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Art. 95

Parti del giudizio di impugnazione

1. L’impugnazione della sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti è notificata, a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno interesse a contraddire.

2. L’impugnazione deve essere notificata a pena di inammissibilità nei termini previsti dall’articolo 92 ad almeno una delle parti interessate a contraddire.

3. Se la sentenza non è stata impugnata nei confronti di tutte le parti di cui al comma 1, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro cui la notificazione deve essere eseguita, nonché la successiva udienza di trattazione.

4. L’impugnazione è dichiarata improcedibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice.

5. Il Consiglio di Stato, se riconosce che l’impugnazione è manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, può non ordinare l’integrazione del contraddittorio, quando l’impugnazione di altre parti è preclusa o esclusa.

6. Ai giudizi di impugnazione non si applica l’articolo 23, comma 1.

Bibliografia. A. Di Giovanni, Riflessioni sul litisconsorzio processuale e sul litisconsorzio nel processo amministrativo: problemi e prospettive, in Giustizia Civile, 2020, fasc. 1, A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, XII ed., Giappichelli, 2018; S. Perongini, Le impugnazioni in generale, in G. P. Cirillo (a cura di) Diritto e processo amministrativo, Utet, 2017; A. Batà e V. Carbone, Le notificazioni. Dottrina e Giurisprudenza, ed. VII, Ipsoa, 2016; A. Batà, Le impugnazioni, Ipsoa, 2012; P. Patrito e M. Protto, Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili, in Urbanistica e Appalti, 2012, fasc. 12.  F. P. Luiso, Le impugnazioni nel progetto di codice del processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, 2010, fasc. 3.

 

Sommario. 1. Le parti necessarie nella causa inscindibile, scindibile e nelle cause tra loro dipendenti. 2. La costituzione del giudizio di impugnazione e l’integrazione del contraddittorio.  

 

1. Le parti necessarie nella causa inscindibile, scindibile e nelle cause tra loro dipendenti

Il legislatore del 2010, dopo aver individuato i termini e i luoghi per la notificazione delle impugnazioni, nonché per il relativo deposito, specifica all’articolo 95 CPA quali devono essere i destinatari delle relative notificazioni e le eventuali modalità di integrazione nel contraddittorio. 

L’articolo 95 CPA, insieme al successivo articolo 96, rappresenta la codificazione normativa  del principio di unitarietà del giudizio di impugnazione, il quale è funzionale alla tutela di una pluralità di esigenze, tra le quali: i)  l’esigenza di evitare un conflitto tra giudicati; ii) l’opportunità di garantire il coinvolgimento di tutte le parti interessate nel giudizio in modo da evitare che le parti pretermesse propongano successivamente le opposizioni di terzo avverso la sentenza intervenuta in sede di impugnazione  iii)  le ragioni di economia processuale e, quindi, di speditezza dell’attività giurisdizionale. 

L’articolo 96 CPA declina il principio di unitarietà nelle ipotesi in cui siano proposte più impugnazioni avverso la medesima sentenza, mentre l’articolo 95 individua le parti necessarie in ciascun giudizio di impugnazione e le condizioni per la regolare instaurazione del relativo contradittorio. A tal fine la norma, riprendendo la distinzione tracciata agli articoli 331 e 332 c.p.c., distingue tra causa inscindibile e scindibile.

 Per la prima e per le cause scindibili tra esse dipendenti l’impugnazione dev’essere notificata nei confronti di tutte le parti in causa; in tutti gli altri casi, ovverosia nelle cause scindibili non dipendenti da altre cause, le impugnazioni vanno notificate soltanto alle parti che hanno interesse a contraddire.

L’articolo 95 CPA e l’articolo 331 c.p.c. non danno però una definizione di causa inscindibile portando così all’inevitabile diffusione di molteplici ricostruzioni interpretative sul tema.

