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Art. 136

Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell’efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo(1).

2. I difensori, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. In casi eccezionali, anche in considerazione della ricorrenza di particolari ragioni di riservatezza legate alla posizione delle parti o alla natura della controversia il presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, il presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o il collegio se la questione sorge in udienza possono dispensare, previo provvedimento motivato, dall’impiego delle modalità di sottoscrizione e di deposito di cui al comma 2-bis ed al primo periodo del presente comma; in tali casi e negli altri casi di esclusione dell’impiego di modalità telematiche previsti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 1, delle norme di attuazione, si procede al deposito ed alla conservazione degli atti e dei documenti(2).

2-bis. Salvi i casi di cui al comma 2, tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti sono sottoscritti con firma digitale. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica(3).

2-ter. Quando il difensore depositi con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attesta la conformità della copia al predetto atto mediante l’asseverazione di cui all’articolo 22, comma 2, del «codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Analogo potere di attestazione di conformità è esteso agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, con conseguente esonero dal versamento dei diritti di copia. Resta escluso il rilascio della copia autentica della formula esecutiva ai sensi dell’articolo 475 del codice di procedura civile, di competenza esclusiva delle segreterie degli uffici giudiziari. La copia munita dell’attestazione di conformità equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento. Nel compimento dell’attestazione di conformità di cui al presente comma i difensori assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali(4).

2-quater. Il presidente della sezione o il collegio se la questione sorge in udienza possono autorizzare il privato chiamato in causa dallo stesso giudice, che non possa effettuare il deposito di scritti difensivi o di documenti mediante PEC, a depositarli mediante upload attraverso il sito internet istituzionale(5).

 

(1) Comma così modificato dall’articolo 1, comma 1, lett. oo), Decreto Legislativo 15 novembre 2011, n. 195, recante Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in Gazz. Uff. 23 novembre 2011, n. 273). Il primo correttivo al Codice è entrato in vigore l’8 dicembre 2011.

Le modifiche apportate dal primo correttivo al comma 1 dell’articolo 136 chiariscono il rapporto tra il domicilio eletto ex articolo 25 e l’indirizzo pec e fax. Ai fini delle comunicazioni di Segreteria può essere indicato anche un indirizzo pec o fax diverso da quello del domiciliatario.

Il comma è stato successivamente sostituito dall’articolo 45 bis, comma 3, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (in Gazz. Uff. 24 giugno 2014, n. 144), convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114.

Il comma 1 è stato infine modificato dall’articolo  7, comma 1, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, recante Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa (in Gazz. Uff.  31 

agosto 2016, n. 203), nel testo modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016, nel senso di prevedere l’obbligo dei difensori di comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione non solo del recapito di fax ma anche dell’indirizzo di posta elettronica certificata. È stato poi previsto che ai fini dell’efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo.

(2) L’originario comma 2 è stato così sostituito dapprima dall’articolo 20, comma 1 bis, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, recante Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria (in Gazz. Uff. 27 giugno 2015, n. 147), convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132. La modifica decorre dalla data di entrata in vigore del processo amministrativo telematico, individuata nell’1 gennaio 2017 dal comma 1 bis dell’articolo 38, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (in Gazz. Uff. 24 giugno 2014, n. 144), convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, nel testo modificato dapprima dall’articolo 2, d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (in Gazz.Uff. 30 dicembre 2015, n. 302), convertito con modificazioni dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21, che aveva individuato nell’1° luglio 2016 la data di entrata in vigore del Pat, e poi dall’articolo 1, d.l.  30 giugno 2016, n. 117, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative in materia di processo amministrativo telematico (in Gazz. Uff.  30 giugno 2016, n. 156), convertito in l. 12 agosto 2016, n. 161, che ha rinviato all’1 gennaio 2017 detta entrata in vigore.

Il comma 2 è stato successivamente sostituito dall’articolo 7, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, cit. a nota 1, che precede.

