Tribunale Barcellona PdG: violazione obblighi correttezza, trasparenza e adeguata informativa della banca

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (in provincia di Messina) ha accolto la domanda risarcitoria formulata da un utente nei confronti di una SIM (società di intermediazione mobiliare) per il risarcimento dei danni cagionati dalla violazione degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario nello svolgimento della propria attività.


Tre sono i punti salienti della sentenza:


a. vessatorietà della clausola di arbitrato irrituale, contenuta nel contratto stipulato tra l’investitore e la SIM, con conseguente declaratoria di competenza del Tribunale del luogo di residenza del consumatore, ai sensi dell’art. 1469- bis, n. 19, del codice civile;


b. violazione dei doveri posti a carico della SIM dall’art. 21 del Testo Unico della Finanza (TUIF);


c. risoluzione per grave inadempimento del contratto stipulato tra il consumatore e la SIM, con conseguente diritto del primo al risarcimento del danno da parte della seconda.


Particolare interesse assume l’affermazione del Tribunale secondo la quale “il rapporto tra intermediari ed investitori è caratterizzato da strutturali problemi di asimmetria informativa”. Da tale assunto nasce come logica conseguenza che anche in presenza di un investitore mediamente più “esperto” (come quello parte del giudizio che si esamina) gli intermediari hanno l’obbligo di osservare rigorosamente gli obblighi di informazione di cui all’art. 21 del TUIF, non potendo “scaricare” sul cliente l’onere (ed i costi) di una completa ed esaustiva informazione in merito ai servizi di investimento ed ai prodotti finanziari offerti.


L’articolo 21 prevede infatti, tra l’altro, che “Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano adeguatamente informati”.


Con riferimento all’articolo 21, lettera b) del TUIF, il Giudice precisa altresì come esso individui “con riferimento all’elemento informativo, due momenti concorrenti e funzionalmente collegati: l’uno preliminare di ascolto del cliente finalizzato alla raccolta delle informazioni necessarie; l’altro attivo di adeguata illustrazione della natura del servizio e dei rischi connessi”. A tale riguardo, si precisa come, se è vero che la legge non specifica quando l’informazione all’investitore possa ritenersi “adeguata”, è altrettanto vero che la stessa deve sostanziarsi in qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto agli elementi “la cui elargizione costituisce l’adempimento dell’obbligo della trasparenza” in sede di conclusione dei contratti in generale.

Pertanto, nel caso di specie - e in ciò si sostanzia la violazione dell’art. 21 del TUIF - “non basta prevedere genericamente in sede di stipula ad es. che il contratto di short selling ove abbia ad oggetto titoli che incorporano cedole di prossimo distacco segua una predeterminata disciplina (art. 5.5 del contratto del 3.10.03), poiché un siffatto onere informativo non sarebbe altro che una delle manifestazioni del generale dovere di trasparenza e di correttezza e buona fede in sede di conclusione del contratto. Il dovere di informazione, come manifestazione di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente messi al corrente dell’operazione che pongono in essere, richiede evidentemente qualcosa di più. E allora è necessario che l’attenzione del cliente sia richiamata sulle peculiari caratteristiche del titolo e sulle relative conseguenze, onde evitare che il cliente medesimo possa riporre aspettative erronee che possono esporlo a rischio di perdite”.


Tale dovere di informazione, come sopra detto, riguarda tutti gli investitori, anche quelli “esperti”. Il TUIF, d’altro canto, non distingue tra “investitore esperto” e “investitore inesperto”; piuttosto esonera da una più penetrante protezione normativa la categoria dei cd. “operatori qualificati”, che comprende, ai sensi dell’art. 31, comma 2, del Regolamento Consob n. 11522/1998, gli intermediari autorizzati, le SGR, le SICAV, i fondi pensione, le Compagnie di assicurazione, etc., nonché “ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante”.



Ultimo aspetto da rilevare è quello della sanzione applicare all’inadempimento del suddetto obbligo di informazione.

Ritiene il Tribunale di aderire all’indirizzo giurisprudenziale che sanziona tale inadempimento con la risoluzione, e conseguente risarcimento del danno, contro il filone giurisprudenziale che persegue la strada della nullità-restituzione.


(Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Sentenza 17 novembre 2005, Dr. A. Lanza Volpe - Presidente, Dr.ssa M. Salvo - Dr. A. Zappala)


[Commento e sentenza cortesemente inviati dagli Avvocati Antonio Tanza e Floriana Cassetta]


Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (in provincia di Messina) ha accolto la domanda risarcitoria formulata da un utente nei confronti di una SIM (società di intermediazione mobiliare) per il risarcimento dei danni cagionati dalla violazione degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario nello svolgimento della propria attività.



Tre sono i punti salienti della sentenza:


a. vessatorietà della clausola di arbitrato irrituale, contenuta nel contratto stipulato tra l’investitore e la SIM, con conseguente declaratoria di competenza del Tribunale del luogo di residenza del consumatore, ai sensi dell’art. 1469- bis, n. 19, del codice civile;


b. violazione dei doveri posti a carico della SIM dall’art. 21 del Testo Unico della Finanza (TUIF);


c. risoluzione per grave inadempimento del contratto stipulato tra il consumatore e la SIM, con conseguente diritto del primo al risarcimento del danno da parte della seconda.


Particolare interesse assume l’affermazione del Tribunale secondo la quale “il rapporto tra intermediari ed investitori è caratterizzato da strutturali problemi di asimmetria informativa”. Da tale assunto nasce come logica conseguenza che anche in presenza di un investitore mediamente più “esperto” (come quello parte del giudizio che si esamina) gli intermediari hanno l’obbligo di osservare rigorosamente gli obblighi di informazione di cui all’art. 21 del TUIF, non potendo “scaricare” sul cliente l’onere (ed i costi) di una completa ed esaustiva informazione in merito ai servizi di investimento ed ai prodotti finanziari offerti.


L’articolo 21 prevede infatti, tra l’altro, che “Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano adeguatamente informati”.


Con riferimento all’articolo 21, lettera b) del TUIF, il Giudice precisa altresì come esso individui “con riferimento all’elemento informativo, due momenti concorrenti e funzionalmente collegati: l’uno preliminare di ascolto del cliente finalizzato alla raccolta delle informazioni necessarie; l’altro attivo di adeguata illustrazione della natura del servizio e dei rischi connessi”. A tale riguardo, si precisa come, se è vero che la legge non specifica quando l’informazione all’investitore possa ritenersi “adeguata”, è altrettanto vero che la stessa deve sostanziarsi in qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto agli elementi “la cui elargizione costituisce l’adempimento dell’obbligo della trasparenza” in sede di conclusione dei contratti in generale.

Pertanto, nel caso di specie - e in ciò si sostanzia la violazione dell’art. 21 del TUIF - “non basta prevedere genericamente in sede di stipula ad es. che il contratto di short selling ove abbia ad oggetto titoli che incorporano cedole di prossimo distacco segua una predeterminata disciplina (art. 5.5 del contratto del 3.10.03), poiché un siffatto onere informativo non sarebbe altro che una delle manifestazioni del generale dovere di trasparenza e di correttezza e buona fede in sede di conclusione del contratto. Il dovere di informazione, come manifestazione di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente messi al corrente dell’operazione che pongono in essere, richiede evidentemente qualcosa di più. E allora è necessario che l’attenzione del cliente sia richiamata sulle peculiari caratteristiche del titolo e sulle relative conseguenze, onde evitare che il cliente medesimo possa riporre aspettative erronee che possono esporlo a rischio di perdite”.


Tale dovere di informazione, come sopra detto, riguarda tutti gli investitori, anche quelli “esperti”. Il TUIF, d’altro canto, non distingue tra “investitore esperto” e “investitore inesperto”; piuttosto esonera da una più penetrante protezione normativa la categoria dei cd. “operatori qualificati”, che comprende, ai sensi dell’art. 31, comma 2, del Regolamento Consob n. 11522/1998, gli intermediari autorizzati, le SGR, le SICAV, i fondi pensione, le Compagnie di assicurazione, etc., nonché “ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante”.



Ultimo aspetto da rilevare è quello della sanzione applicare all’inadempimento del suddetto obbligo di informazione.

Ritiene il Tribunale di aderire all’indirizzo giurisprudenziale che sanziona tale inadempimento con la risoluzione, e conseguente risarcimento del danno, contro il filone giurisprudenziale che persegue la strada della nullità-restituzione.


(Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Sentenza 17 novembre 2005, Dr. A. Lanza Volpe - Presidente, Dr.ssa M. Salvo - Dr. A. Zappala)


[Commento e sentenza cortesemente inviati dagli Avvocati Antonio Tanza e Floriana Cassetta]