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Art. 98

Misure cautelari

1. Salvo quanto disposto dall’articolo 111, il giudice dell’impugnazione può, su istanza di parte, valutati i motivi proposti e qualora dall’esecuzione possa derivare un pregiudizio grave e irreparabile, disporre la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, nonché le altre opportune misure cautelari, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio.

2. Il procedimento si svolge secondo le disposizioni del libro II, titolo II, in quanto applicabili.

Bibliografia. R. De Nictolis, Processo Amministrativo. Formulario commentato, IV ed., Ipsoa, 2019; G. Leone, Elementi di diritto processuale amministrativo, IV ed., Cedam, 2017; S. Perongini, La tutela cautelare nel processo di impugnazione, in G.P. Cirillo, a cura di, Diritto processuale amministrativo, Utet, 2017; A. Pajno, Le nuove disposizioni correttive ed integrative al codice del processo amministrativo, in Giornale di diritto amministrativo, 2013, fasc. 1; E.A. Sepe, Nuove regole su esecutività delle sentenze e misure cautelari successive, in il Fisco, 2016,  fasc.1. 

 

Sommario. 1. Presupposti ed oggetto delle misure cautelari nei giudizi di impugnazione. La disciplina della tutela cautelare nei giudizi di impugnazione. 

 

1. Presupposti ed oggetto delle misure cautelari nei giudizi di impugnazione

Il codice ammette, anche nei giudizi di impugnazione, la possibilità per le parti di accedere alla tutela cautelare che viene disciplinata dall’articolo 98 CPA

L’appellante può richiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata nonché le altre opportune misure cautelari, stante il principio di atipicità della tutela cautelare. L’impugnazione della sentenza non ha di per sé effetto sospensivo; la tutela cautelare va richiesta e la sentenza verrà sospesa soltanto qualora abbia esito positivo il rito cautelare innestatosi all’interno del giudizio impugnatorio (sul punto Tar Lazio, sez. I, 16 gennaio 2017, n. 730; Tar Puglia, sez. III, 10 marzo 2016, n. 315). 

Per la sospensione delle sentenze del Consiglio di Stato impugnate mediante ricorso in cassazione la norma rinvia all’articolo 111 CPA che rimette al Consiglio di Stato la competenza a pronunciarsi sull’istanza cautelare e, in caso di eccezionale gravità ed urgenza, a sospendere la sentenza impugnata e dallo stesso pronunciata. Quest’ultima previsione non fa altro che recepire quanto disposto in via generale dall’articolo 373, c. 1, c.p.c., secondo cui spetta al giudice che ha pronunciato la sentenza oggetto del ricorso in cassazione pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’esecutività della medesima.  E d’altronde, già anteriormente all’entrata in vigore del CPA la Corte di Cassazione aveva ribadito che: “sul ricorso per Cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, è evidente che la disposizione dell’articolo 373 c.p.c., deve ritenersi applicabile anche in caso di impugnazione, innanzi queste Sezioni Unite, delle pronunzie dei giudici speciali, ai sensi dell’articolo 362 c.p.c.” (così Cass. civ., sez. un, 22 febbraio 2007, n. 4112).

Quanto invece ai presupposti per il rilascio delle misure cautelari, l’articolo 98 CPA richiede al giudice dell’impugnazione di valutare i motivi proposti e se dall’esecuzione dalla sentenza possa derivare un pregiudizio grave e irreparabile come nel primo grado di giudizio. Di talché, come nel primo grado di giudizio, la concessione della misura cautelare resta subordinata ad un accertamento del fumus boni iuris e del periculum in mora (sul punto, si veda S. Perongini, La tutela cautelare nel processo di impugnazione, in G. P Cirillo, a cura di, Diritto processuale amministrativo, Utet, 2017, p. 900).

Anche per i giudizi di impugnazione possono quindi richiamarsi quei consolidati orientamenti della giurisprudenza intervenuti in materia cautelare per definire i confini delle valutazioni sul fumus boni iuris e sul periculum in mora. 

L’esame del fumus bonis iuris consiste nel sindacato incidentale reso in sede cautelare mediante un’analisi estremamente sommaria delle questioni di diritto presentate che però può essere rivista in sede di merito (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 marzo 2013, n.1660; Id., sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1497; Id., sez. VI, 25 marzo 2009 n. 1787). 

Per periculum in mora si intende invece il giudizio sul danno grave ed irreparabile lamentato dalla ricorrente. Detto giudizio deve tener conto di tutti gli interessi coinvolti nella vicenda ed è destinato a condizionare sia l’an, ossia la possibilità di accordare la tutela, che il quantum della misura cautelare (cfr. Cons. Stato, sez.VI, 22 gennaio 2002, n. 397).  

Come noto, ai fini dell’esito positivo del rito cautelare, è necessario un vaglio positivo da parte del giudice adito sia sul fumus bonis iuris che sul periculum in mora

 

2. La disciplina della tutela cautelare nei giudizi di impugnazione

Per la disciplina della tutela cautelare nei giudizi di impugnazione l’articolo 98, c. 2, CPA, nella sua formulazione originaria, rinviava ad alcune specifiche disposizioni dettate per il rito cautelare in primo grado.

