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Art. 22

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 23, nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali è obbligatorio il patrocinio di avvocato.

2. Per i giudizi davanti al Consiglio di Stato è obbligatorio il ministero di avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori.

3. La parte o la persona che la rappresenta, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

Bibliografia. Lorenzo Ieva, Il diritto fondamentale all’autodifesa nel processo, il Corriere Giuridico, n. 8, 1° agosto 2011; Paolo Patrito, Difetto del ius postulandi: conseguenze – gennaio 2014; F. Caringella, M. Protto, Codice del nuovo processo amministrativo, Dike, Roma, 2013; Adolfo Angeletti e Mariano Protto con Roberto Caranta e Marco Sica, Diritto Amministrativo, Affidamento dei servizi legali.

 

Sommario. 1. L’obbligatorietà della difesa tecnica nel processo amministrativo; 2. Il patrocinio della Pubblica Amministrazione; 3. Il patrocinio delle Regioni; 4. La difesa personale.

 

1. L’obbligatorietà della difesa tecnica nel processo amministrativo.

La norma in commento ha codificato il c.d. principio dell’obbligatorietà della difesa tecnica già previsto nella previgente l. n. 1034/1971 (c.d. legge Tar). 

L’articolo 19, c. 2, della legge Tar disponeva, infatti, che “Per i giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali è obbligatorio il patrocinio di avvocato o di procuratore legale”.

Per la proposizione di un giudizio dinnanzi ai tribunali amministrativi regionali le parti dovranno affidarsi, dunque, salvo i casi di cui all’articolo 23 CPA, ad un soggetto abilitato alla professione forense.

Come evidenziato dalla giurisprudenza maggioritaria, infatti, il ricorso non sottoscritto “da un legale abilitato deve ritenersi inammissibile per mancata valida instaurazione del rapporto processuale, essendo nullo l’atto difensivo prodotto da un soggetto sfornito del ius postulandi dinanzi al giudice adito” (sul punto ex plurimis, Cons. St., Sez. V, 16 marzo 2011, n. 1626; Cons. St., sez. IV, sentenza 6 luglio – 28 settembre 2017, n. 4530). 

Anche nel processo amministrativo, dunque, così come previsto, del resto, per il rito civile, l’avvocato deve essere iscritto nel relativo albo professionale a pena di inammissibilità del ricorso stesso.

Il difensore deve essere munito, inoltre, di apposita procura alle liti che sarà valevole per tutti i successivi atti del processo, compresa l’eventuale proposizione (salvo quanto previsto dall’articolo 24 CPA) di motivi aggiunti e ricorso incidentale.

Di norma si ritiene che la procura alle liti valga esclusivamente per un unico grado di giudizio.

L’articolo 83, c. 4, c.p.c. prevede, infatti, che “La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa volontà diversa”.

La giurisprudenza ha ritenuto, tuttavia, che la “volontà diversa” - di cui all’articolo sopra citato – possa desumersi ogni qualvolta vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcun’altra indicazione (cfr. Cons. St., sez. III, 27 dicembre 2019, n. 8841).

Come ulteriormente precisato dalla Suprema Corte, se nel contesto dell’atto si precisa che la procura viene conferita “per il presente giudizio” (o si usano in alternativa altri sinonimi come “processo” “procedimento” “causa” “controversia” “lite”) vi è l’evidente manifestazione di volontà della parte di estendere l’efficacia e la validità della procura anche al secondo grado, dato che il giudizio, il processo, la lite ecc. si articolano in più gradi (cfr. Corte Cass., sez. trib., 24 ottobre 2019, n. 27298; Corte Cass. sez. IV, 6 dicembre 2016, n. 24973; Corte Cass., sez. V, 5 maggio 2010, n. 10813; Corte Cass. sez. Un., 17 maggio 1991, n. 5528).

Il 2° comma della norma in commento precisa poi che, per i giudizi dinnanzi al Consiglio di Stato, le parti devono obbligatoriamente avvalersi di avvocati ammessi al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il ricorso non sottoscritto da un avvocato iscritto nell’albo speciale per il patrocinio davanti alle Corti superiori deve essere dichiarato inammissibile (Cassazione civile, sezione III, sentenza n. 3459, del 6 marzo 2012).

Deve evidenziarsi, infine, come parte della dottrina ritenga che la previsione dell’obbligatorietà della difesa tecnica contrasti con il principio europeo del diritto all’autodifesa sancito dagli articoli 6 della C.E.D.U. e 47, c. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza).

Sul punto il giudice delle leggi ha avuto modo di evidenziare, tuttavia, che l’assistenza tecnica obbligatoria costituisce il riflesso dell’inviolabilità del diritto di difesa predicato dall’articolo 24, comma 2, Cost. 

Più specificatamente, l’obbligo di difesa a mezzo di avvocato è volto ad offrire una maggiore garanzia degli interessi del soggetto parte in causa. 

