x

x

L’elemento soggettivo nel reato di riciclaggio

Approvato il decreto legislativo che punisce l’art. 648 bis c.p. anche a titolo di colpa
Sul mare
Ph. Fabio Toto / Sul mare

Il Parlamento europeo ed il Consiglio, mediante la direttiva n. 1673 del 2018, si prefiggono l’obiettivo di allineare la disciplina giuridica europea agli standard internazionali dettati dalle raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), prevedendo nuove norme circa la giurisdizione e la litispendenza per rendere maggiormente efficiente la cooperazione transfrontaliera tra le autorità degli Stati membri dell’Unione, dettando i requisiti minimi per il riconoscimento della rilevanza penale del reato di riciclaggio e le eventuali sanzioni applicabili in caso di violazioni di legge.

 

Direttiva UE n. 1673/2018: il recepimento della normativa UE sul riciclaggio che scongiura l’espletamento della procedura di infrazione a carico dell’Italia

Il Governo ha emanato il 06.08.2021 lo schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva UE/1673/2021 sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale, al fine di adeguare la legislazione italiana a quella europea.

Tale decreto, concordemente a quanto previsto dalla legge di delegazione europea n. 53 del 22 aprile 2021, fissa una serie di principi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva de qua; descrivendo quali azioni costituiscano il reato presupposto del riciclaggio e la giurisdizione da applicare avuto riguardo al locus commissi delicti.

Tanto opinando al fine di evitare il proseguimento della procedura di infrazione instaurata dalla Commissione Europea, con lettera di messa in mora del 03.12.2020.

 

Direttiva UE n. 1673/2018: le aperture alle modifiche del codice penale in tema di riciclaggio e autoririciclaggio

Le prime rilevanti modifiche al codice penale hanno interessato principalmente il dettato degli art. 648 bis, art. 648 bis, 648 ter  e art. 648 ter 1 del codice penale.

Gli articoli de quibus sono stati ampliati attraverso l’introduzione di nuovi elementi nel catalogo dei reati presupposto, fino a ricomprendere anche i delitti colposi e le contravvenzioni.

Pertanto, il denaro, i beni e le utilità trasferiti e/o sostituito potranno provenire da qualsivoglia tipo di illecito penale e vieppiù, con l’apertura alle contravvenzioni quale ulteriore reato presupposto del riciclaggio, prevedere una comminatoria di pena gradatamente attenuata.

Tuttavia, il legislatore ha operato anche delle modificazioni dal punto di vista della disciplina generale del diritto penale, disponendo l’introduzione di circostanze aggravanti nuove e speciali e finanche alcune circostanze attenuanti per i reati di riciclaggio ed autoriciclaggio, ampliando il numerus clausus dei reati propedeutici alla commissione di determinati atti colposi.

 

Direttiva UE 1673/2018: come cambiano le norme del riciclaggio e dell’autoriciclaggio nel nuovo decreto

Lo schema di decreto legislativo introdotto dal Governo accoglie, in prima battuta, quanto definito all’art. 2 par. 1 della direttiva europea che fornisce una definizione assai estensiva di «attività criminosa»: “qualsiasi tipo di coinvolgimento criminale nella commissione di un qualsiasi reato punibile, conformemente al diritto nazionale, con una pena detentiva o con una misura privativa della libertà di durata massima superiore a un anno ovvero, per gli Stati membri il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, di un qualsiasi reato punibile con una pena detentiva o con una misura privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi. In ogni caso, i reati che rientrano nelle categorie seguenti sono considerati un’attività criminosa”.

Tale esplicazione pare essere tout court incompatibile con l’attuale previsione del nostro codice penale che contempla come presupposto della condotta di riciclaggio ed autoriciclaggio solo i delitti non colposi con l’esclusione delle contravvenzioni.

A tal fine, il decreto legislativo in esame prevede una renovatio, anzi tutto linguistica, sopprimendo le parole “non colposo” dal testo dei suddetti articoli di legge e conseguentemente, applicando la più generalista definizione di “reato” a quella di “delitto” anche con riferimento all’articolo 648 bis c.p. (per l’appunto, il reato di riciclaggio!) e finanche individuando una circostanza attenuante nel trattamento sanzionatorio dei reati di riciclaggio, auto-riciclaggio, ricettazione e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita laddove il presupposto degli stessi sia rappresentato da una contravvenzione.

Bisogna, per altro, evidenziare che la direttiva in commento prevede all’art. 3 par. 2 unicamente una facoltà, per gli stati membri, di emanare norme punitive avverso condotte dell’autore che sia a conoscenza o quantomeno sospetti della provenienza illecita dei beni, dunque in presenza- con lapalissiana evidenza- dell’elemento soggettivo della colpa.

