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Alcune sentenze della Corte costituzionale in materia di diritti dei profughi - Austria

Alcune sentenze della Corte costituzionale in materia di diritti dei profughi - Austria
Alcune sentenze della Corte costituzionale in materia di diritti dei profughi - Austria

Indice

1. Rassendiskriminierungsverbot und Gleichberechtigungsprinzip

2. Effetti sul trattamento dei profughi

3. Mancato riconoscimento dello status di “subsidiär Schutzbedürftigen”

4. Willkürliches Verhalten des Bundesverwaltungsgerichtes

5. Violazione dell’articolo 8 CEDU

6. Verletzung des Rechtes auf ein Verfahren vor dem gesetzlichen Richter

7.Conclusio e note

 

1. Rassendiskriminierungsverbot und Gleichbehandlungsprinzip

In data 10.8.1973 è entrato in vigore, in Austria, l’articolo unico del Bundesgesetz zur Durchführung des internationalen Übereinkommens über die Beseitigung aller Formen rassischer Diskriminierung = Legge federale di attuazione della Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (RassDiskrBVG). Trattasi di una legge costituzionale (Verfassungsgesetz), che dispone quanto segue: “È vietata qualsiasi forma di discriminazione razziale. In ogni caso è fatto salvo quanto già disposto dall’articolo 7 della Costituzione federale del 1929 e dall’articolo 14 della Convenzione concernente la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Legislazione e potere esecutivo devono astenersi da ogni distinzione basata unicamente su motivi della razza, del colore della pelle, dell’origine nazionale o etnica”.

Il comma 2° prevede che “quanto contemplato dal comma 1°, non osta che a cittadini austriaci siano riconosciuti speciali diritti o imposti particolari obblighi, a meno che non vi sia contrasto con l’articolo 14 della Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.

L’articolo unico della citata legge costituzionale è costantemente interpretato dalla Corte costituzionale federale (VfGH) anche nel senso che il disposto di quest’articolo è da considerarsi violato pure nei casi in cui è riscontrabile una “Verletzung im Recht auf Gleichbehandlung von Fremden untereinander”. È stato detto che con la citata legge “wurde der allgemeine Gleichheitsgrundsatz in Richtung “Jedermannsrecht” erweitert”.

Va osservato che il Protocollo addizionale n. 12 alla CEDU, redatto a Roma il 4.11.2000, prevede, all’articolo 1, un divieto generale di discriminazione; in particolare, se fondato sul sesso, sulla razza, sul colore (della pelle), sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di altro genere, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sulla ricchezza, sulla nascita o su ogni altra considerazione. Inoltre, questa norma dispone che nessuno può essere oggetto di discriminazione da parte di qualsiasi autorità pubblica per i motivi che ora sono stati elencati.

La Carta dei diritti fondamentali dell’UE (ChUE) sancisce, all’articolo 20, che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge e il successivo articolo 21 ha ampliato, rispetto al succitato articolo 12 Prot. addiz. CEDU, i motivi, per cui la discriminazione è vietata (comprende, tra l’altro, pure il motivo della cittadinanza). L’articolo 24 ChUE prevede, in particolare, che i diritti dei minori devono essere tutelati, vincolando a tal fine anche i poteri pubblici.

Il rispetto della varietà delle culture, delle religioni e delle lingue, è sancito dall’articolo 22 ChUE; cosí pure la parità dei diritti tra donne e uomini (articolo 23).

A proposito del diritto di asilo - richiamati la Convenzione di Ginevra del 18.7.1951, il Protocollo del 31.1.1967 sullo status dei profughi e il trattato UE - tale diritto È sancito dall’articolo 18 ChUE.

Espulsioni collettive sono vietate dall’articolo 19, comma,1, ChUE. Il comma 2 di quest’articolo contiene un’ulteriore garanzia nel senso che nessuno può essere espulso o estradato verso uno Stato, nel quale vi sia un rischio serio che la persona possa essere condannata a morte, sottoposta a tortura o ad altra pena o trattamento inumano o degradante.