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 7 dello stesso d.l. 31 agosto 2016, n. 168, le modifiche hanno efficacia con riguardo ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017; ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all’esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme vigenti alla data di entrata in vigore del decreto.

Lo stesso comma 2 è stato ancora modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016, nel senso di prevedere che la dispensa dall’obbligo di deposito con le modalità proprie del processo amministrativo telematico deve essere data, dal presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, dal presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o dal collegio, con provvedimento motivato.

Il comma 1-bis dell’articolo 2, d.l.  30 giugno 2016, n. 117, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative in materia di processo amministrativo telematico (in Gazz. Uff.  30 giugno 2016, n. 156), convertito in l. 12 agosto 2016, n. 161, ha previsto che “1-bis. Al fine di consentire l’avvio ordinato del processo amministrativo telematico, fino alla data del 31 marzo 2017 restano applicabili, congiuntamente alle disposizioni che disciplinano il processo telematico, le regole vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Il comma 1 bis è stato abrogato dall’articolo 7, comma 8, d.l. 31 agosto 2016, n. 168.

Ai sensi del comma 5 dell’articolo 7 dello stesso d.l. n. 168, le disposizioni sul Pat non si applicano alle controversie di cui all’articolo 22 e agli articoli 39 e seguenti del Capo V della l. 3 agosto 2007, n. 124, recante Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto (in Gazz. Uff. 13 agosto 2007, n. 187).

(3) Comma aggiunto dall’articolo 1, comma 1, lett. v, Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, recante Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in Gazz. Uff. 18 settembre 2012, n. 218). Il secondo correttivo al Codice è entrato in vigore il 3 ottobre 2012.

Il comma 2 bis è stato poi sostituito dall’articolo 20, comma 1 bis, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, cit. a nota 2, che precede, e poi dall’articolo 7, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, cit. a nota 1, che precede, nel testo modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197.

L’articolo 7, comma 8 bis, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, cit. a nota 1, che precede, aggiunto dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197, ha esteso, a decorrere dal 1° gennaio 2017, la sottoscrizione con firma digitale ai pareri resi dal Consiglio di Stato e dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e agli atti delle segreterie relativi all’attività consultiva.

L’originario comma 2 bis è stato così sostituito dall’articolo 20, comma 1 bis, d.l. 27 giugno 2015, n. 83, cit. a nota 2, che precede. La modifica decorre dalla data di entrata in vigore del processo amministrativo telematico, individuata nell’1 gennaio 2017 dal comma 1 bis dell’articolo 38, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, nel testo modificato dall’articolo 1, d.l. 30 giugno 2016, n. 117, cit. a nota 2, che precede, nel testo modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016.

(4 ) Comma aggiunto dall’articolo 7, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, cit. a nota 1, che precede. Per l’efficacia e l’ambito di estensione delle disposizioni del comma 2 ter v. nota 2, che precede.

Il comma è stato successivamente modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), del d.l. n. 168 del 2016, entrata in vigore il 30 ottobre 2016, che ha esteso il potere di attestazione di conformità dei difensori agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, con conseguente esonero dal versamento dei diritti di copia. Resta escluso il rilascio della copia autentica della formula esecutiva ai sensi dell’articolo 475 c.p.c., che resta di competenza esclusiva delle segreterie degli uffici giudiziari.

(5) Comma aggiunto dall’articolo 7, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, cit. a nota 1, che precede, successivamente modificato dalla legge di conversione 25 ottobre 2016, n. 197 (in Gazz. Uff. 29 ottobre 2016, n. 254), entrata in vigore il 30 ottobre 2016, che ha operato modifiche di mero drafting.

Per l’efficacia e l’ambito di estensione delle disposizioni del comma 2 ter v. nota 2, che precede.

