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Lo jus variandi nei contratti bancari: costi di chiusura e trasferimento del conto

1. La recente modifica introdotta dalla Legge del 4/8/06 n. 248 (conversione D.L. del 4/7/06, n. 223).

L’istituto dello jus varandi – facoltà di modificare, in un rapporto contrattuale, le originarie condizioni normative ed economiche – è una possibilità riconosciuta alle banche dal T.U.B. ( art. 118 Testo Unico Bancario D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385)

Il ricorso alla facoltà dello jus variandi per modificare unilateralmente tassi, prezzi e altre condizioni – sin’anche ad introdurre nuovi oneri e spese – è stato, negli ultimi anni, largamente utilizzato dalle banche, determinando disagi nei confronti dei clienti.

Tale clausola, che presenta una chiara natura vessatoria, è stata consentita dal legislatore del T.U.B. del ’93, in considerazione del particolare rilievo dei contratti di durata[1] relativi a servizi bancari e finanziari, che necessitano di adeguarsi prontamente alle modifiche che intervengono sul mercato finanziario.

Nella successiva normativa posta a tutela dei consumatori – “Codice di consumo” (art. 7 Legge n. 229/03) – che ricomprende anche i contratti bancari, si presumono abusive le modifiche unilaterali che non presentino un giustificato motivo e/o che non prevedano un congruo termine di preavviso al consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.

L’art. 118 del T.U.B. e la successiva delibera CICR del 4/3/03 risultavano, prima della recente modifica, non pienamente rispondenti al “Codice di consumo” sia perché non era previsto alcun riferimento al “giustificato motivo” sia perché il preavviso non risultava adeguato, in quanto si consentiva una comunicazione impersonale tramite pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e si poneva un termine limitato di quindici giorni per l’esercizio del diritto di recesso.

Tali contraddizioni avevano già generato, da parte della Magistratura, talune sentenze orientate ad integrare il dettame del T.U.B. con quanto disposto dal “Codice di consumo” ( C. A. di Roma 24/9/02).

La recente Legge del 4/8/06 n. 248 (conversione del D.L. del 4/706 n. 223) è intervenuta a sanare tali incongruenze: l’art. 118 del T.U.B. è stato sostituito, prevedendo il giustificato motivo, la comunicazione scritta al cliente, il termine di 30 gg. di preavviso e il termine di 60 gg. per la facoltà di recesso senza oneri.

Certamente con la Legge n. 248/06 si sono introdotti un miglior equilibrio e una maggiore trasparenza nel rapporto tra banca e cliente: la previsione di un “giustificato motivo”, esteso ad ogni elemento del contratto, eserciterà un contenimento del ricorso ad arbitrarie modifiche delle condizioni di conto, senza tuttavia impedire i necessari adeguamenti alle mutevoli condizioni di mercato.

Tuttavia accadimenti di mala gestio bancaria, più frequentemente polverizzata, per piccoli importi, su un’ampia schiera di risparmiatori, richiedono, per un sostanziale riequilibrio dei rapporti cliente/banca, l’introduzione dell’azione collettiva[2], class action, che costituirebbe un efficiente presidio alla corretta applicazione della norma.

Ma l’introduzione di norme che vanno a regolare, in modo specifico e particolare, i comportamenti degli operatori economici, costituisce sempre un’operazione assai delicata: qualità ed efficienza del servizio potrebbero risultare pregiudicate, se al tempo stesso non si liberano i meccanismi di mercato da vischiosità, impedimenti e carenze organizzative.

Rimane infatti difficile e oltremodo oneroso per il cliente recedere dal contratto e trasferire il rapporto presso un’altra banca, soprattutto se questo è accompagnato dagli usuali servizi finanziari che spesso affiancano il conto corrente.

Il costo di chiusura del conto è solo uno degli aspetti che hanno ostacolato un agevole ricorso alla revoca per sottrarsi ai frequenti abusi di posizione dominante che lo jus variandi ha consentito alle banche.

Oltre alla rimozione di questo oneroso balzello[3], ancor più avvertita è l’esigenza di condizioni che consentano un agevole e sicuro trasferimento dei conti da una banca all’altra[4].

2. Il trasferimento del conto e la portabilità del numero.

Usualmente la banca presta una serie di servizi che ruotano intorno ad un conto corrente: l’eventuale recesso e chiusura di quest’ultimo dispiega effetti sui servizi che a tale conto si appoggiano.