Con riferimento alla sentenza E 4469/2018 della Corte cost. feder. (che  verrà esaminata in seguito), è da rilevare che la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20.11.1998, è stata ratificata da ben 197 Stati, ma non dagli Stati Uniti d’America. A  seguito di questa Convenzione, i minori di anni 18, sono diventati titolari di diritti inalienabili. (**)

Alla Convenzione ONU del 1989, sono poi seguiti tre Protocolli opzionali, uno dei quali riguarda la protezione dei minori in caso di guerra; anche di ciò si parlerà in seguito.

A proposito del Gleichbehandlungsprinzip, pare opportuno, fare alcune riflessioni prima di analizzare le sentenze del VfGH.

Questo grundrechtliche Prinzip è considerato il principio (politico), dal quale, o direttamente o indirettamente, derivano quasi tutti gli altri principi e “valori” politici. Esso è espressione dell’universalismo dei diritti fondamentali e costituisce la base per la dignità delle persone in quanto tali; è la garanzia principale della laicità del diritto nonché presupposto della solidarietà e termine di mediazione tra le tre classiche parole della Rivoluzione francese del 1789.

Il Gleichheitsgrundsatz è particolarmente importante nell’epoca in cui viviamo, caratterizzata da un “crollo” della politica, che, pare, abbia abdicato al ruolo di tutela degli interessi generali e della dignità delle persone. È stato detto che lo Stato “règne et ne gouverne pas”. Lo Stato moderno, come ha osservato uno dei massimi filosofi del diritto del Novecento, ha due anime: è una manifestazione della “politicità” e, contemporaneamente, è un ordinamento giuridico.

È nell’interesse di tutti - e in particolare dei soggetti deboli della società - che i diritti fondamentali, nella cui titolarità ed effettività consiste l’uguaglianza, non si riducano a una chimera. È dovere morale e giuridico, che le istituzioni prendano sul serio questo principio, sancito da quasi tutti gli ordinamenti moderni, spesso come norma di rango costituzionale. Il Gleichheitsgrundsatz si sostanzia in un’”egalitè en droits” (“Gli uomini nascono liberi e uguali nei diritti”, recita l’articolo 1 della “Declaration” del 1789).

I diritti fondamentali sono conferiti normativamente a tutti, per cui sono anche indisponibili, oltre che indivisibili; garantiscono la dignità delle persone (articolo 3 Cost.). Viene attribuita a E. Kant la frase: “Ciò che ha dignità, non ha prezzo e, viceversa, ciò che ha prezzo, non ha dignità”.

All’inizio del secolo passato, uno dei più noti costituzionalisti ha affermato che lo Stato ha bisogno del diritto e il diritto dello Stato, ma il diritto, in quanto principio più profondo, in ultima istanza, vincola lo Stato.

Lo Stato è custode e non padrone del diritto; però, anche in quanto custode, non è semplicemente un servo cieco, bensì un garante responsabile e, in quanto tale, alla fine decisivo.

Sono passati i tempi in cui il Sièyes affermava che la volontà del popolo è sempre “buona” ed è sempre la legge suprema.

 

2. Effetti sul trattamento dei profughi

Tornando alla normativa costituzionale e all’applicazione dei principi (ivi contenuti) che anche recentemente il VfGH ha assicurato in materia di diritti degli stranieri e dei profughi in particolare, è da rilevare che nella prima metà del 2018, questa Corte ha emanato una serie di sentenze (Erkenntnisse), per effetto delle quali sono state annullate parecchie sentenze del Bundesverwaltungsgericht (BuVerwGE, che corrisponde al Consiglio di Stato) e contro le quali erano state proposte, ai sensi dell’articolo 144 B-VG (Bundesverfassungsgesetz), Beschwerden (“reclami” equiparabili ai ricorsi dinanzi alla Corte costituzionale italiana), deducendo che i reclamanti-ricorrenti erano stati lesi - per effetto delle sentenze del BuVerwGE- “in einem verfassungerichtlich gewährleisteten Recht”, vale a dire in un diritto garantito costituzionalmente.