L’assistenza tecnica rappresenta, pertanto, una regola generale ed irrinunciabile che non contrasta con l’articolo 6 della C.E.D.U. nella parte in cui sancisce il diritto all’autodifesa, posto che esso non assume valenza assoluta (Corte Cost., 22 dicembre 1980, n. 188; 3 ottobre 1979, n. 125; Corte Cass. (ord.), sez. II, 9 giugno 2011, n. 12570).

 

2. Il patrocinio della Pubblica Amministrazione.

Ai sensi dell’articolo 1 del R.D. n. 1611/1933 “La rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano all’Avvocatura dello Stato”. 

Gli Avvocati dello Stato non sono avvocati del libero foro iscritti al relativo albo professionale ma costituiscono una peculiare figura di alti pubblici funzionari deputati ex lege alla difesa delle amministrazioni statali.

L’Avvocatura dello Stato esercita la propria funzione dinnanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza il bisogno di un apposito mandato difensivo. 

Esistono disposizioni che consentono comunque alla pubblica amministrazione di poter stare in giudizio senza avvalersi dell’Avvocatura dello Stato.

Si pensi a titolo esemplificativo:

- all’articolo 417 bis, c. 1, c.p.c., ai sensi del quale “Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti”(sottolineato aggiunto);

- all’articolo 2 del R.D. n. 1611 del 1933, ai sensi del quale l’Avvocatura di Stato ha la facoltà di delegare i funzionari dell’amministrazione interessata a rappresentare quest’ultima nei giudizi che si svolgono fuori dalla sede degli uffici dell’Avvocatura erariale;

- per quanto riguarda specificatamente il processo amministrativo, all’articolo 116, c. 3, CPA, il quale prevede che la Pubblica Amministrazione può essere rappresentata e difesa, nel rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, da un proprio dipendente a ciò autorizzato.

Tali eccezioni, tuttavia, non autorizzano la notificazione diretta del ricorso presso la sede dell’organo statale emanante anziché presso l’Avvocatura dello Stato in deroga all’articolo 11 del t.u. n. 1611 del 1933. 

Talvolta, classificare un ente come amministrazione dello Stato, ai fini della soggezione della stessa al patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura, può rivelarsi un’operazione complessa.

Per quanto riguarda le Università statali, ad esempio, fino all’entrata in vigore della legge n. 168 del 1989 era pacifico in giurisprudenza che tali enti avessero natura di Amministrazioni dello Stato, con conseguente applicazione del patrocinio obbligatorio all’Avvocatura dello Stato nonché delle norme sul “foro dello Stato” e sulla notifica degli atti giudiziari presso la competente Avvocatura dello Stato ex articoli 1 e 11 del R.D. n. 1611/1933.

Tuttavia, all’esito della riforma introdotta dalla citata l. n. 168 del 1989 le Università sono divenute “enti pubblici autonomi”.

Più precisamente le Università non rivestono più la qualità di organi dello Stato, con la conseguenza che, ai fini della rappresentanza e difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato, non opera più nei loro confronti il patrocinio obbligatorio.

In virtù dell’articolo 56 del R.D. 31.8.1933, n.1592, non abrogato dalla legge n. 168/1989, si applicherà alle Università esclusivamente il c.d. patrocinio autorizzato di cui all’articolo 43 del R.D. n. 1611/1933 e dell’articolo 45 R.D. cit., coi conseguenti limitati effetti propri di tale forma di rappresentanza consistenti nell’esclusione della necessità del mandato e, salvi i casi di conflitto, nella facoltà di avvalersi di avvocati del libero foro e non dell’Avvocatura dello Stato solo in casi eccezionali previa la suddetta apposita e motivata delibera dell’organo di vigilanza (cfr. Corte Cass., sez. Un., 20 ottobre 2017, n. 24876).

Per quanto riguarda più precisamente l’istituto del c.d. patrocinio autorizzato, l’articolo 43 del R.D. n. 1611/1933 prevede che “l’Avvocatura dello Stato, in aggiunta al patrocinio obbligatorio in favore delle Amministrazioni dello Stato, può essere autorizzata ad assumere la rappresentanza e difesa anche di Amministrazioni pubbliche non statali e di enti pubblici sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato”.

Conditio sine qua non per il corretto utilizzo dell’esercizio del patrocinio autorizzato è l’esistenza di un provvedimento di autorizzazione che, per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 11 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, deve essere promosso di concerto con i Ministri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze.

Quando sia intervenuto detto provvedimento, la rappresentanza e la difesa in giudizio sono assunte dall’Avvocatura “in via organica ed esclusiva” (articolo 43 del TU cit. come modificato dall’articolo 11 della legge n. 103 del 1979), sicché si applicano le stesse regole del patrocinio obbligatorio, fatta salva l’ipotesi di un conflitto con lo Stato o con le Regioni.

