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Art. 7

Giurisdizione amministrativa

1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o i provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico. 

2. Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. 

3. La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito. 

4. Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma. 

5. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi. 

6. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall’articolo 134. Nell’esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione. 

7. Il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi. 

8. Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.

BIBLIOGRAFIA. F. Benevenuti, Consiglio di Stato (competenza), in Enc. dir., IX; R. Caponigro, Il principio di effettività della tutela nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it; S. Cassarino, Manuale di diritto amministrativo; V. Lopilato Manuale di diritto amministrativo; L. Maruotti, La giurisdizione amministrativa: effettività e pienezza della tutela, in www.giustizia-amministrativa.it; A. Pajno, Per una lettura unificante delle norme costituzionali sulla giustizia amminstrativa, in ASTRID; A. Police, Le forme della giurisdizione; F.G. Scoca, Giustizia amministrativa; A. Romano - Tassone, La giurisdizione esclusiva tra glorioso passato ed incerto futuro; A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa 

 

SOMMARIO. 1.Il riparto di giurisdizione. 2. Il presupposto soggettivo: le pubbliche amministrazioni. 3. Le forme di giurisdizione. 4. La giurisdizione generale di legittimità. 5. La giurisdizione esclusiva. 6. La giurisdizione di merito. 7. L’effettività della tutela. 8. Il ricorso straordinario. 

 

1. Il riparto di giurisdizione 

L’individuazione del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo ha costituito oggetto di una lunga e complessa evoluzione normativa e giurisprudenziale. La questione, infatti, è sorta già al momento dell’emanazione della legge 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato E, di abolizione del contenzioso amministrativo, che aveva devoluto alla giurisdizione ordinaria la cognizione in cui si facesse <<questione d’un diritto civile o politico>> e all’autorità amministrativa degli altri <<affari>>. Ed è divenuta, poi, ancora più attuale a seguito dell’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, alla quale è stato affidato il compito di decidere sui ricorsi contro i provvedimenti amministrativi aventi per oggetto <<un interesse d’individui o di enti morali giuridici>> (Lopilato). Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo dipende dalla natura della posizione giuridica vantata: il potere di ius dicere appartiene, infatti, al giudice ordinario quando si controverte in materia di diritti soggettivi e al giudice amministrativo se si faccia questione di interessi legittimi e, solo nelle particolari materie indicate dal legislatore, di diritti soggettivi. Per accertare la giurisdizione il primo presupposto processuale da indagare è, quindi, se si è in presenza di una posizione giuridica di interesse legittimo (cfr. sul punto TAR Lazio, Sez. II Quater, n. 9704/2013, che allo scopo di accertare l’esistenza di una posizione giuridica d’interesse legittimo fa applicazione della c.d. teoria della relatività delle posizioni soggettive - affermata dalla sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione 4 luglio 1949, n. 1657 e successivamente dalle sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 della Corte Costituzionale -, secondo la quale “si può parlare di esercizio del potere e di giurisdizione del giudice amministrativo solo nel caso in cui detto potere sia stato attribuito, ad un soggetto pubblico o privato, da una fonte normativa primaria e che il soggetto agente abbia effettivamente esercitato il potere attribuitogli dalla legge con un atto dalla stessa tipizzato, venendo in emersione, con riferimento al destinatario dell’atto, una posizione soggettiva di interesse legittimo: in tutti gli altri casi non vi sarà spendita di potere da parte del soggetto agente e le relative controversie dovranno attribuirsi alla naturale giurisdizione del giudice ordinario, nella sua qualità di giudice dei diritti soggettivi.”). A questo scopo, il criterio che è preferibile utilizzare è quello della causa petendi (o petitum sostanziale), non potendosi affidare l’individuazione della giurisdizione al criterio del petitum ̧ perché significherebbe attribuire prevalenza alla domanda di tutela prospettata dalla parte ricorrente anziché all’effettiva natura della situazione giuridica soggettiva fatta valere. Tale verifica non è tuttavia agevole e non porta a risultati sempre sicuri e univoci. Per individuare in modo più agevole la giurisdizione si è quindi sempre più spesso fatto riferimento al criterio non previsto come generale, ma di cui si è fatto uso nella legislazione più recente, del riparto di giurisdizione per c.d. blocchi di materie. Criterio in base al quale il giudice chiamato a decidere una controversia è individuato in ragione della materia su cui si controverte, a prescindere dalla situazione soggettiva lesa. 

