Cassazione Penale: uso non personale della droga detenuta oltre la c.d. quantità massima
Nel caso di specie, nell’auto di un pastore era stata rivenuta nel corso di un controllo causale della sostanza stupefacente, non suddivisa in dosi preconfezionate, ma contenuta per la maggior parte in un involucro, superiore al limite-soglia dell’uso personale. Il pastore era stato chiamato a rispondere di illecita detenzione di gr. 38, 736 di sostanza stupefacente (hashish e marijuana) contenente gr. 1,328 di principio attivo pari al 3,4%, da cui potevano essere ricavate 53, 1 dosi medie giornaliere.
Il g.u.p. del tribunale di Trento aveva dichiarato non luogo a procedere poiché le circostanze in cui la droga fu trovata e le modalità della sua conservazione rendevano credibile l’imputato che aveva giustificato la detenzione della sostanza stupefacente come volta a precostituirsi una scorta, per esclusivo uso personale, da utilizzare nei mesi seguenti in cui avrebbe curato la transumanza di greggi di pecore.
Il Procuratore della Repubblica di Trento ricorreva per cassazione avverso la sentenza emessa dal g.u.p. deducendo che, dopo la l. 49/2006, è stata introdotta una presunzione legale di uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente detenuta oltre i limiti-soglia individuati con decreto.
La Corte, respingendo il ricorso, dà una lettura costituzionalmente orientata all’art. 73, 1 bis, d.P.R. n. 309/90
Nell’individuare i passaggi argomentativi della pronuncia in esame, appare opportuno un breve richiamo alla disciplina normativa di riferimento.
L’art. 73, comma 1 bis, citato, punisce chiunque, senza autorizzazione, detiene illecitamente sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità (in particolare se superiore ai limiti-soglia individuati con decreto ministeriale), ovvero per modalità di presentazione (tenendo conto del peso lordo complessivo o del confezionamento frazionato), ovvero per altre circostanze dell’azione, <<appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale>>.
<<Apparire>>, come precisa la Corte, è un <<verbo infelice>> impiegato dal legislatore che, tuttavia, non fa venir meno la necessità di un accertamento della responsabilità penale conforme ai principi costituzionali. In particolare, nella sentenza viene evidenziato che il principio di materialità costituisce <<un requisito sostanziale di legittimità del diritto penale. Nessun rilievo può pertanto attribuirsi ad una “apparenza” che non si concreti in manifestazione di realtà effettiva>>.
<<In coerenza, dunque, con il dovere costituzionale di bandire ogni prospettiva di c.d. “diritto penale dell’apparenza”, questa Corte – dopo l’approvazione della legge 21 febbraio 2006, n. 49, che ha convertito con modificazioni il decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272 – ha reiteratamente affermato che la modificazione introdotta dall’art. 4-bis, secondo cui la detenzione di sostanze stupefacenti costituisce reato se le sostanze detenute “appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale” (…) non contiene elementi di sostanziale novità rispetto alla disciplina previgente, che, in base al combinato disposto degli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990, sanzionava penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti che non fosse finalizzata all’uso personale>> (Cfr. Cass. 17899/08).
Secondo gli ermellini, <<la modificazione normativa intervenuta non ha introdotto nei confronti dell’imputato che detiene un quantitativo di sostanza stupefacente in quantità superiore ai limiti massimi indicati con decreto ministeriale, né una presunzione, sia pure relativa, di destinazione della droga detenuta ad uso non personale, né un’interversione dell’onere della prova, costituzionalmente inammissibile ex artt. 25 comma 2 e 27 comma 2 Cost.>>
Aderendo ad un orientamento che ha oramai largo seguito in giurisprudenza [v. di recente, Cass. n. 17899/08, n. 19788/08; n. 27330/2008; n. 40575/2008], la Corte ha sostenuto che <<i parametri indicati nella fattispecie per apprezzare la destinazione ad uso “non esclusivamente personale” (quantità, modalità di presentazione o altre circostanze dell’azione) costituiscono criteri probatori non diversi da quelli che già in passato venivano impiegati per stabilire la destinazione della sostanza detenuta. Tali parametri non vanno considerati singolarmente o isolatamente, sicché non è sufficiente la sussistenza di uno solo di essi (in ipotesi, il superamento quantitativo dei limiti tabellarmente previsti) affinché la condotta di detenzione sia penalmente rilevante: pur in presenza di quantità non esigue, il giudice può e deve valutare se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere un uso non esclusivamente personale>>.
