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Aborto: fondamento per il diritto umano

La vita diventa fonte produttiva degli altri diritti fondamentali
aborto
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Abstract

Il filo conduttore che coinvolge concetti giuridici ed etici sulla persona umana, dal suo concepimento in poi, gira intorno al “mistero della creazione” che, seppur con il contributo delle scienze e del sapere umano, rimane comunque un mistero, e come tale da tutelare in modo assoluto.

The common thread that involving legal and ethical concepts on the human person from his conception onwards revolves around the mystery of creation which, albeit with the contribution of the sciences and human knowledge, remains a mystery as such to be absolutely protected.

 

Considerazioni di ordine generale

Nell’articolo 2 della Cedu[1] è tutelato al massimo livello il diritto alla vita, in particolare l’articolo recita: Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena”.

Nel secondo comma si specifica quando la morte cagionata non viola il suddetto articolo, ossia: La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale […]”.

L’approccio interpretativo dell’articolo 2 Cedu della Corte europea deve essere guidato dal fatto che l’oggetto e lo scopo della stessa Cedu sono rivolti integralmente a blindare il primo fra i diritti umani; la vita che diventa fonte produttiva degli altri diritti fondamentali. Il nucleo oggettivistico e il finalismo di tutta la Convenzione letta nel suo insieme quale strumento destinato alla tutela massima dei singoli esseri umani, esige che tutte le disposizioni siano “intese e capite” e applicate in maniera tale da rendere le garanzie in essa racchiuse assolutamente pratiche ed effettive[2].

La filosofia utilitarista[3] enfatizza la distinzione tra esseri solo coscienti ed esseri autocoscienti, considera privi di valore umano sia gli individui senzienti (neonati) sia i feti umani in fase avanzata di gravidanza; questa teoria giustificherebbe moralmente l’aborto. Il problema vero è come si fonda la legittimità dell’atto abortivo, da dove prende il suo valore scientifico e di giustificazione.

In Italia i pareri messi a punto nel 1998 dal Comitato nazionale di bioetica: “se considerato nei riguardi diretti dell’interessato principale, il nascituro, il problema bioetico, ha una sola via di scioglimento, fondata sul suo diritto di nascita e, sul dovere di tutti coloro che ne sono in grado di porgergli aiuto”. Ed ancora: “[…] non esiste una vita o una vita compromessa da malformazioni o altro “indegna di essere vissuta”. Al centro della riflessione è dunque che valore ha la vita e dovrebbe essere assoluto per ogni individuo formato ed esistente naturalisticamente parlando.

 

Una sentenza memorabile

Con la sentenza della Corte Suprema Americana cade definitivamente l’utopia dell’irreversibilità dell’aborto.

Con la decisione presa il 24/06/2022 la Corte Suprema americana viene annullata integralmente la sentenza Roe v. Wade del 1973, la quale stabiliva un diritto costituzionale all’aborto; tale decisione ha una portata storica che travalica i confini e la mentalità radicata negli Stati Uniti sulla tematica.

Il tanto agognato diritto all’aborto è un orpello ideologico del progressismo, come evidenziano le violente manifestazioni di protesta messe in piedi anche teatralmente ed enfaticamente nei modi in diversi Stati americani, ma anche l’ira dei maggiori esponenti politici della sinistra internazionale, portiamo l’esempio di E. Letta[4], il quale ha sostenuto che la pronuncia americana è: “figlia di una svolta ideologica (…). Un ritorno indietro che genera sconforto, alimenterà sofferenze e farà divampare conflitti”.

La legalizzazione dell’aborto a livello internazionale – anche se vista sotto alcuni profili a protezione dell’altro diritto fondamentale ovverosia della salute della donna e del nascituro – si presenta in maniera chiara quale erede prescelta di un perverso percorso ideologico e, non si può negare che porta in sé e lascia profondi traumi in chi la esercita e chi la subisce come pratica, nella convinzione che la legge essendo tale è sempre giusta e buona.