 

2. Il presupposto soggettivo: le pubbliche amministrazioni 

Per accedere alla giurisdizione del giudice amministrativo occorre anche la sussistenza di un ulteriore presupposto processuale: la presenza di una pubblica amministrazione. Dal tenore letterale dell’art 7, 1 c., invero, si evince che una delle parti della controversia è la pubblica amministrazione e l’altra il soggetto che faccia questione sull’interesse legittimo o sul diritto soggettivo (v. sul punto Cass., Sez. Un., ord. n. 19677/2016, secondo cui è cioè necessario che in giudizio vi sia la partecipazione in posizione attiva o passiva della pubblica amministrazione ovvero del soggetto che, pur non facendo parte dell’apparato di essa, eserciti le attribuzioni dell’amministrazione, così ponendosi come pubblica amministrazione in senso oggettivo sul punto Cass., Sez. Un., ord. n. 19677/2016). Anche in questo caso, non è sempre agevole stabilire quando si è in presenza di una pubblica amministrazione (un esempio delle difficoltà che si incontrano si rinviene nel caso risolto dalla sentenza del TAR Lazio, Sez. II Quater, n. 9704/2013, che sulla base di una serie di indici rivelatori della sua natura privatistica ha escluso la natura pubblicistica della Fondazione MAXXI). Per questa ragione il Codice, al comma 2, ha adottato un approccio sostanzialistico, facendo propri i principi eurocomunitari diretti a preferire sempre più la sostanza sulla forma e la neutralità delle forme giuridiche (Tretola). Secondo la norma, infatti, per pubbliche amministrazioni si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. Non è cioè determinante che un soggetto sia qualificato come pubblico – o privato – da una norma, essendo piuttosto fondamentale rinvenire sul piano sostanziale- teleologico, specifici indici rivelatori della sua natura pubblicistica quali certamente sono la funzionalizzazione e la procedimentalizzazione dell’attività svolta, che comportano l’assoggettamento della stessa al rispetto dei principi contenuti nella legge 7 agosto 1990, n. 241. Il Codice aderisce, dunque, a una nozione funzionale di pubblica amministrazione, in base alla quale il perimetro della giurisdizione del giudice amministrativo varia e si identifica in ragione della natura dell’attività che ha condotto all’adozione del provvedimento che si porta all’attenzione del giudice stesso. Fermo restando, in ogni caso, che la volontaria procedimentalizzazione o il volontario assog gettamento di un’attività alla disciplina pubblicistica non determina automaticamente la devoluzione di una eventuale lite alla giurisdizione amministrativa dovendosi sempre dare esclusivo riguardo alle caratteristiche oggettive dell’attività svolta (v. sul punto Cass., Sez. Un., 27 marzo 2020 n. 7562). 

 

3. Le forme della giurisdizione 

La giurisdizione del giudice amministrativo è articolata, a mente dell’articolo 7, comma 3 del Codice, nella giurisdizione generale di legittimità, nella giurisdizione esclusiva e nella giurisdizione estesa al merito. La prima forma di giurisdizione è definita generale avendo il giudice amministrativo il potere, per l’appunto, generale di giudicare le controversie tra pubblica amministrazione e privato, in cui la posizione giuridica sottesa è l’interesse legittimo del soggetto che assume di essere stato leso dal provvedimento impugnato. La giurisdizione esclusiva e quella estesa al merito; sono, invece, ipotesi speciali di giurisdizione amministrativa, ammesse solo laddove previste espressamente con legge. Tra le tre forme di giurisdizione si ravvisano elementi comuni. In tutti e tre i casi la controversia investe, anzitutto, la lesione di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento, sia essa d’interesse legittimo, sia, nelle particolari materie indicate dalla legge, anche di diritto soggettivo. In secondo luogo, la controversia concerne l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo. In terzo luogo, l’atto o il comportamento contestato sono sempre posti in essere da pubbliche amministrazioni in senso stretto o da soggetti ad esse equiparati o, comunque, tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo (articolo 7, comma 1 e 2, CPA). 

 

4. La giurisdizione generale di legittimità

La giurisdizione di legittimità è individuata in termini generali, come giurisdizione che ha per oggetto atti, provvedimenti, omissioni o comportamenti della pubblica amministrazione che ledono sempre, anche quando si ha una controversia risarcitoria, un interesse legittimo. Nella giurisdizione di legittimità rientrano, oltre alle domande di annullamento dell’atto, anche le domande di risarcimento del danno e degli altri diritti patrimoniali consequenziali. Le domande relative al risarcimento del danno e agli altri diritti patrimoniali consequenziali possono essere introdotte anche in via autonoma rispetto alla domanda di risarcimento del danno (comma 4). 