Tenuto conto della dottrina maggioritaria e pur con una certa approssimazione, la causa inscindibile può comunque intendersi come la controversia che dev’essere necessariamente unica in quanto la decisione del giudice non può che intervenire nei confronti di tutte le parti coinvolte.  Detta inscindibilità, a sua volta, può dipendere da cause diverse, quali la natura del rapporto sostanziale oggetto del giudice – come nel caso paradigmatico di un litisconsorzio sostanziale – o la necessità di un accertamento giudiziale unico al fine di prevenire eventuali contrasti tra giudicati (per approfondire, si veda S. Perongini, Le impugnazioni in generale, in G. P. Cirillo, a cura di, Diritto e processo amministrativo, Utet, 2017, p. 716). In tal senso, già anteriormente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativa, anche il Consiglio di Stato evidenziava la necessità di individuare la nozione di causa inscindibile con riferimento sia al litisconsorzio necessario sostanziale che al litisconsorzio necessario processuale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2009, n.4496 e, nei medesimi termini, Corte Cass. civ., sez. VI, 4 dicembre 2014, n. 25719; Corte Cass. civ., sez. V, 5 febbraio 2016, n. 2284).

Le cause scindibili sono invece, per ovvie ragioni, tutte le cause che non rientrano nella definizione di causa inscindibile e, per la relativa disciplina, i codici del processo civile ed amministrativo distinguono a loro volta tra cause scindibili dipendenti tra loro e non.

Secondo la Cassazione civile, per cause dipendenti si intendono le cause che “essendo state decise in un unico processo, devono rimanere unite anche nella fase di gravame in quanto la pronuncia sull’una si estende, in via logica e necessaria, anche all’altra ovvero ne forma il presupposto logico e giuridico imprescindibile” (Cass. civ. sez. III, 16 novembre 2006, n. 24372; Id., sez. III, 1° aprile 2014, n.7523). La dottrina interessatasi al processo amministrativo si limita invece a fare riferimento al carattere pregiudiziale della decisione di una causa sulle altre. 

Esaurite queste doverose premesse di carattere terminologico, è possibile procedere ad un esame puntuale della previsione del codice. Come già anticipato, secondo l’articolo 96, c. 1, nella causa inscindibile e nelle cause scindibili dipendenti tra di loro le parti necessarie del giudizio di impugnazione sono tutte le parti in causa, da intendersi come le parti in senso processuale e non anche in senso sostanziale. Nelle cause scindibili e non dipendenti da altre le parti necessarie sono soltanto quelle “che hanno interesse a contraddire” e, a tal fine, la giurisprudenza distingue tra i soggetti controinteressati nei cui confronti va notificata l’impugnazione e quelli cointeressati cui non spetta la notificazione.

Il controinteressato è colui che ha interesse a contraddire rispetto all’impugnazione proposta dalla parte soccombente in primo grado, in quanto potenzialmente pregiudicato dall’accoglimento del mezzo di gravame, e non vanta quindi una posizione coincidente con la parte impugnante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 773; Id., sez. V, 11 dicembre 2015, n. 5658; Id., sez. V, 7 luglio 2015, n. 334; Id., sez. III, 23 dicembre 2014, n. 6363).

Viceversa, è cointeressato chi non vanta alcun interesse a contraddire in ordine al gravame essendo la sua posizione processuale, rispetto alla sentenza gravata, di sostanziale omogeneità con quella della parte soccombente ed impugnante (cfr. Cons. Stato sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 400; Id., V, 7 luglio 2015 n. 3342; Id. sez. V, 20 dicembre 2013 n. 6136). In altri termini, sono individuati come controinteressati all’impugnazione quelli che hanno interesse a contraddire la parte impugnante e non “coloro che, in primo grado furono controinteressati alla pretesa della parte poi risultata vittoriosa, onde in appello hanno una posizione coincidente con l’appellante.” (Cons. Stato, sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6020). 

 

2. La costituzione del giudizio di impugnazione e l’integrazione del contraddittorio

Ai fini dell’instaurazione del giudizio impugnatorio, l’articolo 95, c. 2, CPA non richiede a pena di inammissibilità che il mezzo di impugnazione sia notificato entro i termini perentori previsti all’articolo 92 CPA nei confronti di tutti i soggetti che l’articolo 95, c. 1, CPA individua come parti necessarie del giudizio di impugnazione, ma soltanto nei confronti di una di tali parti.

