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Lo stalking in condominio

al di là del blu
Ph. Fabio Toto / al di là del blu

Con una recente sentenza (Sez. V^ Pen. Sent. 9221 del 22 settembre 2021) il Tribunale di Milano ha deciso un caso di atti persecutori - art. 612 bis C.P. - il cosiddetto stalking - verificatosi in un condominio, tra due “consiglieri”.

 

Gli episodi incriminati

Dalla succinta esposizione dei fatti, la vicenda parrebbe trarre spunto dal fatto che a seguito del cambio di amministratore, quello uscente ha ottenuto un decreto ingiuntivo di pagamento per una certa somma che è stata poi suddivisa tra i condomini.

Uno dei due consiglieri ha dapprima accusato l’altro di aver contribuito alla sottrazione delle somme, chiedendogli di rimborsare personalmente quanto i condomini avessero versato all’amministratore uscente, per poi passare alle vie di fatto assumendo una serie di atteggiamenti sfociati in ripetuti episodi di violenza verbale e fisica durante un ristretto lasso di tempo.

Valutati nella loro complessività e nella loro collocazione temporale in un ristretto periodo di tempo, tali comportamenti hanno portato la procura della repubblica a contestare al condomino stalker il reato di atti persecutori.

 

Il reato di stalking

La commissione del reato contestato al condomino condannato è stata evidentemente agevolata dal fatto che i due contendenti vivessero nello stesso condominio ed addirittura uno nell’appartamento sovrastante a quello dell’altro. Tale circostanza non è assolutamente di poco conto perché in pratica i due erano “costretti” a vedersi o sentirsi praticamente in qualsiasi momento della giornata, così di fatto agevolando lo stalker nell’esecuzione del proprio disegno criminoso e mettendo specularmente il perseguitato nella condizione di non potersi praticamente sottrarre alle angherie perpetrate nei sui confronti.

Si tenga conto, per esempio, che, come nel più classico caso di diverbi condominiali, una delle varie liti è nata dal fatto che stendendo la biancheria sul balcone del piano superiore una camicia sarebbe caduta su quello sottostante. In un’altra lo stalker avrebbe percosso la sua vittima in ascensore e così via.

La vittima in un primo tempo si è fatta ospitare da parenti ed amici per sottrarsi alle violenze ed addirittura, una volta rientrata a casa, per raggiungere il proprio appartamento utilizzava i solai di collegamento tra le varie scale anziché la sua scala, pur di non passare di fronte alla porta del proprio persecutore e incontrarlo.

L’art. 612 bis C.P. sanziona “... chiunque, con condotte reiterate minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Per integrare il reato di stalking, pertanto, devono sussistere almeno due dei tre specifici comportamenti descritti: 1) minacce o molestie che cagionino alla vittima stati d’ansia o di paura; 2) minacce o molestie che facciano temere per la propria incolumità, o quella di un proprio caro, e 3) minacce o molestie che costringano la vittima a mutare le proprie abitudini di vita.

 

I requisiti del reato di stalking

L’elemento oggettivo del reato di stalking è il dolo generico, per la cui prova, naturalmente, non si è resa necessaria un’articolata istruttoria, mentre per l’elemento oggettivo il Tribunale ha acquisito la documentazione medica, quella fotografica e le prove testimoniali sui fatti contestati.

Ebbene, essendo state provate sia le ripetute minacce, anche di morte, sia le violenze fisiche, comprovate da certificazioni mediche, che, soprattutto, il mutamento delle abitudini di vita del condomino vittima dei suddetti atti, il Tribunale ha conseguentemente riconosciuto la penale responsabilità dell’imputato condannandolo anche al risarcimento dei danni. In particolare il Giudice avendo rilevato “… la sussistenza di almeno due degli eventi da cui la norma incriminatrice fa discendere l’esistenza del delitto di atti persecutori coincidenti sia con il mutamento delle proprie abitudini di vita, sia con il suo perdurante stato di ansia e paura, indissolubilmente mescolato al timore di aggressioni e ritorsioni da parte dell’imputato ragionevolmente alimentato dai comportamenti tenuti da quest’ultimo e soprattutto dalla reiterazione delle minacce di morte e di ritorsione ampiamente documentate” ha motivato la propria decisione facendo perno sul “… progressivo ripiegamento in se stesso descritto dalla vittima, così come i suoi tentativi di sottrarsi alla presenza dell’imputato mutando orari di entrata/uscita, percorsi all’interno dello stabile in cui vi è casa sua, ma pure la frequente ricerca, all’epoca dei fatti, di ospitalità e conforto dagli amici che lo vedevano star male e vivere in preda all’ansia …”.

 

I precedenti giurisprudenziali

La sentenza, peraltro, si riporta ad un’ormai consolidata interpretazione della Corte di Cassazione secondo la quale “è configurabile il delitto di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto … e che la reiterazione di questi … sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice” (Cass. Pen. Sez. V n. 38306 del 13.6.2016) successivamente confermata anche da altre pronunce sia di legittimità tra cui viene segnalata la sentenza n. 10111/2016 (Cass. Pen. Sez. V del 22.1.2018) secondo la quale “… ai fini dell’individuazione del cambiamento delle abitudini di vita, che costituisce uno dei tre possibili eventi alternativi contemplati dalla fattispecie criminosa di cui all’art. 612 bis C.P. occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate”.

 

E la posizione dell’amministratore?

È evidente che in casi del genere l’amministratore di condominio, che “purtroppo” è la prima figura a cui si rivolgono i condomini, non ha a disposizione nessuno strumento idoneo per evitare l’insorgere di situazioni del genere o, per lo meno, per farle terminare. Al massimo potrebbe sollecitare bonariamente lo stalker di mantenere comportamenti consoni al regolamento di condominio, ma nulla di più. Pertanto ai condomini-vittime non rimane altro che rivolgersi immediatamente alle competenti forze dell’ordine, per far cessare ogni comportamento molesto che integri il reato di atti persecutori.