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Cappadocia nella Cancelleria Angioina

Cappadocia
Cappadocia

«Arnolfo di Stipe è assicurato dagli uomini del castello di Cappadocia sul Giustizierato d’Abruzzo», così si legge, tradotto in italiano dal latino, nel ventesimo volume della Cancelleria Angioina, che raccoglie gli atti amministrativi del regno di Napoli dal 1277 al 1279. È la più antica menzione del paese marsicano in provincia dell’Aquila che è stata individuata nei documenti ufficiali della corte reale.

Si ignora chi fosse Arnolfo di Stipe, forse un pubblico funzionario al servizio del re Carlo I d’Angiò, e non conosciamo naturalmente su cosa sia stato assicurato «dagli uomini [armati?] di Cappadocia». È certo, invece, che il paese all’epoca fosse un borgo fortificato («castri») a confine tra il regno di Napoli e lo Stato della Chiesa.

I normanni, dopo la conquista del Sud Italia, avevano rafforzato militarmente le frontiere con il Patrimonio di San Pietro, costruendo nuovi castelli o irrobustendo quelli già esistenti. In questo modo, gli Altavilla si assicurarono un controllo capillare dell’Abruzzo, i cui feudatari erano sempre stati riottosi nei confronti del governo centrale, e una difesa resistente per prevenire le mire egemoniche della nobiltà romana in terra abruzzese (Colonna e Orsini, in primis).

Nel 1233, l’imperatore Federico II di Svevia aveva istituito il Giustizierato d’Abruzzo, uno degli undici distretti amministrativi del regno Napoli. Con a capo un giustiziere di nomina regia, aveva per capoluogo Sulmona. Il re Carlo I d’Angiò aveva successivamente riformato il dipartimento nel 1273 con il diploma di Alife, dividendolo in due circoscrizioni: Abruzzo Citeriore o Citra e Abruzzo Ulteriore o Ultra, dove si trovava Cappadocia.

I volumi della Cancelleria Angioina racchiudono gli atti amministrativi della monarchia napoletana dal 1265 al 1435, durante il regno della dinastia inaugurata dal re Carlo I d’Angiò. La documentazione è andata in parte persa in seguito all’attentato del 30 settembre 1943: una squadra di guastatori tedeschi diede fuoco all’Archivio di Stato di Napoli prima di lasciare la città alle truppe anglo-americane. Lì si conservavano i più antichi registri della cancelleria reale. A partire dal 1950 sono stati intrapresi numerosi progetti di restauro dei fascicoli sopravvissuti agli incendi, pubblicando gli atti in diversi volumi.

Una seconda e interessante menzione di Cappadocia nella documentazione della monarchia angioina, da prendere in considerazione, è stata attestata nel quarantaduesimo volume, che raccoglie gli atti amministrativi dal 1268 al 1294.

«Al tempo di Bartolomeo di Sorrento giustiziere d’Abruzzo», così inizia la trascrizione tradotta in italiano dal latino, i paesi del Giustizierato d’Abruzzo, così come quelli degli altri distretti, erano tenuti a versare nelle casse reali il focatico, una tassa che ogni comunità pagava in base al numero di famiglie residenti in loco.

L’imposta era stata istituita nel regno di Napoli dal re Carlo I d’Angiò nel 1263. Ogni giustiziere doveva provvedere alla riscossione del tributo nel proprio territorio di competenza. Cappadocia, «in Marsia», aveva versato nelle casse del Giustizierato 18 once.