Al riguardo, la norma ha recepito, almeno in parte, le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza previgente all’anteriore entrata in vigore nel codice e cristallizzate nella pronuncia dell’Adunanza plenaria del 24 marzo 2004, n. 7

L’Adunanza plenaria, da un lato, pur riconoscendo l’applicabilità al processo amministrativo dell’art 331 c.p.c., aveva individuato come parti necessarie del giudizio di impugnazione soltanto i controinteressati rispetto al mezzo di gravame e non tutte le parti che avevano preso parte al giudizio di primo grado. Dall’altro, ai fini della regolare costituzione del giudizio, aveva ritenuto sufficiente la notificazione del mezzo di gravame ad una sola delle parti necessarie nel giudizio di impugnazione.

Il codice, quanto all’individuazione delle parti in giudizio, ha recepito la soluzione del c.p.c. adottando quindi la tripartizione tra cause inscindibili, dipendenti e scindibili ed applicando la nozione giurisprudenziale di controinteressati soltanto per le impugnazioni nelle cause scindibili non dipendenti da altre. D’altra parte, il legislatore ha però fatto proprio il principio dell’Adunanza plenaria circa la notificazione del gravame, ai fini della sua ammissibilità, ad una sola delle parti necessarie del giudizio e declinando poi il principio alla diversa natura delle cause. Di talché nelle cause inscindibili e nelle cause scindibili dipendenti sarà sufficiente la notificazione ad una sola delle parti in causa e in tutti gli altri casi ad uno soltanto dei controinteressati. 

L’articolo 95, c.3, CPA prosegue poi stabilendo che se l’impugnazione non è notificata a tutte le parti necessarie e, dunque, se la pronuncia non è stata impugnata nei confronti di tutti loro, “il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro cui la notificazione deve essere eseguita, nonché la successiva udienza di trattazione.” Ne consegue che nei giudizi di impugnazione si configura un litisconsorzio necessario processuale in forza del quale la notifica del mezzo di gravame a soltanto una delle parti necessarie nel giudizio non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione.

Diversamente, vi è soltanto un difetto di integrazione del contraddittorio processuale da sanare attraverso l’ordine del giudice di integrare il contraddittorio con contestuale fissazione del termine perentorio per le ulteriori notificazioni necessarie (sul punto c.fr. Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2020, n. 992; Id., sez. III, 18 giugno 2019, n. 4102; Id., sez. IV, 13 aprile 2016, n. 1440). 

Difatti, a norma dell’articolo 95, c. 4, CPA il mezzo di gravame andrà dichiarato improcedibile soltanto qualora nessuna delle parti ottemperi al successivo ordine di integrazione disposto dal giudice in quanto “l’ordine di integrazione del contraddittorio (e la conseguente improcedibilità dell’impugnazione ove l’integrazione del contraddittorio non avvenga nel termine fissato) serve ad assicurare l’unitarietà dell’atto che disciplina i rapporti fra le più parti, che deve essere tale per tutte, ovvero la sentenza pronunciata in sede di impugnazione ovvero, se è mancata l’integrazione del contraddittorio, la sentenza impugnata.” (così Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652 e, in termini analoghi, Id., sez. III, Sent., 13 marzo 2019, n. 1676).

Sotto tale profilo, il CPA si discosta dal codice processuale civile prevedendo sia per le cause inscindibili che per quelle scindibili, siano esse o meno dipendenti tra loro, la comune sanzione dell’improcedibilità nell’ipotesi di mancata integrazione del contraddittorio. Nel processo civile, viceversa, la mancata integrazione conduce all’inammissibilità dell’impugnazione solo nelle cause inscindibili e dipendenti (articolo 331 c.p.c.), mentre nelle cause scindibili va unicamente disposta una sospensione del processo affinché decorrano i termini di impugnazione anche per le parti nei cui confronti non è stato integrato il contraddittorio (articolo 332 c.p.c.). 