La maggior parte delle sentenze della Corte costituzionale federale ha avuto per oggetto il diniego - da parte  del BuVerwGE -  del riconoscimento - ai ricorrenti (Beschwerdeführer) - dello status di “subsidiär Schutzberechtigten in Bezug auf den Herkunftsstaat, der Nichterteilung eines Aufenhaltstitels aus berücksichtigungswürdigen Gründen, der Erlassung einer Rückkehrentscheidung, der Festsetzung der Zulässigkeit der Abschiebung und der Frist für eine freiwillige Ausreise”. Si dolevano, in sostanza, i ricorrenti per il fatto 1) che a essi non era stato accordato, tenuto conto dello Stato estero di provenienza, il permesso previsto per i subsidiär Schutzberechtigten, pur sussistendo fondati motivi che sarebbero dovuto essere presi in considerazione a tal fine, 2) che era stato ordinato a essi ricorrenti di lasciare il territorio austriaco, 3) che era stata statuita l’ammissibilità dell’espulsione dal territorio nazionale verso lo Stato di provenienza e 4) che era stato fissato il termine (di 14 giorni), entro il quale avrebbero dovuto “freiwillig ausreisen”, cioè lasciare volontariamente il territorio austriaco.

Vediamo ora le motivazioni, in fatto e in diritto, di alcune di queste sentenze del VfGH, con le quali i gravati Erkenntnisse del BuVerwGE sono stati annullati.

 

3. Mancato riconoscimento dello status di “subsidiär Schutzberechtigten”

E 4.378/2018 dd.26.6.2018

Il ricorrente, cittadino dell’Irak e di religione sunnita, il 19.6.2015, aveva inoltrato istanza al fine di ottenere il riconoscimento dello status di asilante o - in subordine - quello di “subsidiär Schutzberechtigten”, deducendo che aveva vissuto nella provincia di Diyala, dove era stato esposto ad atti di persecuzione e di violenza a causa del suo credo religioso, risultante, peraltro, anche dal suo prenome.

Il 30.11.15 il Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (BFA) aveva rigettato l’istanza del ricorrente e adottato i provvedimenti conseguenti al diniego, compresa l’espulsione dal territorio austriaco, a meno che il ricorrente non avesse lasciato volontariamente l’Austria entro 14 giorni a decorrere dal passaggio in giudicato della Rückführentscheidung.

Proponeva gravame dinanzi al Bundesverwaltungsgericht lo straniero.

Il 15.11.17 il BuVerwGE aveva rigettato quest’impugnazione, motivando il rigetto col fatto che dal proposto gravame non risultavano fatti atti a dimostrare “eine asylrelevante Verfolgungsgefahr” e che la stessa non poteva essere desunta neppure dall’”allgemeinen Lage” (situazione generale) nei luoghi di provenienza dello straniero. Aveva osservato, il BuVerwGE, che l’ISIS era stata “cacciata” dalla regione, dalla quale proveniva il ricorrente, sin dall’inizio del 2015. Erano, pertanto, giustificati, sia il provvedimento di espulsione, che quelli conseguenti allo stesso, non sussistendo, nè “lebensbedrohende Notlage”, nÈ il pericolo di un trattamento inumano (articolo 3 CEDU), se lo straniero avesse dovuto fare ritorno nello Stato di origine e nella regione, dove aveva vissuto. L’appellante era in giovane età, aveva avuto una buona istruzione (diploma di scuola media) ed era in grado di lavorare per assicurarsi l’indispensabile per il proprio sostentamento. Ad avviso del BuVerwGE, in caso di rimpatrio, non erano prevedibili violazioni degli artt. 2 o 3 CEDU o dei Protocolli aggiuntivi n. 6 e 13 alla stessa.

Contro il provvedimento emanato dal BuVerwGE veniva proposta Beschwerde ai sensi dell’articolo 144 B-VG, non essendo al Beschwerdeführer stati riconosciuti diritti sanciti dalla normativa costituzionale. L’appartenenza, di esso Beschwerdeführer, alla comunità religiosa sunnita, equivaleva a una condanna a morte. Le milizie sciite avevano già ucciso sunniti anche nella regione di provenienza di esso reclamente.

Il VfGH accoglieva la Beschwerde inoltrata dal difensore.

