Alcune osservazioni sulla tutela e promozione dei diritti degli indigeni Ainu di Hokkaidō
1. – Per quanto il Giappone sia una nazione etnicamente omogenea, non si tratta tuttavia di uno Stato mono-etnico. Vi sono infatti alcune minoranze, tra cui gli indigeni Ainu[1], considerati tra i popoli artici e sub-artici[2]. Sulla base di un censimento effettuato nel 2017 dal Governo prefetturale di Hokkaidō in collaborazione con la Ainu Association of Hokkaido (giapp. 北海道アイヌ協会)[3], finalizzato a verificare le condizioni di vita degli aborigeni Ainu, vi sono 13.118 indigeni Ainu insediati nell’isola di Hokkaidō, mentre altri 210 sono residenti nelle altre aree del Giappone[4].
Tenuto conto che gli Ainu soffrono tuttora in Giappone di atteggiamenti discriminatori, è possibile che alcuni di essi siano reticenti ad autodefinirsi Ainu, con la conseguenza che gli Ainu sono probabilmente più numerosi di quanto emerge dalle statistiche ufficiali.
Fino alla Restaurazione (o Rinnovamento)[5] Meiji (giapp. Meiji Ishin)[6] del 1868, che portò al ripristino di ruolo e prerogative dell’Imperatore[7], la parte settentrionale del Paese, e precisamente l’isola di Hokkaidō, era chiamata dagli indigeni Ainu Mosir[8], ossia appunto terra degli Ainu (lett. «la terra»/«il mondo degli umani»)[9].
Questo popolo indigeno asiatico ha conservato per secoli determinate caratteristiche sociali, come per esempio la caccia e la pesca praticate con finalità di sussistenza, oppure da un diverso punto di vista le credenze animistiche[10]. In misura crescente, soprattutto dopo l’affermazione del Governo Meiji, gli aborigeni Ainu subirono le politiche imperialiste dei giapponesi etnici (c.d. wajin[11]), assai restii a riconoscere l’esistenza, nel Nord del Paese, di una minoranza etnica, linguistica e culturale[12]. Tali politiche erano, dunque, all’insegna della assimilazione, della marginalizzazione e dello sfruttamento[13]. Gli Ainu vennero dislocati in altre parti dell’isola di Hokkaidō[14], anche per contrastare la “minaccia” russa verso il Giappone. Lo spostamento dai luoghi di tradizionale insediamento provocò spaesamento presso gli Ainu, con impoverimento della loro cultura etnica.
Lo sforzo che attualmente pongono in essere i rappresentanti della popolazione Ainu è volto al riconoscimento e alla garanzia dei loro diritti, muovendo sia dalle previsioni del diritto nazionale che di quelle del diritto internazionale. Costante è l’attenzione al problema delle discriminazioni subite dagli Ainu.
Sul piano storico, il Governo imperiale giapponese costituì nel 1869 la Commissione coloniale di Hokkaidō, con sede a Sapporo, finalizzata allo sviluppo dell’isola. Tale obiettivo doveva – secondo l’avviso della Commissione anzidetta – essere raggiunto mediante lo sfruttamento delle risorse naturali di Hokkaidō, nonché attraverso una politica di “giapponesizzazione” dell’isola. Il Governo centrale accolse le indicazioni provenienti dalla Commissione coloniale, e approvò così provvedimenti quali la legge fondiaria (Land Regulation Act) del 1872 e l’ordinanza per il rilascio dei certificati attestanti la proprietà dei terreni rurali (Hokkaido Ordinance for the Issuing of Land Certificates) del 1877, che ebbero l’effetto di deprivare del possesso delle terre gli indigeni Ainu, i quali furono in definitiva espropriati delle loro terre tradizionali, non potendo più praticare la caccia e la pesca (nelle acque interne). Con riguardo particolare alla pesca, essa venne praticata dai giapponesi in maniera intensiva, ben superiore a quanto fecero nei secoli gli Ainu, che hanno – come avviene in generale per gli indigeni artici e sub-artici[15] – un rapporto di simbiosi con gli animali, ricco di implicazioni non soltanto economiche ma anche politiche ed ecologiche. Il risultato fu, da quest’ultimo punto di vista, una drastica diminuzione dei salmoni, venendo in gran parte meno la possibilità della loro riproduzione naturale[16].
