Cassazione Civile: determinazione assegno di mantenimento

La Corte di Cassazione ha ripercorso il proprio orientamento in materia di determinazione dell’assegno di mantenimento ribadendo le fasi ed i criteri necessari da seguire. Innanzitutto la Cassazione ha ricordato che "L’accertamento del diritto all’assegno di divorzio si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice è chiamato a verificare l’esistenza del diritto in astratto, in relazione  all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che potrà legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso dal matrimonio, fissata al momento del divorzio, e quindi procedere ad una determinazione quantitativa delle somme sufficienti a superare l’inadeguatezza di detti mezzi, che costituiscono il tetto massimo della misura dell’assegno; e che, nella seconda fase, il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell’assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5 comma 6 (nel testo modificato dalla legge n. 74 del 1987) - e cioè delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutandoli tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio - i quali criteri, quindi, agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono, in ipotesi estreme, f) valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, 19 marzo 2003 n. 4040)".

In particolare "Con riguardo alla quantificazione dell’assegno di divorzio, se è vero che deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione, da parte del giudice che dia adeguata giustificazione della propria decisione, di tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento indicati dall’art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, per la determinazione dell’importo spettante all’ex coniuge, anche in relazione alle deduzioni e alle richieste delle parti, resta salva però la valutazione della loro influenza sulla misura dell’assegno (Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, 16 luglio 2004 n. 13169)".

Nel caso giunto alla propria attenzione la Cassazione ha invece rilevato che "nella determinazione dell’assegno divorzile la Corte d’appello ha esaminato le rispettive posizioni economiche delle parti, ma non ha fatto alcun riferimento al dedotto contributo della ex moglie, casalinga e madre, alla conduzione familiare durante la ventennale convivenza, né ha manifestato l’intenzione di considerare comunque prevalente il criterio basato sulle condizioni economiche delle parti (Cass. 28 aprile 2006 n. 9876). Ne consegue che l’influenza del criterio basato sul contributo della ex moglie alla conduzione familiare non risulta oggetto di alcuna valutazione da parte della Corte territoriale, che avrebbe dovuto invece effettuarla in base ai principi sopra menzionati".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 14 gennaio 2008, n.593: Assegno divorzile di mantenimento - Determinazione).

La Corte di Cassazione ha ripercorso il proprio orientamento in materia di determinazione dell’assegno di mantenimento ribadendo le fasi ed i criteri necessari da seguire. Innanzitutto la Cassazione ha ricordato che "L’accertamento del diritto all’assegno di divorzio si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice è chiamato a verificare l’esistenza del diritto in astratto, in relazione  all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che potrà legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso dal matrimonio, fissata al momento del divorzio, e quindi procedere ad una determinazione quantitativa delle somme sufficienti a superare l’inadeguatezza di detti mezzi, che costituiscono il tetto massimo della misura dell’assegno; e che, nella seconda fase, il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell’assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5 comma 6 (nel testo modificato dalla legge n. 74 del 1987) - e cioè delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutandoli tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio - i quali criteri, quindi, agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono, in ipotesi estreme, f) valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, 19 marzo 2003 n. 4040)".

In particolare "Con riguardo alla quantificazione dell’assegno di divorzio, se è vero che deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione, da parte del giudice che dia adeguata giustificazione della propria decisione, di tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento indicati dall’art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, per la determinazione dell’importo spettante all’ex coniuge, anche in relazione alle deduzioni e alle richieste delle parti, resta salva però la valutazione della loro influenza sulla misura dell’assegno (Cass. 16 maggio 2005 n. 10210, 16 luglio 2004 n. 13169)".

Nel caso giunto alla propria attenzione la Cassazione ha invece rilevato che "nella determinazione dell’assegno divorzile la Corte d’appello ha esaminato le rispettive posizioni economiche delle parti, ma non ha fatto alcun riferimento al dedotto contributo della ex moglie, casalinga e madre, alla conduzione familiare durante la ventennale convivenza, né ha manifestato l’intenzione di considerare comunque prevalente il criterio basato sulle condizioni economiche delle parti (Cass. 28 aprile 2006 n. 9876). Ne consegue che l’influenza del criterio basato sul contributo della ex moglie alla conduzione familiare non risulta oggetto di alcuna valutazione da parte della Corte territoriale, che avrebbe dovuto invece effettuarla in base ai principi sopra menzionati".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 14 gennaio 2008, n.593: Assegno divorzile di mantenimento - Determinazione).