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Alieni in mezzo a noi

Tiziano, Annunciazione, Scuola Grande di San Rocco, 1535
Tiziano, Annunciazione, Scuola Grande di San Rocco, 1535

Sono in mezzo a noi, angeli o alieni?

Alcuni anni fa, quando ancora ero agli inizi del lungo percorso di discernimento che mi avrebbe condotto alla vita religiosa, mi trovai a fare un viaggio in auto con un giovane frate predicatore. Mentre parlavamo di frivolezze, venne fuori che condividevamo la passione per la narrativa fantastica e fantascientifica.

Galvanizzato da questo insperato tratto comune, iniziai a tirar fuori dal cappello tutte le questioni e le domande che una prospettiva di fede generava nel contatto con questo genere letterario; ad un certo punto gli dissi che se, come ipotizzavano molti ottimi autori, l’uomo si fosse scoperto come non unico spettatore della bellezza del cosmo, la nostra prospettiva su Dio sarebbe certamente dovuta cambiare, perlomeno in parte. Lui, dando enfasi al momento con una piccola pausa ad effetto, mi disse candidamente che c’erano già alieni in mezzo a noi: gli angeli.

Come penso accada a molti cristiani, la parte scientifica della mia mente, offuscata dalla popolare superficialità che mi caratterizzava, aveva relegato in un angolo buio del mio personale edificio di fede gli angeli e tutte le loro svolazzanti bellezze. Per qualche ragione, questi esseri mi apparivano veramente assurdi, quasi il parto di una mente infantile deciso a perdurare nella maturità. Ero disposto a credere a Dio ed a tutte le grazie che aveva donato all’uomo, ma non che potesse aver condiviso il suo amore con esseri tanto alieni.

Per questa ragione, la decisa affermazione del frate, così come le parole di spiegazione che ad essa seguirono, mi costrinse a rapportarmi con i limiti che ponevo all’onnipotenza di Dio. Mi scoprii cioè disposto certamente a lasciare che il Signore allargasse i miei orizzonti, ma non che ne mettesse in discussione gli argini. Il mondo semplice ed ordinato, per quanto arido, in cui avevo creduto di vivere poteva accettare una rinfrescante spolverata di pioggia, ma non un vero e radicale mutamento.

Non voglio esagerare la centralità dell’episodio, anche se un saggio una volta disse che una bella storia va sempre infiocchettata un pochino, tuttavia la necessità di prendere coscienza della realtà degli angeli mi portò ad accettare quanto profonda fosse la mia ignoranza su quel creato che la modernità frammenta ma non ricompone.

 

Ciò che nessuno può immaginare: gli angeli

Evidentemente i santi angeli, osservando divertiti la mia meraviglia, decisero di mandarmi un biglietto di presentazione. Alcuni anni dopo infatti scoprii che uno dei miei più cari confratelli, nonché fidato amico, era un grande esperto di angelologia ed aveva scritto un impegnativo volume sull’argomento. Leggendo quelle pagine, ed affidando a lui la mia ignoranza, scoprii quanto effettivamente alieni fossero questi fratelli, figli dello stesso Amore eppure tanto distanti da superare ogni umana immaginazione.

Il primo scoglio che dovetti affrontare per comprenderli fu la loro natura spirituale. Da credente, sapevo che l’uomo è composto da una forma spirituale, l’anima, e da un substrato materiale da essa informato, ossia il corpo. Sapevo inoltre che, pur essendo l’anima immortale, e quindi non necessitante del corpo per sopravvivere, comunque si sarebbe ad esso riunita in eterno nella risurrezione nell’ultimo giorno. Da queste verità, che conoscevo per fede, era ragionevole dedurre che la natura spirituale, benché autonoma, esistesse naturalmente solo assieme ad un corpo materiale. L’esistenza degli angeli invece poneva tutto ciò in discussione. Il fatto che esistessero esseri esclusivamente spirituali significava ammettere un modo di essere creatura differente da quello noto, un piano di rapporto con Dio intermedio fra la terra ed il Cielo.