Con una serie di provvedimenti adottati, nell’ambito del suo potere regolamentare, dalla Commissione coloniale di Hokkaidō, si introdussero tra il 1876 e il 1878 divieti espliciti per gli Ainu di praticare la pesca e la caccia tradizionali; in tal modo, la Commissione pensava di potere indurre forzatamente gli Ainu a dedicarsi alle attività agricole, estranee peraltro alla cultura tradizionale della popolazione indigena. A coronamento di siffatta politica coloniale, la Dieta imperiale giapponese approvò nel 1889 la legge sulla protezione degli Ainu, che assegnò alcuni appezzamenti di terreno agli indigeni, con l’intento di sedentarizzarli e trasformarli in contadini.
Dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, nel vigore della Costituzione del 1946, la Dieta (Parlamento) del Giappone ha adottato la legge n. 52 del 1997 sulla promozione della cultura Ainu[17]. La legge, che abrogava la preesistente (del 1889), prevedeva una tutela multilivello, con competenze istituzionali attribuite, per un verso, al Ministero per la proprietà fondiaria, le infrastrutture, i trasporti e il turismo e al Ministero dell’istruzione, della cultura, dello sport, della scienza e della tecnologia, nonché, per altro verso, al Governo locale di Hokkaidō. La legislazione del 1997 aveva come scopo fondamentale la promozione degli aspetti culturali della comunità etnica degli Ainu, rappresentati in primo luogo dalla lingua aborigena[18] e poi da elementi del patrimonio immateriale, quali musica[19], danza, artigianato, ecc.[20] La legge stessa, tuttavia, non definiva gli Ainu quale popolo indigeno, ma come gruppo etnico. Quest’ultimo profilo era molto contestato dai rappresentanti del popolo Ainu. Se, infatti, gli Ainu sono un gruppo etnico, non godono della speciale protezione accordata, sul piano internazionale, ai popoli indigeni, e quindi non possono vantare il possesso “ancestrale” delle terre e delle acque, prima dell’arrivo dei colonizzatori, e neppure diritti speciali sulle risorse naturali del territorio[21].
Il provvedimento legislativo teneva specialmente conto della vicenda processuale decisa dalla Corte distrettuale di Sapporo[22], sezione civile, il 27 marzo 1997 nel c.d. Nibutani Dam Case (ovvero, per esteso: Kayano et al. V The Hokkaido Espropriation Committee). Nella causa, assegnata al collegio giudicante composto dai magistrati Ichinomiya (con funzioni di Chief Justice), Horiuchi e Ohara, gli indigeni Ainu si erano opposti all’espropriazione delle loro terre finalizzata alla costruzione di una diga che avrebbe violato i luoghi sacri della cultura tradizionale degli Ainu. La Corte di Sapporo aveva accolto l’argomentazione dei ricorrenti, facendo richiamo all’art. 13 della Costituzione giapponese e all’art. 27 del Patto internazionale sui diritti civile e politici[23]. Nel frattempo, tuttavia, la diga era stata (quasi del tutto) costruita, né la Corte di Sapporo dispose il suo smantellamento, o la sospensione dei lavori. Ne deriva dunque che, secondo alcuni commentatori[24], la pronuncia giudiziaria ebbe una portata meramente retorica; ciò perché i giudici stabilirono che le decisioni amministrative di espropriare le terre degli Ainu e di approvare il progetto della diga erano da considerare illegittime, ma questo non impedì la costruzione della diga quasi completata.
2. – Una rilevante innovazione in materia di condizione giuridica degli indigeni Ainu è stata introdotta dalla legge n. 16 del 2019 sulla promozione degli Ainu[25], il cui titolo per esteso è Act Promoting Measures to Achieve a Society in which the Pride of Ainu People is Respected, conosciuta anche come Ainu Policy Promotion Act (APPA)[26].
Fondamentale è, in primo luogo, il riconoscimento operato dalla legge del 2019 (che abroga quella del 1997) degli Ainu quale popolo indigeno[27].
Per la verità, già in precedenza la Dieta del Giappone aveva approvato, il 6 giugno 2008, una risoluzione sul riconoscimento degli Ainu quale popolo indigeno. Lo stesso giorno, il Governo nazionale nipponico, nel commentare la menzionata risoluzione parlamentare, aveva diramato un comunicato nel quale esprimeva «rammarico» per le sofferenze inflitte in passato agli aborigeni di etnia Ainu. Era stata effettuata, con la delibera del 2008, la c.d. purificazione della memoria[28]. La risoluzione del Parlamento, come anche il comunicato del Governo, implicavano un cambiamento della politica giapponese in subiecta materia[29], ma non il riconoscimento dei diritti del popolo degli Ainu[30].
