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Art. 92

Termini per le impugnazioni

1. Salvo quanto diversamente previsto da speciali disposizioni di legge, le impugnazioni si propongono con ricorso e devono essere notificate entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza.

2. Per i casi di revocazione previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 del primo comma dell’articolo 395 del codice di procedura civile e di opposizione di terzo di cui all’articolo 108, comma 2, il termine di cui al comma 1 decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 del medesimo articolo 395.

3. In difetto della notificazione della sentenza, l’appello, la revocazione di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 del codice di procedura civile e il ricorso per cassazione devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

4. La disposizione di cui al comma 3 non si applica quando la parte che non si è costituita in giudizio dimostri di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità del ricorso o della sua notificazione.

5. Fermo quanto previsto dall’articolo 16, comma 3, l’ordinanza cautelare che, in modo implicito o esplicito, ha deciso anche sulla competenza è appellabile ai sensi dell’articolo 62. Non costituiscono decisione implicita sulla competenza le ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, comma 1, né quelle che disattendono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza. La sentenza che, in modo implicito o esplicito, ha pronunciato sulla competenza insieme col merito è appellabile nei modi ordinari e nei termini di cui ai commi 1, 3 e 4.

Bibliografia. R. De Nictolis, Processo Amministrativo. Formulario commentato, IV ed., Ipsoa, 2019; A. Batà e V. Carbone, Le notificazioni. Dottrina e Giurisprudenza, ed. VII, Ipsoa, 2016; A. Batà, Le impugnazioni, Ipsoa, 2012; G. F. Nicodemo, La disciplina dei termini nel nuovo processo amministrativo, in Urbanistica e appalti, 2010, fasc. 12, E. D’Arpe, Il codice del processo amministrativo – La gestione del processo: nuovi termini e adempimenti, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010.

 

Sommario. 1. Il termine breve per la proposizione delle impugnazioni. 2. Il termine lungo per la proposizione delle impugnazioni. 3. I termini di impugnazione nei procedimenti cautelari.

 

1. Il termine breve per la proposizione delle impugnazioni

Ai fini della proposizione delle impugnazioni, l’articolo 92 del CPA, sulla falsariga del codice processuale civile, distingue tra un termine breve ed uno lungo a seconda che sia stata o meno notificata la sentenza oggetto di gravame. Entrambi i termini sono perentori in quanto la proposizione tardiva dell’impugnazione ne comporta l’irricevibilità. 

È tuttavia ammessa un’impugnazione tardiva, escludendosi anche l’applicazione del termine lungo, qualora chi proponga l’impugnazione “non abbia avuto notizia, senza propria colpa, della pendenza del processo” (così Cons. Stato, sez. VI, 16 settembre 2016, n. 3896). Ovverosia, come precisa l’articolo 92, c. 4, CPA quando la parte non costituitasi in giudizio dimostri di non essere venuta a conoscenza del processo a causa della nullità del ricorso o della sua notificazione. Tanto per il termine breve che per quello lungo si applica poi la sospensione estiva – dal primo al 31 agosto di ciascun anno – dei termini processuali prevista in via generale dall’articolo 54, c. 2, CPA

Ciò detto, nell’ipotesi in cui la sentenza da impugnare sia stata notificata si applica il c.d. termine breve di impugnazione di sessanta giorni, a differenza di quanto stabilito dall’articolo 325 c.p.c. che fissa in trenta giorni il termine perentorio per la proposizione dell’appello, della revocazione e dell’opposizione di terzo.

Un termine di sessanta giorni è invece previsto anche dall’articolo 29 CPA per la proposizione dell’azione di annullamento, sicché appare evidente la volontà del legislatore di tracciare un parallelismo tra il processo di primo e di secondo grado. L’azione di annullamento invero, rappresentando storicamente il principale strumento di difesa nel processo amministrativo, è stata elevata dal legislatore del 2010 ad actio di riferimento per la costruzione della struttura del processo di primo grado. 