Come spesso accade anche nel quotidiano, la scoperta di una profonda ma vicina alterità consente di comprendere meglio anche ciò che ci è familiare. Non è questa la sede per approfondire tutte le questioni circa la natura angelica[1], ma vi basti sapere che le differenze riscontrate con ciò che ci è noto sono sufficienti a dischiudere una realtà i cui fondamenti superano ciò che ci risulta quantificabile. Proprio questi elementi, una volta colti ed integrati, ci consentono di osservarci sotto una luce tanto aliena da rivelare ciò che prima risultava celato.

 

Nosce te ipsum: gli angeli consapevoli di sé

Un esempio fra tutti lo possiamo trarre dalla conoscenza angelica. Noi esseri umani siamo abituati a conoscere ogni cosa a partire da immagini tratte dall’esperienza sensibile. Il concetto stesso di uomo, per esempio, con tutta la sua carica di universalità e di elementi spirituali connessi, parte dall’esperienza sensitiva che, da bambini ed in seguito, abbiamo del concreto essere umano. Solo in seguito, attraverso un processo chiamato astrazione, superiamo razionalmente la concretezza dell’individuo e c’impadroniamo dell’idea. Questo processo è per noi talmente naturale che spesso dimentichiamo quali umili origini abbiano le nostre elucubrazioni e quanto visceralmente siano in noi uniti lo spirituale ed il materiale.

L’angelo d’altro canto, essendo puro spirito, non ha una corporeità dotata di sensi che gli permetta di attuare questa forma di conoscenza per cui, a meno di ammettere che non conosca nulla, dobbiamo presumere che adotti un altro sistema. Se i loro concetti, le loro idee, non possono venire dalla sensibilità, cioè dal rapporto esperienziale con la creatura, allora devono giungergli dal Creatore, che conosce perfettamente ogni cosa. La creatura spirituale comprende il creato attraverso le idee innate, infuse in lei da Dio stesso; la perfezione di questa consapevolezza è proporzionale alla natura dell’angelo.

Queste conoscenze, in sé perfette proprio per la loro provenienza, includono anche la totalità dell’essere conoscente. L’angelo conosce perfettamente anche se stesso; la sua esistenza ed ogni suo atto è quindi legata ad una perfetta consapevolezza, elemento che suppone anche una piena conoscenza della propria creaturalità. Se quindi l’uomo può anche pensarsi come frutto di un cosmico incastro casuale, la creatura spirituale non può evitare di scoprirsi figlia di un Atto creatore. In definitiva quindi è proprio la perfetta consapevolezza di sé che impedisce agli angeli di cadere nell’errore dell’ateismo, ossia di credere in un mondo senza Dio; ciò infatti significherebbe negare la propria stessa essenza[2].

Quando ho scoperto questa verità sugli angeli, ho capito perché i demoni, uguali a loro per natura ma decisi a rifiutare la grazia, non annoverano atei fra di loro, ma anzi credono fermamente in Dio[3]. Ciò tuttavia che davvero ha avuto un peso per me è quello che una tale scoperta comporta.

Se infatti la perfezione della conoscenza di se stessi permette agli angeli di credere perfettamente nel Signore, allora la difficoltà di tante persone nel farlo deriva primariamente da una sbagliata cognizione della propria natura. Chi non crede in Dio non solo non conosce l’Onnipotente, ma possiede anche una distorta consapevolezza di sé, poiché cerca di comprendersi senza considerare la propria origine. È un po’ come se si cercasse di studiare un fiume ignorando che appartiene alla sua natura nascere da una sorgente.

Ecco che quindi, vicini come siamo alla festa dei santi Arcangeli, il mio invito è a chiedere a questi nostri così alieni fratelli di aiutarci a guardare a noi stessi con quell’onestà che non intende chiudersi in un piccolo cosmo, ma aprirsi alla bellezza di quello creato.

 

[1] Per chi invece lo volesse fare senza imbarcarsi in letture troppo specialistiche, può fare riferimento a Roberto Coggi, Dio creatore, gli angeli e l’uomo, ESD, Bologna 2002, pp. 74-144.

[2] Cf ivi, pp. 86-91.

[3] Cf Mc 1, 34.

Testo consigliato

  • Roberto Coggi, Dio creatore, gli angeli e l’uomo, ESD, Bologna 2002.
  • Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, Prima Parte, questioni 50-64, testo latino e nuova traduzione, ESD, Bologna 2014.