Le Amministrazioni statali possono decidere, in ogni caso di non avvalersi della Avvocatura dello Stato soltanto “in casi speciali” e previa adozione di “apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza”. Si tratta, quindi, di una facoltà esercitabile in casi di carattere eccezionale, come è stato espressamente confermato nel parere del Consiglio di Stato, Sez. II, 29 ottobre 1986, n. 2025 e nella deliberazione della Corte dei Conti 6 aprile 1984, n. 1432.

 

3. Il patrocinio delle Regioni

La legge n. 103/1979 prevede all’articolo 10, c. 1, che “le funzioni dell’Avvocatura dello Stato nei riguardi dell’amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regioni”.

Le Regioni hanno, dunque, la facoltà di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato mediante apposita delibera del Consiglio regionale.

Le Regioni possono anche decidere di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato soltanto per singoli casi (articolo 107 del d.P.R. n. 616/1977).

Quando la Regione adotta la delibera di cui all’articolo 10 della l.  n. 103/1979 non è necessario, per i singoli giudizi, il rilascio di uno specifico mandato all’Avvocatura.

Necessaria è, invece, l’emanazione di uno specifico provvedimento nel caso in cui la Regione voglia escludere tale rappresentanza, per affidarla a privati professionisti. 

L’Avvocatura dello Stato, ove agisca in giudizio per una Regione, non necessità, pertanto, né di apposito mandato né della produzione del provvedimento del competente organo regionale ad agire o resistere in giudizio (Corte Cass. Sez. Un., 4 novembre 1996, n. 9523 su sito istituzionale www.avvocaturastato.it).

 

4. La difesa personale

Il terzo ed ultimo comma dell’articolo 22 CPA ha codificato, infine, la possibilità – già prevista dall’articolo 86 c.p.c. – per la parte o la persona che la rappresenta, di stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore.

La ratio di tale disposizione è facilmente rinvenibile nella volontà del legislatore di evitare – nel caso in cui la parte o la persona che la rappresenta possieda le attitudini tecniche e le necessarie qualifiche – l’obbligo di ricorre ad un avvocato per stare in giudizio. 

Con ordinanza n. 1518/2019, la Corte di Cassazione ha precisato, da ultimo, che l’avvocato che si difende da solo nei giudizi non ha diritto al riconoscimento dei compensi professionali se non specifica a che titolo intende partecipare ai suddetti giudizi. 

Ad avviso della Corte è onere del difensore dichiarare, infatti, al giudice ed alla controparte la scelta effettuata in tal senso, non essendo sufficiente indicare nell’atto introduttivo del giudizio e negli atti successivi la semplice qualifica di avvocato.

Mentre, la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti l’intenzione di operare come difensore di sé medesimo ex articolo 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

 

Il punto di vista degli Autori

Parte della dottrina ritiene auspicabile un intervento del legislatore teso ad un ampliamento del diritto all’autodifesa che, nel nostro ordinamento, è limitato ad ipotesi circoscritte. 

A sostegno di tale indirizzo è stato evidenziato come il diritto di autodifesa costituisca, per l’ordinamento comunitario, diritto fondamentale della persona. 

L’articolo 6 della C.E.D.U. dispone, infatti, che ogni individuo ha il diritto a difendersi personalmente, riducendo ad una mera facoltà la possibilità di farsi assistere in giudizio da un difensore.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza) prevede, inoltre, all’articolo 47, c. 2, ultimo periodo, che “ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, assistere o rappresentare in giudizio o di rappresentarsi in proprio in ogni ordine e grado di giudizio nel rispetto delle leggi vigenti”. 

Di segno contrario è tuttavia, l’indirizzo maggioritario della giurisprudenza.

Come affermato dal Consiglio di Stato, infatti, l’inviolabilità del diritto di difesa si caratterizza, ai sensi dell’articolo 24, comma 2, Cost., in primo luogo come “diritto alla difesa tecnica, che si realizza mediante la presenza di un difensore dotato dei necessari requisiti di preparazione tecnico-giuridica, in grado di interloquire con le controparti e con il giudice, di modo che le ipotesi di difesa “personale” devono essere considerate, nel nostro ordinamento, eccezioni, proprio in considerazione della natura inviolabile del diritto di difesa e del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge” (Cons. St., sez. III, 2 maggio 2019, n. 2853).

In tal senso si è espressa più volte, del resto, la stessa Corte Costituzionale secondo cui l’assistenza tecnica obbligatoria costituisce il riflesso dell’inviolabilità del diritto di difesa predicato dall’articolo 24, comma 2, Cost. 

Invero, l’obbligo di difesa a mezzo di avvocato è volto ad offrire una maggiore garanzia degli interessi del soggetto parte in causa e rappresenta, pertanto, una regola generale ed irrinunciabile che non contrasta con l’articolo 6 della C.E.D.U. nella parte in cui sancisce il diritto all’autodifesa (ex multis Corte Cost., 22 dicembre 1980, n. 188).

La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato, infine, che il diritto all’autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali (ric. 722/60).