L’operazione di trasferimento dei rapporti da una banca all’altra presenta qualche complessità: per gli assegni che possono risultare ancora in circolazione, per i pagamenti che si devono ricevere, per il cambio di domiciliazioni bancarie, per le carte di credito, per le eventuali aperture di credito che occorre saldare, ecc.. Tutto questo crea significativi inconvenienti, disagi ed incertezze, che si aggiungono ai costi economici del trasferimento e scoraggiano la mobilità della clientela.

Tali oneri di trasferimento vengono a costituire un sostanziale impedimento all’uscita e un rilevante ostacolo al dispiegarsi della concorrenza, determinando, in capo all’intermediario, un apprezzabile potere di monopolio. Mentre sono stati minimizzati oneri e costi al momento dell’ingresso per attrarre la clientela, una volta estesa la rete di servizi – carta, domiciliazione utenze, titoli, ecc.. – è stato praticato, in forza dello jus variandi, un innalzamento delle tariffe a cui la clientela, di norma, non ha potuto sottrarsi a causa – come già menzionato - non solo degli elevati costi, ma anche dell’assoluta incertezza sui tempi e modalità del trasferimento dei rapporti: il margine economico supplementare di cui ha goduto la banca, nei casi di chiusura di un conto, l’ha ripagata ampiamente dei minori costi posti all’ingresso.

Anche quando il cliente si è risolto ad affrontare costi e disagi, nel cambiare la propria banca, valutando le economie indotte dalle migliori condizioni offerte, queste si sono spesso rivelate temporanee ed aleatorie, potendo la nuova banca esercitare lo jus variandi ed elevare tassi e tariffe.

Di fatto si è determinata una notevole inerzia della clientela, che rimane sostanzialmente legata e vincolata alla propria banca, alla quale è rimesso un notevole potere di monopolio, ampiamente utilizzato nell’applicazione, ai servizi finanziari offerti, di tariffe che spesso si discostano apprezzabilmente dai costi. Di converso si determina una barriera all’ingresso, per i nuovi operatori bancari, che vedono elevarsi i costi di acquisizione della clientela.

Il potere di monopolio, di cui la banca gode in presenza di vischiosità ed impedimenti alla concorrenza, è esteso ai vari servizi finanziari: in un recente intervento all’ABI (12/7/06) il Governatore della Banca d’Italia ha avuto modo di puntualizzare: “Rimangono elevati i guadagni nella gestione del risparmio, in alcuni comparti del sistema dei pagamenti e nel credito al consumo, dove i prezzi rivelano minore permeabilità alla concorrenza”.

L’operazione di trasferimento del conto non può essere rimessa completamente al cliente, risultando necessario l’intervento e il coordinamento delle banche interessate: si rende necessario prevedere una procedura e guide-lines che regolino il trasferimento: in Inghilterra, Irlanda e Paesi Bassi le stesse banche si sono date un codice di auto-regolamentazione per facilitare il trasferimento dei rapporti di conto.

La portabilità del numero di conto bancario costituisce certamente, in prospettiva, il modo più agevole, efficiente e tempestivo di trasferimento; comporta tuttavia modifiche organizzative di non poco conto. Nell’immediato il trasferimento dei rapporti dovrà essere necessariamente accompagnato da un nuovo numero di conto e nuove coordinate bancarie che dovranno essere comunicate a coloro che interagiscono con il cliente.

Prima ancora che vengano realizzate più articolate modifiche organizzative, le banche potrebbero autonomamente avviare già da ora proposte e iniziative volte ad accompagnare ed agevolare il trasferimento dei rapporti.

Gli elementi di concorrenza che ne deriverebbero risulterebbero significativi e verrebbero, in definitiva, a costituire un pregnante viatico al miglioramento dei rapporti tra cliente e banca: una fidelizzazione matura e consapevole sostituirebbe una fidelizzazione obbligata e costretta.

3. Conclusioni.

L’esperienza ha spesso mostrato che interventi, volti a tutelare e favorire il mercato, dispiegano radicali effetti sul contenimento dei costi e l’efficienza stessa dei servizi.

Per lunghi anni si è perseguita la stabilità del sistema bancario prestando attenzione sovrana alla patrimonializzazione degli istituti di credito, rimettendo, invece, a regole di comportamento e trasparenza la tutela del cliente utilizzatore dei servizi. Le regole, tuttavia, si sono spesso rivelate carenti e insufficienti: liberando invece meccanismi di selezione del mercato, la domanda si orienta là dove l’offerta è più efficiente; errori e disservizi, anziché scaricarsi sull’utente, vanno a colpire, attraverso l’emarginazione dal mercato, l’intermediario e, in definitiva, i suoi azionisti.

