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Art. 1

Effettività

1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo.

Bibliografia. M. Clarich, Tipicità delle azioni e azioni di adempimento nel processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it; E. Follieri, Effettività della giustizia amministrativa nella tutela cautelare, in Giust. civ. 2003; M. Lipari, La tutela giurisdizionale del diritto di accesso ai documenti: effettività della tutela e certezza delle regole, in www.giustizia-amministrativa.it; F. Saitta, Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: prime riflessioni sul decreto di recepimento della direttiva 2007/66/CE, in www.giustamm.it; C. Volpe, Profili di effettività nella disciplina processuale del risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, in www.giustizia-amministrativa.it.; P. De Lise, Verso il codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

Sommario. 1. Il concetto di giustizia: profili generali. 2. Cenni comparativi. 3. Il principio di effettività nella Costituzione e nel diritto europeo. 

 

1. Il concetto di giustizia: profili generali

I primi tre articoli del Capo I Titolo I Libro Primo del Decreto Legislativo 2 luglio 2010 n. 104 sono dedicati ai principi generali della giurisdizione amministrativa ed hanno ad oggetto, nell’ordine, l’effettività della tutela, il giusto processo, la trasparenza e la sinteticità degli atti. Costituiscono, nel complesso considerati, un imprescindibile strumento per l’operatore giuridico indispensabile per la soluzione di dubbi ermeneutici di diritto positivo ma anche per l’integrazione di un sistema processuale designato “a maglie larghe” (P. De Lise).

Deve precisarsi che trattasi di principi la cui forza cogente deriva da disposizioni costituzionali ed europee e pertanto, anche in assenza di previsioni espresse nel decreto delegato, avrebbero comunque trovato applicazione nel processo amministrativo; la scelta del legislatore di affidare il codice a tali principi di “apertura” risulta come il riconoscimento alla dignità e valore della giurisdizione amministrativa nel nostro ordinamento.

Nel concetto di “giustizia amministrativa” si potrebbero far rientrare, in un’ampia accezione, tutte le garanzie che, nello “Stato di diritto”, sono predisposte per far sì che l’azione dell’amministrazione pubblica, e in particolare quella destinata ad incidere più direttamente sull’interesse dei singoli, si svolga nel rispetto delle leggi ed in piena aderenza all’interesse generale che l’amministrazione stessa deve perseguire. Circoscrivendo l’ambito al sistema “giustiziale”, nella giustizia amministrativa si fanno rientrare quei mezzi di tutela, appunto giustiziali, consistenti nel diritto che un qualsiasi soggetto (di solito privato, ma talvolta anche pubblico) ha di ottenere una pronuncia oggettiva ed imparziale su un conflitto di interessi che lo contrappone alla pubblica amministrazione, ossia ad un soggetto pubblico, generalmente in seguito ad un’attività svolta da questo.

 

2. Cenni comparativi

Nei Paesi anglosassoni la tutela dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione ha avuto una storia diversa rispetto agli Stati dell’Europa continentale; mentre questi ultimi erano contraddistinti da regimi assolutistici, l’Inghilterra praticava forme di libertà e partecipazione politica a garanzia dei diritti dei singoli, con la conseguente, naturale, sottoposizione dei pubblici poteri alla common law e alla competenza dei giudici ordinari. L’evoluzione del sistema amministrativo, non più basato solamente su attività amministrative “tradizionali” ma anche su attività “specializzate” (con particolare riferimento ai servizi pubblici), ha determinato la creazione di appositi commissioni ed organi contenziosi (Commissions, Administrative Tribunals) che hanno ridotto la sfera di competenza del giudice ordinario, portando il sistema da un modello a giurisdizione unica ad un modello avente natura mista.

Il sistema belga ha da sempre rappresentato il sistema della giurisdizione unica: fin dalla Costituzione del 7 febbraio 1831, il sistema, sorretto dalle idee liberali di allora, prevedeva che anche le controversie con la pubblica amministrazione non fossero sottratte al giudice naturale dei diritti. A seguito dell’istituzione nel 1946 del Conseil d’Etat, sul modello francese e italiano, il sistema si è profondamente trasformato, evolvendo verso forme di giurisdizione mista.

