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Atti dispositivi dei beni sottoposti a vincolo di destinazione

La circolazione del bene sottoposto al vincolo e l’eventuale divieto di alienazione
beni sottoposti a vincolo di destinazione
beni sottoposti a vincolo di destinazione

Atti dispositivi dei beni sottoposti a vincolo di destinazione


Se un immobile è sottoposto ad un vincolo diretto al perseguimento di un determinato scopo può essere ceduto?

La volta scorsa abbiamo parlato dei vincoli di destinazione previsti dall’ordinamento (art.2645 ter c.c.) relativamente alla protezione di determinati interessi.

Sottopongo un bene immobile ad un c.d., vincolo di destinazione al fine di preservare la destinazione d’uso del bene (e i suoi frutti).

Ricordiamo che la finalità a cui è destinato il bene deve essere apprezzata dal legislatore. Si parla quindi di meritevolezza dell’interesse tutelato. La finalità del vincolo deve essere quindi rispettata dall’ordinamento giuridico. Come detto, solitamente i vincoli di destinazione riguardano esigenze familiari o di tutela di persone con disabilità, Pubbliche Amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche.

A questo punto vediamo se è possibile vendere un bene sottoposto alla suddetta tipologia di vincolo.

Cosa deve fare quindi il Notaio, richiesto di ricevere un atto di compravendita (o altro atto dispositivo) di un immobile, gravato da un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c.?

La legge:

  • sottolinea che i beni gravati dal vincolo di destinazione (ed i loro frutti) possono essere “impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione”,
  • esclude, dunque, che sia possibile compiere atti che si pongano in contrasto con la destinazione impressa,
  • ma nulla dice in ordine alla circolazione dei beni gravati da vincolo di destinazione.

Una prima conclusione si può anticipare: qualunque sia la finalità dell’atto di vendita, la partecipazione a tale atto di tutti i protagonisti della fattispecie (disponente, beneficiario del vincolo, eventuale gestore) risolve alla radice ogni possibile problema.

D’altra parte, può verificarsi che manchi, nel caso concreto, la disponibilità di tutti i soggetti interessati: ed allora il Notaio dovrà domandarsi se esistano egualmente le condizioni per stipulare.

Pertanto occorre esaminare l’atto istitutivo del vincolo di destinazione.

Il contratto, infatti, tra le varie eventualità, potrebbe anche prevedere l’intrasferibilità del bene per la durata del vincolo, in quanto connessa alla realizzazione degli interessi concreti voluti dal disponente.

In questo caso, difficilmente sarà possibile concludere il contratto di compravendita, laddove non intervengano alla stipula tutti i soggetti innanzi indicati.

Si tratta di una fattispecie più volte esaminata dalla giurisprudenza:

  • ad esempio, il Tribunale di Bologna (5.12.2009) si occupò di un accordo di separazione tra coniugi, nell’ambito del quale uno di essi si era impegnato ad apporre un vincolo di destinazione su un immobile di sua proprietà ed a non cedere lo stesso immobile a terzi per tutta la durata del vincolo;
  • o ancora la Corte d’Appello Roma (4.2.2009) esaminò il decreto con il quale un giudice tutelare aveva autorizzato la costituzione di un vincolo di destinazione su un bene immobile di proprietà di un soggetto, sottoposto ad amministrazione di sostegno, prevedendo l’indisponibilità di detto bene.

In altre ipotesi, il divieto di alienazione scaturisce in modo implicito dalla destinazione programmata: è l’ipotesi per cui l’immobile debba essere goduto per tutta la durata della destinazione da un certo beneficiario, per poi essere a quest’ultimo trasferito alla scadenza della stessa.

Con riferimento a questa ipotesi, gli autori sono concordi nel ritenere che al divieto di alienazione contenuto nell'atto istitutivo del vincolo di destinazione, non si applichi la disciplina prevista dall'art. 1379 c.c. in tema di divieto pattizio di alienazione; non si applicano, in particolare, i limiti previsti da quella norma per la validità del patto in questione (la durata limitata nel tempo, l'interesse apprezzabile).

E questo perché

  • i limiti previsti da quella norma hanno un senso solo se si intenda vietare pattiziamente l'alienazione di un bene oggetto di una "proprietà piena";
  • non si giustificano, invece, quando la proprietà del bene non è piena, ma "condizionata" da una destinazione, perché finalizzata alla realizzazione del programma stabilito dal disponente.

Nel prossimo numero, sviluppando ulteriormente la tematica, cercheremo di individuare i criteri da seguire nell’ambito degli atti dispositivi di beni gravati da vincolo.