Sino ad oggi è stata pervicacemente protetta la funzione creditizia da un’eccessiva esposizione alla concorrenza nella convinzione, assai diffusa, che quest’ultima potesse ledere la stabilità del sistema. Questo ha indotto, per molti anni, l’autorità monetaria a tenere un atteggiamento di estrema cautela, privilegiando la redditività delle banche per i positivi riflessi di stabilità. Ne ha sofferto il rapporto costo/qualità dei servizi che un mercato più libero andrebbe a comprimere a tutto vantaggio degli utilizzatori: le banche beneficiano ancora di una sorta di rendita di posizione attraverso un articolato dirigismo che, di fatto, ingessa il mercato, impedendo che si esplichino concorrenza e selezione.

La recente modifica introdotta dalla Legge n. 248/06 e le ferme prese di posizione delle Autorità di Controllo segnalano un diverso orientamento. Un sistema bancario maturo, meglio strutturato e patrimonializzato, consente ora maggiori gradi di libertà verso un’attenzione e fiducia nel mercato, nel perseguimento di obiettivi di professionalità ed efficienza che meglio rispondono alle diffuse e trascurate esigenze dei clienti bancari e che completano e rafforzano, per altra via, la stabilità stessa del sistema creditizio.



[1] A tempo determinato o indeterminato.

[2] Quando un numero rilevante di persone viene danneggiato da uno stesso fatto illecito, l’azione collettiva – e il connesso istituto della conciliazione di massa - consentono di gestire unitariamente il ricorso alla giustizia e la ricerca di soluzioni negoziali, attraverso enti legittimati, con economia di costi ed evitando la proliferazione di vertenze giudiziarie per uno stesso oggetto.

[3] Da una recentissima indagine condotta dalla Comunità Europea emerge che nella generalità dei paesi non è previsto un costo di chiusura: tra i pochi che lo praticano, l’Italia è il paese che presentava il costo maggiore: da 15 a 60 Euro in Italia, contro 7/15 Euro in Austria, Portogallo e Belgio. Cfr. European Commission, Corrent accounts and related services, 17/7/06.

[4] Questo costituisce uno degli aspetti ai quali la Commissione Europea sta prestando una particolare attenzione. Un gruppo di esperti è stato incaricato di individuare ed esaminare i problemi relativi alla mobilità degli utenti dei servizi finanziari. I risultati dell’esame verranno rassegnati entro i primi mesi del prossimo anno.

1. La recente modifica introdotta dalla Legge del 4/8/06 n. 248 (conversione D.L. del 4/7/06, n. 223).

L’istituto dello jus varandi – facoltà di modificare, in un rapporto contrattuale, le originarie condizioni normative ed economiche – è una possibilità riconosciuta alle banche dal T.U.B. ( art. 118 Testo Unico Bancario D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385)

Il ricorso alla facoltà dello jus variandi per modificare unilateralmente tassi, prezzi e altre condizioni – sin’anche ad introdurre nuovi oneri e spese – è stato, negli ultimi anni, largamente utilizzato dalle banche, determinando disagi nei confronti dei clienti.

Tale clausola, che presenta una chiara natura vessatoria, è stata consentita dal legislatore del T.U.B. del ’93, in considerazione del particolare rilievo dei contratti di durata[1] relativi a servizi bancari e finanziari, che necessitano di adeguarsi prontamente alle modifiche che intervengono sul mercato finanziario.

Nella successiva normativa posta a tutela dei consumatori – “Codice di consumo” (art. 7 Legge n. 229/03) – che ricomprende anche i contratti bancari, si presumono abusive le modifiche unilaterali che non presentino un giustificato motivo e/o che non prevedano un congruo termine di preavviso al consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.

L’art. 118 del T.U.B. e la successiva delibera CICR del 4/3/03 risultavano, prima della recente modifica, non pienamente rispondenti al “Codice di consumo” sia perché non era previsto alcun riferimento al “giustificato motivo” sia perché il preavviso non risultava adeguato, in quanto si consentiva una comunicazione impersonale tramite pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e si poneva un termine limitato di quindici giorni per l’esercizio del diritto di recesso.

Tali contraddizioni avevano già generato, da parte della Magistratura, talune sentenze orientate ad integrare il dettame del T.U.B. con quanto disposto dal “Codice di consumo” ( C. A. di Roma 24/9/02).

La recente Legge del 4/8/06 n. 248 (conversione del D.L. del 4/706 n. 223) è intervenuta a sanare tali incongruenze: l’art. 118 del T.U.B. è stato sostituito, prevedendo il giustificato motivo, la comunicazione scritta al cliente, il termine di 30 gg. di preavviso e il termine di 60 gg. per la facoltà di recesso senza oneri.

