Cassazione Civile: limitazione di responsabilità nella copertura assicurativa

"Configura una non consentita limitazione di responsabilità, ex articolo 1229 Codice Civile la clausola di un contratto assicurativo che, nell’escludere l’assicurazione del relativo rischio, ipotizza (come nel caso di specie, con l’espressione testuale "da qualsiasi causa determinati") in modo ampio ed indiscriminato la non "comprensione" dei danni nell’oggetto del contratto stesso. Inoltre l’esame e il giudizio sulla vessatorietà di una clausola debbono prescindere da dati meramente formali, come quelli in tema di sottoscrizione ex art.1341, 2° comma, Codice Civile (fermo restando che tale norma, dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina delle clausole vessatorie, di cui alla legge n. 52/96 prima e al Codice del consumo poi, non è applicabile all’attualità, indipendentemente dalla presente controversia, al rapporto professionista/imprenditore-consumatore, ma solo a quello riguardante soggetti in posizione di "parità" contrattuali, vale a dire contraenti o entrambi persone fisiche o entrambi professionisti-imprenditori)".

La Cassazione ha stabilito questo principio di diritto in relazione ad una polizza per la copertura di responsabilità civile a favore di imprese industriali ed edili.

Secondo la Cassazione, in via preliminare, "deve rilevarsi, sulla base di quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, n. 395/2007), che nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell’articolo 1341 Codice Civile (con conseguente sottoposizione delle stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito mentre attengono all’oggetto del contratto, e non sono perciò, assoggettate al regime previsto dal secondo comma di detta norma, le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio".

Nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "sotto il titolo "delimitazione dell’assicurazione-esclusioni", non si ricomprendono nel rischio assicurato "i danni provocati da condutture ed impianti sotterranei in genere, a fabbricati ed a cose in genere dovuti ad assestamento, cedimenti, franamento o vibrazioni del terreno da qualsiasi causa determinati": è evidente dunque, e sul punto la motivazione della Corte territoriale è carente ed illogica che, con tale clausola, l’assicuratore (quale tra l’altro "predisponente" il contenuto contrattuale in modo unilaterale sottoscritto dall’assicurato-contraente debole), ha previsto una così ampia casistica, di attività ipotizzabili nell’esercizio di impresa edile, da risultare la stessa clausola finalizzata non ad una consentita "specificazione" del rischio contrattuale bensì ad una non corretta esclusione in toto di quest’ultimo, con modalità tali, quindi, da incidere in concreto negativamente sulla sussistenza della causa del contratto di assicurazione, destinato proprio a garantire i rischi collegati all’attività imprenditoriale in questione.

Ancora, quanto al secondo motivo, da collegarsi all’ulteriore argomentazione della Corte di merito sulla ritenuta validità di detta clausola, censurabile è altresì la statuizione secondo cui per ritenersi vessatoria una clausola contrattuale (vale a dire tale da costituire un disequilibrio nel rapporto tra contraenti, dando luogo ad un indebito "privilegio" a favore di uno solo di essi) è necessario il dato formale della sua specifica approvazione per iscritto, prescindendo dal contenuto".

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 7 aprile 2010, n.8235).

"Configura una non consentita limitazione di responsabilità, ex articolo 1229 Codice Civile la clausola di un contratto assicurativo che, nell’escludere l’assicurazione del relativo rischio, ipotizza (come nel caso di specie, con l’espressione testuale "da qualsiasi causa determinati") in modo ampio ed indiscriminato la non "comprensione" dei danni nell’oggetto del contratto stesso. Inoltre l’esame e il giudizio sulla vessatorietà di una clausola debbono prescindere da dati meramente formali, come quelli in tema di sottoscrizione ex art.1341, 2° comma, Codice Civile (fermo restando che tale norma, dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina delle clausole vessatorie, di cui alla legge n. 52/96 prima e al Codice del consumo poi, non è applicabile all’attualità, indipendentemente dalla presente controversia, al rapporto professionista/imprenditore-consumatore, ma solo a quello riguardante soggetti in posizione di "parità" contrattuali, vale a dire contraenti o entrambi persone fisiche o entrambi professionisti-imprenditori)".

La Cassazione ha stabilito questo principio di diritto in relazione ad una polizza per la copertura di responsabilità civile a favore di imprese industriali ed edili.

Secondo la Cassazione, in via preliminare, "deve rilevarsi, sulla base di quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, n. 395/2007), che nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell’articolo 1341 Codice Civile (con conseguente sottoposizione delle stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito mentre attengono all’oggetto del contratto, e non sono perciò, assoggettate al regime previsto dal secondo comma di detta norma, le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio".

Nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "sotto il titolo "delimitazione dell’assicurazione-esclusioni", non si ricomprendono nel rischio assicurato "i danni provocati da condutture ed impianti sotterranei in genere, a fabbricati ed a cose in genere dovuti ad assestamento, cedimenti, franamento o vibrazioni del terreno da qualsiasi causa determinati": è evidente dunque, e sul punto la motivazione della Corte territoriale è carente ed illogica che, con tale clausola, l’assicuratore (quale tra l’altro "predisponente" il contenuto contrattuale in modo unilaterale sottoscritto dall’assicurato-contraente debole), ha previsto una così ampia casistica, di attività ipotizzabili nell’esercizio di impresa edile, da risultare la stessa clausola finalizzata non ad una consentita "specificazione" del rischio contrattuale bensì ad una non corretta esclusione in toto di quest’ultimo, con modalità tali, quindi, da incidere in concreto negativamente sulla sussistenza della causa del contratto di assicurazione, destinato proprio a garantire i rischi collegati all’attività imprenditoriale in questione.

Ancora, quanto al secondo motivo, da collegarsi all’ulteriore argomentazione della Corte di merito sulla ritenuta validità di detta clausola, censurabile è altresì la statuizione secondo cui per ritenersi vessatoria una clausola contrattuale (vale a dire tale da costituire un disequilibrio nel rapporto tra contraenti, dando luogo ad un indebito "privilegio" a favore di uno solo di essi) è necessario il dato formale della sua specifica approvazione per iscritto, prescindendo dal contenuto".

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 7 aprile 2010, n.8235).