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San Domenico e la santa indignazione

Angelico, incontro tra san Francesco e san Domenico
Angelico, incontro tra san Francesco e san Domenico

Il cuore d’amore

Lo Spirito Santo ha donato alla Chiesa una moltitudine di santi e beati, ognuno in grado di fornire una valida testimonianza di quella vita nuova in Cristo cui ogni credente è chiamato. Noi peccatori, ancora sottoposti alla prova e bisognosi della Divina Misericordia, guardiamo a questi fratelli maggiori cercando non solo il loro sostegno, ma anche la loro guida.

Gli insegnamenti del Vangelo infatti ci appaiono sicuramente più alla nostra portata se ad una conoscenza teorica si accompagna un’applicazione pratica imitabile. In questo senso quindi la vita di ogni santo è capace d’illustrare quella sequela di Cristo che la nostra mente tende ad astrarre al punto da farne un’inarrivabile vetta.

Naturalmente ogni individuo illuminato che si offre a Dio è capace di presentare una miriade di esempi ed immagini che l’uomo devoto può far sue. Tuttavia, a mio parere, è importante cercare di contestualizzare queste “illustrazioni spirituali” all’interno di quel moto di carità che, pur nella comunione ecclesiale, si esprime nella specificità di ognuno.

Fare ciò è tanto più importante quanto più varia e poliedrica è stata la vita dell’uomo di Dio. Difatti, se non si coglie questo cuore pulsante si rischia di considerare un elemento accidentale come qualcosa di sostanziale, falsando così il valore dell’insegnamento proposto. Per questo proverò ad evidenziare quello che – credo – sia stato il cuore della vita di carità di san Domenico di Caleruega, così da porre tutti i suoi gesti ed insegnamenti sotto la luce più autentica.

 

Il dono delle lacrime

Leggendo le più antiche testimonianze relative a san Domenico, ci si rende presto conto di come con ogni aspetto della sua vita fu maestro ed esempio.

Il cristiano devoto può quindi prenderlo a modello tanto nella povertà quanto nello studio o nell’umiltà dei modi, facendo di Domenico una guida per la santificazione sia nella vita attiva sia in quella di preghiera[1].

Questa versatilità è già di per sé un elemento importante, poiché propone l’immagine di una persona che, sul modello di Cristo, si è santificata in movimento, riuscendo da un lato a rimanere aperto alle incessanti proposte del Signore, dall’altro a dare al suo cammino una preziosa continuità. Si può quindi affermare che Domenico, in quanto “santo viaggiatore”, pose il cuore della sua vita di carità in ciò che l’ha “spinto fuori dalla porta”.

Ci viene in aiuto in questo il beato Giordano di Sassonia, secondo Maestro dell’Ordine dei Frati Predicatori e primo biografo di san Domenico. Nel suo Libellus[2] egli scrive che quando il santo castigliano «[…] venne a sapere che gli abitanti di quella terra [cioè la Francia meridionale] già da tempo erano eretici, cominciò a provare grande compassione per tante anime così miseramente illuse dall’errore»[3].

Lo stesso Giordano, nella medesima opera, afferma inoltre che san Domenico esprimeva questa compassione verso i peccatori con il pianto[4]; tale reazione spontanea può essere letta come segno efficace di quello sdegno che scaturiva in lui dalla visione della miseria cui il peccato conduceva allontanando da Dio.

L’impossibilità, per san Domenico, di tollerare una simile distanza fra il Signore ed i suoi figli divenne da un lato il motore della sua attività[5], dall’altro il vero cuore della sua vita spirituale. Ciò viene confermato da una molteplicità di testimoni che descrivono il santo castigliano intento, nei momenti di preghiera, ad elevare suppliche e lacrime proprio per i peccatori.

Un esempio fra tutti è la testimonianza di Guglielmo II Peyronnet, abate di Saint-Paul di Narbonne, raccolta durante il cosiddetto “processo di Tolosa”; qui si legge che san Domenico «Quando era in preghiera, gemeva così forte che lo si sentiva da ogni parte. Gemendo diceva: “Signore, abbi pietà del tuo popolo. Cosa ne sarà dei peccatori?”. E così passava le notti piangendo e gemendo per i peccati degli altri»[6].

 

Benedetto sdegno

Il fatto che, nella spiritualità di san Domenico, le lacrime siano profondamente legate ad un’azione che da esse scaturiva direttamente, ci permette di comprendere come queste non fossero semplicemente l’emotivo sfogo di un animo sensibile, bensì la manifestazione di una dolorosa indignazione.

Questa reazione di fronte alla vita dei peccatori non deve essere letta come intolleranza, quasi Domenico temesse che la diversità rivelasse la fragilità della sua fede, quanto piuttosto come l’impossibilità di accettare passivamente l’altrui sofferenza. Infatti, il dolore che egli scorgeva con tanta chiarezza in coloro che vivevano del loro rifiuto di Dio era, ai suoi occhi, una realtà inconciliabile con la stupenda gratuità di cui sapeva di godere. Quel tormento assumeva, per Domenico, tutta la futile tragicità di una crudeltà senza scopo.  

Giunto a questo punto credo di poter affermare che il cuore della vita di carità di san Domenico fosse proprio la sua incapacità di accettare passivamente il male, inteso in senso proprio come rifiuto di Dio. Naturalmente questa concezione appartiene ad ogni santo, ma solo Domenico, o pochi altri con lui, ne ha fatto il centro di ogni sua azione ed insegnamento.

Colui quindi che desidera porsi alla scuola del grande castigliano deve imparare a leggere i suoi esempi e le sue azioni sempre alla luce di questa spinta originaria, di questa intolleranza che rendeva ogni “no” detto a Dio un doloroso affronto a quella gratitudine che sempre lo muoveva.

Da figlio di san Domenico, mi piace pensare che questo elemento sia ancora ciò che contraddistingue la sua famiglia. Tante infatti sono le spiritualità che cercano di portare la luce del Vangelo nelle tenebre dei cuori, ma quella di san Domenico è l’unica che coinvolge uomini e donne virilmente indignati e sconvolti da ogni zona d’ombra dove tale Verità non risplenda.   

 

[1] Per scoprire questi differenti aspetti cf Pietro Lippini (a cura di), San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD,  Bologna 1998.

[2] Si tratta del Libellus de principiis Ordinis Fratrum Praedicatorum, integralmente contenuto nel volume di Lippini segnalato nella nota precedente.

[3] Cf Giordano di Sassonia, Libellus, n. 15.

[4] Cf ivi, n. 12.

[5] Stando al racconto del beato Giordano di Sassonia, fu proprio il trauma del contatto con l’eresia a costituire per Domenico il punto di svolta della sua vita e l’inizio della sua attività. 

[6] Cf Atti del processo di Tolosa o di Linguadoca n. 18, in Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei (ed. cit.).

Testi consigliati

  • Domenico Maria Abbrescia, Le parole di san Domenico, ESD, Bologna 2017.
  • Raimondo Spiazzi, San Domenico di Guzman. Biografia documentata, ESD, Bologna 1999.
  • Pietro Lippini (a cura di), San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, Bologna 1998.
  • Pietro Lippini (trad. a cura di), Storie e leggende medievali. Le “Vitae Fratrum” di Geraldo di Frachet OP, ESD, Bologna 1988.