TAR: revoca degli atti di gara per l’aggiudicazione di un contratto
La revoca degli atti di gara per l’aggiudicazione di un contratto è consentita soltanto laddove sussistano motivi di pubblico interesse, da esplicitare nel provvedimento, che sconsiglino la prosecuzione dell’iter concorsuale rendendone evidente l’opportunità; e ciò anche qualora vi sia già stata l’aggiudicazione e la revoca si concretizzi attraverso la non approvazione degli atti di gara e del relativo verbale.
In via generale la giurisprudenza subordina la legittimità del potere discrezionale di revoca ad aggiudicazione già perfezionata all’accertamento della sussistenza di gravi motivi di opportunità e all’adozione di modalità di attuazione volte a ledere nella minor misura possibile le ormai consolidate aspettative del privato contraente; di converso, nell’ipotesi in cui l’aggiudicazione non sia ancora venuta, si applica il principio in base al quale dallo svolgimento della procedura di scelta del contraente non deriva l’obbligo di concludere il contratto, quando possa ravvisarsi che tale scelta non è più conforme all’interesse pubblico.
La stazione appaltante deve raffrontare l’interesse pubblico che sarebbe stato perseguito attraverso la conclusione della originaria procedura e quello che si pone come realizzabile per il tramite della nuova procedura, poiché soltanto per il tramite di una simile analisi comparativa può ritenersi esaurientemente compiuta l’attività di supporto istruttorio ed assolto l’obbligo di motivazione del provvedimento di autotutela.
L’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241/1990, ha portata generale e trova sicura applicazione anche nel caso dei procedimenti c.d. di secondo grado, non potendosi escludere l’utilità di un apporto partecipativo dell’interessato alla fase istruttoria ai fini dell’esatto accertamento del fatto assunto a presupposto dell’esercizio del potere di autotutela.
In sostanza la comunicazione dell’avvio del procedimento è necessaria quando il provvedimento caducatorio sia fondato su valutazioni discrezionali ovvero sull’accertamento di circostanze di fatto variamente apprezzabili. In tali ipotesi infatti la comunicazione è indispensabile per permettere all’interessato di contribuire alla corretta e giusta formazione della volontà di provvedere da parte dell’Amministrazione, mediante la presentazione di memorie, osservazioni e controdeduzioni; tale obbligo invece non sussisterebbe qualora si tratti di un provvedimento basato su presupposti verificabili in modo immediato ed univoco, per i quali le esigenze di garanzia e trasparenza, sottese a tale formalità, recedono e riprendono piena espansione i criteri d’economicità e di speditezza da cui è retta l’azione amministrativa.
(Tribunale Amministrativo Regionale - Lazio, Roma, Sezione I bis, Sentenza 23 ottobre 2006, n. 10900).
[Dott. Francesco Navaro]
La revoca degli atti di gara per l’aggiudicazione di un contratto è consentita soltanto laddove sussistano motivi di pubblico interesse, da esplicitare nel provvedimento, che sconsiglino la prosecuzione dell’iter concorsuale rendendone evidente l’opportunità; e ciò anche qualora vi sia già stata l’aggiudicazione e la revoca si concretizzi attraverso la non approvazione degli atti di gara e del relativo verbale.
In via generale la giurisprudenza subordina la legittimità del potere discrezionale di revoca ad aggiudicazione già perfezionata all’accertamento della sussistenza di gravi motivi di opportunità e all’adozione di modalità di attuazione volte a ledere nella minor misura possibile le ormai consolidate aspettative del privato contraente; di converso, nell’ipotesi in cui l’aggiudicazione non sia ancora venuta, si applica il principio in base al quale dallo svolgimento della procedura di scelta del contraente non deriva l’obbligo di concludere il contratto, quando possa ravvisarsi che tale scelta non è più conforme all’interesse pubblico.
La stazione appaltante deve raffrontare l’interesse pubblico che sarebbe stato perseguito attraverso la conclusione della originaria procedura e quello che si pone come realizzabile per il tramite della nuova procedura, poiché soltanto per il tramite di una simile analisi comparativa può ritenersi esaurientemente compiuta l’attività di supporto istruttorio ed assolto l’obbligo di motivazione del provvedimento di autotutela.
L’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241/1990, ha portata generale e trova sicura applicazione anche nel caso dei procedimenti c.d. di secondo grado, non potendosi escludere l’utilità di un apporto partecipativo dell’interessato alla fase istruttoria ai fini dell’esatto accertamento del fatto assunto a presupposto dell’esercizio del potere di autotutela.
In sostanza la comunicazione dell’avvio del procedimento è necessaria quando il provvedimento caducatorio sia fondato su valutazioni discrezionali ovvero sull’accertamento di circostanze di fatto variamente apprezzabili. In tali ipotesi infatti la comunicazione è indispensabile per permettere all’interessato di contribuire alla corretta e giusta formazione della volontà di provvedere da parte dell’Amministrazione, mediante la presentazione di memorie, osservazioni e controdeduzioni; tale obbligo invece non sussisterebbe qualora si tratti di un provvedimento basato su presupposti verificabili in modo immediato ed univoco, per i quali le esigenze di garanzia e trasparenza, sottese a tale formalità, recedono e riprendono piena espansione i criteri d’economicità e di speditezza da cui è retta l’azione amministrativa.
(Tribunale Amministrativo Regionale - Lazio, Roma, Sezione I bis, Sentenza 23 ottobre 2006, n. 10900).
[Dott. Francesco Navaro]