Certamente con la Legge n. 248/06 si sono introdotti un miglior equilibrio e una maggiore trasparenza nel rapporto tra banca e cliente: la previsione di un “giustificato motivo”, esteso ad ogni elemento del contratto, eserciterà un contenimento del ricorso ad arbitrarie modifiche delle condizioni di conto, senza tuttavia impedire i necessari adeguamenti alle mutevoli condizioni di mercato.

Tuttavia accadimenti di mala gestio bancaria, più frequentemente polverizzata, per piccoli importi, su un’ampia schiera di risparmiatori, richiedono, per un sostanziale riequilibrio dei rapporti cliente/banca, l’introduzione dell’azione collettiva[2], class action, che costituirebbe un efficiente presidio alla corretta applicazione della norma.

Ma l’introduzione di norme che vanno a regolare, in modo specifico e particolare, i comportamenti degli operatori economici, costituisce sempre un’operazione assai delicata: qualità ed efficienza del servizio potrebbero risultare pregiudicate, se al tempo stesso non si liberano i meccanismi di mercato da vischiosità, impedimenti e carenze organizzative.

Rimane infatti difficile e oltremodo oneroso per il cliente recedere dal contratto e trasferire il rapporto presso un’altra banca, soprattutto se questo è accompagnato dagli usuali servizi finanziari che spesso affiancano il conto corrente.

Il costo di chiusura del conto è solo uno degli aspetti che hanno ostacolato un agevole ricorso alla revoca per sottrarsi ai frequenti abusi di posizione dominante che lo jus variandi ha consentito alle banche.

Oltre alla rimozione di questo oneroso balzello[3], ancor più avvertita è l’esigenza di condizioni che consentano un agevole e sicuro trasferimento dei conti da una banca all’altra[4].

2. Il trasferimento del conto e la portabilità del numero.

Usualmente la banca presta una serie di servizi che ruotano intorno ad un conto corrente: l’eventuale recesso e chiusura di quest’ultimo dispiega effetti sui servizi che a tale conto si appoggiano.

L’operazione di trasferimento dei rapporti da una banca all’altra presenta qualche complessità: per gli assegni che possono risultare ancora in circolazione, per i pagamenti che si devono ricevere, per il cambio di domiciliazioni bancarie, per le carte di credito, per le eventuali aperture di credito che occorre saldare, ecc.. Tutto questo crea significativi inconvenienti, disagi ed incertezze, che si aggiungono ai costi economici del trasferimento e scoraggiano la mobilità della clientela.

Tali oneri di trasferimento vengono a costituire un sostanziale impedimento all’uscita e un rilevante ostacolo al dispiegarsi della concorrenza, determinando, in capo all’intermediario, un apprezzabile potere di monopolio. Mentre sono stati minimizzati oneri e costi al momento dell’ingresso per attrarre la clientela, una volta estesa la rete di servizi – carta, domiciliazione utenze, titoli, ecc.. – è stato praticato, in forza dello jus variandi, un innalzamento delle tariffe a cui la clientela, di norma, non ha potuto sottrarsi a causa – come già menzionato - non solo degli elevati costi, ma anche dell’assoluta incertezza sui tempi e modalità del trasferimento dei rapporti: il margine economico supplementare di cui ha goduto la banca, nei casi di chiusura di un conto, l’ha ripagata ampiamente dei minori costi posti all’ingresso.

Anche quando il cliente si è risolto ad affrontare costi e disagi, nel cambiare la propria banca, valutando le economie indotte dalle migliori condizioni offerte, queste si sono spesso rivelate temporanee ed aleatorie, potendo la nuova banca esercitare lo jus variandi ed elevare tassi e tariffe.

Di fatto si è determinata una notevole inerzia della clientela, che rimane sostanzialmente legata e vincolata alla propria banca, alla quale è rimesso un notevole potere di monopolio, ampiamente utilizzato nell’applicazione, ai servizi finanziari offerti, di tariffe che spesso si discostano apprezzabilmente dai costi. Di converso si determina una barriera all’ingresso, per i nuovi operatori bancari, che vedono elevarsi i costi di acquisizione della clientela.

Il potere di monopolio, di cui la banca gode in presenza di vischiosità ed impedimenti alla concorrenza, è esteso ai vari servizi finanziari: in un recente intervento all’ABI (12/7/06) il Governatore della Banca d’Italia ha avuto modo di puntualizzare: “Rimangono elevati i guadagni nella gestione del risparmio, in alcuni comparti del sistema dei pagamenti e nel credito al consumo, dove i prezzi rivelano minore permeabilità alla concorrenza”.