In Francia, attesa la rigida concezione del principio di separazione dei poteri, fin dalla Rivoluzione la competenza risultava affidata, dal 1799, al Conseil d’Etat e, in sede periferica, ai Conseils de Prefecture (con possibilità di ricorso in seconda istanza al primo). Entrambi sono comunque organi facenti parte dell’amministrazione, nell’ambito della quale esercitano anche funzioni consultive; sino al 1872, poi, le decisioni del Consiglio di Stato non sono esecutive in quanto lo divengono solo in forza di decreto del Capo dello Stato, a dimostrazione che per lungo tempo il sistema è stato più di tipo “contenzioso” che non “giurisdizionale”. E’ con la legge 24 maggio 1872 che viene riconosciuta efficacia esecutiva alle decisioni del Consiglio di Stato e si introducono garanzie di inamovibilità e indipendenza per i suoi componenti. Viene istituito, con la stessa legge, anche il Tribunale dei Conflitti, presieduto dal Ministro della Giustizia, chiamato a risolvere i conflitti tra giurisdizione ordinaria e amministrativa. Il sistema si completa nel 1953 con l’istituzione dei Tribunaux administratifs e la soppressione dei Consigli di Prefettura; ai Tribunali è deferita parte della competenza del Consiglio di Stato, e quest’ultimo diventa giudice d’appello per le decisioni dei Tribunali. Nel 1987 sono istituite le Corti amministrative d’appello, le quali a partire da tale anno assorbono parte delle competenze del Consiglio di Stato cui restano funzioni quasi esclusivamente cassatorie. Il sistema è preso a riferimento quale modello di doppia giurisdizione, sebbene nel corso degli ultimi cento anni la competenza della giurisdizione amministrativa ha eroso quello del giudice ordinario, tanto da potersi parlare di “sistema monistico con prevalenza del giudice amministrativo”.

Il sistema tedesco è analogo a quello francese, nella sostanza. La distinzione tra giudice ordinario e giudice amministrativo si basa, per la giurisdizione amministrativa, sulla presenza di Tribunali Amministrativi contro le cui decisioni è previsto appello ad un Tribunale Superiore, uno per ciascuno dei Lander.

In Spagna è con la legge 5 aprile 1904 che si introduce il sistema “doppio” di fatto giunto fino ai nostri giorni dopo la modifica avvenuta con la legge 27 dicembre 1956 (in parte modificata nel 1973 e nel 1977). Il sistema è qualificato come judicial especializado e si basa sull’attribuzione delle controversie amministrative ad organi specializzati della magistratura ordinaria chiamati Salas de lo contencioso-administrativo de las Audiencias Territoriales, Salas de lo contencioso-administrativo de la Audiencia Nacional, Salas de lo contencioso-administrativo del Tribunale Supremo e Sala de Revision, organi che nel complesso si possono definire “Sezioni specializzate” dei rispettivi organi giudiziari.

 

3. Il principio di effettività nella Costituzione e nel diritto europeo

Primaria fonte costituzionale di riferimento per la giustizia amministrativa è l’art. 111 Costituzione (Titolo IV, Sezione II) che al primo comma fissa il principio “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. Nella nuova formulazione dell’articolo introdotta dalla legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 pare però il legislatore aver valorizzato maggiormente l’accezione procedurale del “giusto processo” rispetto all’accezione sostanziale. L’accento è stato posto sulle regole di disciplina e di funzionamento del processo piuttosto che sull’effettività della tutela giurisdizionale (M. Ramajoli, Giusto processo e giudizio amministrativo, in Dir. Proc. Amm. – 1/2013) secondo quanto ancor più esplicitamente indicato al secondo comma laddove è stabilito che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata del processo.”