Ai sensi del comma 6 dello stesso articolo 7, al fine di garantire la sicurezza del sistema informativo della giustizia amministrativa (SIGA) a decorrere dal 1° gennaio 2017 i depositi telematici degli atti processuali e dei documenti sono effettuati dai difensori e dalle Pubbliche amministrazioni mediante l’utilizzo esclusivo di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi, gestiti dal Ministero della giustizia.

Il comma 7 dell’articolo 7 prevede inoltre che “Al fine di assicurare il costante coordinamento delle attività relative all’avvio del processo amministrativo telematico, di garantire le disponibilità delle risorse umane e strumentali occorrenti nonchè di verificare il rispetto dei connessi obblighi di servizio, è istituita una commissione di monitoraggio, presieduta dal presidente aggiunto del Consiglio di Stato e composta dal presidente di tribunale amministrativo regionale con la maggiore anzianità di ruolo, dal segretario generale della giustizia amministrativa, dal responsabile del servizio centrale per l’informatica e le tecnologie di comunicazione, nonchè da altri componenti aventi particolari competenze tecniche, anche esterni all’amministrazione, scelti dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa in misura non superiore a due, di cui uno nell’ambito di un elenco di tre soggetti indicati dal Consiglio nazionale forense e uno nell’ambito di un elenco di tre soggetti indicati dalle associazioni specialistiche più rappresentative di cui all’articolo 35, comma 1, lettera s), della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel settore del diritto amministrativo. La partecipazione alla commissione è obbligatoria e a titolo totalmente gratuito. La commissione si avvale del personale e delle risorse strumentali e logistiche del segretariato generale della giustizia amministrativa. Il presidente aggiunto del Consiglio di Stato riferisce mensilmente al consiglio di presidenza della giustizia amministrativa sull’andamento dei lavori della commissione e propone le eventuali modifiche organizzative che si rendono necessarie per la migliore funzionalità del processo amministrativo telematico. Alle sedute del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa nelle quali possono essere adottate misure finalizzate ad assicurare la migliore funzionalità del processo amministrativo telematico partecipano, con diritto di voto in relazione all’adozione di tali misure, il presidente aggiunto del Consiglio di Stato ed il presidente di tribunale amministrativo regionale con la maggiore anzianità di ruolo.”

Bibliografia. Guicciardi E., Giustizia amministrativa, Milano, 1954; Saitta F, Giustizia amministrativa, Padova, 1993; Caringella F., Protto M., Codice del nuovo processo amministrativo, Milano, 2010.

 

Sommario. 1. Il PAT. 2. Le norme tecniche e le conseguenze della loro violazione. 

 

1.  Il  PAT

Il processo amministrativo telematico è fondato su alcuni capisaldi, frutto di precise scelte tecnico-giuridiche, che lo caratterizzano: 1) La “neutralità” dello strumento telematico; 2) Il valore legale “esclusivo” attribuito all’atto digitale; 3) L’utilizzo totale delle modalità telematiche.

1. La “neutralità” dello strumento telematico. Il PAT è stato concepito in linea di massima come una digitalizzazione degli atti del processo sostanzialmente neutra dal punto di vista delle norme processuali. Ha comportato l’utilizzo delle modalità telematiche per gli atti processuali senza toccare le norme sostanziali del processo che sono rimaste quelle del codice del processo amministrativo. Questo in teoria perché a volte l’introduzione dello strumento telematico può influenzare anche le norme processuali, e questo accadrà sempre di più in futuro, quando la formulazione delle norme di procedura sarà sempre più influenzata dalle modalità tecniche del processo. Si guardi in proposito alle recenti modifiche della normativa in tema di domicilio digitale e alla norma che disciplina i depostiti degli atti non più legata agli orari di apertura degli uffici.