Inoltre, anche l’ordinario termine di sessanta giorni per la proposizione delle impugnazioni viene dimezzato a soli trenta giorni nei riti camerali, esclusi quelli cautelari, e nei riti abbreviati. 

Quanto ai primi, l’articolo 87, c. 3, CPA prevede il dimezzamento di quasi tutti gli ordinari termini processuali per i giudizi in materia di silenzio, di accesso ai documenti amministrativi e di violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa, di ottemperanza e di opposizione ai decreti che pronunciano l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio. La riduzione dei termini è esclusa dalla norma soltanto per le notificazioni del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti nel processo di primo grado. Ne consegue che per i giudizi di impugnazione i termini sono dimezzati e l’impugnazione deve essere proposta entro il termine di soli trenta giorni (in tal senso si veda Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1068 pronunciatasi su un ricorso in appello nel giudizio di ottemperanza).

In secondo luogo, sono dimezzati anche tutti gli ordinari termini processuali per i giudizi di appello, opposizione e revocazione nei riti abbreviati relativi alle materie elencate all’articolo 119, c. 1, CPA (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2018, n. 6800, che ha dichiarato irricevibile il ricorso per revocazione promosso oltre il termine abbreviato di trenta giorni nell’ambito del rito appalti). 

Come anticipato, il dies a quo del termine breve per la proposizione delle impugnazioni decorre dalla notificazione della sentenza. E, in forza del rinvio esterno al codice processuale civile operato dall’articolo 39 CPA, la notificazione della sentenza deve avvenire nel rispetto delle formalità prescritte dall’articolo 285 c.p.c. (sul punto, C.G.A.R.S., sez. giurisd., 4 settembre 2015, n. 589). 

L’articolo 285 c.p.c., a sua volta, prevede che la notificazione della sentenza debba avvenire ad istanza di parte secondo le modalità di cui all’articolo 170 c.p.c..

Una diversa regola circa la decorrenza del dies a quo è però prevista dall’articolo 92, c. 2, CPA per l’opposizione promossa da terzi avverso una sentenza che sia effetto di dolo o collusione a loro danno e per le ipotesi di revocazione previste ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395 c.p.c. Ovverosia, nelle ipotesi in cui la revocazione sia promossa avverso le sentenze: i) che siano effetto di dolo di una parte a danno dell’altra (n. 1); ii) che abbiano giudicato in base a prove rivelatesi false a seguito della sentenza o comunque non conosciute dalla parte soccombente come false (n. 2); iii) che sono impugnate in forza del successivo ritrovamento di documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre prima in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario (n. 3); iv) che siano effetto del dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato (n. 6).  

In tale ipotesi, dunque, il termine breve, ex articolo 92, c. 2, CPA, decorre non dalla notificazione della sentenza impugnata, ma “dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 del medesimo articolo 395.”.

Va peraltro ricordato che la giurisprudenza, sia amministrativa che civile, ha operato una piena equiparazione tra la notificazione dell’impugnazione e la notificazione della sentenza impugnata posto che la proposizione dell’impugnazione equivale alla conoscenza legale della decisione impugnata sia per la parte impugnante che per i destinatari.

Di talché, ad esempio, la notificazione di un ricorso per revocazione avverso una sentenza del Consiglio di Stato determina il decorrere del termine breve per proporre eventualmente il ricorso in cassazione avverso la sentenza medesima “onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e articolo 362 c.p.c., va accertata non soltanto con riguardo al termine di sei mesi dalla pubblicazione della pronuncia impugnata (articolo 92, comma 3, CPA di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010), ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso per revocazione (articolo 92, comma 1, CPA).” (così Cass. civ., sez. un, ord., 9 dicembre 2019, n. 32114).

