I documenti a firma congiunta nelle università italiane

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I documenti a firma congiunta nelle università italiane
 

Per completare la rassegna degli spunti proposti ed esaminati nell’ambito del progetto AlterEGO (www.procedamus.it/lineateneiprogetti/alterego.html), realizzato dalle comunità professionali di Procedamus (www.procedamus.it) e di PuntoPersonale (www.puntopersonale.it), resta sullo sfondo soltanto un’ultima domanda legata ai poteri di firma: esistono documenti a firma congiunta nelle università italiane?

La risposta è decisamente negativa, pur con le eccezioni previste dalla normativa o dall’ordinamento interno. Ad esempio, il diploma di laurea prevede apparentemente più sottoscrizioni. In realtà, l’unica vera sottoscrizione pertiene al Rettore, mentre il Direttore Generale e il Direttore di Dipartimento (o il Preside, per gli atenei che ancora prevedono tale figura) firmano – senza sottoscrivere – rispettivamente per confermare la regolarità del percorso accademico sotto il profilo amministrativo (tasse, crediti, etc.) e per la conformità del percorso del laureato rispetto all’ordinamento degli studi. Tuttavia, l’unico titolare del potere amministrativo di rilascio del diploma di laurea era e rimane in via esclusiva il Rettore, l’unico in grado di sottoscrivere come unico autore del diploma di laurea il quale, per quanto rilasciato in forma solenne resta un documento a valle di un processo di certificazione[1].

Un’ulteriore e significativa eccezione è rappresentata dalla cd. “certificazione PROPER”, che il Ministero dell’Università e della Ricerca esige a firma congiunta del Rettore e del Direttore Generale e, per certe tipologie, anche con il visto del Collegio dei revisori dei conti.

Sempre nell’alveo delle disposizioni statali, un DM interministeriale prescrive che la domanda di ammissione al co-finanziamento della ricostruzione di carriera degli ex lettori di madrelingua straniera sia rilasciato a firma congiunta di Rettore e Direttore Generale, addirittura con tanto di richiamo alle norme sulle dichiarazioni mendaci: «La domanda è sottoscritta dal Rettore e dal Direttore generale che, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, assumono la responsabilità della veridicità, completezza e correttezza dei dati, delle dichiarazioni e delle istanze in essa contenuti»[2].

Tale previsione si incardina in un clima di sfiducia istituzionale verso l’operato degli atenei sul reclutamento privo di risorse finanziarie – non senza infondatezza in alcuni casi del passato –  ma dimenticando due fattori importanti. In primo luogo, il documento è incontrovertibilmente imputabile al Rettore e la catena delle responsabilità, soprattutto dopo il dettato normativo della legge 241/1990 e della legge 240/2010[3], è facilmente individuabile semplicemente scorrendo le informazioni registrate nel sistema documentale sul flusso di firma; tale flusso indica il responsabile del procedimento amministrativo per la regolarità tecnico-amministrativa e il Direttore Generale per la validità complessiva dell’atto amministrativo prima della sottoscrizione rettorale.

In secondo luogo, la previsione è estemporanea e non fa riferimento a una precisa strategia ministeriale sui poteri di firma, ma a un dettato occasionale dipendente dall’estensore di turno, in contrasto rispetto a tutte le responsabilità amministrative, peraltro già previste dall’ordinamento italiano.

Ulteriori eccezioni possono essere rappresentate dal calendario delle chiusure in occasione di festività o ferie il quale, avendo implicazioni tanto per il personale docente quanto per il personale tecnico amministrativo, sono sottoscritte tradizionalmente, ma senza alcuna norma a supporto, in forma congiunta dal Rettore e dal Direttore Generale, ciascuno per il rispettivo riparto di competenza.

Un passaggio particolare meritano gli accordi di contrattazione integrativa, firmati congiuntamente dal Rettore e dal Direttore Generale o dai rispettivi delegati. Anche in quest’ultimo caso, a ben guardare la ratio degli ambiti funzionali dopo la legge 240/2010, soprattutto con riferimento al Direttore Generale come unico datore di lavoro del personale tecnico amministrativo, non dovrebbero sussistere dubbi sul fatto che l’unica sottoscrizione richiesta sia quella del DG, anche se per prassi e per deferenza istituzionale, si preferisce la firma congiunta.