Da cinquanta anni a questa parte gli USA sono stati il nucleo patriottico dei diritti-civili; chi non si allineava alla legislazione progressista veniva come paese etichettato come “arretrato”, privo di senso culturale e morale, per cui da bacchettare e tenere a distanza. Oggi gli stessi Stati Uniti, “bulldozer” storico nell’introduzione dell’aborto[5], divengono tutori di potenziali scelte contrarie e sono “additati” da altri Stati a livello internazionale per aver avviato un “retro-cammino” ideologico e culturale mediante una sentenza.

Possedere la facoltà di tornare sui propri passi o “ritornare indietro” pone un punto a chiusura di una concezione della storia intesa quale perfezionamento continuo, inevitabilmente spinto all’infinito[6].

Il significato di ciò è che la storia non segue mai una strada a senso unico e in una direzione sempre precisa, ma può essere intrapresa su due corsie direzionali dove “stazionano” dei valori di riferimento che seguono un ordine oggettivizzato, e tali valori servono a stabilire quale corsia porta ad un percorso di fattura morale e di sentito diritto.

La Corte suprema americana disintegra l’ideale modello della irreversibilità di un intero percorso storico volto agli obiettivi di legalizzazione e formazione di nuovi diritti “umani” quali l’aborto, l’eutanasia, l’omosessualità e il gender. Su ciascuna di queste pretese conquiste della Rivoluzione etico-morale e di diritto, la storia ed il dibattito politico, potrebbe far cadere in brevi termini temporali il sipario di boccascena delle diverse logiche politico-sociali e giuridiche come avvenne per la caduta del Muro di Berlino nel 1989[7].

Sostanzialmente la Corte suprema americana sconfessa, non riconosce in alcun modo che la pratica dell’aborto rientri fra i diritti costituzionali di grado federale.

Di fatto rimette la questione (trasferendo la competenza) ai singoli Stati dell’Unione; bisogna fare attenzione nel non confondere tale traslazione di scelta, nel semplice trasferimento di competenza per materia che qualifica l’ambito di argomentazione ovvero un tema tecnico su cui debba dare un parere.

Non si tratta neanche di traslazione della nomofilachia della legge o di settore giuridico o di altro studio quale quello filosofico-morale, soprattutto quando si afferma nel dispositivo che: “la valutazione dell’aborto spetta al popolo ed ai suoi rappresentanti eletti”.

 

Attribuire agli Stati un potere di matrice assoluta, “supremo”, nel campo morale segna il paradossale evento che una volontà maggioritaria del momento divenga la fonte sovrana della morale. Citando una considerazione di profonda sostanza umana: “ se l’uomo può decidere da solo, senza Dio, ciò che è buono e ciò che è cattivo, egli può anche disporre che un gruppo di uomini debba essere annientato[8].

Senza entrare nel merito di un discorso squisitamente di dottrina morale o di etica e morale, inevitabilmente, il tema non può non affrontare un discorso di pensiero filosofico che porta ad una chiave di lettura della fenomenologia giuridica, con una profonda riflessione sui rapporti del diritto con la morale; i meccanismi di legittimazione di un diritto ritenuto sempre fondamentale o del medesimo grado di importanza per l’uomo che però diviene cedevole e non può negare un diritto moralmente più elevato quale quello alla vita.

Nel reticolato dei diritti fondamentali, non si può utilizzare come metro di priorità ed importanza dei diritti umani la così detta “piramide Kelseniana”, come per il grado di valore delle leggi[9]. I diritti umani non hanno scale di importanza, sono su di un unico piano valoriale assoluto, indisponibile, irrinunciabile, inalienabile, non degradabile. Ai fondamenti dell’etica è la costituzione, la natura e l’essenza della persona umana che può essere moralmente buona o moralmente cattiva.

