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Art. 12

Rapporti con l’arbitrato

1. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto ai sensi degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile.

BIBLIOGRAFIA. E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo; V. Lopilato, Manuale di diritto amministrativo G. Verde, Lineamenti di diritto dell’arbitrato 

 

SOMMARIO 1. L’arbitrato.

 

1. L’arbitrato

 

L’arbitrato è il principale strumento alternativo al rimedio giurisdizionale per giungere alla composizione di una lite ed è caratterizzato dalla devoluzione della decisione della controversia a un soggetto terzo rispetto alle parti. Nel sistema del processo amministrativo l’uso dell’arbitrato è sempre facoltativo, essendo per principio generale sempre illegittime le ipotesi di arbitrato a carattere obbligatorio (v., ex multis, Corte Cost. n. 123/2018), ed è inoltre consentito, come già avveniva nella vigenza dell’articolo 6, comma 2, della l. n. 205/2000, solo per risolvere le controversie attribuite al giudice amministrativo aventi ad oggetto diritti soggettivi e solo ove l’arbitrato sia rituale, ossia retto dalle regole di diritto contenute negli articoli 806 e seguenti c.p.c. (cfr. Cass., S.U., n. 8987/2009, secondo cui l’impossibilità di utilizzare lo strumento del c.d. arbitrato irrituale o libero è giustificata dalla necessità di evitare che “il componimento della vertenza [sia] ... affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) individuati, nell’ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta”; TAR Piemonte n. 659/2013). Tale scelta è l’esito di una opzione discrezionale del legislatore, imposta dai limiti della legge delega e giustificata dalla volontà di completare la tutela dei diritti soggettivi, al fine di assicurare una protezione omogenea indipendentemente dalle regole sulla giurisdizione (Lopilato). L’esercizio della facoltà di compromettere in arbitri la decisione di una controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo determina l’insorgere di una vera e propria questione di giurisdizione. Poiché, infatti, “l’attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 25/1994 e dal Decreto Legislativo n. 40/2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del g.o., si deve ritenere che mentre lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del g.o. e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del g.a. o al giudice contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione” (TAR Lombardia, Milano, n. 2284/2018). Il ricorso al collegio arbitrale è altresì un rimedio alternativo al ricorso giurisdizionale. Secondo la giurisprudenza, infatti, “l’articolo 7, comma 7 del Codice afferma in via generale principi di economia e di concentrazione della giurisdizione amministrativa, che devono ritenersi estesi anche ai rapporti tra giurisdizione amministrativa e collegi prevedono questi ultimi proprio come soluzione alternativa alla giurisdizione, al fine di non vanificare gli scopi delle norme che giurisdizione” (Cons. St. n. 2641/2013).

 

 Il punto di vista dell’autore

Il ricorso alla giurisdizione arbitrale non ha avuto un significativo sviluppo nell’ambito della giurisdizione amministrativa, come è d’altronde intuibile dalla scarsità di giurisprudenza in materia. Se, infatti, in linea teorica trattasi di un modello alternativo ed ulteriore rispetto alla giurisdizione amministrativa, nella pratica possono riscontrarsi limiti applicativi riconducibili, da una parte, al fatto che il legislatore lo abbia previsto per i soli diritti soggettivi, dall’altra alle difficoltà che l’amministrazione potrebbe incontrare nella definizione della clausola compromissoria. Da ultimo, non possono trascurarsi gli effetti legati ad eventuali vizi del lodo conducenti all’annullamento dello stesso.