Invece, gli altri documenti firmati congiuntamente da Rettore e Direttore Generale, da Direttore Generale e da Dirigente e da Dirigente e dal RPA, al di là di una verifica del potere esclusivo, rappre­sentano un’abitudine tanto radicata quanto giuridicamente infon­data e, in alcuni casi, controproducente per la chiarezza dell’im­putabilità dell’azione amministrativa.

Possiamo, pertanto, evidenziarne l’effetto frutto di due cause: l’asfissiante controllo sull’operato dei propri collaboratori, il quale genera mancanza di fiducia diffusa nonché quel fenomeno di “pro­tezionismo” accademico che nulla ha a che spartire con il diritto amministrativo e il riparto delle competenze.

L’atto amministrativo, infatti, deve essere caratterizzato da chia­rezza e semplicità. L’inserzione di firme non necessarie non ri­sponde ad alcuna esigenza di trasparenza o di legalità ma, al con­trario, rischia di appesantire il documento, di rallentare i tem­pi di perfezionamento dell’atto e di generare un’inutile burocrazia interna, senza tener conto della corretta imputabilità soggettiva dell’atto amministrativo.

Nella migliore delle ipotesi, dunque, si tratta in un formalismo inutile. Del resto, sul punto l’art. 97 della Costituzione è cristallino nella formulazione del terzo capoverso: «Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari».

A margine, non è superfluo ricordare che la sottoscrizione del verbale di un’adunanza dell’organo collegiale spetta soltanto al segretario, mentre sul presidente incombe la firma per il controllo a valle della presa d’atto a nome del collegio[4].

Infine, risulta fuori luogo la sigla in calce al documento del superiore gerarchico che altro non fa che diminuire l’importanza e la rilevanza del sottoscrittore il quale – agli occhi dei lettori e dei destinatari – risulta incapace di agire senza ulteriori forme di controllo gerarchico. Siamo di fronte, anche in modo involontario, a una delegittimazione del potere in capo a chi è titolato a sottoscrivere. Per questo, tali prassi devono cessare, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto il profilo manageriale[5].

E, in conclusione, per chiudere il cerchio sul tema ripartendo da Einaudi, qualsiasi forma di delega di firma o di delegazione funzionale deve partire dalla conoscenza dell’apparato amministrativo e delle regole in capo a ciascun possibile delegato di un qualsiasi potere amministrativo.

 

[1] Il termine diploma deriva dal greco diplów (diplóo), con il significato di raddoppiare, riferito alle due tavolette di argilla sulle quali erano scritti i documenti rilasciati da un’autorità in forma aulica nel mondo classico. Oggi parliamo di diploma, cioè del “documento solenne per eccellenza” nella carriera universitaria, da cui deriva anche la scienza del documento, la diplomatica.

[2] Ministero dell'Università e della Ricerca - Ministero dell'economia e delle finanze, Decreto interministeriale 23 maggio 2023, n. 688, Modifica del decreto interministeriale 16 agosto 2019, n. 765, concernente l’adozione dello schema tipo di contratto integrativo di sede volto al superamento del contenzioso degli ex lettori di madre lingua straniera e i criteri di ripartizione del cofinanziamento delle Università statali, art. 3, comma 3. Grazie a Lara D'Auro per la segnalazione.

[3] Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi; legge 30 dicembre 2010, n. 240, Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario. Sulle responsabilità, anche civili ed extracontrattuali, vale la pena rileggere A. Valorzi, Procedure amministrative e modelli di responsabilità, «Jus», 2003, fasc. 1, pp. 53-67.

[4] G. Penzo Doria, Le delibere dell’università. Manuale per la gestione degli atti degli organi collegiali degli atenei italiani, Padova, Cleup, 2025, pp. 180-197.

[5] I. Vaccari, Responsabile del procedimento amministrativo: doppie sigle su istruttoria e potere di delega, in AlterEGO.

Delega di firma e delegazione funzionale per i provvedimenti delle università italiane, a cura di G. Penzo Doria,

questo volume, Padova, Cleup, 2025, pp. 115-121.