L’articolo 1, 1° comma, del Bundesverfassungsgesetz sopra citato, contiene un divieto tassativo, rivolto, sia al legislatore, che all’esecutivo, di qualsiasi discriminazione per i motivi indicata nella predetta legge, divieto che comporta anche “sachlich nicht begründbare Unterscheidungen von Fremden untereinander vorzunehmen”. Trattamenti differenti sono leciti soltanto se e nei limiti in cui vi sia un motivo ragionevole e se l’Ungleichbehandlung non contrasta col Verhältnismäßigkeitsprinzip (principio di proporzionalità).

La succitata legge costituzionale contiene un diritto soggettivo che è stato violato dal BuVerwGE, emanando l’impugnata sentenza. Questo giudice amministrativo aveva attribuito al predetto Verfassungsgesetz (RassDiskrBVG) “fälschlicherweise” un contenuto che la legge non ha e che sarebbe, in ogni caso, in evidente contrasto con questa legge di attuazione della Convenzione internazionale concernente l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.

4. Violazione dell’articolo 8 CEDU

Non ha esitato, il VfGH, a parlare di “willkürlichen Verhalten” del BuVerwGE, “das in die Verfassungssphäre eingreift”. Aveva omesso, il supremo giudice amministrativo, di considerare la „Sicherheits- und Versorgungslage” nella regione di provenienza del ricorrente, nella quale il Beschwerdeführer aveva vissuto prima della fuga e dove la popolazione è quasi interamente di religione sunnita. Ivi l’ISIS aveva compiuto un massacro.

Non aveva, inoltre, il BuVerwGE, considerato che non sussisteva una valida “innertsaatliche Fluchtalternative”, omettendo altresí di porre la stessa in relazione con la situazione individuale del ricorrente. In tal modo il BuVerwGE “hat Willkür geübt” (ha agito arbitrariamente).

Pertanto il VfGH aveva annullato la sentenza del BuVerwGE nella parte in cui quest’ultimo non aveva accordato lo status di subsidiär Schutzberechtigten al ricorrente e le statuizioni incompatibili con tale riconoscimento (espulsione eccomma).

Ha ribadito, il VfGH, anche in questo caso sottoposto al suo vaglio, che il primato non spetta al potere (esecutivo), ma al diritto. La politica è legge (o diritto) in formazione; la legge (o il diritto) è politica divenuta stabile.  Gli effetti della legge, siano essi diretti o indiretti, non dovrebbero più essere nelle mani del legislatore, ma dovrebbero “andare per la strada loro propria”. Va anche osservato che il  potere dello Stato sui singoli , non può mai essere cosí esteso da annullare i confini tra Stato e società. Lo Stato “al di sopra” della società, deve essere ritenuto “totale” e non è comunque più democratico. La penetrazione del potere statale in tutte le sfere sociali, è tipica dello Stato totale, che non conosce più  nulla di “non assolutamente politico”. Torna alla mente una frase di Spinoza (contenuta nel suo Trattato teologico-politico) secondo il quale “è il diritto, non l’odio, a creare i nemici dell’impero”.

Una sentenza simile alla precedente, per quanto concerne la situazione dei profughi e il “trattamento” degli stessi, avuto dal BuVerwGE, è la E 4469/2018 dd. 11.6.18 del VfGH.

Il ricorrente, cittadino dell’Irak, era fuggito da questo Stato insieme a moglie e 2 figli, chiedendo, per sÈ e per i suoi familiari, “internationalen Schutz” in Austria. Era stato minacciato dalla milizia Al-Hashid Al-Shàbi e sottoposto a ripetute angherie e violenze; si era rifiutato di arruolarsi nella citata milizia.

Anche questa volta il Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl aveva rigettato, sia la richiesta di asilo, che quella intesa a ottenere lo status “subsidiär Schutzberechtigter”. Identico era poi stato l’esito dell’impugnazione dinanzi al BuVerwGE. Aveva  motivato, quest’ organo di giustizia amministrativa, la propria pronunzia, asserendo che i motivi addotti dal ricorrente non erano credibili.

Proposta Beschwerde ex articolo 144 del B-VG, questo gravame veniva accolto dal VfGH.

