Attualità di Carlo Lorenzini

Collodi
Collodi

"Fino a ieri ho creduto candidamente che il cittadino italiano fosse un uomo come tutti gli altri. Oggi mi disdico. Oggi comincio a capire che il cittadino italiano, guardato con l’occhio filantropico del contribuente non è altro che un impasto bizzarro d’imposte governative e comunali e aggraziato con tanto di multa per ogni lira di debito.

E l’annata italiana? L’annata italiana per il contribuente filosofo, si divide in tre parti: quattro mesi per pagare le imposte. Quattro mesi per ricorrere. E quattro per sentirsi dire che ha torto. Il resto è tutta vanità e tempo buttato via”.

Chi pensasse di poter riferire lo scritto sopra riportato allo sfogo più che naturale di un contribuente dei nostri giorni, sbaglierebbe di grosso, questo scritto uscì sul “Fanfulla” del 10 gennaio 1876 a firma Carlo Lorenzini.

Conosciamo tutti Carlo Lorenzini (1826-1890), l’autore che con lo pseudonimo di Collodi scrisse quel capolavoro che è Pinocchio, una favola realistica dalle molteplici chiavi di lettura, ricca com’è di simboli e archetipi in grado di renderla familiare a ogni tipo di cultura, anche la più diversa e lontana dal suo ambiente di nascita che è toscano e fiorentino in particolare.

Pinocchio, matrice di legno, Sigfrido Bartolini

Notissimo per Pinocchio, il Lorenzini è invece pressoché sconosciuto dai più come giornalista, una professione che esercitò da maestro su vari fogli dell’epoca: “Il Lampione”, “Lo Scaramuccia”, il “Fanfulla”, “La Nazione”. Ironico, arguto e senza peli sulla lingua (già in epoca Granducale si era visto chiudere il giornale che dirigeva), il Collodi, ex combattente nelle patrie battaglie, osservava con un misto di stupore e costernazione le manovre dei politici nell’Italia appena unita, e da ironico Grillo Parlante ne denunciava le storture.

Per la curiosità dei nostri lettori, e a dimostrazione che il sistema parlamentare in Italia nacque male ed è continuato peggio, abbiamo stralciato da vari articoli del Collodi alcuni passi illuminanti, tra i tanti, riferiti con incredibile attualità, ai “tribunali”, alla “riabilitazione” di personaggi caduti in disgrazia, al “rimaneggiamento” delle imposte, all’“elevazione delle masse”, agli “esami” scolastici, al “coraggio della propria opinione”.

Iniziamo col primo esempio: chi ha liberato l’Italia dal fascismo? Le forze “morali” della Resistenza, gli eserciti alleati o la diplomazia vaticana? Stando agli odierni testi di storia, in special modo quelli per le scuole, non è facile rispondere; ecco, la stessa cosa, ci ricorda il Collodi, valeva, e forse vale ancora, per la presa di Roma nel 1870:

Il Venosta (rosso, ma conservatore) afferma che ci siamo entrati coi mezzi morali. Il Cadorna, invece, dice che abbiamo aperta la porta coi cannoni. Vien poi l’onorevole La Porta il quale assicura che valicammo le soglie della Città Eterna domandandone prima, in ginocchioni, il permesso al Santo Padre, Qual è la vera di queste versioni? O andate a scrivere la storia, se vi riesce!”.

E i ministri di allora? In generale non dovevano essere molto diversi da quelli attuali se il nostro collega poteva scrivere:

Io non sono mai stato ministro e probabilmente non lo sarò mai. Non dico questo per vantarmene, perché è una di quelle disgrazie che oggi può accadere a tutti: anche agli analfabeti”.

E il problema dell’assenteismo alla Camera? Chi non ha provato sdegno e fatto proprie le minacce dei presidenti di turno nel tentativo di rimediare alla piaga? Eppure, il nostro Parlamento cominciò a registrare il fenomeno fin dalle prime sedute, e il Collodi a ironizzarci sopra:

Dopo che un povero diavolo ha sudato, brigato, armeggiato e (qualche volta) speso tanto per arrivare a farsi eleggere e uscir vittorioso dall’urna, non ci mancherebbe altro che dovesse sobbarcarsi, per giunta, anche la seccatura di partecipare alle discussioni dell’Assemblea […]. Serafica ingenuità dei nostri Presidenti dell’Assemblea, i quali si ostinano a credere in buona fede di poter intimorire i deputati assenti o renitenti all’appello colla minaccia melo-mimo-comico-giocosa di far pubblicare i loro nomi sulla Gazzetta Ufficiale”.

A proposito di Gazzetta Ufficiale, chi di noi non si è trovato, almeno una volta, alle prese con paragrafi scritti in un italiano turchesco e dei quali ancora ci resta ignoto il senso? Al Collodi capitò, tra l’altro, di trovarvi l’annuncio di una tassa sulla “cicoria e sui prodotti assimilati alla cicoria”. Passi per la cicoria. Pensò il Collodi, “ma quali sono i prodotti assimilati alla cicoria? la fuliggine? l’inchiostro? Il caviale? l’ossa bruciate? il guano artificiale?