Nel giudizio amministrativo l’unica eccezione alla necessità di integrazione del contraddittorio è individuata dall’articolo 95 c, 5, CPA Secondo la norma, l’integrazione del contradittorio non è necessaria se l’impugnazione avverso la stessa sentenza è preclusa od esclusa per altre parti ed il Consiglio di Stato riconosce l’impugnazione principale come manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, potendo quindi pronunciarsi mediante la sentenza in forma semplificata di cui all’articolo 74 CPA o in sede di decisione della domanda cautelare. 

Come osservato dalla giurisprudenza, l’articolo 95, c. 5, CPA ricalca per il giudizio di impugnazione quanto previsto per il processo di primo grado dall’articolo 49, c. 2, CPA che parimenti esclude l’integrazione del contraddittorio “nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato”. Di conseguenza, anche nel secondo grado di giudizio, restano fermi i principi di accelerazione e di concentrazione processuale che negano la necessità di assolvere ad ulteriori incombenze processuali qualora il giudice abbia già acquisito elementi sufficienti circa il negativo esito del ricorso promosso (sul punto Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6131; Id. sez. VI, 12 novembre 2013, n. 5393).

 

Il punto di vista degli Autori

In ragione dell’evoluzione del sistema processuale amministrativo, la maggior parte degli autori ha evidenziato l’opportunità di una riforma organica dell’articolo 95 CPA stante le sempre maggiori difficoltà riscontrate nell’individuare il carattere inscindibile o dipendente delle cause e le parti necessarie nei giudizi di impugnazione relativi a cause scindibili. Ed in tal senso, oltre all’affermarsi di nuovi riti come quello dell’accesso agli atti, viene spesso citato il progressivo allontanamento del sistema di giustizia amministrativa dal solo modello dell’azione di annullamento che consentiva di individuare gli eventuali controinteressati rispetto al provvedimento impugnato. 

Premessa la condivisibilità di tali tesi, vanno avanzate alcune perplessità anche sulla formulazione dell’articolo 95, c. 6, CPA che di solito è oggetto di minor attenzione da parte della dottrina. La disposizione esclude nei giudizi di impugnazione l’applicazione dell’articolo 23, c. 1, CPA e, quindi, la possibilità per le parti di stare personalmente in giudizio in materia di accesso e trasparenza amministrativa, nonché di libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini UE all’interno degli Stati membri.

La previsione è oggetto di pacifica applicazione da parte della giurisprudenza secondo la quale il diritto di difesa di cui all’articolo  24, c. 2, Cost., è da intendersi quale diritto alla difesa tecnica; con l’ulteriore conseguenza che le ipotesi di difesa personale costituiscono delle eccezioni rispetto alla regola generale proprio in considerazione della natura inviolabile del diritto di difesa e del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (sul punto si veda il consolidato orientamento che ritiene inammissibile l’appello proposto personalmente dalla parte nel rito elettorale e, in particolare, Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2019, n. 2853; Id., sez. III, 29 maggio 2018, n. 2332; Id., sez. IV, 28 febbraio 2012, n. 1162).  Cionondimeno, fermo restando il carattere eccezionale della difesa personale, l’articolo 95, c.6, appare contraddittorio sotto due distinti due profili.

In primo luogo, appare più che ragionevole imporre il ricorso ad una difesa tecnica nei giudizi di appello dal momento l’articolo 22 CPA prescrive la partecipazione nei giudizi davanti al Consiglio di Stato dei soli avvocati ammessi al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori. Tuttavia, non si comprende per quale ragione la difesa personale sia esclusa anche per le revocazioni ed opposizioni di terzo proposte innanzi al Tribunale amministrativo regionale e, dunque, sempre innanzi al giudice amministrativo del primo grado di giudizio.

In secondo luogo, nel rito sull’accesso ai documenti amministrativi vi è un evidente disparità di trattamento tra i cittadini privati e le amministrazioni pubbliche per le quali, gli articoli 116, c. 3 e 5, CPA prevedono la possibilità di essere rappresentata da un proprio dipendente anche nei giudizi di impugnazione. Sicché, stante il rapporto di immedesimazione organica tra il personale pubblico e la amministrazione, la possibilità di stare personalmente giudizio in sede di impugnazione è riconosciuta esclusivamente in favore dell’amministrazione.