L’effettività della tutela nel processo amministrativo verrebbe allora a risiedere, più che nell’art. 111, nell’art. 24, commi 1-3 (“1. Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 2. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. 3. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”) e nell’art. 113, commi 1-2 (“1. Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. 2. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti”) (Corte Cost. n. 204/2004). Di contro, l’accezione procedurale di “giusto processo” sarebbe compatibile con l’art. 2 del c.p.a. che attiene ai profili di disciplina (“1. Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’articolo 111, primo comma, della Costituzione. 2. Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo”).

Nell’ordinamento sovranazionale molteplici sono le disposizioni a cui attingere nell’affermazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, all’articolo 8, stabilisce che ogni individuo ha “diritto a un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali” mentre l’articolo 10 afferma che ogni individuo “ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti a un tribunale indipendente e imparziale”. Dello stesso tenore l’articolo 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – CEDU – che prevede che ogni persona “ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale”, mentre l’articolo 6 dispone che ogni persona “ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge”. L’articolo 47 stessa CEDU prevede, infine, che ogni individuo “ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice” mentre stabilisce al comma seguente che ogni individuo “ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, secondo cui le norme della CEDU sono divenute direttamente applicabili nel sistema nazionale a seguito della modifica dell’articolo 6 del Trattato UE, disposta dal Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1 dicembre 2009).

La “pienezza” della tutela amministrativa deve collegarsi, anche, all’estensione dei poteri del giudice amministrativo il quale può dichiarare l’esistenza dell’obbligo dell’amministrazione a provvedere (si pensi al giudizio sul silenzio-rifiuto) o condannare la P.A. al risarcimento dei danni per lesione da interessi legittimi. Dunque un ampliamento dei poteri cognitori e di decisione che connotano, grazie al contributo nel corso degli anni della giurisprudenza, la funzione giurisdizionale. Al tempo stesso, la riforma del processo avvenuta con la legge 205/2000 ha inciso sui poteri istruttori e, nel complesso, spostato l’asse dal giudizio sull’atto al giudizio sul rapporto. L’aver attribuito ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica è la conseguenza coerente dei principi costituzionali compendiati all’articolo 24 e 113 della Costituzione (Corte Cost. n. 191/2006); peraltro, la stessa legge delega di riforma del processo (articolo 44 legge n. 69/2009) ha sancito che per effettività e pienezza della tutela si intende la capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, per quanto più è possibile, e dunque anche per questa via il passaggio da mero giudizio sull’atto a giudizio sul rapporto diventa tangibile.

 

Il punto di vista dell’Autore

L’effettività della tutela può essere letta attraverso due recenti sentenze del Consiglio di Stato. La prima è una decisione della Sesta Sezione, n. 3674/2006, che ha riguardato una vicenda in cui il Ministero dell’Interno a distanza di circa 10 anni non aveva ancora eseguito un giudicato del G.O.. In applicazione degli articoli 6 e 13 CEDU, la decisione ha fissato modalità di esecuzione disponendo che decorso un certo termine il funzionario omittente avrebbe dovuto pagare di tasca propria euro 200 per ogni giorno di ritardo; a quel punto l’esecuzione vi è stata subito dopo la pronuncia. La seconda decisione è stata assunta dalla Quarta Sezione, n. 1220 del 2010, che ha richiamato gli articoli 6 e 13 della CEDU per ritenere ammissibile la domanda volta ad ottenere una pronuncia avente natura di titolo esecutivo, per ottenere in via coattiva da un soggetto privato la restituzione di una somma indebitamente corrisposta dall’amministrazione. L’articolo 115, comma 2, del codice ha espressamente previsto che le pronunce del giudice amministrativo che dispongono il pagamento di somme di denaro costituiscono titolo anche per l’esecuzione forzata.

L’effettività, come pure la pienezza, della tutela giurisdizionale passa sempre più attraverso l’applicazione della normativa UE e della CEDU viste entrambe non solo come prevalenti rispetto alle contrarie determinazioni del legislatore interno ma anche come baluardi inattaccabili dei valori superiori di giustizia e moralità della stessa Convenzione Europea.