Osservava il VfGH che la Sicherheitslage nello Stato, da cui proveniva il Beschwerdeführer e la di lui famiglia, era piuttosto precaria. Milizie - di orientamento fondamentalista - avevano introdotto il “diritto islamico”. Ciò aveva comportato effetti negativi anche per le donne e per i minorenni. Questi ultimi, a causa delle distruzioni avvenute nel corso degli eventi “rivoluzionari”, spesso non sono in grado di frequentare scuole, per cui il numero degli analfabeti è in aumento (specie tra le persone di sesso femminile). Le donne venivano obbligate ad acconsentire a Mehr-Ehen e, delle volte, sono state anche vendute come schiave o costrette a prostituirsi in favore di miliziani.

Censurava, il VfGH, l’operato del BuVerwGE in quanto non aveva riconosciuto al ricorrente e alla di lui famiglia, lo status di “subsidiär Schutzberechtigten”. In particolare, non aveva valutato adeguatamente, se il ricorrente e i suoi familiari, nel caso di un - forzato - ritorno in Irak, venissero sottoposti a trattamenti degradanti o inumani o addirittura a tortura. Inoltre, era tutt’altro che certo che il ricorrente, in caso di rimpatrio, data la situazione caotica in Irak, avesse potuto trovare un lavoro per il sostentamento proprio, della moglie e dei figli (un terzo figlio era nato in Austria).

Come nella precedente sentenza, il VfGH ha riscontrato la violazione della legge costituzionale sopra citata (il RassDiskrBVG), che fa divieto di qualsiasi discriminazione anche nei confronti di stranieri. Nel caso in esame, la Corte costituzionale federale ha rilevato, oltre a una “Verkennung der Rechtslage”,  anche l’“Unterlassen jeglicher Ermittlungstätigkeit in einem entscheidenden Punkt, ein Ignorieren des Parteivorbringens und ein leichtfertiges Abgehen vom Inhalt der Akten, bzw. ein Außerachtlassen konkreten Sachverhaltes”.

Il mancato riconoscimento dello status di “subsidiär Schutzberechtigen” era ingiustificato ed erroneo. Secondo il § 8, 1° comma, dell’Asylgesetz (del 2005), allo straniero, la cui istanza, intesa a ottenere diritto di asilo, viene rigettata, deve essere accordato lo status di “subsidiär Schutzberechtigten”, se, in caso di Abschiebung verso il paese di origine (o, meglio, dal quale era fuggito), sussiste il pericolo reale di violazione dell’articolo 2 o 3 CEDU o dei Protocolli addizionali nn. 6 e 13, vale a dire, se in tal caso, la persona corre un serio pericolo per la vita o per l’integrità fisica “infolge willkürlicher Gewalt im Rahmen eines innerstaatlichen Konfliktes”. Questi pericoli sono ravvisabili anche per i figli, esposti, spesso, ad azioni di violenza. Inoltre, anche minorenni vengono costretti da milizie a far parte delle loro unità di combattimento o, perlomeno, a effettuare “Botendienste”. Il BuVerwGE, infine, non aveva tenuto conto del fatto che l’Austria ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e delle garanzie ivi statuite. In caso di ritorno forzato del ricorrente e dei componenti della famiglia, i due figli maggiori, con ogni probabilità, non potrebbero frequentare nemmeno la scuola elementare. Osservava, pure, la Corte costituzionale federale, che nella valutazione delle condizioni di sicurezza esistenti nella regione di provenienza dei profughi, il BuVerwGE si era servito di rapporti stilati parecchi anni addietro e quindi non più attuali.

"Die Nichtzuerkennung” dello status “subsidiär Schutzberechtigter” ai familiari del Beschwerdeführer, da parte del BuVerwGE, “ist mit Willkür behaftet”. Pertanto, la sentenza del BuVerwGE veniva annullata per quanto concerne il mancato riconoscimento della “subsidiären Schutzberechtigtkeit”, ma è stata confermata in relazione al diniego del diritto di asilo, per il quale, allo stato, secondo il VfGH, non sussistevano i presupposti per il riconoscimento.

5. Verletzung des Rechts auf ein Verfahren vor dem gesetzlichen Richter

Con sentenza E 3362 dd.11.6.18, il VfGH aveva annullato un’altra sentenza del BuVerwGE, con la quale, a moglie e figli di un “subsidiär Schutzberechtigten”, al quale questo status era stato riconosciuto sin dal 24.9.2014, era stato negato il rilascio della documentazione abilitante all’ingresso in Austria.

