Cassazione Penale: responsabilità intero cda per igiene del lavoro

Anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del consiglio non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa ed organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro”.

Lo ha stabilito la Cassazione con riferimento ad un caso nel quale “come si evince dalla contestazione e dalle emergenze della istruttoria dibattimentale esposte nelle sentenze di merito, la violazione delle disposizioni sull’igiene del lavoro erano talmente gravi, reiterate e “strutturali”, da richiedere decisioni di alto livello aziendale non delegabili e proprie di tutto il consiglio di amministrazione ed, in ogni caso, che non sottraevano i suoi componenti da obblighi di sorveglianza e denuncia”.

Secondo la Cassazione, “se ciò vale per i singoli componenti del consiglio, a maggior ragione la posizione di garanzia rimane radicata il capo all’amministrazione delegato od al componete del comitato esecutivo” … e, in merito alla circostanza che nelle cariche sociali gli imputati si sono succeduti nel tempo, “in caso di successione di posizioni di garanzia, in base al principio dell’equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l’evento, quando tale comportamento non abbia fatto venire meno la situazione di pericolo originariamente determinata”.

Leggiamo insieme i passaggi della pronuncia che portano alle suddette conclusioni.

“Come già ribadito in un recente pronuncia di questa Corte di legittimità, la giurisprudenza non sempre ha seguito un univoco indirizzo, più volte affermando che la posizione di garanzia può avere la fonte normativa non necessariamente di diritto pubblico ma anche di natura privatistìca, anche non scritta e che addirittura possa trarre origine da una situazione di fatto, da un atto di volontaria determinazione, da una precedente condotta illegittima che costituisca il dovere di intervento e il corrispondente potere giuridico, o di fatto, che consente al soggetto garante, attivandosi, di impedire l’evento. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha spesso integrato i criteri sostanziali e formai e, oltre a ritenere ovviamente consentito il sorgere di una posizione di garanzia in base a base al contratto ha altresì ritenuto sufficiente a fondare l’esistenza di una posizione di garanzia anche l’assunzione volontaria ed unilaterale di compiti di tutela al di fuori di un preesistente obbligo giuridico con la "presa in carico" del bene accrescendone la possibilità di salvezza. Si sono fatti gli esempi dei vicini di casa che si prendono cura di un bambino in assenza dei genitori o dei volontari del pronto soccorso che assistono un ferito in stato di incoscienza. Peraltro l’assunzione della posizione di garanzia in base ad un’assunzione di fatto di poteri inerenti obblighi di tutela è adesso normativamente prevista, in tema di sicurezza sul lavoro, nel caso di chi, pur sprovvisto di formale investitura, "esercita in concreto i poteri giuridici riferiti" al datore di lavoro, al dirigente e al preposto".

Ciò premesso va ricordato che la posizione di garanzia può essere distinta in "obbligo di protezione" di uno specifico bene da qualsiasi possibile pericolo che ne attenti l’integrità; "obbligo di controllo" in relazione a determinate fonti di pericolo, per la tutela di tutti i beni che potrebbero essere offesi. In particolare, l’obbligo di controllo è ricollegato ad una concreta prossimità del garante con il bene in ragione della signoria che egli abbia in ordine a situazioni potenzialmente pericolose, connesse a suoi poteri di organizzazione e di comando.

Secondo parte della dottrina, gli obblighi di garanzia non vanno confusi con gli "obblighi di sorveglianza", i quali comportano per chi ne è onerato, solo un compito di vigilanza sulle situazioni di pericolo, ma non un compito impeditivo. Ne consegue che la titolarità di una mera posizione di sorveglianza non è idonea a far sorgere l’obbligo di impedire l’evento.

Tale orientamento, nella sua radicale formulazione non può essere condiviso, richiamando quanto già esposto nella citata sentenza di questa Corte 16761/2010.