L’etica si fonda su realtà affermate dalla metafisica, dall’ontologia e dall’antropologia; sulle realtà date dalla natura umana. Ma nell’ordine della scoperta, come dice San Tommaso d’Aquino, più di una volta, la metafisica arriva per ultima e, come egli evidenzia innumerevoli volte dalle prime alle ultime opere, la natura di una realtà/essere dinamico è conosciuta (scoperta) conoscendo le capacità dell’essere, e queste sono conosciute solo conoscendone le attività, gli atti, le attuazioni di tali capacità e gli atti sono conosciuti e compresi solo conoscendone gli oggetti.

E come chiarisce l’Aquinate nella sua discussione formale dei primi principi dell’etica[10], l’uomo conosce il bene attraverso l’intelletto ed attraverso la volontà lo vuole. Tutti gli atti umani sono beni intelligibili, che portano ad un fine ultimo per cui l’uomo deve agire, non è nient’altro che la conoscenza di Dio, tale fine è la felicità. Nella visione di Tommaso d’Aquino la felicità coincide con la conoscenza di Dio, il che ci fa capire che la passione di Tommaso per cercare di dimostrare l’esistenza di Dio è evidente anche nell’etica, in quanto il fine ultimo di ogni azione umana non è nient’altro che la conoscenza di Dio.

Tutto viene racchiuso nel concetto di sinderesi, ossia l’abitudine positiva che l’uomo acquisisce a forza di ripetere un gesto positivo, tendendo sempre di più al bene e non lasciandosi trascinare dalle circostanze che lo spingono verso il male.

Da ciò si evince che solo le circostanze e quelle di segno avverso o negativo portano azioni “malvagie” negative: l’aborto è voluto e praticato per via di circostanze non volute o ritenute “il male”, non ponendo invece l’attenzione sul bene primario: quello della vita da porre al centro della ricerca. Non potendosi considerare come circostanza – la vita umana – va valutata come componente essenziale o “bene” per l’esito della felicità e come giusto criterio per la qualificazione essenziale dei diritti umani.

E ciò che è buono o difettoso nel perseguimento dei beni è l’oggetto dell’etica.

Quindi conosciamo la natura umana in modo adeguato, filosoficamente, metafisicamente, comprendendola prima eticamente.

Questa conclusione, se non esplicitamente, ispira tutto il discorso pre-pontificato di Giovanni Paolo II sulla natura della persona umana, degli atti umani, e di ciò che la vita umana sente come diritto umano[11].

 

[1]Convenzione europea dei diritti umani, firmata nel 1950 dal Consiglio d’Europa, è un trattato internazionale volto a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa. L’art. 2 tratta il diritto alla vita.

[2]Sentenza europea causa McCann e altri c. Regno Unito, in: Ministero della giustizia.it, sez. diritti dell’uomo ricerca avanzata.

[3][3]Vedi teorie utilitariste sulla persona umana di Michael Tooley e Peter Singer.

[4][4]Segretario del Partito democratico italiano.

[5] 1970 le Hawaii furono il primo stato americano a legalizzare l’aborto su richiesta della donna, poi a livello federale venne introdotto nel 1973 con il processo “Roe c. Wade”.

[6]Roberto de Mattei, in CR (Corrispondenza Romana) 1749, voce aborto, articolo del 29 giugno 2022.

[7]Roberto de Mattei: “il vero Muro dei giorni nostri”, in Radici Cristiane, n. 50, dicembre 2009.

[8]Giovanni Paolo II, in “Memoria e identità”, Rizzoli, Milano, 2005, pp. 21-22.

[9]La Piramide di Kelsen o Jerarquia, in “La dottrina pura del diritto” di Hans Kelsen, a cura di Mario G. Losano, Piccola Biblioteca Einaudi, 2021.

[10]Prima-Secundae q.94 a. 2; principi dell’etica, Tommaso d’Aquino.

[11]In tal senso, Prof. J.  Finnis, lezione su Giovanni Paolo II e i fondamenti dell’etica, in “Angelicum”, 14 dicembre 2020.