La moglie del ricorrente, il 30.11.15, aveva chiesto all’Ambasciata austriaca di Teheran, il rilascio di un Einreisetitel per sè e per i due figli ai fini del ricongiungimento con il marito risp. padre. Il BFA aveva rigettato la domanda, con la motivazione, che non era stata provata la sussistenza di un valido matrimonio tra la persona già vivente in Austria e la “moglie” in Iran; inoltre, per quanto riguardava i due figli, mancava l’assenso da parte del legale rappresentante degli stessi all’espatrio.

In una memoria, depositata presso il suddetto Bundesamt, il difensore della richiedente aveva denunciato la violazione dell’articolo 8 CEDU, ma l’Einreisebewilligung non veniva accordata. Il BuVerwGE non accoglieva il gravame proposto contro la decisione del BFA, asserendo che nel caso de quo, era ravvisabile una “Kinderehe, die den Grundwerten der österreichischen Rechtsordnung widerspricht” (la madre dei due figli aveva effettivamente contratto matrimonio in età giovanissima).

Contro la sentenza del BuVerwGE veniva proposta Beschwerde ex articolo 144 B-VG. Si doleva, la Beschwerdeführerin, perchÈ erano stati violati diritti garantiti dalla Costituzione federale austriaca, tra cui “das Recht auf Gleichbehandlung von Fremden untereinander und das Recht auf Achtung des Privat- und Familienlebens”, come previsto dall’articolo 8 CEDU.

La Beschwerde veniva accolta dal VfGH.

Anche in questa decisione, il VfGH si è richiamato alla legge costituzionale del 1973 e al divieto, ivi statuito, di ogni discriminazione razziale, al “Verbot, sachlich nicht begründbare Unterscheidungen zwischen Fremden vorzunehmen”. Al BuVerwGE era imputabile “ein willkürliches Verhalten” (III, 2), anche per quanto concerne il diniego dell’Einreise dei i figli minorenni.

Veniva censurata pure la parte della sentenza, nella quale, a moglie e figli, era stata negata l’Einreise, perchÈ il BuVerwGH non aveva tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 8 CEDU. Alla Beschwerdeführerin e ai figli sarebbe dovuta essere consentita l’entrata nel territorio austriaco, “zur Wahrung des Familienlebens” (si richiamava, in proposito, la Corte cost. feder., ad un proprio Beschluss e a due proprie sentenze emanate in precedenza (B 369/2013 e E 1510/2015, E 1001-1005/2017)).

L’impugnata sentenza del BuVerwGE veniva pertanto annullata, con condanna della parte soccombente alle spese.

Risulta anche da questa sentenza del VfGH che l’ordinamento costituzionale è espressione dell’ordine sociale, è l’esistenza stessa della società, come ebbe a dire il von Stein. Quest’ordinamento deve essere difeso in modo che “quando poi è giunto il momento, il sipario non scivoli via come un vuoto fantasma”. Non deve valere la massima: “Cuius regio, eius iustitia…”, che pare essere la “maladie du siècle”. Il diritto non è “un bastone a due versi, per cui ciascuno può argomentare per entrambi i versi” e può impugnare questo bastone, ora per un capo, ora per l’altro. Tutta la vita dello Stato deve essere vista, partendo da un sistema di legalità, capace di consentire l’applicazione di norme a fattispecie concrete, norme prestabilite, “misurabili” e determinabili nel loro contenuto, norme di carattere generale e durevole.

 

6. Verletzung des Rechts auf ein Verfahren vor dem gesetzlichen Richter

Sentenza E 1273/2018 dd. 20.6.18.

La ricorrente, cittadina dell’Afghanistan e madre di un figlio minorenne, aveva proposto domanda per ottenere protezione internazionale in Austria, per sÈ e per il figlio. Sentita dal BFA, la richiedente aveva motivato la domanda con il fatto che nel suo Paese di origine e di residenza, sarebbe costretta a contrarre matrimonio contro la propria volontà. La richiesta veniva rigettata, sia dal BFA, che dal BuVerwGE. A decidere la Beschwerde inoltrata a quest’ultimo, era stato un giudice di sesso maschile.