Invero, la posizione di garanzia richiede l’esistenza di poteri impeditivi che, però, possono anche concretizzarsi in obblighi diversi e di minore efficacia, rispetto a quelli direttamente e specificamente volti ad impedire il verificarsi dell’evento. del resto nella gran parte dei casi i garanti non dispongono sempre e in ogni situazione di tutti i poteri impeditivi che invece di volta in volta si modulano sulle situazioni concrete. Pertanto è sufficiente che egli ponga in essere quelli da lui esigibili. A titolo esemplificativo, la madre il cui figlioletto sta annegando non è tenuta a soccorrerlo se non sa nuotare, ma ciò non la esime certo dal chiamare i soccorsi; e così il medico che, nel corso di una terapia o di un intervento chirurgico, si rende conto di non essere in grado di affrontare un problema imprevedibile non va esente da responsabilità se non chiede l’intervento dello specialista che questo problema è in grado di affrontare.

In conclusione può affermarsi che un soggetto è titolare di una posizione di garanzia, se ha la possibilità, con la sua condotta attiva di influenzare il decorso degli eventi indirizzandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico da lui preso in carico. E’ necessario, pertanto, nel caso di specie, valutare se gli imputati, disponevano o meno dei poteri impeditivi dell’evento nell’accezione sopra fornita.

Questa Corte in plurime sentenze, ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass, N, 6280/2007. Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega.

In una fattispecie analoga a quella oggetto di giudizio, relativa ad impresa il cui processo produttivo prevedeva l’utilizzo dell’amianto e che aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri, si è ritenuto che, pur a fronte dell’esistenza di amministratori muniti di delega per l’ordinaria amministrazione e dunque per l’adozione di misure di protezione concernenti i singoli lavoratori od aspetti particolari dell’attività produttiva, gravasse su tutti i componenti del consiglio di amministrazione il compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell’azienda, il cui radicale mutamento - per l’onerosità e la portata degli interventi necessari - sarebbe stato indispensabile per assicurare l’igiene del lavoro e la prevenzione delle malattie professionali.

...

In sostanza, in presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali disfunzioni; quando invece sono determinate da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione. Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di tale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante permangono obblighi di vigilanza ed intervento sostitutivo”.

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Penale, Sentenza 4 novembre 2010, n.38991: Posizione di garanzia e responsabilità dei componenti del consiglio di amministrazione).

Anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del consiglio non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa ed organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro”.

Lo ha stabilito la Cassazione con riferimento ad un caso nel quale “come si evince dalla contestazione e dalle emergenze della istruttoria dibattimentale esposte nelle sentenze di merito, la violazione delle disposizioni sull’igiene del lavoro erano talmente gravi, reiterate e “strutturali”, da richiedere decisioni di alto livello aziendale non delegabili e proprie di tutto il consiglio di amministrazione ed, in ogni caso, che non sottraevano i suoi componenti da obblighi di sorveglianza e denuncia”.

Secondo la Cassazione, “se ciò vale per i singoli componenti del consiglio, a maggior ragione la posizione di garanzia rimane radicata il capo all’amministrazione delegato od al componete del comitato esecutivo” … e, in merito alla circostanza che nelle cariche sociali gli imputati si sono succeduti nel tempo, “in caso di successione di posizioni di garanzia, in base al principio dell’equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l’evento, quando tale comportamento non abbia fatto venire meno la situazione di pericolo originariamente determinata”.

Leggiamo insieme i passaggi della pronuncia che portano alle suddette conclusioni.

“Come già ribadito in un recente pronuncia di questa Corte di legittimità, la giurisprudenza non sempre ha seguito un univoco indirizzo, più volte affermando che la posizione di garanzia può avere la fonte normativa non necessariamente di diritto pubblico ma anche di natura privatistìca, anche non scritta e che addirittura possa trarre origine da una situazione di fatto, da un atto di volontaria determinazione, da una precedente condotta illegittima che costituisca il dovere di intervento e il corrispondente potere giuridico, o di fatto, che consente al soggetto garante, attivandosi, di impedire l’evento. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha spesso integrato i criteri sostanziali e formai e, oltre a ritenere ovviamente consentito il sorgere di una posizione di garanzia in base a base al contratto ha altresì ritenuto sufficiente a fondare l’esistenza di una posizione di garanzia anche l’assunzione volontaria ed unilaterale di compiti di tutela al di fuori di un preesistente obbligo giuridico con la "presa in carico" del bene accrescendone la possibilità di salvezza. Si sono fatti gli esempi dei vicini di casa che si prendono cura di un bambino in assenza dei genitori o dei volontari del pronto soccorso che assistono un ferito in stato di incoscienza. Peraltro l’assunzione della posizione di garanzia in base ad un’assunzione di fatto di poteri inerenti obblighi di tutela è adesso normativamente prevista, in tema di sicurezza sul lavoro, nel caso di chi, pur sprovvisto di formale investitura, "esercita in concreto i poteri giuridici riferiti" al datore di lavoro, al dirigente e al preposto".