Viene poi proibita, dalla legge del 2019, ogni discriminazione su base etnica nei confronti degli appartenenti alla comunità indigena degli Ainu[31]. Riprendendo in parte le previsioni della preesistente legge del 1997, la legge del 2019 stabilisce una ripartizione di compiti istituzionali tra il livello nazionale e quello locale[32]. Gli articoli 6 e 10 della legge in esame ampliano significativamente, rispetto al passato, i destinatari della normativa. La prima delle menzionate disposizioni stabilisce il dovere di ogni cittadino di compiere sforzi per la realizzazione della società contemplata dalla legge del 2019. La seconda delle norme sopra ricordate chiama anche le amministrazioni di base (municipalità) a tutelare la cultura tradizionale Ainu, operando sia singolarmente che in forma associata. Secondo l’articolo 15 della legge del 2019 le amministrazioni comunali ricevono risorse economiche dal Governo centrale per l’implementazione di progetti attuativi delle previsioni ex legge del 2019; tali progetti devono essere preventivamente discussi con i rappresentanti delle comunità aborigene, cosicché si configura un dovere di consultazione del popolo degli Ainu. Prendendo atto dello stile di vita seguito da tempo immemorabile dagli indigeni Ainu, la legge del 2019 dedica l’articolo 17 al riconoscimento e alla tutela della pesca del salmone nei fiumi da parte degli aborigeni, a condizione però che vengano utilizzati i metodi di pesca tradizionali della cultura degli autoctoni.
A quest’ultimo riguardo, non tutti i problemi sono stati però risolti. Sembra, infatti, che la legge del 2019 non abbia fatto venire meno il requisito della licenza per praticare la pesca al salmone. Ne sa qualcosa il settantasettenne presidente della Monbetsu Ainu Association, Satoshi Hatakeyama, il quale, dopo l’entrata in vigore della legge del 2019 (avvenuta il 24 maggio), è stato destinatario di una denuncia penale, presentata dal Governo prefetturale di Hokkaidō davanti al Dipartimento di polizia prefetturale di Hokkaidō, per avere praticato la pesca pur non essendo titolare della licenza. Il presidente/capo tradizionale Ainu ha prontamente reagito, sostenendo (il 15 settembre 2019) che i diritti di pesca degli indigeni sono comunque garantiti dal diritto internazionale, ma appunto la questione è ancora aperta (non soltanto in Giappone), dal momento che occorre tuttora armonizzare la normativa internazionale con quella legislativa interna[33] nonché, soprattutto, con la disciplina amministrativa, di natura regolamentare, poiché in definitiva i popoli indigeni sono attori subnazionali o transnazionali, ma i loro fishing rights continuano a essere definiti e delineati dagli Stati nazionali[34]. Ciò riguarda anche la specifica attività della pesca al salmone, svolta da tempo immemorabile (secoli, o meglio millenni) dagli appartenenti alla popolazione aborigena degli Ainu, e che costituisce anche un importante aspetto rituale della cultura Ainu.
Vi è, infatti, il rituale c.d. Asircepnomi (o “First Salmon Ceremony”), che consiste nel ricevere sulla riva del fiume, da parte del capo del villaggio Ainu, il primo salmone della stagione (in autunno), intonando per l’occasione una sorta di “preghiera” tradizionale[35]. La cerimonia de qua ha la funzione di ringraziare gli «Dei della natura» (kamuy)[36]. I cerimoniali tradizionali degli Ainu costituiscono anche una risorsa economica per gli indigeni, poiché attraggono visitatori interessati al c.d. ecoturismo. Naturalmente questo aspetto non è privo di problematicità, nella misura in cui intacca la genuinità delle espressioni culturali dei popoli aborigeni, tra cui appunto gli Ainu. Nella regione di Shiretoko, che si trova nella porzione nord-orientale di Hokkaidō[37], la pesca al salmone e la “First Salmon Ceremony” si connettono non soltanto con la relazione, sia ancestrale che contemporanea, degli Ainu con i kamuy locali, quali esseri senzienti non-umani che vivono nelle terre e nelle acque, ma anche con flussi turistici di non-Ainu[38]. In particolare, il turismo etnico reca con sé il rischio di una “oggettificazione” della cultura tradizionale Ainu e della sua rappresentazione, veicolando stereotipi della società indigena nella “visione” dei non-Ainu[39].