2. Il valore legale “esclusivo” attribuito all’atto digitale. Nell’introdurre la digitalizzazione degli atti processuali è stato scelto di dare valore legale esclusivamente agli atti digitali e non più a quelli cartacei. È stato prevista, in sostanza, la tendenziale scomparsa dei tradizionali documenti cartacei e il loro eventuale l’utilizzo in funzione esclusivamente sussidiaria e senza valore legale, con la  previsione temporanea del deposito di una copia cartacea cosiddetta di cortesia degli atti per facilitare il processo di transizione al regime telematico (che in realtà è una copia d’obbligo perché il suo deposito è previsto espressamente dalla normativa vigente); oppure per casi eccezionali (alcuni processi coperti da  segreto o per il deposito di documenti particolarmente “pesanti” ai fini del caricamento sul sistema informatico  per la presenza di elaborati grafici o simili) o in situazioni di emergenza  di malfunzionamenti del sistema in cui la carta diventa l’estremo e temporaneo rimedio. Detto questo, la giurisprudenza in un’ottica interpretativa conservativa ha, in certe ipotesi, attribuito una certa valenza anche a documenti cartacei, come ad esempio al caso più radicale del deposito cartaceo del ricorso non sanzionandolo con l’inammissibilità (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 aprile 2017, n. 1541)      

3. L’utilizzo totale delle modalità telematiche. Questo principio assume un doppio significato, in quanto riferito sia all’uso dello strumento telematico a tutti i processi, sia agli atti dei singoli processi. Il PAT ha previsto la digitalizzazione di tutti gli atti ed adempimenti processuali, dalla formazione, sottoscrizione, notifica e deposito degli atti delle parti, alle modalità di redazione, sottoscrizione e pubblicazione dei provvedimenti del giudice. Inoltre, quello italiano è un processo amministrativo telematico nel quale l’uso delle forme telematiche è obbligatorio e si applica a tutti i processi indipendentemente dall’oggetto e dalla natura delle parti, a differenza ad esempio di quello adottato in altre nazioni che o rendono l’uso dello strumento telematico facoltativo o li limitano in base alla natura delle parti. Queste scelte sono state di fondamentale importanza per differenziarlo rispetto ai sistemi adottati in altri ordinamenti e lo rendono un processo fortemente innovativo, all’avanguardia sia in Europa che nel mondo perché, a quanto ci risulta, è sinora uno dei pochissimi, se non l’unico interamente digitale. Come Giustizia Amministrativa abbiamo partecipato, ormai quasi un anno fa, a un convegno Internazionale tenuto a Venezia delle altre magistrature amministrative di tutto il mondo (organizzato dall’AIHJA Association internationale des hautes juridictions administrative) e abbiamo constatato che il nostro processo da questo punto di vista è molto avanzato.  Neanche quello francese, che del processo amministrativo si fa giustamente un vanto, raggiunge il nostro grado di digitalizzazione degli atti. Dando una lettura veloce ai dati raccolti in quella sede si scoprono ad esempio queste percentuali di ricorsi inoltrati telematicamente: Francia 60% primo grado; 90% secondo grado; 70% in ultimo grado, Belgio 35%, Austria 20%, Svizzera 0.5%; Finlandia 85%; Repubblica Ceca 33%) Non le parti private in Francia e Spagna. Il nostro processo è al 100% gestito con modalità telematiche. Il punto “debole” del nostro sistema poteva essere il restringimento dell’accesso alla giustizia per i privati che agiscono in proprio, senza l’assistenza tecnica di un difensore e che potrebbero non avere gli strumenti (es. la forma digitale o la posta elettronica certificata) o le conoscenze necessarie per l’accesso al processo telematico. Nel sistema di giustizia amministrativa italiana tale possibilità da parte del cittadino di agire senza l’assistenza del difensore è limitata a pochi casi, tuttavia, importanti anche a livello di principio. È stato, quindi, garantito l’accesso anche per quelle rare ipotesi (accesso agli atti e trasparenza amministrativa, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione), istituendo presso i T.A.R. e il Consiglio di Stato i cosiddetti mini Urp, ovverosia degli appositi uffici che assistono il cittadino nella gestione della lite dandogli supporto tecnico ai fini della proposizione del ricorso e del deposito degli atti in modalità telematica. Si era, infatti, ipotizzato un possibile vulnus al diritto di difesa delle parti private, nei casi in cui le stesse stanno in giudizio da sole; pregiudizio che così appare definitivamente scongiurato. D’altra parte la “bontà” del risultato ottenuto con l’attuazione del PAT è stata in qualche modo certificata dalla “vittoria” del prestigioso premio Agenda Digitale per il 2017.   

