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Cassazione Penale: in assenza di stemmi la riproduzione dei colori delle squadre di calcio non costituisce reato

Marchio
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Il 23 aprile, la Corte di Cassazione ha stabilito che le sciarpe corredate dei nomi di squadre di calcio, italiane o straniere, o dei loro calciatori e che riproducono i colori delle maglie e i vessilli delle stesse, ma che non riportano marchi figurativi o segni distintivi rilevanti penalmente, appartenendo alla tradizione e al folklore di popolari strati sociali, non costituiscono prodotto di contraffazione o di alterazione di registrati marchi o segni distintivi di opere dell’ingegno o prodotti industriali, né tanto meno sono idonee a creare confusione nei sostenitori dei singoli e contrapposti club calcistici in ordine alla provenienza del prodotto.

Nel caso in esame, la Procura presso il Tribunale di Bergamo ha presentato ricorso avverso l’Ordinanza del 7 luglio 2014, con la quale il Tribunale del Riesame, in accoglimento della richiesta presentata dalla difesa dell’indagato, ha annullato il decreto di convalida di sequestro probatorio del P.M., datato 17 giugno 2014.

La Pubblica Accusa ha articolato i propri motivi di censura osservando che il Giudice della Cautela avrebbe dovuto verificare se la merce fosse stata posta in vendita al momento del sequestro, non competendogli stabilire il livello della capacità imitativa di un marchio, vale a dire se ci si trovi in presenza di un falso punibile o grossolano o comunque sussista pericolo di confusione per l’acquirente.

Tuttavia, nell’Ordinanza impugnata è meritevole di attenzione la negata configurabilità del reato ex articolo 473 del codice penale, in riferimento alle sciarpe corredate da nomi di squadre di calcio italiane e straniere o di loro giocatori, che pur riproducendo i colori delle maglie indossate da questi ultimi, non riportano marchi figurativi o segni distintivi rilevanti penalmente.

Va a questo punto ribadito che l’incriminazione ex articolo 473 del codice penale (contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali) esige la contraffazione (che consiste nella riproduzione integrale, in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa, di un marchio o di un segno distintivo) o la alterazione (che ricorre quando la riproduzione è parziale, ma tale da potersi confondere col marchio originario o col segno distintivo).

Questa tutela penale, afferma la Corte, è finalizzata alla garanzia dell’interesse pubblico preminente della fede pubblica, più che a quello privato del soggetto inventore, tanto che l’articolo 473 del codice penale, comma 3, prevede che le norme incriminatrici si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale, nel senso che per la configurabilità dei delitti contemplati dai precedenti commi del medesimo articolo è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all’esito della prevista procedura.

Nel caso di specie le sciarpe in sequestro riportano nomi di città, di famosi atleti, con colori che da tempo immemorabile contraddistinguono vessilli e bandiere di società calcistiche e appartengono alla tradizione e al folklore di popolari strati sociali, e pertanto, secondo la Cassazione, non costituiscono sicuramente prodotto di contraffazione o di alterazione di registrati marchi o segni distintivi di opere di ingegno o di prodotti industriali.

Per tali ragioni, la Suprema Corte rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.

(Corte di Cassazione - Quinta Sezione Penale, Sentenza 23 aprile 2015, n. 17108)

Il 23 aprile, la Corte di Cassazione ha stabilito che le sciarpe corredate dei nomi di squadre di calcio, italiane o straniere, o dei loro calciatori e che riproducono i colori delle maglie e i vessilli delle stesse, ma che non riportano marchi figurativi o segni distintivi rilevanti penalmente, appartenendo alla tradizione e al folklore di popolari strati sociali, non costituiscono prodotto di contraffazione o di alterazione di registrati marchi o segni distintivi di opere dell’ingegno o prodotti industriali, né tanto meno sono idonee a creare confusione nei sostenitori dei singoli e contrapposti club calcistici in ordine alla provenienza del prodotto.

Nel caso in esame, la Procura presso il Tribunale di Bergamo ha presentato ricorso avverso l’Ordinanza del 7 luglio 2014, con la quale il Tribunale del Riesame, in accoglimento della richiesta presentata dalla difesa dell’indagato, ha annullato il decreto di convalida di sequestro probatorio del P.M., datato 17 giugno 2014.

La Pubblica Accusa ha articolato i propri motivi di censura osservando che il Giudice della Cautela avrebbe dovuto verificare se la merce fosse stata posta in vendita al momento del sequestro, non competendogli stabilire il livello della capacità imitativa di un marchio, vale a dire se ci si trovi in presenza di un falso punibile o grossolano o comunque sussista pericolo di confusione per l’acquirente.

Tuttavia, nell’Ordinanza impugnata è meritevole di attenzione la negata configurabilità del reato ex articolo 473 del codice penale, in riferimento alle sciarpe corredate da nomi di squadre di calcio italiane e straniere o di loro giocatori, che pur riproducendo i colori delle maglie indossate da questi ultimi, non riportano marchi figurativi o segni distintivi rilevanti penalmente.

Va a questo punto ribadito che l’incriminazione ex articolo 473 del codice penale (contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali) esige la contraffazione (che consiste nella riproduzione integrale, in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa, di un marchio o di un segno distintivo) o la alterazione (che ricorre quando la riproduzione è parziale, ma tale da potersi confondere col marchio originario o col segno distintivo).

Questa tutela penale, afferma la Corte, è finalizzata alla garanzia dell’interesse pubblico preminente della fede pubblica, più che a quello privato del soggetto inventore, tanto che l’articolo 473 del codice penale, comma 3, prevede che le norme incriminatrici si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale, nel senso che per la configurabilità dei delitti contemplati dai precedenti commi del medesimo articolo è necessario che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all’esito della prevista procedura.

Nel caso di specie le sciarpe in sequestro riportano nomi di città, di famosi atleti, con colori che da tempo immemorabile contraddistinguono vessilli e bandiere di società calcistiche e appartengono alla tradizione e al folklore di popolari strati sociali, e pertanto, secondo la Cassazione, non costituiscono sicuramente prodotto di contraffazione o di alterazione di registrati marchi o segni distintivi di opere di ingegno o di prodotti industriali.

Per tali ragioni, la Suprema Corte rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.

(Corte di Cassazione - Quinta Sezione Penale, Sentenza 23 aprile 2015, n. 17108)