Art. 3

Dovere di motivazione e sinteticità degli atti

1. Ogni provvedimento decisorio del giudice è motivato.

2. Il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica. 

Bibliografia. R. Giovagnoli – L. Ieva - G. Pesce, Il processo amministrativo di primo grado, in Trattato di giustizia amministrativa, F. Caringella – R. Garofoli (a cura di), Milano, 2005; E. Picozza, Il processo amministrativo, Milano, 2010; C. Volpe, Dovere di motivazione della sentenza e sinteticità degli atti delle parti processuali, in www.giustizia-amministrativa.it, 2015.

 

Sommario. 1. La motivazione del provvedimento del giudice. 2. L’ambito di applicazione: il secondo comma. 

 

1. La motivazione del provvedimento del giudice

Attraverso tale articolo il codice ha esteso anche nel diritto amministrativo un principio già cristallizzato a livello costituzionale per i provvedimenti giurisdizionali in generale (articolo 111 comma 6 della Costituzione), ciò a riprova dell’inserimento nella giustizia amministrativa dei canoni del diritto processuale generale.

Oltre che al predetto articolo 111 della Costituzione, la norma in commento attua, insieme ai precedenti articoli 1 e 2, la disposizione di cui all’articolo 44 comma 2 lett. a) della legge delega 8 giugno 2009 n. 69 la quale ha previsto, tra i principi e criteri direttivi, di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo”.

Nella bozza di decreto legislativo poi divenuto Decreto Legislativo n. 104/2010 vi è il seguente passaggio “L’economia dei mezzi processuali - funzionale all’effettività ed alla ragionevole durata - si traduce nell’affermazione del principio di sinteticità degli atti. Tale principio è sancito nella stessa norma (articolo 3) che contempla l’obbligo del giudice di motivare ogni provvedimento decisorio”. Dunque il nesso tra l’articolo 1 sull’effettività della tutela, quello con l’articolo 2 sul giusto processo e quello, all’articolo 3, sulla sinteticità degli atti.

La motivazione della sentenza è quella parte del provvedimento in cui sono illustrate le ragioni che hanno indotto il giudice a prendere la decisione enunciata nel dispositivo finale del provvedimento stesso. Attraverso la motivazione è possibile verificare l’iter logico giuridico che ha condotto il giudice a quella specifica decisione. 

Invero non è tanto per capire come il giudice ha formato il proprio convincimento che la motivazione assume rilievo, quanto perché, con essa, viene fornita una giustificazione razionale della decisione. In tale senso Calamandrei definisce la motivazione come una “autoapologia” del giudice, quindi il giudice deve rendere note le ragioni non per ripercorrere il ragionamento compiuto ma per rendere noto il razionale fondamento della sua decisione.

Ovviamente a dover essere motivate non sono solo le sentenze ma anche gli altri provvedimenti del giudice quali ordinanze e decreti.

 

2. L’ambito di applicazione: il secondo comma

La norma ha una portata innovativa perché sino ad ora non era mai stato imposto un tale vincolo, sia al giudice che alle parti.

La ratio della disposizione, continuando a leggere l’articolo 44 summenzionato della legge 69/2009, è quella di adottare misure volte a garantire la snellezza e l’effettività della tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, semplificando lo svolgimento del rito processuale e di ogni altro adempimento all’uopo necessario; al contempo, è stato chiesto al governo di adottare misure volte a smaltire il carico delle controversie. 

Specifica manifestazione del dovere di sinteticità, per quanto attiene ai provvedimenti del giudice, si ha nella sentenza in forma semplificata o sentenza breve prevista all’articolo 74 “Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme” come pure all’articolo 60, nell’ipotesi di definizione del giudizio all’esito dell’udienza cautelare “In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”.

 

Il punto di vista dell’Autore

Relativamente agli effetti della sinteticità e, in particolare, alle conseguenze della violazione del relativo obbligo, è possibile enucleare tre aspetti messi in rilievo dalla giurisprudenza in tema di:

a) inammissibilità dell’impugnazione;

b) condanna alle spese;

c) vizio della sentenza.

Con riguardo al primo aspetto, la Corte di Cassazione (sez. lav., 6 agosto 2014, n. 17698) ha affermato che il mancato rispetto del dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto esso collide con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente a una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’articolo 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’articolo 111, comma secondo, Cost. e in coerenza con l’articolo 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), nonché di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.

Quanto agli effetti sulla condanna alle spese, dispone l’articolo 26, comma 1, CPA, nel testo modificato dal secondo correttivo del codice (Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160), secondo cui, “Quando emette una decisione, il giudice provvede anche sulle spese del giudizio, tenendo anche conto del rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità di cui all’ articolo 3, comma 2”.

La sinteticità della motivazione, invece, non rileva di per sé come vizio della sentenza.