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Art. 13

Competenza territoriale inderogabile

1. Sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede.

2. Per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio.

3. Negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra-regionale, il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto.

4. La competenza di cui al presente articolo e all’articolo 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari (1).

4-bis. La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza (2)(3).

 

(1) Comma così sostituito dall’articolo 1, comma 1, lett. a, Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, recante Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in Gazz. Uff. 18 settembre 2012, n. 218). Il secondo correttivo al Codice è entrato in vigore il 3 ottobre 2012. Il testo previgente disponeva che: “La competenza territoriale del tribunale amministrativo regionale non è derogabile”.

(2) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 1, lett. a, Decreto Legislativo. 14 settembre 2012, n. 160, citato nella nota 1, che precede.

(3) Con sentenza 6 giugno 2014, n. 159 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento all’articolo 76 Cost., degli articoli 13, 14, 15 e 16 CPA, nonché non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli articoli 3, 24, 25, 111 e 125 Cost., degli articoli 14 e 135, comma 1, lett. p), CPA.

Bibliografia. De Nictolis, Processo Amministrativo. Formulario commentato, IV ed., Ipsoa, 2019; Roberto Garofoli, Codice Amministrativo Ragionato. VII ed., Nel Diritto Editore, 2020; Salvatore Veneziano, Presidente di sezione al Tar Napoli, La giurisdizione e la competenza inderogabile, pubblicato in www.giustizia-amministrativa.it il 22 dicembre 2010; Nicola Pignatelli, Avvocato e Dottore di ricerca in Giustizia costituzionale dell’Università di Pisa, Tutela cautelare e competenza nel “nuovo” processo amministrativo: l’attuazione costituzionale del principio del giudice naturale, pubblicato su www.giustizia-amministrativa.it il 10 dicembre 2010; Valentina Ferrara, Informativa antimafia, analisi delle svolte giurisprudenziali alla luce delle modifiche normative, su De Iustitia - N. 1/2018|Pag. 47 – 64;

 

Sommario. 1. Introduzione. 2. Cenni comparativi con il sistema previgente. 3. I criteri di riparto per l’individuazione della competenza territoriale inderogabile. 4. Focus sulla Informativa interdittiva antimafia.

 

1. Introduzione

1.1 La competenza è generalmente definita come “la misura della giurisdizione” attribuita ad un determinato organo e, dunque, un concetto riferibile sia all’ordinamento processuale civile, sia al sistema di giustizia amministrativa. 

Il modello processuale amministrativo si distingue però da quello processuale civile in virtù delle tecniche di distribuzione della competenza tra gli organi giurisdizionali, atteso che i tradizionali criteri di riparto, rilevanti nell’ordinamento processuale civile (i.e. territorio, materia e valore), nel processo amministrativo sono sostituiti da un criterio distributivo della potestà giurisdizionale dei Tribunali Amministrativi Regionali basato sulla contrapposizione tra competenza territoriale ex articolo 13 CPA e competenza c.d. funzionale ex articolo 14 CPA.

 

2. Cenni comparativi con il sistema previgente

2.1 Il regime della competenza vigente sotto la l. n. 1034/1971 era sostanzialmente tutto derogabile, nel senso che l’incompetenza non poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma solo su eccezione di parte: le parti costituite in giudizio (amministrazione resistente e controinteressati), entro un termine perentorio, potevano eccepire l’incompetenza del Tar adito dal ricorrente, attraverso la proposizione della istanza di regolamento di competenza. 

Due i corollari derivanti dalla notifica del regolamento di competenza alle altre parti: 

  1. tutte le parti aderivano all’istanza (con un accordo traslativo) ed il giudizio veniva trasferito al Tar indicato nella istanza stessa; 
  2. in assenza di un accordo traslativo, l’istanza di regolamento di competenza era sottoposta ad una sommaria delibazione del Tar adito, che poteva ritenere tale istanza manifestamente infondata o, in caso contrario, trasmettere gli atti del giudizio al Consiglio di Stato per la decisione definitiva sulla competenza.

