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Art. 96

Impugnazioni avverso la medesima sentenza

 1. Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.

2. Possono essere proposte impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di procedura civile.

3. L’impugnazione incidentale di cui all’articolo 333 del codice di procedura civile può essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione.

4. Con l’impugnazione incidentale proposta ai sensi dell’articolo 334 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia.

5. L’impugnazione incidentale di cui all’articolo 334 del codice di procedura civile deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell’impugnazione principale e depositata, unitamente alla prova dell’avvenuta notificazione, nel termine di cui all’articolo 45.

6. In caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l’improcedibilità delle altre.

Bibliografia. A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, XII ed., Giappichelli, 2018; S. Perongini, Le impugnazioni in generale, in G. P. Cirillo (a cura di) Diritto e processo amministrativo, Utet, 2017; P. M. Vipiana Perpetua, Appello per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo – venire contra factum proprium in tema di giurisdizione: il nodo della soccombenza, in Giurisprudenza Italiana, 2017, fasc. 2; S. Valaguzza, Le nuove norme in tema di impugnazioni incidentali e la disciplina della translatio a partire dai chiarimenti resi dall’Adunanza Plenaria n. 24/2011. Appello incidentale e questione di giurisdizione, in Diritto processuale amministrativo, 2013, fasc. 1; F. Manganaro e G. Tropea, Le regole della plenaria sulla impugnazione incidentale tardiva e sul difetto di giurisdizione, in Urbanistica e appalti, 2012, fasc. 4. 

 

Sommario. 1. La riunione dei ricorsi di impugnazione. 2. Le impugnazioni incidentali ed i capi della sentenza oggetto di impugnazione. 3. Le impugnazioni incidentali tardive.

 

1. La riunione dei ricorsi di impugnazione

L’articolo 96 CPA codifica il principio di concentrazione delle impugnazioni disciplinando sia la riunione delle impugnazioni promosse separatamente contro la stessa pronuncia, sia la proposizione delle impugnazioni incidentali nell’ambito del medesimo giudizio.

Le impugnazioni avverso la medesima sentenza possono difatti essere proposte in via incidentale rispetto al giudizio di impugnazione promosso in via principale da una delle parti soccombenti ovvero separatamente dalle parti che, ad esempio, possono non essere venute a conoscenza dell’altrui impugnazione. Entrambe le ipotesi sono disciplinate dall’articolo 96 CPA che, a tal fine, richiama espressamente gli articoli 333 e 334 c.p.c. che regolano rispettivamente le impugnazioni incidentali e le impugnazioni incidentali tardive. 

Secondo la giurisprudenza amministrativa, stante il richiamo del CPA all’articolo 333 c.p.c., una volta che la sentenza è stata impugnata da una delle parti soccombenti in primo grado, le ulteriori parti interessate a contestare la pronuncia devono promuovere le rispettive impugnazioni in via incidentale nel giudizio di impugnazione già promosso e di cui sono venute a conoscenza mediante la notificazione del relativo mezzo di gravame. (sul punto si veda, da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2020, n. 2450). 

Tuttavia, benché l’articolo 333 c.p.c. sanzioni con la pena della decadenza la mancata proposizione delle impugnazioni incidentali nell’ambito dello stesso processo, il legislatore del 2010 ha operato una scelta diversa, limitandosi a disporre la riunione dei ricorsi di impugnazione proposti separatamente avverso la medesima sentenza. Sicché viene comunque fatta salva nel processo amministrativo la possibilità per le parti di impugnare separatamente la stessa sentenza anziché incidentalmente nel primo giudizio di impugnazione promosso. Più precisamente, l’articolo 96, c. 1, CPA sancisce l’obbligo per il giudice di riunire tutte le impugnazioni proposte separatamente avverso la stessa sentenza. La previsione da un lato ricalca fedelmente la formula contenuta nell’articolo 335 c.p.c. – esclusa la sola mancata riproposizione dell’espressione “anche d’ufficio” – e, dall’altro, si pone in antitesi con l’opposta regola generale dettata dall’articolo 70 CPA che nel processo di primo grado individua la riunione di ricorsi connessi come una mera facoltà del collegio giudicante. 

Nel processo amministrativo, difatti, la riunione dei ricorsi in ragione di vincoli di connessione soggettiva ed oggettiva costituisce una scelta meramente facoltativa e discrezionale del giudice che vi provvede con provvedimenti ordinatori privi di carattere decisorio ed insindacabili in sede di gravame. (Cons. Stato, sez. VI, 30 marzo 2020, n.2175; Id., sez. VI, Sent., 16 marzo 2020, n. 1840; Id., sez. VI, 29 agosto 2019, n. 5951; Id., sez. IV, 28 novembre 2018 n. 6738; Id., sez. V, 24 maggio 2018, n. 3109). Il carattere discrezionale della scelta in merito alla riunione dei ricorsi è giustificato dal fatto che la stessa è legata soltanto ad una logica di economia processuale e di speditezza che può essere apprezzata, secondo le specifiche caratteristiche di ciascuna vicenda processuale, soltanto dal giudice adito.