 

2. Il termine lungo per la proposizione delle impugnazioni

Nell’ipotesi di mancata notificazione della sentenza, l’impugnazione va proposta entro il termine lungo di sei mesi che decorre dalla pubblicazione della sentenza medesima. Sicché, a differenza di quanto previsto per il termine breve, il legislatore del 2010 ha voluto estendere al processo amministrativo le previsioni del codice di procedura civile sul termine lungo. Invero, con l’articolo 46, c. 17, della l. 18 giugno 2009, n. 69, era stato ridotto a sei mesi il termine lungo in origine previsto come annuale dall’articolo 327 c.p.c. che, peraltro, prima dell’entrata in vigore del CPA si applicava anche al rito amministrativo in quanto considerato espressione di un principio generale (Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 2009, n. 913; Id., sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5505).

Tuttavia, una differenza rispetto alla disciplina civilistica è da rinvenirsi nel regime transitorio circa l’applicazione del termine lungo di sei mesi. 

Per i giudizi civili, l’articolo 58, c. 1 della l. n.69/2009 aveva disposto che il “nuovo” termine di sei mesi si applicasse soltanto ai giudizi instaurati – e non anche alle impugnazioni proposte – a decorrere dal 4 luglio 2009 e, dunque, dall’entrata in vigore della legge che ha modificato l’articolo 327 del c.p.c. Diversamente, per consolidata giurisprudenza amministrativa,  il termine lungo di 6 mesi introdotto dal CPA si applicava – in luogo del precedente termine di un anno – a tutte le impugnazioni promosse avverso le sentenze non notificate e pubblicate successivamente al 16 settembre 2010, id est alla data dell’entrata in vigore del CPA Detto orientamento ha tratto origine dall’articolo 2 delle norme transitorie di cui all’Allegato 3 al CPA, ai sensi del quale:  “per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti”. Difatti, per i giudici di Palazzo Spada, la norma “limitando l’ultrattività della disciplina previgente ai soli termini in corso alla data di entrata in vigore del Codice (…) comporta che il nuovo termine lungo d’impugnazione, di sei mesi, si applica a tutte le sentenze pubblicate successivamente a tale data, a prescindere dalla data d’instaurazione del rapporto processuale di primo grado" (Cons. Stato sez. III, 13 marzo 2019, n.1664; Id., sez. V, 16 aprile 2014, n. 1968; Id., sez. VI, 20 dicembre 2013, n. 6154).

Naturalmente, come avviene per il termine breve, anche quello lungo è dimezzato, per la sola durata di 3 mesi, nei riti in camera di consiglio e nei riti abbreviati previsti dagli articolo 87 e 119 del CPA In tal senso si vedano Cons. Stato, sez. IV, 19 settembre 2019, n. 6242, e Id., sez. V, 7 gennaio 2020, n. 67, che hanno dichiarato tardivi i ricorsi in appello proposti oltre il termine di tre mesi avverso rispettivamente una sentenza non notificata di ottemperanza ed una intervenuta in materia di appalti.

In aggiunta, la pubblicazione della sentenza, che costituisce il termine dal quale decorre il termine lungo, avviene secondo le modalità dettate dall’articolo 89, c. 2, CPA in forza del quale il deposito della pronuncia avviene presso la segreteria del giudice che l’ha pronunciata. 

Rispetto alla proposizione delle impugnazioni, è invece irrilevante la comunicazione della sentenza a norma dell’articolo 89, c.3, del CPA, che rimette al segretario il compito di dare atto del deposito in calce alla sentenza apponendovi la data e la firma e dandone poi comunicazione alle parti costituite entro cinque giorni. Detta comunicazione “integra un’attività informativa estranea al procedimento di pubblicazione della sentenza, del quale non costituisce elemento costitutivo né requisito di efficacia” e, di conseguenza, non ha alcuna incidenza sulla decorrenza del termine lungo che resta “ancorato alla data, certa ed univoca, della pubblicazione della sentenza” (in tali termini Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2017, n. 405; Id., sez. VI, 12 dicembre 2011, n. 6484).

 

3. I termini di impugnazione nei procedimenti cautelari

Un regime ad hoc è previsto per le impugnazioni nei procedimenti cautelari.