La legge del 2019 stabilisce, inoltre, nel dettaglio i passaggi istituzionali per la creazione di un Museo nazionale Ainu e di un Parco dedicato alla preservazione della cultura materiale Ainu[40].
Il 12 luglio 2020 è stato inaugurato Upopoy (National Ainu Museum and Park), che si trova sulle rive del lago Poroto (giapp. ポロト湖), nella regione di Shiraoi a Hokkaidō[41]. L’ecomuseo (id est, open-air museum, ovvero “museo diffuso”)[42] Upopoy (giapp. ウポポイ), definito «Museo Nazionale Ainu» (giapp. 国立アイヌ民族博物館), prende il posto del preesistente «Museo Ainu» (giapp. アイヌ民族博物館)[43]; esso comprende inter alia una ricostruzione del tradizionale villaggio Ainu (Kotan, in giapponese アイヌコタン). Il «Museo e Parco Nazionale Ainu» (Upopoy Museum) è anche denominato «Spazio simbolico per l'armonia etnica» (giapp. 民族共生象徴空間)[44]. Upopoy, in definitiva, è il nickname del Museo-Parco (del popolo) Ainu.
Infine, l’articolo 9 supplementare della legge del 2019 prescrive che, dopo cinque anni dall’entrata in vigore della legge stessa[45], il Governo nazionale effettua una ricognizione circa lo stato di attuazione della legge, con la possibilità di adottate ulteriori misure normative[46].
La normativa del 2019 costituisce, senza dubbio, un passo in avanti nella protezione e promozione dei diritti degli indigeni Ainu; tuttavia, essa appare insoddisfacente sotto importanti profili, quali in particolare l’istruzione nella lingua aborigena nonché le istituzioni di autogoverno degli Ainu, questi ultimi del tutto trascurati dalla nuova legislazione (non diversamente, del resto, che in precedenza). Ciò appare ancora più sorprendente se si considera che il Giappone ha votato a favore della Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni del 2007, uno strumento di soft law che, invece, prevede espressamente gli aspetti da ultimo ricordati come essenziali per una efficace tutela delle popolazioni aborigene. Altri profili sono criticabili, quali la mancanza nella legge del 2019 di qualsivoglia pubblica scusa per i torti subito dagli Ainu nel passato, oppure l’assenza nel testo legislativo medesimo del riconoscimento dei c.d. native rights[47].
In ogni caso, conclusivamente, la tutela legislativa accordata è pur sempre revocabile dal Parlamento, mancando nell’ordinamento il riconoscimento costituzionale delle minoranze indigene, diversamente da quanto accade in una molteplicità di sistemi giuridici nazionali[48]; la previsione costituzionale è, d’altro canto, aspetto essenziale per l’effettiva protezione e promozione[49] della dignità umana degli appartenenti alle popolazioni indigene[50].
[1] Cfr. G.A. De Vos, W.O. Wetherall (aggiornamento di K. Stearman), Japans Minorities. Burakumin, Koreans, Ainu and Okinawans, London, Minority Rights Group, 1983.
[2] Si v. E. Ohnuki-Tierney, Another Look at the Ainu—A Preliminary Report, in Arctic Anthropology, 1974 (Supplement: Festschrift Issue in Honor of C.S. Chard), p.189 ss.; Id., Regional Variations in Ainu Culture, in American Ethnologist, 1976, p. 297 ss. Sui valori polari dell’indice di nordicità, v. Y. Vaguet, Dove inizia il Nord?, in Il Polo, 2020, n. 1, p. 9 ss.
[3] L’Associazione è stata fondata nel 1930.
[4] Cfr. K. Uzawa, J. Gayman, Japan, in D. Mamo (Ed.), The Indigenous World 2020, Copenahgen, International Work Group for Indigenous Affairs (IWGIA), 2020, spec. p. 268. Il testo dell’Hokkaido Ainu Survey on Livelihood Report, riferito al 2017 e pubblicato nel 2018, è disponibile (in lingua giapponese) nel sito Web all’indirizzo http://www.pref.hokkaido.lg.jp.
[5] Oppure anche Rivoluzione Meiji. In giapponese, 明治維新.
[6] Ovvero, utilizzando gli ideogrammi, 明治維新.
