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Amarcord

Formazione
Formazione

In questi giorni mi sono ritrovato a pensare agli anni in cui ho iniziato a muovere i primi passi lavorativi (parliamo di metà degli anni ’80) di quella che è stata un’esperienza che potrei genericamente definire “amministrativa”, e con curiosità e un pizzico di nostalgia è venuto spontaneo confrontare quel periodo con quello odierno. Il risultato è stato impietoso, nonostante la differenza epocale fosse di poco più di un trentennio, e vi garantisco che quello che sono andato a ripescare nella memoria (oltre a farmi oggi una certa impressione) è tutto rigorosamente vero. 

Faccio parte di quella categoria di impiegati amministrativi  

  • che ha convissuto con imprenditori che si indebitavano ad un tasso del 13% per acquistare i mitici BOT che rendevano il 16%, e si facevano vanto di pagare i fornitori con una regolarità oggi impensabile (oggi sarebbero considerati dei … beh fate voi);
  • che accendeva in quanto esportatore abituale finanziamenti in marchi tedeschi, yen giapponesi, fiorini olandesi per sfruttare tassi debitori tra il 2 e il 6% incurante del rischio cambio;
  • che ha imparato ad utilizzare uno strumento oggi scomparso (la telescrivente, meglio nota come Telex) ed ha accolto l’apparizione dei primi apparecchi telefax con un misto di stupore ed ammirazione;
  • che ha registrato la prima contabilità automatizzata su un sistema IBM 36 (all’epoca un lusso) e intravisto il primo foglio elettronico Lotus 123;
  • che quando doveva confrontarsi con gli Istituti di Credito faceva leva sul rapporto personale sviluppato con il Direttore di filiale grazie alle opportune frequentazioni e non filtrato dai freddi rating che si applicano oggi (anche se in realtà il vecchio sistema sembra ancora abbastanza diffuso).  

La mia prima avventura lavorativa ha rappresentato per molti aspetti una sorta di appendice del periodo scolastico: ambiente giovane, un manipolo di under trenta gestiti da un imprenditore brillante e la pazienza da parte dei colleghi più esperti nel formare gli ultimi arrivati su tutti gli aspetti del mondo amministrativo.  

Ops… la formazione, o meglio ancora il concetto di “insegnare il mestiere”: qualcuno ha ancora questa abitudine nel 2019?  

Purtroppo la tendenza è di inserire forze nuove (quando va bene) buttandole nell’arena senza alcuna cognizione e/o paracadute: d’altra parte se già nei lontani anni 90 potevi passare da una mega struttura amministrativa di 80 persone ad una concentrazione di 20 figure, lascia pure l’automazione del lavoro e tutti i relativi vantaggi, ma sottoposti ad un concetto di efficienza sempre più spinta il tempo per fermarsi e riflettere (e formare / formarsi) diventa un optional. 

Soprattutto la maggior parte dei colleghi d’azienda che ho conosciuto tra il 1986  e il 1995, anziani e no, aveva trascorso la propria carriera lavorativa incatenata in una sola e solida realtà, e guardava con sospetto il sottoscritto che nel periodo sopra citato aveva già cambiato ben tre casacche: erano abituati ad un lavoro piuttosto statico dove non era necessario né tantomeno richiesto mettersi quotidianamente in discussione, e dove azionare il pilota automatico rappresentava la sicurezza di essere traghettati serenamente fino alla tanto sospirata età pensionabile. 

E oggi?  

Il cambiamento è stato epocale e fulmineo al tempo stesso: le odierne attività amministrative, gestite in precedenza da un numero importante di addetti coordinati da un arcigno responsabile ed appoggiati dall’esterno dal fido commercialista, si sono grosso modo suddivise in due macro filoni più uno.  

Il primo è costituito dalle attività amministrative / contabili di routine, appesantite da tutte le contorsioni mentali che la Pubblica Amministrazione si inventa ogni anno per andare a caccia di qualche spicciolo (e per rendere la vita difficile al povero impiegato amministrativo…). Questo filone, pur importante in quanto costituisce la raccolta e l’inserimento dei dati che sono alla base di tutte le attività strategiche, è destinato a mio parere a diventare sempre più un elemento di qualità discutibile che inficia anche la qualità dei dati successivi.

Quante sono le imprese che hanno delocalizzato in Polonia, Romania, o addirittura in India il caricamento della contabilità aziendale? 

Quante saranno quelle che faranno dietrofront quando si accorgeranno che se metti dentro dati non corretti nel software non puoi estrarne che dati non corretti (i signori del software mi hanno insegnato un'altra metafora, ma ve la risparmio)?