2.2 La novità del CPA è rappresentata dall’aver stabilito che la competenza dei TAR è sempre inderogabile ed il difetto di competenza rilevabile anche d’ufficio in primo grado, senza limitazioni o preclusioni temporali., attuando così il principio del giudice naturale ex articolo 25 Cost.

La ratio sottesa alla inderogabilità della competenza territoriale del giudice è quella di ovviare al fenomeno del forum shopping, in forza del quale un qualsiasi ricorrente, impugnando un provvedimento amministrativo, con contestuale istanza di sospensiva, anziché radicare il giudizio presso il giudice competente, può di fatto “scegliersi” il Tribunale amministrativo regionale preferibile per ottenere una decisione favorevole sul provvedimento cautelare in attesa della definizione della competenza e del trasferimento del giudizio di merito ad altro Tar (competente) (Cfr., per tutti, Cons. St., Ad. Pl., n. 2/1997; Cons. St., Ad. Pl., 14 aprile 1972, n. 5).

 

3. I criteri di riparto per l’individuazione della competenza territoriale inderogabile

3.1 L’articolo 13 si apre con l’enunciazione, al primo comma, dei criteri impiegati per l’individuazione territoriale del giudice, e cioè quello consistente nella ubicazione della sede dell’amministrazione e quello relativo all’“efficacia diretta” dell’atto impugnato.

Come ha rilevato nota dottrina, sebbene sia stato normativamente prioritariamente riportato il criterio della sede dell’amministrazione, l’utilizzo della espressione “comunque”, con riferimento al criterio della “efficacia diretta”, induce a ritenere che “in realtà sia questo secondo a rivestire rilievo primario ed a prevalere nelle ipotesi di atto adottato da autorità extra regionale, che spieghi però effetti diretti esclusivamente nell’ambito di diversa regione”.

Sulla nozione di “efficacia dell’atto” si è espresso un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, il quale ha chiarito che “vanno considerati gli effetti immediati e diretti, e non quelli ulteriori e riflessi” (Cons. St. n. 1347/2003), fermo il fatto che “nel caso di effetti non precisamente localizzabili in un’unica regione, occorre avere riguardo agli effetti prevalenti”, così come “nel caso di atti plurimi, occorre considerare gli effetti dell’atto per ciascun ricorrente”. 

3.2 Il secondo comma disciplina il foro delle controversie del pubblico impiego non privatizzato (ascritte alla giurisdizione esclusiva) presso il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio. 

A tale proposito, occorre rilevare come, nella nuova disciplina dell’articolo 13 CPA, si faccia genericamente riferimento alle “controversie” e non agli “atti”; ciò, in ragione dell’avvenuto superamento della portata eminentemente caducatoria un tempo attribuita al processo amministrativo.

Trattasi di criterio, quello della sede di servizio, che ha istituito una sorta di c.d. foro speciale, perché esso non fa leva né sulla sede dell’autorità emanante né sull’ambito di efficacia dell’atto, ma sulla sede di servizio del dipendente, manifestando così un favor per la tutela di tale soggetto e creando una sorta di parallelismo con il foro del consumatore tipico del diritto processuale-civile. 

Due però le deroghe all’operatività di questo criterio: l’una attiene al caso in cui la controversia coinvolga controinteressati e questi ultimi non siano dipendenti con sede di servizio nella stessa circoscrizione del TAR adito dal dipendente ricorrente; nel qual caso, infatti, troverà applicazione il criterio dell’efficacia dell’atto impugnato (cfr. Cons. St. n. 501 del 1987); l’altra attiene alla contestuale impugnativa di un atto generale dell’amministrazione statale, con conseguente radicamento della competenza inderogabile in capo al TAR Lazio – Roma (cfr. AP n. 20 del 2011), in ossequio ad una logica di concentrazione del giudizio presso la “sede centrale”.

3.3 Il terzo comma riproduce, invece, con previsione apparentemente residuale (cfr. Cons. St. n. 4335/2013), la individuazione della competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, per gli atti statali e quella del tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra-regionale.

3.4 Il comma 4 dispone che la competenza è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari. 

Ciò lo si desume da due disposizioni: l’articolo 16, 1 comma, che statuisce che «la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari» ed analogamente l’articolo 55, comma 13, che afferma che: “il giudice adito può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14” (ossia la propria competenza territoriale e funzionale).