 

2) Le norme tecniche e le conseguenze della loro violazione

L’uso dello strumento digitale è necessariamente accompagnato da una serie di norme tecniche anche di livello legislativo come il codice dell’amministrazione digitale e, per il processo amministrativo, alcune norme di attuazione del CPA che disciplinano l’uso delle modalità digitali. È questa una caratteristica a cui dobbiamo abituarci nell’accettare il processo telematico, ovverosia che oltre alle norme sostanziali del processo ci siano anche delle norme tecniche che prevedano la formazione, la notifica e il deposito degli atti.

Il processo amministrativo telematico funziona, infatti, sulla base di specifiche norme tecniche (dettate principalmente dal D.P.C.M. n. 40/2016) che disciplinano puntualmente le modalità di formazione e deposito degli atti, dettando determinati requisiti e, in sostanza, descrivendo i formati e le dimensioni dei file da depositare, le modalità di notifica, di deposito, quelle di asseverazione, di sottoscrizione e una serie di altri dettagli tecnici. Queste norme tecniche pongono spesso degli interrogativi di interpretazione  e sono norme rigide, prevedendo i formati e le modalità pratiche di redazione e deposito degli atti (ad esempio l’atto deve essere redatto in PDF nativo digitale mentre il documento può essere depositato in una formato PDF “scannerizzato”, la firma digitale nel PAT è in formato PCADES e non CADES, come invece nel processo telematico civile e quello tributario, le notifiche degli atti vanno inoltrate a certi indirizzi PEC e devono avere alcune caratteristiche etc.). Spesso, peraltro, queste norme tecniche si fondono con quelle procedurali, perché dal dubbio sull’interpretazione delle norme tecniche possono aversi ricadute applicative sulla norma processuale. Due veloci esempi sui più recenti interrogativi che stanno in questo momento interessando gli interpreti.  

Il primo è l’interpretazione nel nuovo testo del comma 2 dell’articolo 22 del C.A.D. che prevede l’asseverazione di conformità delle copie informatiche dei documenti originali cartacei (es. la procura alle liti). Il testo è stato modificato dal Decreto Legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, sostanzialmente con l’eliminazione della previsione che consentiva l’asseverazione con dichiarazione allegata al documento informativo e asseverata (operata nel processo dall’avvocato) e l’attuale riferimento a delle linee guida che al momento non sono ancora state adottate.  Da qui il quesito delle modalità con cui può essere effettuata l’attestazione di conformità degli atti dal cartaceo al digitale. Allo stato pare possibile continuare con la vecchia modalità (con dichiarazione sul documento o separata ai sensi delle regole tecniche del CAD ossia dell’articolo 4, comma 3, del d.p.c.m. 13 novembre 2014 rimasto per ora vigente) ma il problema si è post ed è stato trattato in una nota congiunta nata dal tavolo tecnico sul processo amministrativo telematico tra gli avvocati e la Segreteria Generale della Giustizia Amministrativa creato proprio per la comprensione e gestione delle problematiche  che possono scaturire dall’introduzione del PAT. L’altro esempio è la problematica del domicilio digitale, sorta dall’inizio di quest’anno per le modifiche apportate all’articolo 25 CPA In generale, con la previsione del domicilio digitale degli avvocati è stato superato il discorso della necessità di un domicilio fisico.  Dal 1 gennaio 2018 è stata abrogata la norma che prevedeva la domiciliazione ex lege presso la Segreteria del Tar nel caso di mancata domiciliazione nella circoscrizione del medesimo organo giudicante. Anche questa modifica ha posto diversi dubbi interpretativi a cui in gran parte ha cercato di rispondere un parere dell’ufficio studi della Giustizia Ammnistrativa.

