Cassazione SU Penali: l’adesione della Romania alla UE non comporta l’abolizione del reato

Le Sezioni Unite Penali della Cassazione hanno risposto al seguente quesito, presentato dalla Prima Sezione: «se la sopravvenuta circostanza che dal 1° gennaio 2007 la Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea giustifichi l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2 c.p. e debba, quindi, fare pronunciare l’assoluzione con la formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", nel processo a carico di un cittadino rumeno imputato del reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, d. lg. n. 286 del 1998 per l’inosservanza dell’ordine di lasciare il territorio italiano anteriormente emesso dal questore a seguito del decreto prefettizio di espulsione».

Secondo le Sezioni Unite, “nel caso in esame occorre stabilire se la qualità di appartenenti all’Unione Europea, acquistata dai cittadini della Romania e degli altri Stati che sono di recente entrati a far parte dell’Unione, ha inciso sulla fattispecie dell’art. 14, comma 5 ter, d. 1g. n. 286/98, con effetto retroattivo o ha solo dato luogo a una modificazione della situazione di fatto, che ha reso lecita la loro permanenza in Italia dal momento dell’ingresso dei rispettivi Stati nell’Unione”. In conclusione “ deve escludersi che l’adesione della Romania all’Unione Europea abbia determinato l’abolizione del reato previsto dall’art. 14, comma 5 ter, d.lg. n. 286/98, commesso dai cittadini rumeni prima del 1° gennaio 2007, giorno di entrata in vigore del trattato di adesione”.

Per giungere a tale decisione le Sezioni Unite hanno affermato che “le norme che hanno modificato lo status dei rumeni, facendoli diventare cittadini dell’Unione Europea, non possono considerarsi integratrici della norma penale, né possono operare retroattivamente”. In sostanza, “L’adesione di uno Stato all’Unione Europea non costituisce un dato formale ma giunge al termine di un percorso di non breve periodo che lo Stato candidato è tenuto a compiere sotto il controllo dell’Unione per adeguare le proprie strutture economiche, sociali e ordinamentali ai parametri stabiliti. E l’adesione a sua volta è produttiva di rilevanti effetti, uno dei quali è costituito dalla libertà, per i cittadini dello Stato, di circolare all’interno dell’Unione. Perciò non può ritenersi che i cittadini rumeni, ai fini penali, vadano trattati come se fossero sempre stati cittadini dell’Unione e che i reati commessi quando essi per il nostro ordinamento erano stranieri siano divenuti non punibili in forza dell’art. 2, comma 2, c.p. [a norma del quale: Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali].

La situazione di fatto e di diritto antecedente all’adesione e quella successiva sono diverse e richiedono quindi logicamente trattamenti, anche penali, diversi. Se si dovesse ritenere il contrario, rispetto ai cittadini degli Stati in attesa di entrare a far parte dell’Unione Europea si verificherebbe una situazione paradossale, che darebbe luogo a procedimenti penali inutili, per reati destinati a venire meno nel momento in cui diventerebbe efficace l’adesione. Inoltre, come è stato giustamente rilevato, «la consapevolezza dell’agente che di lì a breve il proprio Stato entrerà nella CE lo indurrebbe a trasgredire senza timore alcuno l’art. 14, comma 5 d.lg. 286 del 1998, confidando poi nella successiva abolitio criminis»”.

La sentenza è integralmente consultabile sul Sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 16 gennaio 2008: Immigrazione - Ingresso della Romania nella Unione Europea - Applicabilità dell’articolo 2 Codice Penale - Esclusione).

Le Sezioni Unite Penali della Cassazione hanno risposto al seguente quesito, presentato dalla Prima Sezione: «se la sopravvenuta circostanza che dal 1° gennaio 2007 la Romania è entrata a far parte dell’Unione Europea giustifichi l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2 c.p. e debba, quindi, fare pronunciare l’assoluzione con la formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", nel processo a carico di un cittadino rumeno imputato del reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, d. lg. n. 286 del 1998 per l’inosservanza dell’ordine di lasciare il territorio italiano anteriormente emesso dal questore a seguito del decreto prefettizio di espulsione».

Secondo le Sezioni Unite, “nel caso in esame occorre stabilire se la qualità di appartenenti all’Unione Europea, acquistata dai cittadini della Romania e degli altri Stati che sono di recente entrati a far parte dell’Unione, ha inciso sulla fattispecie dell’art. 14, comma 5 ter, d. 1g. n. 286/98, con effetto retroattivo o ha solo dato luogo a una modificazione della situazione di fatto, che ha reso lecita la loro permanenza in Italia dal momento dell’ingresso dei rispettivi Stati nell’Unione”. In conclusione “ deve escludersi che l’adesione della Romania all’Unione Europea abbia determinato l’abolizione del reato previsto dall’art. 14, comma 5 ter, d.lg. n. 286/98, commesso dai cittadini rumeni prima del 1° gennaio 2007, giorno di entrata in vigore del trattato di adesione”.

Per giungere a tale decisione le Sezioni Unite hanno affermato che “le norme che hanno modificato lo status dei rumeni, facendoli diventare cittadini dell’Unione Europea, non possono considerarsi integratrici della norma penale, né possono operare retroattivamente”. In sostanza, “L’adesione di uno Stato all’Unione Europea non costituisce un dato formale ma giunge al termine di un percorso di non breve periodo che lo Stato candidato è tenuto a compiere sotto il controllo dell’Unione per adeguare le proprie strutture economiche, sociali e ordinamentali ai parametri stabiliti. E l’adesione a sua volta è produttiva di rilevanti effetti, uno dei quali è costituito dalla libertà, per i cittadini dello Stato, di circolare all’interno dell’Unione. Perciò non può ritenersi che i cittadini rumeni, ai fini penali, vadano trattati come se fossero sempre stati cittadini dell’Unione e che i reati commessi quando essi per il nostro ordinamento erano stranieri siano divenuti non punibili in forza dell’art. 2, comma 2, c.p. [a norma del quale: Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali].

La situazione di fatto e di diritto antecedente all’adesione e quella successiva sono diverse e richiedono quindi logicamente trattamenti, anche penali, diversi. Se si dovesse ritenere il contrario, rispetto ai cittadini degli Stati in attesa di entrare a far parte dell’Unione Europea si verificherebbe una situazione paradossale, che darebbe luogo a procedimenti penali inutili, per reati destinati a venire meno nel momento in cui diventerebbe efficace l’adesione. Inoltre, come è stato giustamente rilevato, «la consapevolezza dell’agente che di lì a breve il proprio Stato entrerà nella CE lo indurrebbe a trasgredire senza timore alcuno l’art. 14, comma 5 d.lg. 286 del 1998, confidando poi nella successiva abolitio criminis»”.

La sentenza è integralmente consultabile sul Sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 16 gennaio 2008: Immigrazione - Ingresso della Romania nella Unione Europea - Applicabilità dell’articolo 2 Codice Penale - Esclusione).