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Stalking: configurabile nel caso di molestie per interposta persona

Atti persecutori tramite molestie “indirette”
atti persecutori - stalking
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Stalking: configurabile nel caso di molestie per interposta persona

La Corte di cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 31596, depositata il 24 agosto 2022, ha ribadito la configurabilità dello stalking tramite le molestie “indirette”.

Ai fini della integrazione della condotta tipica di atti persecutori (stalking) prevista dall’art. 612-bis c.p. rilevano anche le molestie “indirette”, ossia comunicazioni di carattere molesto o minatorio dirette a destinatari diversi dalla persona offesa ma a quest’ultima legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.

La condotta dello “stalker” si concretizza anche con la reiterata e assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso o minatorio, oggettivamente irridenti ed enfatizzanti la patologia della persona offesa, diretta a plurimi destinatari ad essa legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l'agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza, della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.

La Suprema Corte, quinta sezione penale, con la sentenza n. 26456, udienza 9 giugno 2022, depositata l’8 luglio 2022 ha annullato con rinvio la sentenza di merito che non aveva valutato con attenzione che integra comunque il delitto di atti persecutori (stalking) il pressing insostenibile che l’uomo esercita sulla migliore amica della ragazza che ha messo nel mirino. E ciò perché crea comunque uno stato di ansia o di paura quando la vittima ne viene informata per il rapporto di vicinanza che ha con la destinataria dei messaggi indesiderati.

Le pressioni dello stalker sull’amica del cuore: su WhatsApp inducono di nuovo nella persona offesa «un grave e perdurante stato di paura», che è uno dei presupposti alternativi richiesti dalla norma incriminatrice per la configurabilità del reato accanto all’alterazione delle abitudini di vita della vittima.

E per i quali possono avere rilievo anche comportamenti indirizzati soltanto in modo indiretto contro la persona offesa: il persecutore agisce nella ragionevole convinzione che la vittima ne sia poi informata; l’evento perseguito dalla norma incriminatrice, d’altronde, deve essere il risultato della condotta illecita valutata nel suo complesso.

Pertanto per pacifica interpretazione, nel reato di atti persecutori (stalking) può non esservi coincidenza tra soggetto passivo e destinatario materiale della condotta, in quanto lo stato di ansia, paura o timore, che integra la fattispecie, può essere indotto nel primo anche da comportamenti ai danni di terze persone, legate alla vittima da vincoli qualificati; occorre però, in questo caso, che l'autore del fatto agisca nella consapevolezza che la vittima certamente sarà posta a conoscenza della sua attività intrusiva e persecutoria, volta a condizionarne indirettamente le abitudini di vita, e occorre, ai fini della consumazione, che tale conoscenza condizionante si sia avuta (Sez. 5, n. 8919 del 16/02/2021, F., Rv. 280497-01; Sez. 3, n. 1629 del 06/10/2015, dep. 2016, V., Rv. 265809-01).

Atti persecutori (stalking): a questo indirizzo trovate la norma e una rassegna della giurisprudenza della cassazione tratta dal codice penale commentato dal dott. Vincenzo Giglio: