzamento della fondatezza della richiesta, in relazione alla attendibilità dei fatti segnalati, e l’individuazione degli elementi di riscontro eventualmente necessari (Consiglio di Stato., Sez. III, 21 aprile 2020, sent. n. 2545).

 

3. La partecipazione dell’ammonendo al procedimento: orientamenti giurisprudenziali a confronto

Tanto considerato, è possibile ora analizzare la vexata quaestio oggetto del caso in esame, riguardante il rapporto esistente tra la comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’articolo 7 Legge 241/1990 e il procedimento ammonitorio, ex articolo 8, Decreto Legge 11/2008.

Sul punto è bene osservare che la problematica succitata, le cui conseguenze pratiche sono tutt’altro che irrilevanti con riguardo alla partecipazione procedimentale dell’ammonendo (rectius: contraddittorio), ha trovato nella giurisprudenza maggioritaria due soluzioni opposte.

Un primo filone giurisprudenziale – partendo dal presupposto che l’articolo 8, comma 1, Decreto Legge 11/2008 prevede che la richiesta di ammonimento sia inviata “senza ritardo al Questore” – ha inquadrato il provvedimento de quo nell’alveo dei provvedimenti cautelari, caratterizzati da un’urgenza in re ipsa. Ne segue pertanto che, proprio in ragione della natura cautelare, il provvedimento di ammonimento non è soggetto al rispetto delle garanzie procedimentali, essendo legittimo ancorché non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Milano, sez. I, 20 aprile 2017, sent. n. 918).

In tale direzione si è pronunciata la giurisprudenza più recente, secondo la quale “proprio in ragione della natura cautelare e della conseguente insita urgenza della misura – il provvedimento di ammonimento non [deve] essere necessariamente preceduto dall’avviso di avvio del procedimento e ciò in particolare quando dall’istruttoria compiuta dall’amministrazione siano emersi precisi indizi di una condotta aggressiva e disdicevole da parte del suo destinatario […]” (TAR Lombardia, Sez. III, 23 ottobre 2018, sent. n. 2371; T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 16 aprile 2018, sent. n. 2496).

Con tali pronunce i Sommi Giudici, partendo dal presupposto che la natura cautelare del provvedimento esclude in radice ogni possibile rilevanza invalidante della omessa comunicazione di avvio del procedimento, hanno quindi affermato la legittimità di un decreto di ammonimento questorile, ancorché adottato in assenza della comunicazione predetta.

Diversamente, un secondo orientamento ha ritenuto invece applicabile all’ammonimento questorile la comunicazione di avvio del procedimento, norma di portata generale, prevista per tutti i procedimenti amministrativi, salvo che sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento” (articolo 7 citato).

In particolare, secondo questa tesi, la sussistenza di eventuali ragioni di urgenza, tale da impedire l’invio della comunicazione predetta, non può affatto presumersi iuris et de iure dalla natura cautelare dell’ammonimento, ma al contrario, deve sussistere in concreto e trovare puntuale riscontro nella motivazione del provvedimento stesso (Consiglio di Stato Sez. III, 21 ottobre 2011, sent. n.5676; Consiglio di Stato Sez. III, 09 luglio 2018, sent. n.4187).

È pertanto necessario, secondo tale opzione ermeneutica, che siano sempre congruamente documentate le specifiche e concrete esigenze di celerità che, nel caso di specie, hanno impedito la comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’articolo 7 L.241/1990, pena l’illegittimità dello stesso.

A questo orientamento, sine ullo dubio più condivisibile, ha aderito di recente il Consiglio di Stato, con la pronuncia n.2108 del 29.03.2019, rilevando che “Con più specifico riguardo alle disposizioni di cui agli artt. 7 e 10-bis della l. n. 241 del 1990, la giurisprudenza di questo Consiglio è dunque orientata nel senso che ove non sussistano specifiche ragioni di urgenza da indicare nell’atto, l’Amministrazione deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ammonimento e ciò in quanto, pur presentando il procedimento de quo dei tratti di specialità, in assenza di espressa deroga, devono trovare applicazione le garanzie di partecipazione procedimentale e deve essere concessa la possibilità all’interessato di palesare il proprio punto di vista (vedi Cons. Stato. sez. III, n. 5676/2011 citata; Cons. Stato, Sez. III, n. 4187/2018 citata).

Il Sommo Collegio, con la sentenza in esame, ha inoltre disposto l’ annullamento della pronuncia di primo grado, osservando che “La sentenza di primo grado si disallinea dall’impostazione di principio sin qui evocata ed è pertanto in parte qua certamente censurabile, in quanto motiva la superfluità dell’avviso di avvio del procedimento in ragione della natura cautelare del provvedimento di ammonimento e, quindi, sulla base di una valutazione per categorie generali di atti che non trova conforto nel quadro delle coordinate ermeneutiche innanzi tratteggiate”.

 

4. Considerazioni conclusive

Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile svolgere le seguenti conclusioni.

La logica preventiva propria dell’ammonimento questorile, che indefettibilmente caratterizza il provvedimento de quo, non consente tuttavia di sottrarre quest’ultimo dal complesso di principi di garanzia procedimentale posti a presidio del corretto esercizio del potere amministrativo, primi tra questi l’obbligo della motivazione (Cons. Stato, sez. III, n. 1085/2019) e del contraddittorio procedimentale (Cons. Stato, sez. III, n. 4187/2018).

Ne consegue pertanto che, in assenza di puntuale motivazione circa i casi di urgenza, è da considerarsi illegittimo il decreto di ammonimento questorile adottato in assenza di comunicazione procedimentale, di cui all’articolo 7 Legge 241/1990.

Tale soluzione, a ben vedere, realizza un congruo bilanciamento tra la finalità preventiva dell’istituto in esame e l’esigenza di garanzia del contraddittorio, di cui l’articolo 7 Legge 241/1990 ne è fondamentale declinazione.