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Abbandono di animali: reato o crimine etico?

visioni
Ph. Sara Caliolo / visioni

Abstract

Lo scritto si propone di effettuare un breve focus sul reato di abbandono di animali, di cui alla fattispecie prevista dall'articolo 727 codice penale, in relazione al reato di maltrattamenti di animali (articolo 544-ter codice penale).

The paper aims to make a brief focus on the crime of abandonment of animals, referred to in the case provided for by Article 727 of the Criminal Code, in relation to the crime of animal abuse (Article 544-ter of the Criminal Code).

 

Indice:

1. La tutela codicistica del sentimento per gli animali: una breve disamina del reato di abbandono degli animali

2. La sottile differenza tra il reato di abbandono degli animali e maltrattamenti ai danni degli stessi

3. La più recente giurisprudenza a riguardo: Cassazione penale, Sezione III, 08.10.2021, n.36713

4. Dati statistici rilevanti in merito alle fattispecie esposte

5. Conclusioni

 

1. La tutela codicistica del sentimento per gli animali: una breve disamina del reato di abbandono degli animali

L’abbandono di animali è un reato contravvenzionale: questo significa che rientra tra quei reati minori, puniti non con la reclusione ma con l’arresto o l’ammenda.

Tale fattispecie è disciplinata dall’articolo 727 codice penale, secondo il quale:

"Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".

Tale norma è contenuta nel Titolo IX-bis del Libro secondo del codice penale, denominato appunto, “Dei Delitti contro il sentimento per gli animali”.

L’originaria tutela codicistica contenuta nell’art. 727 codice penale (il cui “retroterra ideologico” va ricercato nella “teoria antropocentrica”) mirava a garantire il sentimento di umana pietà nei confronti degli animali, piuttosto che considerarli esseri vitali e senzienti. Alla teoria antropocentrica si è, nel tempo, contrapposta la concezione che vede l’animale come soggetto (non mero oggetto) di diritti.

In realtà, le fattispecie punite sono due: l'abbandono di animali e la loro detenzione in condizioni che contrastano con la natura e generano sofferenze.

La riforma di tale norma è prevista dalla Legge n. 184 del 2004 che costituisce una significativa “tappa” del percorso di civiltà giuridica, pur se il lettore non potrà astenersi dall’osservare quanto anche le nuove fattispecie siano ancora permeate di antropocentrismo, a partire dalla denominazione del Titolo codicistico, dedicato, appunto, ai “delitti contro il sentimento (umano) per gli animali”, configurante sostanzialmente il loro oggetto giuridico.

La norma è un reato comune, nel senso che può essere commesso da chiunque, non essendo necessaria una particolare qualifica giuridica.

La condotta incriminata consiste nell’abbandonare un animale domestico o altro animale cresciuto e vissuto in cattività.

Si tratta di reato a forma libera, nel senso che l’abbandono può essere integrato attraverso tantissime modalità (lasciando volontariamente aperto il cancello ove l’animale trovava abitualmente ricovero; portandolo con sé in una foresta per poi lasciarlo libero, sapendo che non è in grado di trovare la strada di casa; ecc.).

Il reato di abbandono di animali può essere commesso tanto con dolo (cioè, intenzionalmente) quanto con colpa (cioè, per negligenza o imprudenza). É procedibile d’ufficio: ciò significa che chiunque veda qualcuno abbandonare un animale (in autostrada, in montagna, in un bosco, per le strade della città, ecc.) potrà denunciarlo presso le autorità competenti (carabinieri, polizia, ecc.). Il giudice competente è il tribunale in composizione monocratica.

 

2. La sottile differenza tra il reato di abbandono degli animali e maltrattamenti ai danni degli stessi

Il maltrattamento, al contrario dell'abbandono di animali, è stato ricondotto al nuovo articolo 544-ter e per esso è stato previsto un più grave regime sanzionatorio.

La Legge 20 luglio 2004, n.189, recante "Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate", ha profondamente modificato l'assetto normativo in tema di animali. L'articolo 544-ter punisce "chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche".

Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, il delitto di cui all'articolo 544-ter codice penale si configura "come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale, che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo, sia tenuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è tenuta, senza necessità" (Cassazione n. 24734 del 2010).

È chiaro che per ravvisarsi maltrattamento non è necessaria l'azione materiale di cagionare lesione ad un animale, ma sia sufficiente lasciarlo soffrire (per mancanza di cure, inedia, ecc.) attraverso condotte omissive consapevoli di tali inflizioni.

La giurisprudenza ha chiarito che per integrare il reato non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza degli animali, poiché la norma mira a tutelarli quali esseri viventi in grado di percepire dolore, anche nel caso di lesioni di tipo ambientale e comportamentale.

In merito alla sottoposizione a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche dell'animale, assume valenza qualsiasi azione caratterizzata da un'evidente e conclamata incompatibilità con il comportamento della specie di riferimento come ricostruito dalle scienze naturali (Cassazione n. 5979 del 2013).

