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Autoriciclaggio - Cassazione Penale: non costituisce autoriciclaggio versare il profitto del furto in carta prepagata

Autoriciclaggio - Cassazione Penale: non costituisce autoriciclaggio versare il profitto del furto in carta prepagata
Autoriciclaggio - Cassazione Penale: non costituisce autoriciclaggio versare il profitto del furto in carta prepagata

Non costituisce autoriciclaggio la condotta di chi, dopo aver commesso furto (nel caso di specie prelievo di euro 500 dopo aver sottratto la carta al titolare, versa il denaro prelevato su carta prepagata.

La Cassazione ha così rigettato il ricorso del procuratore, ricordando la ratio della norma che ha introdotto il reato e entrando nel merito delle condizioni previste. In generale, la Cassazione ha ricordato che: “la norma sull’autoriciclaggio nasce dalla necessità di evitare le operazioni di sostituzione ad opera dell’autore del delitto presupposto e che tuttavia il legislatore raccogliendo le sollecitazioni provenienti dalla dottrina, secondo cui le attività dirette all’investimento dei profitti operate dall’autore del delitto contro il patrimonio costituiscono post factum non punibili, ha limitato la rilevanza penale delle condotte ai soli casi di sostituzione che avvengano attraverso la re-immissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita finalizzate appunto ad ottenere un concreto effetto dissimulatorio che costituisce quel quid pluris che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (e perciò punibile)”.

Quanto agli elementi che integrano il reato, la Cassazione ha precisato: “non costituisce né attività economica né attività finanziaria il mero deposito di una somma su una carta prepagata poiché, secondo la stessa dizione richiamata dal provvedimento impugnato e ripresa nell’atto di appello, è economica secondo la indicazione fornita dall’articolo 2082 del codice civile, soltanto quella attività finalizzata alla produzione di beni ovvero alla fornitura di servizi ed in essa non rientra certamente la condotta contestata; né tantomeno può ritenersi sussistere nella condotta di versamento di somme in un conto corrente ovvero in una carta prepagata un’attività “finanziaria” con ciò facendosi riferimento ad ogni attività rientrante nell’ambito della gestione del risparmio ed individuazione degli strumenti per la realizzazione di tale scopo. In assenza di una precisa nozione contenuta nel codice penale ovvero in quello civile, la nozione di attività finanziaria di rilievo per la punibilità ai sensi della citata norma di cui all’articolo 648 del codice di procedura penale, comma 1 ter, può ricavarsi dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (articolo 106), che individua quali tipiche attività finanziarie l’assunzione di partecipazioni (acquisizione e gestione di titoli su capitale di imprese), la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, la prestazione di servizi di pagamento (incasso e trasferimento di fondi, esecuzione di ordini di pagamento, emissione di carte di credito o debito) l’attività di cambiovalute”.

La norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica specifica di essere idonee ad “ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Il legislatore richiede pertanto che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a fare ritenere che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualsiasi tipo ma sempre finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, ipotesi questa non ravvisabile nel versamento di una somma in una carta prepagata intestata alla stessa autrice del fatto illecito”.

Per consultare il testo integrale della sentenza si veda qui.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 14 luglio - 28 luglio 2016, n. 33074)

Non costituisce autoriciclaggio la condotta di chi, dopo aver commesso furto (nel caso di specie prelievo di euro 500 dopo aver sottratto la carta al titolare, versa il denaro prelevato su carta prepagata.

La Cassazione ha così rigettato il ricorso del procuratore, ricordando la ratio della norma che ha introdotto il reato e entrando nel merito delle condizioni previste. In generale, la Cassazione ha ricordato che: “la norma sull’autoriciclaggio nasce dalla necessità di evitare le operazioni di sostituzione ad opera dell’autore del delitto presupposto e che tuttavia il legislatore raccogliendo le sollecitazioni provenienti dalla dottrina, secondo cui le attività dirette all’investimento dei profitti operate dall’autore del delitto contro il patrimonio costituiscono post factum non punibili, ha limitato la rilevanza penale delle condotte ai soli casi di sostituzione che avvengano attraverso la re-immissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita finalizzate appunto ad ottenere un concreto effetto dissimulatorio che costituisce quel quid pluris che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (e perciò punibile)”.

Quanto agli elementi che integrano il reato, la Cassazione ha precisato: “non costituisce né attività economica né attività finanziaria il mero deposito di una somma su una carta prepagata poiché, secondo la stessa dizione richiamata dal provvedimento impugnato e ripresa nell’atto di appello, è economica secondo la indicazione fornita dall’articolo 2082 del codice civile, soltanto quella attività finalizzata alla produzione di beni ovvero alla fornitura di servizi ed in essa non rientra certamente la condotta contestata; né tantomeno può ritenersi sussistere nella condotta di versamento di somme in un conto corrente ovvero in una carta prepagata un’attività “finanziaria” con ciò facendosi riferimento ad ogni attività rientrante nell’ambito della gestione del risparmio ed individuazione degli strumenti per la realizzazione di tale scopo. In assenza di una precisa nozione contenuta nel codice penale ovvero in quello civile, la nozione di attività finanziaria di rilievo per la punibilità ai sensi della citata norma di cui all’articolo 648 del codice di procedura penale, comma 1 ter, può ricavarsi dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (articolo 106), che individua quali tipiche attività finanziarie l’assunzione di partecipazioni (acquisizione e gestione di titoli su capitale di imprese), la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, la prestazione di servizi di pagamento (incasso e trasferimento di fondi, esecuzione di ordini di pagamento, emissione di carte di credito o debito) l’attività di cambiovalute”.

La norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica specifica di essere idonee ad “ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Il legislatore richiede pertanto che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a fare ritenere che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualsiasi tipo ma sempre finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, ipotesi questa non ravvisabile nel versamento di una somma in una carta prepagata intestata alla stessa autrice del fatto illecito”.

Per consultare il testo integrale della sentenza si veda qui.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 14 luglio - 28 luglio 2016, n. 33074)