Al momento dell’avvio del processo telematico c’era una sorta di fantasma che aleggiava sulle aule di giustizia che rischiava davvero di trasformare il processo telematico in una sorta di boomerang. Soprattutto gli avvocati atto erano, infatti, spaventati dal tecnicismo del processo telematico e dalla possibilità che lavorare con strumenti telematici, a cui non si era comunque abituati, avrebbe comportato, principalmente all’inizio, una serie di errori tecnici da scontare con decisioni di inammissibilità dei ricorsi o di nullità degli atti. Era un timore percepibile, tanto che all’approssimarsi del 31 dicembre 2016, negli ultimi giorni prima che entrasse in vigore processo telematico, c’è stata “la fila” presso gli uffici giudiziari amministrativi per depositare gli atti, perché si voleva rinviare il più possibile il momento di cimentarsi con il nuovo regime. Il timore era che eventuali violazioni delle regole tecniche sulla sottoscrizione degli atti, sulla notifica a mezzo di posta elettronica certificata, sul deposito o sul formato dei file, venissero considerati in senso formalistico e portassero a gravi conseguenze sulla validità degli atti processuali. 

Tale timore era forse condiviso anche del legislatore che, prevedendo possibili dubbi interpretativi, ha dettato una disposizione che contempla, per i primi tre anni, la possibilità da parte del T.A.R. adito in sede di giudizio di primo grado, in caso di sussistenza di contrasti giurisprudenziali sulla normativa inerente al processo amministrativo telematico, di investire della questione l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, come è noto, è l’organo nomofilattico della Giustizia Amministrativa italiana (Art. 13-bis delle norme di attuazione del CPA  introdotto con il D.L. 31.8.2016 n. 168)

Al riguardo si deve rilevare come la giurisprudenza ha, in linea di massima, reagito in senso antiformalistico, con decisioni di contenuto equilibrato e consapevoli della novità della riforma. Così come ha fatto sostanzialmente anche il foro. La normativa tecnica è stata interpretata cum grano salis, senza intenti sanzionatori, ricorrendo agli strumenti interpretativi a disposizione in senso conservativo dell’atto nei casi di violazione delle regole tecniche del PAT. Se c’è stato, quindi, uno sforzo interpretativo della normativa del processo amministrativo telematico è stato nel senso “permissivo” di limitare il più possibile le ipotesi di nullità o inesistenza dell’atto non conforme alla normativa tecnica, anche nel caso più “classico” dell’assenza di sottoscrizione con firma digitale sino alla ipotesi estrema del deposito in forma cartacea del ricorso.  Tanto è vero che, sinora, dopo quasi due anni di operatività del processo amministrativo telematico, seppure qualche dubbio vi sia stato, non si è registrata nessuna rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