[7] Cfr. K. Inumaru, La modernizzazione in Giappone: la Restaurazione Meiji, in Il Politico, 2008, n. 2, 159 ss.; K. Kataghiri, La rivoluzione passiva in Giappone. La Restaurazione Meiji, in Studi storici, 1998, 1147 ss., che applica al caso storico giapponese il concetto gramsciano di rivoluzione passiva, ossia di «rivoluzione senza rivoluzione» (su portata analitica e valore euristico del concetto di rivoluzione passiva, v. M. Modonesi, cur., Rivoluzione passiva. Antologia di studi gramsciani, Milano, Unicopli, 2020); F. Mazzei, La restaurazione imperiale e riforme Meiji in Giappone, in N. Tranfaglia, M. Firpo (cur.), La storia, vol.8, L'età contemporanea: dalla restaurazione alla prima guerra mondiale, Torino, Utet, 1987, p. 566 ss. F. Gatti, Meiji: restaurazione, rivoluzione o riforma?, in Gururājamañjarikā. Studi in onore di G. Tucci, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1974, p. 727 ss.
[8] Sul tema è stato prodotto un film, dal titolo Ainu Mosir e diretto da Takeshi Fukunaga (trentottenne filmaker newyorkese, originario di Hokkaidō). L’opera (una co-produzione USA, Giappone e Cina), del 2020, narra la vicenda di un adolescente di etnia Ainu, il quale si reca in una grotta nella foresta, considerata dagli indigeni punto di divisione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, nella speranza di potere rivedere il padre defunto. Il tema è interessante perché focalizzato sui riti di passaggio, che sono propri della cultura tradizionale Ainu.
[9] Le informazioni essenziali sono reperibili nel sito Internet del Hokkaido University Center for Ainu and Indigenous Studies (HU-CAIS), all’indirizzo https://www.cais.hokudai.ac.jp. Per uno studio sul tema, cfr. G. Montandon, La civilisation aïnou et les cultures arctiques, Paris, Payot, 1937. Successivamente, v. le indagini di R.M. Siddle, Race, Resistance and the Ainu of Japan, London-New York, 1996; Id., The Ainu. Indigenous people of Japan, in M. Weiner (Ed.), Japan’s Minorities. The Illusion of Omogenity, London-New York, Routledge, 2009, 2ª ed., p. 21 ss.; G. Gayman, Ainu, in, S. Neely (Ed.), Native Nations. The Survival of Fourth World Peoples, Vancouver (BC), Charlton, 2014, p. 55 ss. (2ª ed., 2017, con il nuovo titolo The Ainu of Japan). In Italia, cfr. G.F. Colombo, in M. Mazza (cur.), I sistemi del lontano Oriente (Trattato di Diritto pubblico comparato, fondato e diretto da G.F. Ferrari), Milano, Wolters Kluwer Cedam, 2019, p. 254 ss.; E. Bertolini, La tutela dei diritti fondamentali in Giappone. Studio storico-giuridico tra tentazioni occidentali e radicamento asiatico, Napoli, Jovene, 2011, p. 401 ss. Gli Ainu furono immortalati nelle fotografie dell’artista-etnologo e orientalista Fosco Maraini, che insegnò nell’Ateneo fiorentino Lingua e letteratura giapponese e fu uno dei massimi esperti di cultura Ainu.
[10] V. l’indagine pionieristica di v. R. Pettazzoni, Antiche notizie sugli Ainu, in Studi e materiali di storia delle religioni, 1925, n. 1, p. 284 ss. Cfr. anche infra, a proposito della “cerimonia del (primo) salmone”.
[11] Nella scrittura che utilizza gli ideogrammi, 倭人. Per un interessante studio antropologico sulle relazioni tra Ainu e Waijin (id est, non-Ainu), v. K. Uzawa, M.K. Watson, Urespa (“growing together”): the remaking of Ainu-Wajin relations in Japan through an innovative social venture, in Asian Anthropology, 2020, p. 53 ss.
[12] V., per esempio (e di recente), M. Hammine, Indigenous in Japan? The Reluctance of the Japanese State to Acknowledge Indigenous Peoples and Their Need for Education, in O. Kortekangas et al. (Eds.), Sámi Educational History in a Comparative International Perspective, London, Palgrave Macmillan, 2019, p. 225 ss.
[13] Cfr., ampiamente, S. Takakura, The Ainu of Northern Japan. A Study in Conquest and Acculturation, Philadelphia (PN), American Philosophical Society, 1960. Per una comparazione con i Saami/Lapponi della Norvegia del Nord, v. H. Maruyama, Revitalisation of Ainu Culture and Protection of their Right to Culture: learning from Norwegian Sami Experience, in Yearbook of Polar Law, 2013, p. 547 ss.