Ciò premesso va ricordato che la posizione di garanzia può essere distinta in "obbligo di protezione" di uno specifico bene da qualsiasi possibile pericolo che ne attenti l’integrità; "obbligo di controllo" in relazione a determinate fonti di pericolo, per la tutela di tutti i beni che potrebbero essere offesi. In particolare, l’obbligo di controllo è ricollegato ad una concreta prossimità del garante con il bene in ragione della signoria che egli abbia in ordine a situazioni potenzialmente pericolose, connesse a suoi poteri di organizzazione e di comando.

Secondo parte della dottrina, gli obblighi di garanzia non vanno confusi con gli "obblighi di sorveglianza", i quali comportano per chi ne è onerato, solo un compito di vigilanza sulle situazioni di pericolo, ma non un compito impeditivo. Ne consegue che la titolarità di una mera posizione di sorveglianza non è idonea a far sorgere l’obbligo di impedire l’evento.

Tale orientamento, nella sua radicale formulazione non può essere condiviso, richiamando quanto già esposto nella citata sentenza di questa Corte 16761/2010.

Invero, la posizione di garanzia richiede l’esistenza di poteri impeditivi che, però, possono anche concretizzarsi in obblighi diversi e di minore efficacia, rispetto a quelli direttamente e specificamente volti ad impedire il verificarsi dell’evento. del resto nella gran parte dei casi i garanti non dispongono sempre e in ogni situazione di tutti i poteri impeditivi che invece di volta in volta si modulano sulle situazioni concrete. Pertanto è sufficiente che egli ponga in essere quelli da lui esigibili. A titolo esemplificativo, la madre il cui figlioletto sta annegando non è tenuta a soccorrerlo se non sa nuotare, ma ciò non la esime certo dal chiamare i soccorsi; e così il medico che, nel corso di una terapia o di un intervento chirurgico, si rende conto di non essere in grado di affrontare un problema imprevedibile non va esente da responsabilità se non chiede l’intervento dello specialista che questo problema è in grado di affrontare.

In conclusione può affermarsi che un soggetto è titolare di una posizione di garanzia, se ha la possibilità, con la sua condotta attiva di influenzare il decorso degli eventi indirizzandoli verso uno sviluppo atto ad impedire la lesione del bene giuridico da lui preso in carico. E’ necessario, pertanto, nel caso di specie, valutare se gli imputati, disponevano o meno dei poteri impeditivi dell’evento nell’accezione sopra fornita.

Questa Corte in plurime sentenze, ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass, N, 6280/2007. Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega.

In una fattispecie analoga a quella oggetto di giudizio, relativa ad impresa il cui processo produttivo prevedeva l’utilizzo dell’amianto e che aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri, si è ritenuto che, pur a fronte dell’esistenza di amministratori muniti di delega per l’ordinaria amministrazione e dunque per l’adozione di misure di protezione concernenti i singoli lavoratori od aspetti particolari dell’attività produttiva, gravasse su tutti i componenti del consiglio di amministrazione il compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell’azienda, il cui radicale mutamento - per l’onerosità e la portata degli interventi necessari - sarebbe stato indispensabile per assicurare l’igiene del lavoro e la prevenzione delle malattie professionali.

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In sostanza, in presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali disfunzioni; quando invece sono determinate da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione. Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di tale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante permangono obblighi di vigilanza ed intervento sostitutivo”.

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Penale, Sentenza 4 novembre 2010, n.38991: Posizione di garanzia e responsabilità dei componenti del consiglio di amministrazione).