Testamento - Cassazione Civile: i beni lasciati in legato non possono essere sottoposti senza limite di tempo ad un vincolo di destinazione

Testamento - Cassazione Civile: i beni lasciati in legato non possono essere sottoposti senza limite di tempo ad un vincolo di destinazione
Testamento - Cassazione Civile: i beni lasciati in legato non possono essere sottoposti senza limite di tempo ad un vincolo di destinazione

La controversia

La controversia nasce nell’ambito di una disposizione testamentaria, con la quale la testatrice aveva disposto un legato a favore di una Casa di Riposo, ad amministrazione comunale, costituito da vari terreni ed una villa padronale, il tutto gravato da un perpetuo vincolo di non alienazione ed alla condizione che l’immobile fosse adibito a casa di riposo per indigenti.

 

Le parti

A seguito della morte dell’erede ed esecutore testamentario della testatrice, agivano in giudizio, avanti il Tribunale di Udine, gli eredi legittimi di quest’ultimo richiedendo la risoluzione dell’attribuzione testamentaria per inadempimento del legatario e la conseguente retrocessione del bene in loro favore.

E nel caso in cui fosse accertata l’illegittimità del vincolo di inalienabilità, chiedevano la dichiarazione di nullità del legato.

Di contro, il Comune, convenuto in giudizio quale titolare e legale rappresentante della Casa di Riposo, chiedeva il rigetto delle domande attrici ed eccepiva l’usucapione della proprietà dei beni legati.

 

I primi giudizi di merito

Dopo essere state rigettate dal Tribunale, le pretese degli eredi vengono accolte dalla Corte d’Appello di Trieste, che dichiara la risoluzione del legato per inadempimento del convenuto e dispone la retrocessione della proprietà dei beni a favore degli eredi.

Il ricorso e la riassunzione

Avverso la decisione della Corte territoriale, il Comune ricorre in Cassazione che annulla la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della Corte d’Appello.

La causa, riassunta, viene nuovamente decisa dalla Corte d’Appello di Trieste, la quale dichiara infondate le pretese degli eredi, dal momento che l’azione di risoluzione si era prescritta, essendo ormai passati anni da quando, in risposta ad una lettera di contestazione che lamentava la non conforme destinazione degli immobili alla finalità imposta con il legato, il Comune aveva risposto che avrebbe adempiuto appena “le proprie condizioni finanziarie l’avessero consentito”, dichiarazione che la Corte ritiene da definirsi come meramente potestativa e, dunque, integrante l’inadempimento all’onere del legato.

Aggiungeva, oltretutto, che la disposizione testamentaria non poteva essere dichiarata nulla in ragione del divieto di alienazione, dal momento che questo era propedeutico alla finale destinazione dei beni.

 

Il ricorso in Cassazione

Gli eredi ricorrono in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello nell’interpretare le dichiarazioni del Comune ne abbia stravolto il significato, infatti, la volontà di non adempiere del Comune poteva rilevarsi solo nel momento in cui fosse stata chiara l’intenzione di questo di tenere una condotta incompatibile con quanto disposto dalla testatrice, quindi nel momento in cui aveva espresso l’intenzione di vendere i beni.

Inoltre, ritengono che la Corte non abbia tenuto conto del legame esistente tra il vincolo di inalienabilità ed il vincolo di destinazione errando così nel giudicare non proponibile la domanda di nullità dell’intero legato per l’illiceità del vincolo di inalienabilità, dal momento che questo vincolo, in quanto propedeutico alla destinazione dei beni, era da considerarsi unico motivo determinante l’attribuzione patrimoniale gratuita.

 

Decisione della Cassazione

Soffermandosi sull’ultimo motivo di ricorso proposto dagli eredi, la Cassazione rileva che il divieto di alienazione è consentito solo se “contenuto entro convenienti limiti di tempo” e risponda “a un apprezzabile interesse di una delle parti”.

Sulla base di ciò, la Cassazione afferma che la Corte territoriale non ha tenuto conto che un vincolo perpetuo di destinazione si traduce in un altrettanto perpetuo vincolo di circolazione, dal momento che, pena l’inadempienza dell’onerato, i beni saranno alienabili solo se gravati dal medesimo vincolo di destinazione, che dovrà essere riprodotto in una apposita clausola.

Dichiara, quindi, nulla per violazione dell’articolo 1379 del Codice Civile, sui limiti del divieto convenzionale di alienazione “l’attribuzione patrimoniale gratuita di un bene sottoposto senza limiti di tempo ad un dato vincolo di destinazione”.

Pertanto, accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con nuovo rinvio alla Corte d’Appello di Trieste.

(Corte di Cassazione - Seconda Sezione, Sentenza 20 giugno 2017, n. 15240)