Più precisamente, il codice ammetteva anche per i giudizi impugnatori l’applicazione dell’articolo 56 CPA sulle misure cautelari monocratiche e dell’articolo 57 CPA sulle spese del procedimento. Quanto all’articolo 55 CPA, in origine, si ammetteva l’applicazione  in sede di impugnazione soltanto dei commi che andavano dal secondo al decimo; di talché si escludeva la possibilità di applicare in secondo grado le seguenti previsioni: i) il primo comma che individuava i presupposti generali sulle misure cautelari collegiali nel processo di primo grado; ii) l’undicesimo comma secondo cui l’ordinanza che si pronuncia sull’istanza cautelare deve anche fissare la data per l’udienza di discussione nel merito della causa; iii) il dodicesimo comma in forza del quale il collegio è tenuto in sede cautelare ad adottare su istanza di parte i provvedimenti necessari per la completezza  dell’istruttoria e l’integrità del contraddittorio; iv) il tredicesimo comma che richiede al giudice adito di accertare la propria competenza sulla causa prima di disporre le misure cautelari richieste.  

A seguito del correttivo normativo intervenuto nel 2012, l’articolo 98, c. 2, CPA, così come modificato dall’articolo 1, c. 1, lett. n), del Decreto Legislativo 14 settembre 2012, n. 160, ha abbandonato la tecnica del rinvio puntuale a singole disposizioni, limitandosi viceversa a richiamare in via generale e “in quanto applicabili” le disposizioni dettate dal titolo II del Libro II sul processo cautelare nel primo grado di giudizio. Con la riforma normativa del 2012 è quindi rimesso all’interprete il compito di individuare quali siano le disposizioni dettate nel primo grado di giudizio applicabili anche per le impugnazioni; cionondimeno, la dottrina al riguardo risulta piuttosto pacifica.

Innanzitutto, posto che lo scopo del legislatore del 2012 era di ampliare l’ambito delle norme applicabili anche ai giudizi di impugnazioni, sono ritenute compatibili con i giudizi di impugnazione tutte le disposizioni cui rinviava l’articolo 98 CPA nella sua dizione originaria. Per di più, secondo molti, sarebbero pienamente compatibili anche il già menzionato articolo 55, c. 11 e 12, CPA, l’articolo 56 CPA sulle revoche e modifiche delle misure cautelari collegiali e sulla riproposizione della domanda cautelare respinta, l’art 59 CPA sulle modalità di esecuzione delle misure cautelari e l’articolo 60 CPA sulla possibilità per il collegio di definire il giudizio di merito in esito all’udienza cautelare (al riguardo, si veda R. De Nictolis, Processo Amministrativo. Formulario commentato, IV ed., Ipsoa, 2019, p. 913-914).

Sono invece da ritenersi incompatibili, in quanto estranei alla natura dei giudizi impugnatori, sia l’articolo 55, c. 13, CPA circa l’accertamento della competenza del giudice adito, sia l’articolo 61 CPA che ammette la possibilità di concedere misure cautelari anche ante causam, tanto è vero che l’articolo 61, c. 7, CPA prevede espressamente che: “le disposizioni del presente articolo non si applicano ai giudizi in grado di appello.”.

Da ultimo, si segnala che la tecnica del rinvio puntuale alle singole disposizioni sul rito cautelare nel processo di primo grado è ancora oggi utilizzata per la disciplina della tutela cautelare per il ricorso in cassazione avverso le sentenze della Consiglio di Stato. In tale ipotesi l’articolo 111 CPA, così come modificato dal Decreto Legislativo n. 160/2012, prevede l’applicazione degli articoli 55 c,p.a. c. 2, 5, 6 e 7, e 56, c. 1, primo periodo, 2, 3, 4 e 5. 

 

Il punto di vista dell’Autore

L’articolo 98 CPA riconduce la tutela cautelare nei giudizi impugnatori alla sospensione della sentenza impugnata, esattamente come nel processo amministrativo di primo grado è consentita la sospensione del provvedimento impugnato. E, per la relativa disciplina, la norma rinvia genericamente alle disposizioni dettate per il processo di primo grado senza che tale rinvio abbia sollevato particolari questioni interpretative.

Suscita però qualche perplessità l’articolo 111 CPA che rimette al Consiglio di Stato la decisione sull’istanza cautelare promossa avverso le sue sentenze impugnate con ricorso in cassazione. Difatti, benché la norma recepisca quanto stabilito dall’articolo 373 c.p.c., restano alcuni dubbi in merito alla sua concreta applicazione

In primo luogo si assiste ad un modulo processuale che, sebbene più volte riconosciuto come legittimo, devolve comunque la decisione della fase cautelare e di merito a due distinti organi giurisdizionali. In secondo luogo, dati i risicati margini per la proposizione del ricorso in cassazione ammissibile per i soli motivi inerenti alla giurisdizione, appare piuttosto improbabile che il Consiglio di Stato possa accogliere l’istanza cautelare riconoscendo l’erroneità della propria sentenza e, dunque, la sussistenza del fumus bonis iuris.