(Corte di Cassaazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 12 febbraio 2009, n. 12146: Stupefacenti - Uso personale - Quantità massima)
[Dott. Donato Vozza]
Nel caso di specie, nell’auto di un pastore era stata rivenuta nel corso di un controllo causale della sostanza stupefacente, non suddivisa in dosi preconfezionate, ma contenuta per la maggior parte in un involucro, superiore al limite-soglia dell’uso personale. Il pastore era stato chiamato a rispondere di illecita detenzione di gr. 38, 736 di sostanza stupefacente (hashish e marijuana) contenente gr. 1,328 di principio attivo pari al 3,4%, da cui potevano essere ricavate 53, 1 dosi medie giornaliere.
Il g.u.p. del tribunale di Trento aveva dichiarato non luogo a procedere poiché le circostanze in cui la droga fu trovata e le modalità della sua conservazione rendevano credibile l’imputato che aveva giustificato la detenzione della sostanza stupefacente come volta a precostituirsi una scorta, per esclusivo uso personale, da utilizzare nei mesi seguenti in cui avrebbe curato la transumanza di greggi di pecore.
Il Procuratore della Repubblica di Trento ricorreva per cassazione avverso la sentenza emessa dal g.u.p. deducendo che, dopo la l. 49/2006, è stata introdotta una presunzione legale di uso non esclusivamente personale della sostanza stupefacente detenuta oltre i limiti-soglia individuati con decreto.
La Corte, respingendo il ricorso, dà una lettura costituzionalmente orientata all’art. 73, 1 bis, d.P.R. n. 309/90
Nell’individuare i passaggi argomentativi della pronuncia in esame, appare opportuno un breve richiamo alla disciplina normativa di riferimento.
L’art. 73, comma 1 bis, citato, punisce chiunque, senza autorizzazione, detiene illecitamente sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità (in particolare se superiore ai limiti-soglia individuati con decreto ministeriale), ovvero per modalità di presentazione (tenendo conto del peso lordo complessivo o del confezionamento frazionato), ovvero per altre circostanze dell’azione, <<appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale>>.
<<Apparire>>, come precisa la Corte, è un <<verbo infelice>> impiegato dal legislatore che, tuttavia, non fa venir meno la necessità di un accertamento della responsabilità penale conforme ai principi costituzionali. In particolare, nella sentenza viene evidenziato che il principio di materialità costituisce <<un requisito sostanziale di legittimità del diritto penale. Nessun rilievo può pertanto attribuirsi ad una “apparenza” che non si concreti in manifestazione di realtà effettiva>>.
<<In coerenza, dunque, con il dovere costituzionale di bandire ogni prospettiva di c.d. “diritto penale dell’apparenza”, questa Corte – dopo l’approvazione della legge 21 febbraio 2006, n. 49, che ha convertito con modificazioni il decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272 – ha reiteratamente affermato che la modificazione introdotta dall’art. 4-bis, secondo cui la detenzione di sostanze stupefacenti costituisce reato se le sostanze detenute “appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale” (…) non contiene elementi di sostanziale novità rispetto alla disciplina previgente, che, in base al combinato disposto degli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990, sanzionava penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti che non fosse finalizzata all’uso personale>> (Cfr. Cass. 17899/08).
Secondo gli ermellini, <<la modificazione normativa intervenuta non ha introdotto nei confronti dell’imputato che detiene un quantitativo di sostanza stupefacente in quantità superiore ai limiti massimi indicati con decreto ministeriale, né una presunzione, sia pure relativa, di destinazione della droga detenuta ad uso non personale, né un’interversione dell’onere della prova, costituzionalmente inammissibile ex artt. 25 comma 2 e 27 comma 2 Cost.>>
Aderendo ad un orientamento che ha oramai largo seguito in giurisprudenza [v. di recente, Cass. n. 17899/08, n. 19788/08; n. 27330/2008; n. 40575/2008], la Corte ha sostenuto che <<i parametri indicati nella fattispecie per apprezzare la destinazione ad uso “non esclusivamente personale” (quantità, modalità di presentazione o altre circostanze dell’azione) costituiscono criteri probatori non diversi da quelli che già in passato venivano impiegati per stabilire la destinazione della sostanza detenuta. Tali parametri non vanno considerati singolarmente o isolatamente, sicché non è sufficiente la sussistenza di uno solo di essi (in ipotesi, il superamento quantitativo dei limiti tabellarmente previsti) affinché la condotta di detenzione sia penalmente rilevante: pur in presenza di quantità non esigue, il giudice può e deve valutare se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere un uso non esclusivamente personale>>.
(Corte di Cassaazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 12 febbraio 2009, n. 12146: Stupefacenti - Uso personale - Quantità massima)
[Dott. Donato Vozza]