[14] Vi sono piccole comunità di Ainu in Russia, precisamente nelle isole Sachalin e Curili, nonché in Kamčatka.
[15] Si segnala che Il 10° Arctic Workshop, svoltosi presso l’Istituto di studi culturali, sez. di Etnologia e Antropologia applicata, dell’Università di Tartu in Estonia (Kultuuriteaduste instituut, Etnoloogia ja rakendusantropoloogia Tartu ülikoolis) dal 12 al 13 giugno 2020 è dedicato al tema delle human-animals relations, ed ha per titolo Animals of the Arctic: From Symbiosis to Symbols.
[16] Sulla pesca al salmone, v. anche infra.
[17] Legge n. 52 del 1997.
[18] La lingua degli Ainu presenta alcune somiglianze con il giapponese, ma non appartiene alla famiglia delle Japonic languages; in epoca remota, era parlata anche nella parte settentrionale dello Honshū (la principale isola del Giappone, dove si trova la capitale Tōkyō). Un (interessante) workshop di lingua Ainu (docente Elia Dal Corso) si tiene nel 2020 presso l’Università «Cà Foscari» di Venezia. Gli elementi comuni tra Ainu e giapponese, che riguardano morfosintassi, lessico e grammatica, non sono di carattere sistemico, ma derivano bensì dai contatti interlinguistici, che sono per esempio all’origine dei c.d. prestiti lessicali con l’uso di parole giapponesi nella lingua Ainu e viceversa. In definitiva, giapponese e Ainu «sono due lingue non imparentate ma semplicemente in contatto fra loro data la vicinanza geografica» (v. E. dal Corso, Giapponese e Ainu: due lingue a contatto. Analisi di alcuni aspetti sintattico-funzionali, Venezia, Dipartimento di studi sull’Asia e sull’Africa mediterranea dell’Università «Cà Foscari», 2013; amplius, cfr. S. Tamura, The Ainu Language, Tōkyō, Sanseidō, 2000; A. Vovin, A Reconstruction of Proto-Ainu, Leiden, Brill, 1993). Le relazioni tipologiche con il Giapponese non sono, comunque, confutabili. Per esempio, lingua Ainu in Ainu si scrive アイヌ イタク e in giapponese アイヌ語. L’interesse per la lingua Ainu è (assai) risalente; v. l’opera di J. Batchelor, An Ainu-English-Japanese Dictionary Including a Grammar of the Ainu Language, Tōkyō, Methodist Publishig House, 1905. Sembra da condividere l’opinione che la lingua Ainu sia una sorta di “enigma linguistico”, e che non sia quindi collegabile con certezza con alcuna famiglia di linguaggi; v. F. Andreani, Ainu itak: storia e rivitalizzazione della lingua Ainu, in A. Maurizi, B. Ruperti (cur.), Variazioni su temi di Fosco Maraini, Roma, Aracne, 2014, (Collana di Studi Giapponesi, Ricerche, n. 5), p. 273 ss., e prima K. Tahara, The saga of the Ainu language, in The UNESCO Courier. Many Voices, One World, Special Issue, ottobre 2009, https://en.unesco.org.
[19] Si segnala, in argomento, L. levi, Musica tradizionale Ainu, registrazione dal vivo conservata presso l’Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi (ex Discoteca di Stato) di Roma.
[20] Sulla definizione di cultura Ainu, e quindi sugli ambiti di intervento della normativa de qua, v. l’art. 2 della legge del 1997.
[21] V. K. Tahara, The Ainu of Japan: an indigenous people or an ethnic group?, in Public Archaeology, 2005, p. 95 ss.
[22] Città capoluogo della prefettura di Hokkaidō.
[23] Vedasi, sulla decisione giudiziaria, M.A. Levin, Kayano et al. v. Hokkaido Expropriation Committee: ‘The Nibutani Dam Decision’, in International Legal Materials, vol. 38, 1999, p. 394 ss. (ivi anche, alle pp. 397-429, la trad. ingl. della sentenza), nonché prima T. Sonohara, Toward a Genuine Redress for an Unjust Past: The Nibutani Dam Case, in Murdoch University Electronic Journal of Law, giugno 1997, disponibile online nel sito dell’Australasian Legal Information Institute, www.austlii.edu.au. Nell’ambito dello studio dei diritti umani (individuali e collettivi), v. K.L. Port, G.P. McAlinn, S. Mehra, Comparative Law. Law and the Process of Law in Japan, Durham (NC), Carolina Academic Press, 2015, 3ª ed., p. 312 ss.