L’operazione di trasferimento del conto non può essere rimessa completamente al cliente, risultando necessario l’intervento e il coordinamento delle banche interessate: si rende necessario prevedere una procedura e guide-lines che regolino il trasferimento: in Inghilterra, Irlanda e Paesi Bassi le stesse banche si sono date un codice di auto-regolamentazione per facilitare il trasferimento dei rapporti di conto.

La portabilità del numero di conto bancario costituisce certamente, in prospettiva, il modo più agevole, efficiente e tempestivo di trasferimento; comporta tuttavia modifiche organizzative di non poco conto. Nell’immediato il trasferimento dei rapporti dovrà essere necessariamente accompagnato da un nuovo numero di conto e nuove coordinate bancarie che dovranno essere comunicate a coloro che interagiscono con il cliente.

Prima ancora che vengano realizzate più articolate modifiche organizzative, le banche potrebbero autonomamente avviare già da ora proposte e iniziative volte ad accompagnare ed agevolare il trasferimento dei rapporti.

Gli elementi di concorrenza che ne deriverebbero risulterebbero significativi e verrebbero, in definitiva, a costituire un pregnante viatico al miglioramento dei rapporti tra cliente e banca: una fidelizzazione matura e consapevole sostituirebbe una fidelizzazione obbligata e costretta.

3. Conclusioni.

L’esperienza ha spesso mostrato che interventi, volti a tutelare e favorire il mercato, dispiegano radicali effetti sul contenimento dei costi e l’efficienza stessa dei servizi.

Per lunghi anni si è perseguita la stabilità del sistema bancario prestando attenzione sovrana alla patrimonializzazione degli istituti di credito, rimettendo, invece, a regole di comportamento e trasparenza la tutela del cliente utilizzatore dei servizi. Le regole, tuttavia, si sono spesso rivelate carenti e insufficienti: liberando invece meccanismi di selezione del mercato, la domanda si orienta là dove l’offerta è più efficiente; errori e disservizi, anziché scaricarsi sull’utente, vanno a colpire, attraverso l’emarginazione dal mercato, l’intermediario e, in definitiva, i suoi azionisti.

Sino ad oggi è stata pervicacemente protetta la funzione creditizia da un’eccessiva esposizione alla concorrenza nella convinzione, assai diffusa, che quest’ultima potesse ledere la stabilità del sistema. Questo ha indotto, per molti anni, l’autorità monetaria a tenere un atteggiamento di estrema cautela, privilegiando la redditività delle banche per i positivi riflessi di stabilità. Ne ha sofferto il rapporto costo/qualità dei servizi che un mercato più libero andrebbe a comprimere a tutto vantaggio degli utilizzatori: le banche beneficiano ancora di una sorta di rendita di posizione attraverso un articolato dirigismo che, di fatto, ingessa il mercato, impedendo che si esplichino concorrenza e selezione.

La recente modifica introdotta dalla Legge n. 248/06 e le ferme prese di posizione delle Autorità di Controllo segnalano un diverso orientamento. Un sistema bancario maturo, meglio strutturato e patrimonializzato, consente ora maggiori gradi di libertà verso un’attenzione e fiducia nel mercato, nel perseguimento di obiettivi di professionalità ed efficienza che meglio rispondono alle diffuse e trascurate esigenze dei clienti bancari e che completano e rafforzano, per altra via, la stabilità stessa del sistema creditizio.



[1] A tempo determinato o indeterminato.

[2] Quando un numero rilevante di persone viene danneggiato da uno stesso fatto illecito, l’azione collettiva – e il connesso istituto della conciliazione di massa - consentono di gestire unitariamente il ricorso alla giustizia e la ricerca di soluzioni negoziali, attraverso enti legittimati, con economia di costi ed evitando la proliferazione di vertenze giudiziarie per uno stesso oggetto.

[3] Da una recentissima indagine condotta dalla Comunità Europea emerge che nella generalità dei paesi non è previsto un costo di chiusura: tra i pochi che lo praticano, l’Italia è il paese che presentava il costo maggiore: da 15 a 60 Euro in Italia, contro 7/15 Euro in Austria, Portogallo e Belgio. Cfr. European Commission, Corrent accounts and related services, 17/7/06.

[4] Questo costituisce uno degli aspetti ai quali la Commissione Europea sta prestando una particolare attenzione. Un gruppo di esperti è stato incaricato di individuare ed esaminare i problemi relativi alla mobilità degli utenti dei servizi finanziari. I risultati dell’esame verranno rassegnati entro i primi mesi del prossimo anno.