In particolare, la giurisprudenza ha utilizzato tutti gli strumenti interpretativi apprestati dall’ordinamento in senso conservativo in materia di nullità e inesistenza degli atti processuali.  Ha richiamato i principi di riserva di legge, che vige in campo processuale ex art articolo111 Cost., e di gerarchia delle fonti, concludendo che la violazione di norme tecniche dettate da fonti normative secondarie per portare alla nullità deve tradursi anche in violazione di norme processuali di rango legislativo. Ha dato massimo risalto al principio di conservazione degli atti e, nello specifico, alla regola generale secondo cui non può considerarsi nullo un atto che abbia comunque raggiunto lo scopo a cui era per legge preordinato; tale regola è prevista nell’articolo 156, comma 3, del codice di procedura civile italiano ma è pacificamente applicabile anche al processo amministrativo. Ha applicato il principio di tassatività delle nullità processuali previsto dall’articolo 156, comma 1, c.p.c., ai sensi del quale “non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge”, per cui non tutte le difformità dal modello normativo comportano la nullità dell’atto ma solo quelle espressamente sanzionate in tal senso (peraltro  la sola norma che disciplina la nullità degli atti processuali nel CPA applicabili al PAT è l l’articolo 44 CPA secondo il quale “il ricorso è nullo se manca la sottoscrizione”). Ha, infine, richiamato un principio generale secondo cui il rilievo di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non è volto a tutelare l’interesse all’astratta regolarità del processo ma a garantire l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della rilevata violazione; per cui non assumono rilievo ai fini dell’invalidità quelle violazioni che non comportino un vulnus al diritto di azione e difesa delle parti e consentano alle parti stesse di accedere agli atti e al giudice di decidere (Cass., Sez. Un., del 18 aprile 2016, n. 7665; Cons. Stato, sez. IV,  4 aprile 2017, n. 1541). La violazione si rileva, infatti, solo formale e non comporta invalidità qualora, nonostante il mancato rispetto della norma tecnica, l’atto processuale sia stato portato, nella sua piena leggibilità, a conoscenza della controparte e del Collegio, con certezza sulla paternità, sulla data di sottoscrizione e di trasmissione dell’atto stesso, nel rispetto del contraddittorio (Consiglio di Stato, Sez. III, 5 febbraio 2018, n. 744; T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 26 aprile 2017, n. 679).

Sino a giungere all’orientamento interpretativo, al momento prevalente, secondo cui tutte le violazioni delle regole tecniche del PAT non comportino la nullità dell’atto ma solo la sua irregolarità con la possibilità di regolarizzazione entro un termine perentorio concesso dal giudice (introdotto dalla sentenza del Cons. Stato, sez. IV, 4 aprile 2017, n. 1541 che ha avuto ampio seguito in giurisprudenza: Tar Reggio Calabria, ord. caut., 26 aprile 2017, n. 69; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 12 giugno 2017, n. 3201;  T.A.R. Sardegna, sez. I, 12 settembre 2017, n. 580; Consiglio di Stato, sez. III, 11 settembre 2017, n. 4286; T.A.R. Sardegna, sez. I, 12 settembre 2017, n. 580). Quest’ultimo indirizzo probabilmente si riallaccia al controverso principio che considera le norme previste dal PAT per la formazione e la sottoscrizione degli atti non come norme sulla forma degli atti ma norme attinenti al deposito.

Infine, anche nelle ipotesi in cui l’applicazione di tali principi non sia stato possibile, per la particolare gravità del vizio o dell’orientamento più restrittivo dell’organo giudicante, si è comunque fatto spesso ricorso all’istituto dell’errore scusabile, di cui all’articolo 37 CPA, che impedisce di applicare la sanzione della nullità alle violazioni di legge commesse a causa di errori nell’interpretazione o nell’applicazione della normativa ritenuti giustificabili alla luce delle particolari circostanze, quali l’oggettiva incertezza della normativa o contrasti interpretativi. 

Si è, in sostanza, probabilmente preso coscienza dell’intervenuto cambiamento “epocale” del processo amministrativo, stemperando le conseguenze pratiche delle violazioni alla normativa sul processo amministrativo poste in essere dalle parti, a cui è stato chiesto comunque un particolare sforzo di diligenza per la corretta applicazione del regime processo amministrativo telematico, considerata anche l’esistenza di alcune inevitabili incertezze interpretative (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 7 giugno 2017, n. 3065. TAR Campania Napoli, Sez. IV, 13 febbraio 2017, n. 892; TAR Calabria Catanzaro, Sez. I, ord. caut., 9 febbraio 2017, n. 50).

 

Il punto di vista dell’Autore

Il PAT ha, senza dubbio, ancora zone d’ombra ed un sistema di funzionamento perfezionabile sebbene sia stato, soprattutto nel periodo della sospensione legato alla pandemia Covid19, un efficace strumento in grado di supportare il sistema giustizia in un contesto estremamente difficile e singolare.