3.5 Con il comma 4-bis, che afferma che: “la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento” è stato, da ultimo, introdotto, a mezzo del Decreto Legislativo 14 settembre 2012 n. 160 (c.d. Secondo correttivo al codice), un singolare caso di connessione, che rileva nella disamina del caso specifico di cui al seguente paragrafo. 

 

4. Focus sulla Informativa interdittiva antimafia 

4.1 Una specifica questione ha riguardato i termini di individuazione della competenza territoriale nel caso di contestuale impugnativa di un’informativa interdittiva antimafia in uno all’atto consequenziale della stazione appaltante. 

4.2 Una prima Plenaria del 2012, n. 33 aveva inizialmente ritenuto che l’informativa esplicasse i propri effetti solo con riferimento al territorio ove aveva sede la Stazione Appaltante che aveva emesso l’atto impugnato. 

Così opinando, però, si correva il rischio di andare incontro ad un contrasto tra giudicati; fenomeno che si verifica poiché la regola generale del processo amministrativo vede risiedere la competenza territoriale nel Tar avente giurisdizione nel luogo in cui ha sede l’Amministrazione che ha emanato l’atto impugnato. 

Come rilevato da illustre dottrina, infatti, “ben può accadere che l’informativa venga emanata dalla Prefettura del luogo in cui ha sede legale l’impresa destinataria, ma che la stessa impresa abbia intrattenuto rapporti con Stazioni appaltanti di diverse Regioni, venendo così a cadere i contratti d’appalto con amministrazioni aventi sedi diverse da quella della Prefettura” (cfr. Valentina Ferrara, Op. cit. in Bibliografia).

La questione è stata pertanto ripresa dalla Plenaria n. 17 nel 2014, che, valorizzando sia la portata ultra-regionale degli effetti promananti dall’informativa antimafia sia il tenore del comma 4-bis dell’articolo 13 CPA, è addivenuta alla conclusione che il Tar del luogo in cui ha sede la Prefettura che ha adottato l’informativa sia anche competente a conoscere il ricorso mediante il quale si impugnano con motivi aggiunti i successivi atti applicativi adottati dalla Stazione Appaltante. 

Si realizza, così una particolare forma di connessione per accessorietà, per cui il ricorso principale avverso la misura interdittiva attrae a sé quello accessorio avente ad oggetto l’impugnazione degli atti applicativi della informativa (il recesso).

Sul punto si è espresso, da ultimo, anche il Consiglio di Stato, con l’ordinanza 16 novembre 2018, n. 6454, affermando che: “nel rapporto tra l’impugnazione dell’interdittiva antimafia e delle conseguenti determinazioni della stazione appaltante, assume carattere principale l’impugnazione del provvedimento di prevenzione antimafia, che costituisce l’unico presupposto che regge le determinazioni consequenziali assunte dalla stazione appaltante e, ai fini della determinazione del giudice competente, la causa principale (avente ad oggetto l’informativa prefettizia) attrae a sé quella accessoria (avente ad oggetto gli atti applicativi adottati dalla stazione appaltante)”.

 

Il punto di vista dell’Autore

L’articolo 13 CPA è la “norma-baluardo” del Codice del Processo Amministrativo, che consente di individuare, tramite due specifici criteri, il giudice naturale precostituito per legge a decidere su una determinata controversia nel rispetto del dettato costituzionale di cui all’articolo 25 Cost.

Come rassegnato nelle pagine precedenti, sono previsti criteri c.d. speciali volti a tutelare in modo pieno ed effettivo soggetti che ricoprono un determinato “status” (come il dipendente pubblico); al contempo, è stata introdotta una ipotesi di connessione accessoria che esplica i suoi effetti, ad esempio, nello specifico caso in cui a dover essere impugnata sia una misura interdittiva in uno ad un provvedimento consequenziale della Pubblica Amministrazione, valorizzando, al fine, il locus in cui l’informativa è stata adottata.

Si attribuisce così all’Informativa antimafia, che assume nel caso che ci occupa le vesti di vero e proprio “atto presupposto”, una efficacia lesiva che l’atto presupposto di regola, per sua natura, non ha.