Tanto è vero che la stessa giurisprudenza precedentemente riportata individua le uniche eccezioni al carattere facoltativo della riunione dei ricorsi nelle ipotesi di una pluralità di impugnazioni avverso la stessa sentenza ovvero della proposizione della medesima domanda con due distinti ricorsi innanzi al medesimo giudice. Ovverosia nei casi in cui la riunione dei ricorsi non risponde soltanto ad una logica di economia processuale, ma è innanzitutto volta a prevenire l’eventuale formarsi di giudicati contraddittori (cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 ottobre 2014, n. 5057;  Id., sez. IV, 26 settembre 2013, n.4817). Per la medesima ragione, inoltre, la giurisprudenza non ha in alcun modo valorizzato il mancato riferimento all’espressione “anche d’ufficio” da parte dell’articolo 96, c. 1, CPA ribadendo viceversa come la riunione dei ricorsi di impugnazione avverso la medesima sentenza rappresenti un’attività doverosa da parte del giudice.

Ferma restando l’obbligatoria riunione dei ricorsi di impugnazione, l’articolo 96 , c. 6, CPA precisa però che in caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione su una delle impugnazioni non determina l’improcedibilità delle altre (sulla pacifica applicazione della norma in giurisprudenza si veda Cons. Stato, sez. III, 7 gennaio 2015, n. 23; Cons. Stato, sez. III, 13 ottobre 2014, n.5057).  Nel bilanciamento dei molteplici interessi sottesi al processo amministrativo, il legislatore ha quindi riconosciuto il diritto di difesa delle parti come prevalente rispetto all’esigenza di prevenire eventuali contrasti tra giudicati. 

Ne consegue, peraltro, che spetterà al giudice valutare se il giudicato formatosi su una delle impugnazioni proposte sia opponibile anche alle altre parti impugnanti e a tal fine, secondo la relazione governativa di accompagnamento al CPA, andrà verificato se le parti impugnanti in via autonoma hanno o meno partecipato al relativo giudizio. Al riguardo, parte della dottrina evidenzia però la necessità di guardare anche agli effetti sostanziali del giudicato in modo da accertare se nonostante la pronuncia persista l’interesse delle parti alla decisione sulle impugnazioni da loro proposte. 

 

2. Le impugnazioni incidentali ed i capi della sentenza oggetto di impugnazione.

Come già evidenziato, per la disciplina delle impugnazioni incidentali l’articolo 96 CPA richiama quanto previsto dal codice processuale civile distinguendo tra le impugnazioni incidentali, regolate dagli articoli 333 c.p.c. e 96, c. 3, CPA, e le impugnazioni incidentali tardive di cui agli articoli 334 c.p.c. e 96, c. 4 e 5, CPA

A norma dell’articolo 96, c. 3, CPA  le impugnazioni incidentali possono essere promosse dalle parti contro qualunque capo della sentenza gravata entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero dalla prima notificazione nei loro confronti di altra impugnazione se questa è intervenuta anteriormente alla notificazione della sentenza.

In aggiunta, alla luce della formulazione normativa che ammette l’impugnazione incidentale “contro qualsiasi capo di sentenza”, la giurisprudenza ha distinto, con specifico riguardo all’appello, tra impugnazioni incidentali proprie o dipendenti ed impugnazioni incidentali improprie od autonome. Le prime sono quelle promosse avverso lo stesso capo di sentenza investito dall’impugnazione principale o da esso dipendente e, pertanto, sono promosse dalla parte vincitrice in primo grado sul capo oggetto di impugnazione. Le seconde sono promosse avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto dell’impugnazione principale e rispetto ai quali l’impugnante incidentale è risultata soccombente.  L’impugnazione incidentale autonoma, come precisato rispetto al giudizio di appello, si configura quindi “come un autonomo gravame la cui natura incidentale discende unicamente dall’essere stato proposto dopo un precedente appello principale con la conseguenza che, in questo caso, l’incidentalità è l’effetto del principio di concentrazione delle impugnazioni sancito dall’articolo 333 c.p.c., secondo la logica del simultaneus processu” (cfr. Cons. Stato Sez. V, 17 aprile 2020, n. 2450; Id., sez. IV, 12 giugno 2013 n. 3252; Id., Sez. IV, 18 marzo 2013 n. 1574). 