 

5. La giurisdizione esclusiva

La giurisdizione esclusiva, in forza dell’articolo 30, comma 1 della Costituzione, investe sia la tutela di interessi legittimi che di diritti soggettivi nelle materie “indicate dalla legge e dall’articolo 133” del Codice (v. il comma 3 dell’articolo 7). In alcune materie, infatti, le situazioni soggettive di diritto soggettive e interesse legittimo si intersecano, rendendo difficile l’individuazione del giudice munito di giurisdizione. E per facilitare l’accesso alla giustizia è stata quindi prevista l’attribuzione della giurisdizione ad un unico giudice, senza previa individuazione della posizione soggettiva lesa (Lopilato). Nell’individuazione di tali materie il legislatore non è però del tutto libero. La Corte Costituzionale nella nota sentenza n.204 del 2004 ha statuito che l’articolo 103 della Costituzione << non ha conferito al legislatore ordinario un’assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione, ma gli ha conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali “la tutela nei confronti della pubblica amministrazione” investe “anche” diritti soggettivi>>. Si tratta, quindi, di un potere <<dal quale può dirsi, al negativo, che non è né assoluto né incondizionato, e del quale, in positivo, va detto che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte e, non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie>>. Non sono, dunque, legittime le previsioni legislative che assegnano alla giurisdizione esclusiva interi “blocchi di materie”. È necessario che si rinvenga un collegamento tra la materia in cui si inserisce la controversia e una posizione di potere dell’amministrazione. La Corte è giunta ad affermare che le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva <<devono partecipare della medesima natura>> di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità. Ne consegue, dunque, che <<il legislatore ordinario ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva, purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero, pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità>>. È pertanto tenendo conto di questi elementi che devono essere esaminate le materie indicate nell’articolo 133 del Codice, al cui commento si rinvia. 

 

6. La giurisdizione di merito

La giurisdizione di merito è quella in cui il giudice amministrativo ha il potere di sostituirsi all’amministrazione. Essa, dunque, permette di sindacare non solo la legittimità ma anche il merito, cioè l’opportunità, dell’atto amministrativo. Come si desume dalla lettera del comma 6 dell’articolo 7, l’esercizio di tale potere si connota come una facoltà del giudice, non trattandosi mai di un dovere. Al giudice è stata concessa la possibilità di annullare l’atto, di disporre il risarcimento dei danni nonché di “sostituirsi all’amministrazione”. All’articolo 21 CPA si legge che nel caso in cui il giudice si sostituisce all’amministrazione può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta. La norma in esame per l’individuazione delle materie rientranti nella giurisdizione di merito rimanda all’articolo 134 CPA Le ipotesi di giurisdizione estesa al merito, previste in via tassativa dall’articolo 134 del Codice, concernano le controversie aventi ad oggetto: i) l’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato; ii) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuite alla giurisdizione amministrativa; iii) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti; iv) le contestazioni sui confini degli enti territoriali. Con specifico riferimento ai poteri esplicabili sull’atto, l’articolo 34, comma 1, lett. d), cod. proc. amm. precisa che, nei casi di giurisdizione di merito, il giudice, <<se accoglie il ricorso adotta un nuovo atto ovvero modifica o riforma l’atto impugnato>>. Tale giurisdizione si aggiunge a quella di legittimità; giudizio che deve essere necessariamente esperito prima di quello di merito. Non è chiaro quale sia l’estensione dei poteri riservati al giudice in queste ipotesi. (Lopilato). Un primo orientamento sostiene che il giudice può stimare la scelta compiuta della pubblica amministrazione, sostituendo, dunque, la propria valutazione a quella fatta in precedenza dall’amministrazione stessa (Benvenuti). Altro orientamento ritiene che il giudice può avere accesso diretto al fatto. Questa è una impostazione ormai superata essendo opinione consolidata che in tutti i casi di giurisdizione il giudice ha tale potere, essendosi passati da un giudizio sull’atto ad un giudizio sul rapporto (Travi). Un ulteriore orientamento ritiene, inoltre, che il giudice abbia maggiori poteri istruttori, ma anche tale tesi non può essere oggi condivisa, in quanto il Codice attribuisce al giudice gli stessi poteri istruttori a prescindere dalla forma della giurisdizione (Cassarino). Un ultimo orientamento sostiene che ciò che caratterizza la giurisdizione di merito è l’attribuzione di maggiori poteri decisori al giudice amministrativo, il quale può riformare l’atto amministrativo ovvero sostituirsi alla pubblica amministrazione, come avviene nel giudizio di ottemperanza ove il giudice, nominando un commissario ad acta, si sostituisce alla pubblica amministrazione (Police). 