Proposta Beschwerde ai sensi dell’articolo 144 B-VG, nella stessa veniva dedotta, tra l’altro, la violazione del diritto a un procedimento dinanzi al giudice naturale (articolo 83, comma 2, B-VG).   

Osservava il VfGH che non soltanto la decisione era stata assunta da un giudice di sesso maschile, ma neppure l’udienza - dinanzi al BuVerwGE - era stata tenuta da un magistrato donna. Vi era stata una palese violazione del § 20 dell’Asylgesetz del 2005. Il BuVerwGE “hat eine, ihm nicht zustehende Zuständigkeit, in Anspruch genommen”. Anche il timore di una Zwangsverheiratung costituisce violazione della norma sopra citata, come il VfGH aveva già statuito in precedenza con Erkenntnis dd. 18.9.2015 - E 1003/2014. Il BuVerwGE aveva omesso di valutare adeguatamente la credibilità di quanto addotto dalla ricorrente e la stessa era stata privata del diritto “auf ein Verfahren vor dem gesetzlichen Richter” (VfGH 19.671/2k012), dato che  l’”Entscheidung wurde durch einen unrichtig zusammengesetzten Spruchkörper getroffen” (***).

L’Erkenntnis del BuVerwGE veniva pertanto annullato.

 

7. Conclusio e note

Come risulta dalle sentenze del VfGH ora citate, che erano state precedute da parecchie altre dello stesso tenore, il VfGH è molto rigoroso nell’interpretazione della sopra citata legge federale del 1973 in materia di divieto di ogni forma di discriminazione razziale (RassDiskrBVG) nonchÈ nell’interpretazione delle norme che riguardano i diritti degli stranieri in Austria. Nell’ultima sentenza sopra indicata, il VfGH ha applicato il principio, secondo il quale, “aus den Grundfreiheiten lassen sich (auch) Verfahrensgarantien (und Schutzpflichten) ableiten”. In altre parole, le “Grundfreiheiten wirken kompetenzbegründend”. Soltanto in tal modo “kommen auch verfahrensrechtliche Dimensionen zum Tragen”, viene salvaguardato „der Anspruch des Einzelnen auf effektiven Rechtsschutz und wird den Grundfreiheiten möglichst reale Geltung verschafft”. Come già sopra illustrato, „Verpflichtungsadressaten der Grundfreiheiten sind alle Träger der Staatsgewalt”. Il divieto di discriminazione di cui alla legge costituzionale del 1973, contiene, in sostanza, un Verbot der “Schlechterstellung” dello straniero rispetto al cittadino austriaco.  

 Il rigore che caratterizza le decisioni della Corte cost. feder., che non ha esitato a usare anche parole di una certa “pesantezza” nei confronti del BuVerwGE, del supremo organo di giustizia amministrativa, è quanto mai apprezzabile, tenuto conto dei cambiamenti avutisi ca. un anno fa e noti a tutti. Il VfGH non si è “allineato”… nonostante sia “cambiato il vento”, vento che, ora, spira da una direzione diversa, molto diversa. Il grande Kelsen - che, oltre a contribuire “maßgeblich” all’elaborazione della prima Costituzione repubblicana dell’Austria e che è stato pure “federführend” nella redazione della legge istitutiva della Corte cost. feder. (che, peraltro, È stata la prima in Europa)  - se fosse ancora vivo, potrebbe essere fiero dell’operato di questo organo che, anche a distanza di tanto tempo dalla sua istituzione, “erfüllt immer noch seinen  Auftrag mit größter Objektivität und Unparteilichkeit” .

(**) Della Convenzione Uncrc sono particolarmente importanti gli artt. 2, 3, 6, 7, 8, 10, 18 e 19.

L’articolo 2 sancisce il divieto - per tutti gli Stati aderenti - di discriminazione nei confronti di tutti i minori, senza alcuna distinzione di razza, sesso, lingua, religione o basata su altri motivi enunciati nel cit. articolo Questo divieto è operante nei confronti di tutti i minori “che dipendono dalla giurisdizione degli Stati firmatari”.