[24] V. le valutazioni di G. Stevens, More Than Paper: Protecting Ainu Culture and Influencing Japanese Dam Development, in Cultural Survival Quarterly Magazine, 2004, www.culturalsurvive.org, la quale parla di «“paper only” victory of the Nibutani Dam case».
[25] A commento del progetto di legge, v. M. Tatsos, Giappone: gli ainu sono un popolo «indigeno», in Mondo e Missione (rivista del Pontificio Istituto Missioni Estere-PIME), www.mondoemissione.it, 1° marzo 2019. Ivi l’autrice, a proposito delle discriminazioni storicamente subìte dagli Ainu, osserva che «Per tradizione, chi è diverso dalla maggioranza in Giappone non è mai ben visto».
[26] V. K. Uzawa, J. Gayman, Japan, in D. Mamo (Ed.), The Indigenous World 2020, cit., p. 267 ss.
[27] Cfr. l’art. 1 della legge citata del 2019. La legge consiste di 45 articoli suddivisi in 8 capitoli, cui si aggiungono 9 articoli supplementari. Promulgata il 26 aprile 2019, la legge in esame è entrata in vigore il successivo 24 maggio.
[28] Vedasi P. Cazzaniga, “Purificazione della memoria” a Tokyo, la Dieta riconosce che gli Ainu sono indigeni, in www.asianews.it, 20-6-2008
[29] Cfr. I. Neary, Alla ricerca dei “valori asiatici” nel quadro della politica giapponese sui diritti umani, in E. Pföstl (cur.), Diritti umani e Valori asiatici, Roma, Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, 2008, p. 319 ss., spec. alle pp. 327-329.
[30] Si veda, sull’atteggiamento oscillante delle autorità nazionali giapponesi, H. Maruyama, Japan’s post-war Ainu policy. Why the Japanese Government has not recognised Ainu indigenous rights?, in Polar Record. A Journal of Arctic and Antarctic Research, 2013, p. 204 ss.
[31] In tal senso dispone l’art. 4 della legge del 2019.
[32] Cfr. gli art. 5 e 7 della legge del 2019.
[33] Il problema era già stato efficacemente evidenziato da G. Stevens, The Ainu and Human Rights: Domestic and International Legal Protections, in Japanese Studies, 2001, p. 181 ss.
[34] V. F.K. Moreira, The Fishing Rights of Indigenous Peoples in the Context of the Global Governance of the Seas, in Ocean Yearbook, 2020, p. 136 ss.
[35] V. lo studio di Y. Kosaka, Revival of Salmon Resources and Restoration of a Traditional Ritual of the Ainu, the Indigenous People of Japan, in G. Roche, H. Maruyama, Å. Virdi, Kroik (Eds.), Indigenous Efflorescence. Beyond Revitalisation in Sapmi and Ainu Mosir, Acton (Canberra, ACT), Australian National University (ANU) Press, 2018, p. 69 ss.
[36] Cfr. Y. Hasegawa, The rights movement and cultural revitalization. The case of the Ainu in Japan, in M. Langfield, W. Logan, M. Nic Craith (Eds.), Cultural Diversity, Heritage and Human Rights. Intersections in theory and practice, London-New York, 2010, p. 208 ss.; J. Kitahara, Current status of Ainu cultural revitalization, in N. Greymorning (Ed.), Being Indigenous. Perspectives on Activism, Culture, Language and Identity, London-New York, Routledge, 2019, p. 187 ss. Specificatamente sulla mitologia/cosmologia Ainu, v. l’affascinante saggio di J. Batchelor, Items of Ainu Folk-Lore, in Journal of American Folklore, vol. 7, n. 24, gennaio-marzo 1894, p. 15 ss., seguito da N.G. Munro, Ainu Creed and Cult, New York, Columbia University Press, 1963, e K, Sjöberg, The Return of the Ainu. Cultural mobilization and the practice of ethnicity on Japan, London-New York, Routledge, 1993, dove vedasi in particolare a p. 56 ss. La cosmologia Ainu contempla sia divinità che demoni, talvolta con sembianze animali. Utile è altresì l’indagine storico-religiosa di S. Sovilla, La cosmologia della popolazione indigena Ainu. Una realtà divisa, Venezia, (Dipartimento di studi sull’Asia e sull’Africa mediterranea dell’)Università «Cà Foscari», 2016.