 

7. L’effettività della tutela

Con l’espressione “effettività della tutela” si suole far riferimento al soddisfacimento dell’interesse dedotto in giudizio dal ricorrente; dunque, trattasi della capacità del processo di produrre effetti sul piano sostanziale. Consacratodallegislatorenell’articolo1delCodice il principio in argomento è di ampio respiro, tale da indirizzare l’intero sistema. Alla luce di tale principio la giurisdizione amministrativa è tenuta ad assicurare una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. Il giudice deve accertare l’effettiva consistenza della pretesa e ad assicurare, a fronte di una legittima lesione, la soluzione più satisfattiva tra quelle in concreto disponibili, ivi compreso il risarcimento nelle sue varie forme. Parte integrante dell’effettività della tutela è la sua concentrazione enunciata al comma 7 dell’articolo, ove si legge che il principio di effettività si realizza attraverso la concentrazione dinanzi al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi. La norma così disponendo offre un criterio interpretativo ai fini del riparto di giurisdizione, volto a precisare che questo deve essere effettuato tenendo in debito conto della regola dell’effettività (Pajno): 

 

8. Il ricorso straordinario

L’articolo 7 del Codice si chiude con un riferimento all’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Si tratta di un rimedio generale, che può essere ammesso anche in assenza di una specifica norma che lo contempli, esperibile “unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa” e, quindi, per far valere l’illegittimità di provvedimenti o di comportamenti assunti da qualsiasi autorità e ritenuti lesivi sia di diritti soggettivi che di interessi legittimi. Il ricorso straordinario è, inoltre, un rimedio alternativo al ricorso giurisdizionale, onde evitare contrasti tra le decisioni che il Consiglio di Stato rende in sede giurisdizionale e in sede consultiva. Tale alternatività non si pone in contrasto con il dettato costituzionale. La Corte Costituzionale (Corte Cost., n. 78/1996) ha più volte sostenuto che non viola le regole costituzionali poste a tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi lesi da un atto amministrativo la previsione della facoltà del ricorrente di percorrere tale strada. Si tratta di una libera scelta che viene compiuta dal ricorrente che in modo consapevole decide di rinunciare alla garanzia della tutela giurisdizionale (Lopilato). Il procedimento culmina con il decreto del Presidente della Repubblica, emesso su proposta del ministro competente sulla base del parere conforme adottato dal Consiglio di Stato. Tale parere è obbligatorio e non può essere disatteso, a dimostrazione del fatto che la paternità della decisione è tutta del Consiglio di Stato. Il ricorso straordinario al Presidente della repubblica si inquadra nell’ambito dei ricorsi amministrativi, ossia nell’ambito di quei ricorsi che non hanno natura giurisdizionale, in quanto rivolti all’amministrazione e non a un giudice, che si concludono con un atto, espressione del potere di autotutela proprio dell’amministrazione, definito <<decisione amministrativa>> conclusiva di un procedimento avente i caratteri propri di quello amministrativo. Rispetto agli altri ricorsi amministrativi, il ricorso straordinario si caratterizza, tuttavia, per la sussistenza di maggiori garanzie del principio del contraddittorio; per l’obbligatorietà del parere del Consiglio di Stato; per la presenza di un termine di impugnazione (centoventi giorni) più ampio, superiore anche a quello stabilito per il ricorso giurisdizionale amministrativo, che dunque consente la tutela degli interessi legittimi anche nei casi in cui il termine per il ricorso giurisdizionale sia scaduto (Casetta).
La disciplina dell’istituto in esame è contenuta nel d.p.r. 1199/1971; ulteriori disposizioni sono contenute nel CPA (articoli 7, 48, 128) ed essendo la decisione assunta sempre al termine di un procedimento amministrativo nella l. 241/1990.
La ragione di tale disciplina si ravvisa nell’esigenza di evitare contrasti tra le decisioni che il Consiglio di Stato rende in sede giurisdizionale e in sede consultiva. Tale alternatività non si pone in contrasto con il dettato costituzionale. La Corte Costituzionale (Corte Cost., n. 78/1996) ha più volte sostenuto che non sussiste violazione delle regole costituzionali poste a tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi lesi da un atto amministrativo la previsione della facoltà del ricorrente di percorrere tale strada,.Si tratta di una libera scelta che viene compiuta dal ricorrente che in modo consapevole decide di rinunciare alla garanzia della tutela giurisdizionale (Lopilato) .Il procedimento culmina con il decreto del Presidente della Repubblica, emesso su proposta del ministro competente sulla base del parere conforme adottato dal Consiglio di Stato. Tale parere è obbligatorio e non può essere disatteso, da ciò si comprende come il ministero non ha potestà decisionale, la paternità dell’atto è tutta del Consiglio di Stato.

 

Il punto di vista dell’autore

L’articolo 7 del Codice traccia il confine della giurisdizione del giudice amministrativo rispetto a quella del giudice ordinario (commi 1 e 2). Esso qualifica e differenzia gli ambiti applicativi della giurisdizione generale di legittimità, della giurisdizione esclusiva e della giurisdizione con cognizione estesa al merito (commi da 3 a 6), richiamando fedelmente il criterio costituzionale di riparto, consacrato nell’articolo 103 Cost., fondato sulla natura della posizione giuridica soggettiva rispetto alla quale si chiede tutela, ossia sulla dicotomia diritto soggettivo e interesse legittimo.