Per di più, se per l’impugnazione incidentale autonoma il termine decorre dalla notificazione della sentenza ovvero – quando antecedente – da quella della prima impugnazione, nell’impugnazione incidentale dipendente promossa dalla parte già vittoriosa in primo grado il termine non può che decorrere dalla notificazione di altra impugnazione, da cui difatti nasce l’interesse ad impugnare (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 agosto 2017, n. 3873). Sempre su questo tema la giurisprudenza ha anche precisato che le parti, pur potendo promuovere separatamente le proprie impugnazioni anziché in via incidentale, sono comunque tenute al rispetto del dies a quo indicato dall’articolo 96, c. 2., CPA  Ad esempio, per l’impugnazione proposta separatamente e quindi formalmente in via autonoma, ma avente nella sostanza carattere incidentale dipendente, il termine di proposizione decorre comunque dalla notificazione della prima impugnazione anche se intervenuta anteriormente alla notifica della sentenza (Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2020, n. 2450).

La distinzione tra le diverse impugnazioni incidentali si fonda quindi sulla natura del capo di sentenza oggetto di gravame anche se, in assenza di indicazioni da parte del legislatore, è tutt’ora dibattuto cosa debba intendersi per esso.

Premesso come il capo rappresenti una sezione minima della sentenza dotata di una propria autonomia logico-giuridica, si contrappongono in dottrina ed in giurisprudenza, sia civile che amministrativa, diverse teorie in merito all’oggetto del capo di una sentenza.  Alcuni identificano il capo con il petitum del ricorso contando così tanti capi quanti sono i provvedimenti impugnati; altri fanno riferimento ai vizi di illegittimità censurati, mentre altri ancora riscontrano un capo di sentenza per ciascuna soluzione del giudice su una questione avanzata dalle parti ovvero d’ufficio, ivi comprese le eventuali eccezioni preliminari o pregiudiziali (sul punto si veda A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, XII ed., Giappichelli, 2018, p. 323-324; S. Perongini, Le impugnazioni in generale, in G. P. Cirillo (a cura di) Diritto e processo amministrativo, Utet, 2017, p. 727-728).

Sulle modalità di impugnazione dei capi di sentenza, in particolare in materia di appello, la giurisprudenza si presenta invece maggiormente pacifica. Secondo la Corte di Cassazione, “affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamene impugnato, non è sufficiente che nel gravame sia manifestata una volontà in tal senso, occorrendo, al contrario, l’esposizione di una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico” (cfr, ex multis, Cass. civ., sez. lav., 4 febbraio 2019, n. 3194; Id., sez. III, 15 giugno 2016, n. 12280; Id., sez. un., 9 novembre 2011, n.23299). L’orientamento della Cassazione ben può applicarsi anche ai giudizi amministrativi dal momento che presenta evidenti analogie con quello del Consiglio di Stato che sanziona come inammissibili gli appelli che non contengono le “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata” richiesti dall’articolo 101, c. 1, CPA Sul punto si veda, in particolare, Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6977, per il quale il fatto che l’appello  sia un mezzo di gravame ad effetto devolutivo non esclude l’obbligo “dell’appellante di indicare nell’atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e, inoltre, i motivi per i quali le conclusioni del primo giudice non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado”.

 

3. Le impugnazioni incidentali tardive

Le impugnazioni incidentali tardive nel processo amministrativo sono regolate dal quarto e quinto comma dell’articolo 96 CPA 

In via preliminare, si ricorda che per impugnazioni incidentali tardive si intendono le impugnazioni incidentali che, a norma dell’articolo 334 c.p.c., le parti contro le quali è stata proposta l’impugnazione e le parti necessarie nel relativo giudizio possono proporre anche se hanno fatto acquiescenza alla sentenza o se per loro sono decorsi i termini per promuovere autonomamente l’impugnazione. Più precisamente, a norma dell’articolo 96, c. 5, CPA, le impugnazioni incidentali tardive possono promuoversi entro il termine di sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata la notificazione dell’impugnazione principale e depositate, unitamente alla prova dell’avvenuta notificazione, nel termine di 30 di giorni previsto in via generale dall’articolo 45 per il deposito del ricorso e degli atti processuali.

La ratio di tali impugnazioni è quella di rimettere nei termini, a seguito della impugnazione proposta dalla controparte, la parte che, pur non essendo stata totalmente vittoriosa, era comunque soddisfatta dall’esito del giudizio e, di conseguenza, aveva lasciato decorrere i termini per l’impugnazione (in termini non dissimili si veda Cons. Stato, Ad. Plen.,16 dicembre 2011, n. 24). Scopo dell’impugnazione incidentale tardiva è dunque quello di rimettere in termini la parte parzialmente vittoriosa in primo grado al fine di tutelarla dal rischio che passino in giudicato soltanto i capi della sentenza a lei sfavorevoli e, al contempo, sia accolta l’impugnazione proposta da controparte avverso i capi della sentenza a lei favorevole. 