La pena prevista è la reclusione da tre a diciotto mesi o la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Il terzo comma dell'articolo 544-ter introduce una speciale circostanza aggravante, la quale prevede, nel caso di morte dell'animale, in seguito alle condotte di maltrattamento disciplinate dal primo comma, che la pena nello stesso prevista sia aumentata della metà.

Il reato di cui all'articolo 544-ter codice penale è perseguibile d'ufficio, pertanto, una volta che l'autorità giudiziaria è venuta conoscenza del fatto riconducibile in astratto a tale tipo di delitto, ha il dovere di procedere autonomamente, con le indagini, anche in assenza di altro impulso da parte di soggetti terzi eventualmente offesi.

 

3. La più recente giurisprudenza a riguardo: Cassazione penale, Sezione III, 08.10.2021, n.36713

La recentissima sentenza della Cassazione penale, dell'8 Ottobre 2021, n.36713 mette in evidenza ancora una volta la netta differenza tra reato di abbandono di animali e maltrattamento degli stessi.

La sentenza della Cassazione sopra richiamata, era nata dal fatto che con sentenza in data 26.2.2020 il Tribunale di Trapani aveva condannato U.M. e B.F. alla pena di Euro 4.000,00 di ammenda per averli ritenuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di cui all'articolo 727 codice penale, consistito nell' aver lasciato per oltre tre ore nella notte di (OMISSIS) due   cani   chiusi   all'interno   di   un'autovettura   parcheggiata   lungo   la pubblica via e dunque di un abitacolo che ne impediva un congruo movimento senza ciotole per l'acqua, così da avergli causato gravi sofferenze.

Avverso il suddetto provvedimento entrambi gli imputati avevano congiuntamente proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale deducevano, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'articolo 727 codice penale e al vizio motivazionale, che essendo la detenzione penalmente rilevante, assumeva rilevanza solo quella attuata in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di gravi sofferenze, entrambe legate alla condotta dal necessario nesso causale.

Gli imputati contestavano non solo l'operazione di riconducibilità del fatto alla fattispecie criminosa attraverso una mera deduzione inferenziale, in palese contrasto con il precetto normativo, senza che nemmeno fosse stata accertata la gravità della sofferenza concorrente a qualificare l'elemento costituivo del reato.

Secondo la Cassazione, anche a voler ritenere, così come assume la difesa, che l'abitacolo di un'autovettura non sia di per sé un ambiente insalubre e, come tale, incompatibile con la natura degli animali domestici, è un elemento dirimente al fine di ritenere integrata la condotta prevista e punita dall'articolo 727 codice penale, il contesto e la durata dello stazionamento delle bestie all’interno dell’autovettura.

Il giudice di merito avrebbe correttamente ancorato la propria disamina agli elementi oggettivamente emersi dall'espletata   istruttoria, ritenendo   che   la   permanenza   dei   due   cani nell'auto protrattasi per oltre tre ore, integrasse, alla luce dell'impossibilità di movimento e di soddisfacimento delle più elementari necessità fisiologiche dei quadrupedi, una forma di detenzione incompatibile con la natura degli stessi animali.  Poiché il concetto in esame ben può   essere   desunto   facendo   riferimento, secondo   l'univoca   decodificazione giurisprudenziale, a quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore, a parere dei Supremi Giudici, le argomentazioni spese sul punto dalla sentenza impugnata, presuppongono il rigetto dei ricorsi, seguendo a tale esito la condanna dei ricorrenti.

 

4. Dati statistici rilevanti in merito alle fattispecie esposte:

Recentemente la Lav (Lega Anti Vivisezione) ha redatto un rapporto con la dicitura Zoomafia 2021 con la quale ha pubblicato i dati sulla quantità di episodi di maltrattamenti agli animali sul territorio nazionale. I crimini a danno di animali sotto la lente d’ingrandimento dell’Osservatorio Zoomafia LAV, con la ventiduesima edizione del Rapporto Zoomafia 2021 redatta da Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’Osservatorio: ogni 58 minuti in Italia, nel 2020, è stato aperto un fascicolo giudiziario per reati a danno di animali; ogni giorno si contano in media 25 fascicoli e circa 14 indagati, uno ogni 103 minuti; si registra a livello nazionale un tasso di 15,25 procedimenti e di 8,72 indagati ogni 100.000 abitanti. Oggi, per l'abbandono o detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, art. 727 c.p., vi sono 960 procedimenti, pari al 12 per cento, con 746 indagati (cfr. Link).

 

5. Conclusioni

Come si evince dalle argomentazioni sopra espresse, la giurisprudenza della Cassazione è granitica nel ritenere che costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell'animale, procurandogli dolore e afflizione. Persino chi affida il cane a terzi rappresentando e accettando il rischio di abbandonarlo, può rispondere del reato di abbandono di animali (Cassazione n. 6609 del 2020).

Infine, anche una recentissima pronuncia dei Supremi Giudici, ha affermato che l'utilizzo di collare elettronico che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane, tramite comando a distanza integra il reato di maltrattamenti (Cassazione n.10758 del 2021).