La condizione sopra descritta, evidentemente, si pone in contrasto con la logica del “doppio binario sanzionatorio” prevista nel nostro ordinamento, la quale vede, da una parte i delitti di riciclaggio punibili solo a titolo di dolo, dall’altra gli illeciti amministrativi, di cui al dlgs. 231/01, la cui possibilità di essere sanzionato prescinde dall’accertamento di quest’ultimo, essendo perseguibili anche a titolo di colpa, con onere della prova in capo all’incolpato.

In tema di contravvenzioni, invece, è necessario che il venga accertata in concreto una qualsiasi forma di colpevolezza e successivamente, l’effetto giuridico che la legge ne faccia derivare.

In effetti, la direttiva UE 1673/2018 all’art. 3 detta una definizione oltremodo composita del reato di riciclaggio, statuendo che le stesse debbano essere poste in atto intenzionalmente e caratterizzate dalla consapevolezza della provenienza dei beni da attività criminosa, quale elemento centrale della descrizione della fattispecie de qua.

Il considerando 11 della direttiva europea prevede, altresì, che gli Stati membri dovrebbero assicurare che taluni tipi di attività di riciclaggio siano perseguibili anche quando commessi dallautore dellattività criminosa che ha generato i beni («autoriciclaggio»).

In tali casi, laddove lattività di riciclaggio non si limiti alla mera detenzione o utilizzazione di beni, ma ne implichi anche il trasferimento, la conversione, loccultamento o la dissimulazione, da cui derivi un danno supplementare oltre a quello già causato dallattività criminosa, tale attività di riciclaggio dovrebbe essere perseguibile.

La disposizione in esame, infatti, impone di perseguire come reato anche le condotte poste in essere dall’autore dell’attività criminosa che ha generato i beni; concordemente al nostro ordinamento che all’art. 648 ter n. 1 c.p. punisce la condotta di autoriciclaggio, ovverosia di colui il quale impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente lidentificazione della loro provenienza delittuosa.

Il dettato dell’articolo de quo presta, ictu oculi, il fianco ad una più incisiva cooperazione internazionale nella lotta alle condotte criminose di riciclaggio e autoriciclaggio a livello europeo e transnazionale, cercando di dare quanto più possibile uniformità alle normative interne di tutti gli stati membri dell’Unione Europea, specificamente in tema di cooperazione rafforzata.

 

Direttiva UE 1673/2018: le carenze nello schema di decreto legislativo adottato dal Governo

La direttiva europea ha delineato, dunque, una netta apertura verso le ipotesi di riciclaggio e autoriciclaggio (anche transnazionale) commesso colposamente,  in Stato diverso da quello in cui il soggetto risiede e/o ha la sede principale dei suoi affari, purché si sostanzi in una condotta identificata come penalmente rilevante nello stato di appartenenza del soggetto attivo.

Orbene, la normativa penale- allo stato- vigente nel nostro Paese non contempla alcuna di queste indicazioni, né il decreto legislativo approvato dal Governo interviene a riguardo.

Il nostro Esecutivo, in effetti, non ha ritenuto di operare alcun adeguamento della normativa, ritenuto che la Corte di Cassazione aveva già anzitempo affermato che per l’accertamento del reato presupposto del riciclaggio non fosse imprescindibile addivenire ad una sentenza definitiva, né che il delitto de quo fosse compiutamente determinato in tutti i suoi elementi costitutivi; risultando sufficiente la prova logica della provenienza delittuosa delle utilità percepite all’esito delle azioni compiute; parimenti non era neppure da considerarsi rilevante che il reato fosse stato compiuto all’estero od in Italia, tanto da non richiedere neppure che fosse accertata la provenienza illecita delle cose oggetto del delitto (sic, Cass. Pen. Sez II n. 546 del 2011; Cass. Pen. Sez. V n. 36940/2008).

Orbene, le succitate considerazioni corrono il rischio di assegnare al Giudice un eccessivo spazio interpretativo, scivolando nella sdrucciolevole alea della violazione del principio di determinatezza e legalità, garantiti sia nel codice di rito che nella Costituzione.

Pertanto, pare all’uopo indispensabile una doverosa sistemazione dello schema legislativo in esame, raffazzonato al solo fine di evitare una procedura di infrazione a carico dell’Italia, prima di tutto aggiornando i testi di legge degli articoli 648 bis c.p. e 648 ter n.1 c.p. (riciclaggio ed autoriciclaggio), indicando pedissequamente quanto disposto in tema di reato presupposto dalla direttiva UE n. 1673/18 agli articoli 3 e seguenti.