Da ciò ne discende una stretta interconnessione tra l’impugnazione incidentale tardiva e l’impugnazione principale posto che l’impugnante incidentale, attraverso il mezzo di gravame tardivo intende reagire contro l’iniziativa impugnatoria della controparte piuttosto che avverso le statuizioni della sentenza impugnata (sul punto Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2017, n. 5343). E, per tale ragione, gli articoli 96, c. 4, CPA e 334, c. 2, c.p.c. dispongono entrambi che: “se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia”. In altri termini, volendo riassumere, l’impugnazione principale costituisce il presupposto di quella incidentale tardiva sicché il venire meno della prima comporta il venir meno anche della seconda. 

Inoltre, sempre l’articolo 96, c. 4, ammette la possibilità di proporre impugnazioni incidentali tardive anche sui capi autonomi della sentenza, ovverosia sui quei capi della pronuncia distinti da quelli investiti dall’impugnazione proposta in via principale. La previsione ha esplicitato anche per il processo amministrativo il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza 7 novembre 1989, n. 4640 per le impugnazioni di cui all’articolo 334 c.p.c., ma la cui applicazione veniva circoscritta dalla giurisprudenza amministrativa prevalente alle sole impugnazioni incidentali non tardive (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 2006, n. 5196; Id., sez. VI, 17 aprile 2007, n. 1736; Id., sez. V, 24 aprile 2009, n. 2588 del 2009; Id., sez. V, 29 marzo 2010, n. 1785). 

A seguito dell’intervento normativo, anche la giurisprudenza amministrativa si è ormai consolidata nell’ammettere pacificamente che l’appello incidentale tardivo possa essere promosso anche sui capi autonomi della sentenza (si veda, a titolo esemplificativo, Consiglio di Stato sez. IV, 4 febbraio 2019, n. 837; Id., Sez. IV, 7 marzo 2018, n. 1474; Id., sez. IV, 8 novembre 2013, n. 5342; Id., sez. V, 10 settembre 2012, n. 4783). Può così ritenersi raggiunto lo scopo del legislatore esplicitato anche nella relazione governativa di accompagnamento al codice processuale amministrativa, ove si chiariva che l’introduzione dell’espressa possibilità di impugnare capi autonomi della sentenza anche mediante le incidentali tardive dipendeva dalla volontà di superare i contrasti giurisprudenziali in materia. 

 

Il punto di vista degli Autori

Come già evidenziato, in considerazione del legame sussistente tra l’impugnazione principale e quella incidentale tardiva, i codici sul processo civile ed amministrativo prevedono che la dichiarata inammissibilità della prima comporti l’inefficacia della seconda.

Sull’articolo 334 del c.p.c. è però più volte intervenuta la Corte di Cassazione ritenendo che l’inefficacia dell’incidentale tardiva dovesse non solo riferirsi all’ipotesi di inammissibilità, ma anche di improcedibilità dell’impugnazione principale “in base ad un’interpretazione logico-sistematica dell’ordinamento, che conduce a ritenere irrazionale che un’impugnazione (quella incidentale) possa trovare tutela in caso di sopravvenuta mancanza del presupposto (ovverosia quella principale) in funzione del quale è stata riconosciuta la sua proponibilità”(in tali termini, Cass. civ., Sez. Un., 14 aprile 2008 n. 9741; Id., sez. VI, 4 febbraio 2014, n. 2381; Id. sez. II, 4 giugno 2014, n. 12569).

Detto orientamento della Cassazione e le argomentazioni giuridiche addotte dalla stessa sono stati recentemente recepiti anche dai giudici di Palazzo Spada in due pronunce rimaste comunque isolate sul punto. Si fa riferimento in particolare alla sentenza della sez. IV, 20 novembre 2017, n. 5343, che ha ricondotto l’inefficacia dell’incidentale tardiva anche all’ipotesi di improcedibilità dell’impugnazione principale ed alla pronuncia della sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6111, la quale ha esteso l’applicazione dell’articolo 96, c. 4, CPA anche al caso della perenzione e facendosi peraltro apprezzare per la ricostruzione storica della giurisprudenza civile ed amministrativa intervenuta sul tema delle incidentali tardive.

Entrambe le sentenze, in particolare quella del 2018, sono di per sé condivisibili; tuttavia, resta fermo come la giurisprudenza abbia individuato delle ipotesi di decadenza dall’azione impugnatoria al di fuori delle ipotesi previste dalla norma che fa espresso riferimento soltanto alla dichiarazione di inammissibilità del mezzo di impugnazione principale. Resta quindi auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore che, se del caso, recepisca gli approdi della giurisprudenza civile ed amministrativa.