In base all’articolo 3 della cit. Convenzione, ogni legge, provvedimento, iniziativa, pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del minore deve avere la priorità. Specifica l’articolo 3, che della preminenza dell’interesse del minore si deve tenere conto in tutte le decisioni relative ai minori, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi. Il comma 2° del cit. articolo prevede particolari obblighi di vigilanza da parte degli Stati firmatari della Convenzione, specie per quanto riguarda la sicurezza e la salute dei minori.

Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo di ogni minore è previsto dall’articolo 6 della cit. Conv. ONU . Quest’articolo obbliga gli Stati aderenti a impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei minori, anche mediante cooperazione tra gli Stati.

Il diritto del minore a essere allevato dai propri genitori, il diritto del minore alle proprie relazioni familiari nonchÈ il diritto di non essere separato - contro la propria volontà - dai genitori, sono sanciti dagli artt. 7, 8 e 9; quest’ultimo articolo assicura pure il diritto del minore a intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori.

Ogni domanda presentata dai genitori in vista dell’ entrare in uno Stato parte o di lasciarlo ai fini di un ricongiungimento familiare, deve essere considerata “con spirito positivo, con umanità e diligenza”. Cosí dispone l’articolo 10, comma 1, mentre l’ult. comma di quest’articolo obbliga gli Stati firmatari a rispettare il diritto del minore e dei suoi genitori ad abbandonare ogni Paese, compreso il loro, fatta eccezione per i motivi ostativi di cui alla parte terminale di tale comma.

In base all’articolo 19, gli Stati parti sono tenuti ad adottare ogni misura legislativa, amministrativa, sociale e educativa per tutelare il minore contro ogni forma di violenza, di maltrattamento o di sfruttamento.

Per quanto concerne i Protocolli opzionali alla Convenzione ONU del 1989, quello sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati (composto di 13 articoli) obbliga (articolo 1) gli Stati parti di vigilare affinchÈ le persone di età inferiore a 18 anni di età, non siano oggetto di un arruolamento obbligatorio nelle FF.AA.

Per gli arruolamenti volontari nelle FF.AA. nazionali, prima del compimento del 18.mo anno di età, sono previste - dall’articolo 3, comma 3, del cit. Protocollo, speciali garanzie.

I gruppi armati, distinti dalle FF.AA. di uno Stato, non dovrebbero - in nessun caso - nÈarruolare, nÈutilizzare nelle ostilità, effettivi aventi un’età inferiore a 18 anni; cosí dispone l’articolo 4, comma1, del suddetto Protocollo opzionale.

(***)  A proposito del “Recht auf ein Verfahren vor dem gesetzlichen Richter”, è da rilevare che il VfGH interpreta questo diritto in modo estensivo, poichè intende per “gesetzlichen Richter jede staatliche Behörde” (VfGH 1443/2048). È stato detto che in tal modo viene garantito “ein verfassungsrechtlich gewährleistetes Recht  auf Schutz und Wahrung der gesetzlich begründeten Behördenzuständigkeit schlechthin (VfGH 2.536, 12.111).

Nel “campo” della PA, questo diritto si riferisce all’organo competente. Il legislatore è tenuto a determinare la competenza della PA secondo criteri oggettivi, esatti e univoci. In altre parole, la Behördenzuständigkeit deve essere precisa (VfGH 13.029. 13.816) e deve “strengen Prüfungsmaßstäben standhalten”. In sede di determinazione delle competenze, “haben Zweckmäßigkeitsüberlegungen außer Betracht zu bleiben”.

La competenza non può dipendere da circostanze non prevedibili dal Rechtsunterworfenen e che consentirebbero una modifica arbitraria della competenza stessa (VfGH 14.192).

Titolare del diritto “auf Wahrung der gesetzlich bestimmten Behördenzuständigkeit”, è soltanto chi è parte del procedimento. Ma, sul punto, la giurisprudenza della Corte cost. feder. non è costante, è oscillante. Vi è Rechtsverletzung soltanto qualora non venga rispettata la “sachliche Zuständigkeit” (VfGH 8883, 11.03, 17.495); non, invece, se si contravviene all’”örtlichen”. Quando è competente un organo collegiale, Il VfGH è stato particolarmente rigoroso nelle sue decisioni (VfGH 11.336, 13.756, 19.049).