Antitrust: conclusa indagine conoscitiva su liberalizzazioni in 13 ordini e collegi

Le 133 pagine dell’indagine conoscitiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato su 13 ordini e collegi professionali (architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili), avviata a gennaio 2007, si concludono con l’auspicio che

- gli ordini e i collegi interessati rimuovano o modifichino le disposizioni deontologiche analizzate, considerate ingiustificatamente restrittive della concorrenza tra professionisti, in modo che le stesse siano rese conformi ai principi e criteri già indicati, al fine di introdurre principi concorrenziali nei codici di autoregolamentazione analizzati;
- siano intrapresi interventi di natura legislativa volti a rafforzare la concorrenza nei servizi professionali a) mediante il ripristino delle disposizioni originariamente contenute nel decreto legge Bersani n. 223/2006, precedentemente alla conversione in legge dello stesso, che prevedevano l’abolizione diretta delle tariffe minime o fisse e che non attribuivano agli organismi di controllo deontologico alcun potere di verifica sui messaggi pubblicitari diffusi dai professionisti e b) mediante la rimozione delle disposizioni di cui all’art. 30 del Decreto Legislativo n. 249/2006, che ha riformulato, senza apportarvi sostanziali modifiche, l’art. 147 della legge n. 89/1913 in materia di servizi notarili.

In sostanza, come rilevato nel comunicato stampa relativo all’indagine, l’Antitrust chiede:
1) l’abolizione delle tariffe minime o fisse: molti ordini e collegi "hanno mostrato resistenze, anche fondate sull’idea che il professionista sia ancorato al rispetto del “decoro” della professione nella determinazione della parcella, in quanto il decoro imporrebbe ai professionisti l’applicazione delle tariffe minime";
2) l’abrogazione delle restrizioni e del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini: "l’esistenza ancora oggi di discipline deontologiche che contengono restrizioni il cui fine non è quello di assicurare una gestione corretta dello strumento pubblicitario da parte dei professionisti e, quindi, di tutelare il consumatore. Così, disposizioni che limitano l’utilizzo di espressioni elogiative, enfatiche, che vietano la diffusione della pubblicità comparativa, che impongono il rispetto del decoro o della dignità professionale nella scelta del mezzo di diffusione o del contenuto stesso della pubblicità, spingendosi talvolta a non ammettere la possibilità di pubblicizzare i compensi, non svolgono altra funzione se non quella di impedire la concorrenza tra professionisti, producendo un danno soprattutto ai nuovi entranti e, quindi, proteggendo dal gioco della concorrenza i professionisti già affermati;
3) l’istituzione di lauree abilitanti;
4) lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio;
5) la presenza di soggetti ‘terzi’ negli organi di governo degli ordini.

(Autorità garante della concorrenza e del mercato, Indagine conoscitiva 21 marzo 2009).

Le 133 pagine dell’indagine conoscitiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato su 13 ordini e collegi professionali (architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili), avviata a gennaio 2007, si concludono con l’auspicio che

- gli ordini e i collegi interessati rimuovano o modifichino le disposizioni deontologiche analizzate, considerate ingiustificatamente restrittive della concorrenza tra professionisti, in modo che le stesse siano rese conformi ai principi e criteri già indicati, al fine di introdurre principi concorrenziali nei codici di autoregolamentazione analizzati;
- siano intrapresi interventi di natura legislativa volti a rafforzare la concorrenza nei servizi professionali a) mediante il ripristino delle disposizioni originariamente contenute nel decreto legge Bersani n. 223/2006, precedentemente alla conversione in legge dello stesso, che prevedevano l’abolizione diretta delle tariffe minime o fisse e che non attribuivano agli organismi di controllo deontologico alcun potere di verifica sui messaggi pubblicitari diffusi dai professionisti e b) mediante la rimozione delle disposizioni di cui all’art. 30 del Decreto Legislativo n. 249/2006, che ha riformulato, senza apportarvi sostanziali modifiche, l’art. 147 della legge n. 89/1913 in materia di servizi notarili.

In sostanza, come rilevato nel comunicato stampa relativo all’indagine, l’Antitrust chiede:
1) l’abolizione delle tariffe minime o fisse: molti ordini e collegi "hanno mostrato resistenze, anche fondate sull’idea che il professionista sia ancorato al rispetto del “decoro” della professione nella determinazione della parcella, in quanto il decoro imporrebbe ai professionisti l’applicazione delle tariffe minime";
2) l’abrogazione delle restrizioni e del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini: "l’esistenza ancora oggi di discipline deontologiche che contengono restrizioni il cui fine non è quello di assicurare una gestione corretta dello strumento pubblicitario da parte dei professionisti e, quindi, di tutelare il consumatore. Così, disposizioni che limitano l’utilizzo di espressioni elogiative, enfatiche, che vietano la diffusione della pubblicità comparativa, che impongono il rispetto del decoro o della dignità professionale nella scelta del mezzo di diffusione o del contenuto stesso della pubblicità, spingendosi talvolta a non ammettere la possibilità di pubblicizzare i compensi, non svolgono altra funzione se non quella di impedire la concorrenza tra professionisti, producendo un danno soprattutto ai nuovi entranti e, quindi, proteggendo dal gioco della concorrenza i professionisti già affermati;
3) l’istituzione di lauree abilitanti;
4) lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio;
5) la presenza di soggetti ‘terzi’ negli organi di governo degli ordini.

(Autorità garante della concorrenza e del mercato, Indagine conoscitiva 21 marzo 2009).