Ho avuto un rapido scambio di vedute con figure amministrative di vari settori, dal bancario al privato, e il filo conduttore che ho potuto constatare è il medesimo: sono diminuiti gli addetti, ma a fronte di un miglioramento generale apportato dalla tecnologia sono aumentati in maniera più che proporzionale gli obblighi burocratici derivanti dalla crescente mole di richieste della P. A..

Il secondo filone a cui faccio riferimento, che costituisce la parte nobile del lavoro di accounting e consiste nell’organizzare in varie forme (reportistica di controllo di gestione, analisi di sostenibilità finanziaria, budget e business plan) i dati inseriti nel sistema contabile, ha ed avrà una crescente importanza e richiederà competenze anche trasversali che soltanto un Responsabile Amministrativo (e/o C.F.O. ) evoluto potrà detenere. 

Il terzo filone, che secondo me rappresenta un ibrido dei precedenti, è costituito dagli adempimenti tributari e fiscali che, vedi alla voce primo filone, richiedono competenze ed aggiornamenti che con sempre maggiore difficoltà vengono svolti dal personale amministrativo interno (a pena di errori e conseguenti sanzioni ecc.), e che ritengo possano essere in toto esternalizzati agli studi professionali che possono assicurare una maggiore competenza. 

Ritengo che la vera sfida oggi del Responsabile Amministrativo / C.F.O. si giochi sulla sua capacità di unire alle competenze di fondo (acquisite con gli studi ma anche sul campo, vista la vastità delle aree nelle quali deve operare, e con un aggiornamento costante) la caratteristica di diventare un gestore di risorse, cioè una figura in grado di sapere dove andare di volta in volta a reperire gli specialisti da interpellare per ogni singolo problema da affrontare.  

Il rischio di appiattirsi su un’attività di routine e di scarso valore aggiunto è notevole, e sono molteplici gli esempi che potrei citare di errato coinvolgimento del Responsabile Amministrativo nella gestione del proprio lavoro. Una figura come quella sopra immaginata può essere collocata per motivi di costo anche all’esterno dell’organizzazione aziendale, a patto che sia dotata di quella flessibilità e quella visione d’insieme che per troppo tempo sono risultate estranee all’identikit dell’impiegato amministrativo standard. 

Concludo con una provocazione.  

È evidente che buona parte delle skills a cui ho accennato in precedenza (ma tante sarebbero da aggiungere) non si imparano soltanto sui banchi di scuola o dell’Università, e diventa cruciale quindi il tema della formazione continua e a qualsiasi età.  

Mi chiedo, sulla scorta di quanto già accade per gli albi professionali, se non valga la pena istituire un punteggio obbligatorio annuale legato alla partecipazione a  giornate di studio da applicare ai Responsabili/Direttori Amministrazione Finanza Controllo: un minimo di 7 giornate / anno sarebbero sufficienti a scrostare l’immobilismo della categoria e sensibilizzerebbero gli imprenditori a dare maggiore spazio al tema della formazione aziendale.

Perché l’iniziativa risulti vincente questi ultimi dovrebbe essere disposti da un lato a mettere da parte la logica del tutto e subito (cioè dei risultati da portare nel brevissimo termine e senza un’adeguata pianificazione) dall’altra a verificare con una cadenza periodica gli effettivi vantaggi apportati dalla formazione.

La mia provocazione avrebbe il merito di consentire: 

  1. La crescita e l’apprendimento collegati alla continua evoluzione  del profilo, e non parlo soltanto dei soliti meri aspetti operativi (quanti sono i CFO che partecipano a corsi sulla Leadership, sull’utilizzo delle nuove forme di Fintech ecc.?); 
  2. Un confronto costruttivo con altri omologhi di settori e aziende diverse che stimolerebbe la diffusione delle cosidette “best practices”; 
  3. La possibilità di uscire dal proprio loculo / ufficio per respirare quello che succede nel mondo di fuori. 

Tutto questo innescherebbe un volano positivo che porterebbe all’estensione del concetto di formazione a tutti i livelli aziendali. Ho ancora impresso nella memoria un corso finanziato dall’allora API a anni 90 dedicato ai responsabili di funzione e tenuto da un formatore mio coetaneo veramente in gamba : il risultato delle 32 ore fu di aumentare la consapevolezza del team e di fare emergere punti di forza e debolezza essenziali per il miglioramento dell’intera organizzazione, con beneficio indiretto esteso anche ai collaboratori di livello inferiore. 

A costo di sembrare obsoleto e banale non riesco ad immaginare un mondo privo di regole contabili: finché la nostra società non avrà raggiunto un livello di civiltà evoluto prossimo alla massima efficienza (o diciamo meglio “perfezione”) e trasparenza saranno sempre necessarie le figure di chi amministra e gestisce in termini generali i beni e i servizi per conto dell’intera collettività o di gruppi della medesima, attraverso regole più o meno sofisticate che garantiscano l’equilibrio del sistema.