Nessun dubbio che il nostro sia sempre stato un curioso paese; infatti:

Curioso paese l’Italia! Se il Governo vuol fare una cosa davvero, la fa, e lascia dire che è fatta male – se poi non la vuol fare, promette di farla, e nomina una commissione – che è quanto dire che la proposta è bell’e morta e seppellit”. E siamo al 12 agosto del 1871...

Sembra di sognare, ma già allora si potevano giudicare i governi nel modo che segue:

“Un governo costituzionale fa, in politica, la stessa figura che nel mondo musicale l’opera semi-seria. Qual’altro tipo di governo ti può dare, per esempio, uno spettacolo più divertente di una crisi di ministero? Che cosa diventano i ballabili dell’ Excelsior di fronte ai passi di mezzo carattere e ai grotteschi avanti-indietro degli uomini politici chiamati a figurare nella quadriglia di un nuovo gabinetto?”

“Le commedie della politica variano spessissimo: oggi è alta commedia, domani commedia d’intreccio, domani l’altro commedia in famiglia: di tanto in tanto il dramma: e qualche volta perfino lo scherzo comico in un atto, e la farsa tutta da ridere”.

“...abbiamo un magazzino di ministri, da fare invidia a qualunque capocomico. Con un trovarobe che pensasse a conservarli le crisi ministeriali non darebbero più pensier”.

Concludiamo con un ennesimo riscontro: qualche tempo fa andammo a votare vari referendum, uno dei quali riguardava l’abolizione del Ministero dell’Agricoltura. Vinsero gli abolizionisti ma sappiamo che il suddetto ministero funziona ancora come se niente fosse accaduto. O sentiamo come il Lorenzini registra nell’Ottocento lo stesso fatto:

“L’Onorevole Crispi rivolse tutte le sue attenzioni al Ministero di Agricoltura […] e disse un bel giorno a don Agostino Depretis: - Agostino fammi un piacere: affibbia una buona legnata sul capo al Ministero di Agricoltura, e levalo di mezzo”.

A nulla valsero le suppliche del povero Depretis, Crispi fu irremovibile:

Sopprimi quel Ministero, ti ripeto! La sua morte sarà la sua vita”.

“Meno male – concludeva Collodi – che quel povero Ministero, essendo stato in vita un buon cattolico, aveva sinceramente creduto alla resurrezione della carne ministeriale: e in grazia appunto di questa sua fede inconcussa, potè, dopo poche lune, rimettere il capo fuori dal sepolcro”.

Per ora ci fermiamo qui, ma promettiamo ai nostri lettori una prossima puntata nel 2050; sarà attualissima e proficua. “Conosci te stesso”, diceva il filosofo, e questo vale anche per i popoli attraverso i loro atti; la storia, lo sappiamo, è maestra di vita.

Sigfrido Bartolini

 

Lasciatemelo dire: l’umiltà italiana è veramente esemplare. Non sentirete mai uscire dalla nostra bocca una parola vanagloriosa; noi siamo poveri, noi siamo falliti, noi non abbiamo né buoni generali, né buoni soldati di mare, né buone leggi, né buoni amministratori, né galantuomini, né Capitale definitiva”.

Così scriveva nel 1871 Carlo Lorenzini (1826-1890), in arte Collodi, reso immortale dalla storia del burattino di legno più che dall’attività di giornalista, sagace polemista, critico di costume, fustigatore dei vizi e delle contraddizioni italiche.

Almeno fino a quando Sigfrido Bartolini, (che nel 1983 realizzò la monumentale edizione del “Pinocchio” del centenario illustrata con 309 xilografie), non ne raccolse numerosi scritti giornalistici accompagnandoli con un saggio, Attualità di Carlo Lorenzini”.

Collodi

Sigfrido Bartolini riconosce in questo indomito “giornalista” un idem sentire, scopre che l'occhio disincantato dello scrittore dell'800 coglie vizi e vezzi della società che lo circonda tanto simili a quelli che lo stesso Bartolini vede intorno a sé e mostra la stupefacente modernità della visione di Lorenzini sui temi della società italiana e della gestione della politica.
La riflessione dell'artista pistoiese, anche lui grande scrittore e polemista, nasceva da una quantità di appunti e annotazioni raccolte durante la lettura dell’opera di Collodi. in particolare degli articoli scritti per vari fogli dell’epoca come «Il Lampione» e «Lo Scaramuccia», da lui stesso fondati, o «Il Fanfulla» e «La Nazione».

In occasione della celebrazione del 150° unitario, il testo di Sigfrido Bartolini e il florilegio di passi da lui trascritti sono stati raccolti in un volumetto, dal titolo “Il Grillo Parlante dell'Unità d'Italia” - Collodi Giornalista scelto da Sigfrido Bartolini”, edito da Polistampa, Fi 2011 (euro 12.00).

Un volumetto che riunisce due artisti toscani e italiani; polemisti feroci perché fieramente innamorati della loro patria; indiscutibilmente convinti della necessità e addirittura della moralità dell'Unità d'Italia, ma non per questo ciechi di fronte ai suoi difetti mai emendati.

Collodi scrisse quel che si legge in queste pagine, all'indomani dell'Unità, Bartolini lesse e chiosò circa un secolo più tardi, noi dopo 160 anni possiamo verificare che quasi nulla è cambiato.

Simonetta Bartolini