In forza dell’articolo  54, c. 3, CPA per il procedimento cautelare non opera la sospensione feriale prevista per tutti gli altri termini processuali in ragione delle evidenti esigenze di celerità sottese a tale giudizio.

In aggiunta, l’appello avverso le ordinanze cautelari è soggetto a dei termini impugnatori particolarmente stringenti, pur non applicandosi ai riti cautelari l’abbreviazione dei termini prevista dall’articolo 87 del CPA per i riti che si svolgono in camera di consiglio. Difatti, a norma dell’articolo 62 CPA, il termine breve è solo di trenta giorni anziché di sessanta, mentre il termine lungo è pari soltanto a sessanta giorni anziché sei mesi.

Una disposizione peculiare è poi contenuta al quinto comma dell’articolo 92 CPA che precisa come siano impugnabili, ai sensi dell’articolo 62 CPA, le ordinanze cautelari che, in modo implicito o esplicito, hanno deciso anche sulla competenza. Sul punto il legislatore si preoccupa di chiarire che non vi è alcuna decisione implicita sulla competenza e, quindi impugnabile mediante l’appello cautelare di cui all’articolo 62 CPA, a fronte delle ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, c. 1, CPA, difatti prive di contenuto decisorio, ovvero delle ordinanze che respingono l’istanza cautelare senza però pronunciarsi sulla competenza. Diversamente, sempre secondo l’articolo 92. c. 5, CPA, sono impugnabili nei termini previsti in via ordinaria dall’articolo 92, e non nei più brevi termini dell’articolo 62, le sentenze che si pronuncino sul merito e al contempo sulla competenza. 

Lo scopo della disposizione, come precisato dalla giurisprudenza intervenuta in materia,  è soltanto quello di escludere la natura di decisione implicita e il conseguente formarsi di un giudicato sulle ordinanze istruttorie, interlocutorie e su quelle che respingono l’istanza cautelare senza però pronunciarsi sulla competenza. (Cons. Stato sez. III, 28 giugno 2019, n. 4461; Id., sez. III, 8 giugno 2016, n. 2448; Id. Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1554).

 

Il punto di vista degli Autori

La disciplina sui termini per la proposizione dei termini nelle impugnazioni contro le sentenze amministrative non lascia adito a dubbi interpretativi di sorta, né richiede un’esegesi particolarmente approfondita.  

Semplicemente, il legislatore del 2010 ha previsto per le impugnazioni un termine breve di sessanta giorni che ricalca il termine per la proposizione dell’azione di annullamento nel processo di primo grado ed un termine lungo di sei mesi corrispondente a quello previsto per il processo civile. La scelta appare del tutto legittima ed anzi ben riflette l’influenza sulla disciplina dei giudizi di impugnazione esercitata sia dalla normativa sul processo civile che dalle disposizioni sul giudizio amministrativo in primo grado. L’articolo 92 CPA può difatti essere inteso come il risultato di un’equilibrata sintesi degli articoli 38 e 39 CPA che, per quanto non diversamente previsto dal codice, dispongono rispettivamente il rinvio interno al secondo libro del CPA sul processo amministrativo di primo grado e il rinvio esterno al c.p.c.

Al più, appare peculiare la scelta del legislatore di inserire come quinto comma dell’articolo 92 CPA la disciplina sulle modalità di impugnazione delle ordinanze cautelari e delle sentenze che decidano sulla competenza. Una tale previsione avrebbe forse trovato più ordinata collocazione all’interno dell’articolo 62 CPA che disciplina l’appello cautelare. Le ragioni di tale scelta possono comunque rinvenirsi nella volontà di precisare, sebbene implicitamente, che l’appello cautelare non rientra tra i mezzi di impugnazione avverso le sentenze elencati al precedente articolo 91 CPA, nonché di escludere il contenuto decisorio, e quindi censurabile mediante impugnazione, delle ordinanze istruttorie e interlocutorie.