[37] La penisola di Shiretoko (知床半島) è un angolo remoto del Giappone (Shiretoko nella lingua Ainu significa «fine della terra»).
[38] Cfr. A. Lewallen, Signifying Ainu Space: Reimagining Shiretoko’s Landscapes through Indigenous Ecotourism, in K.L. Thornber, T. Havens (Eds.), Global Indigeneities and the Environment, Basel-Beijing-Wuhan-Barcelona, MDPI, 2016, p. 147 ss.
[39] V. M.J. Hudson, A. Lewallen, M.K. Watson (Eds.), Beyond Ainu Studies. Changing Academic and Public Perspectives, Honolulu (HI), University of Hawai’i Press, 2014.
[40] V. gli articoli da 20 a 31 della legge de qua.
[41] Upopoy è una parola Ainu che significa «cantando insieme», o «cantando in (largo) gruppo». L’apertura del Parco-Museo Ainu, inizialmente prevista per il 24 aprile 2020, è stata posposta al 29 maggio a causa della pandemia da Covid-19, e quindi nuovamente rinviata al successivo 12 luglio.
[42] Sull’ecomuseo come progetto eco-culturale v., per la prospettiva nipponica, K. Ohara, The Image of “Ecomuseum” in Japan, in Pacific Friend, 1998, n. 12, pp. 26-27, seguito dal più ampio scritto, del medesimo autore, dal titolo What have we learnt and should we learn from the Scandinavian Ecomuseums?--A study on museological ways to make a sustainable community, in Journal of the Japanese Ecomuseological Society, 2008, p. 43 ss. (quest’ultimo contributo con taglio comparativo). Adde O. Navajas-Corral, Japan Ecomuseums. Global models for concrete realities, in Sociomuseology, 2010, p. 217 ss.
[43] Fondato nel 1976, il «Museo Ainu», anch’esso con sede a Shiraoi, è stato chiuso il 31 marzo 2020 (in vista dell’apertura del nuovo «Museo Nazionale Ainu»). Nel corso degli anni ha assunto diverse denominazioni, quali Ainu Folk Museum e Ainu Museum Foundation. L’iniziativa originaria si deve alla Shiraoi Foundation for the Preservation of Ainu Culture.
[44] Gli allestimenti museali sono visitabili online, mediante la visione del (breve) filmato dal titolo Advance Viewing of the National Ainu Museum and Park (Upopoy): Shiraoi, Hokkaidō | Nippon.com, su YouTube, 17-6-2020.
[45] Avvenuta il 24 maggio del 2019.
[46] Il Governo nazionale giapponese ha stanziato finora, per l’implementazione della legge n. 52 del 2019, la somma complessiva di 660.000.000 di yen (che equivalgono a oltre 5 milioni e mezzo di euro).
[47] Cfr. T. Higashimura, No Rights, No Regret: New Ainu Legislation Short on Substance, nel sito www.nippon.com, 26 aprile 2019. Il prof. Higashimura Takeshi, docente alla Graduate School of International Development della Nagoya University, è uno specialista di diritto Ainu, nonché autore del volume dal titolo Sengoki Ainu minzoku: Wajin kankeishi josetsu [An Introduction to the Postwar Ainu and Their Relationship with Yamato People], Tōkyō, Sangensha, 2006 (in giapponese).
[48] V., sul punto, H. Uemura, J. Gayman, Rethinking Japan’s Constitution from the Perspective of the Ainu and Ryūkyū Peoples, in The Asia-Pacific Journal, 2018, n. 5, sub Japan Focus, 1 ss.
[49] Sul compito fondamentale dei difensori dei diritti umani dei popoli indigeni (Indigenous Peoples Human Rights Defenders, IPHRDs) di promuovere e proteggere tali gruppi etnico-sociali, che sono tuttora tra i più vulnerabili e marginalizzati del mondo, v. D. Mamo, K. Wessendorf, Editorial, in D. mamo (Ed.), The Indigenous World 2020, cit., p. 6 ss., alle pp. 21-22. Per le (possibili) derive del radicalismo indigenista v., però, M. Boucher (dir.), Radicalités identitaires. La démocratie face à la radicalisation islamiste, indigéniste et nationaliste, Paris, L'Harmattan, 2020.
[50] Lo ricordano, da ultimo, T. Koivurova, S. Kirchner, Lawyers’ role in the protection of human dignity of indigenous persons, in corso di pubblicazione in International Lawyers and Human Dignity, Leiden, Brill, 2020.