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Art. 23

Difesa personale delle parti

1. Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Bibliografia. Luigi Viola, Urbanistica e appalti, Giusto processo e processo amministrativo telematico: un rapporto difficile, 2/2017; F. Caringella, M. Protto, Codice del nuovo processo amministrativo, Dike, Roma, 2013; Maurizio De Paolis, Elezione degli organi locali, Contenzioso elettorale in ambito locale: dalla introduzione del giudizio alla decisione della causa, 3/2019.

 

Sommario. 1. Genesi e inquadramento della norma; 2. La difesa personale nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa; 3. La difesa personale nei giudizi in materia elettorale.

 

1. Inquadramento della norma

Posto che ai sensi dell’articolo 22 CPA la difesa tecnica obbligatoria costituisce la regola generale, il legislatore ha previsto comunque, con l’introduzione dell’articolo 23 CPA, alcune (tassative) ipotesi eccezionali in cui le parti possono stare personalmente in giudizio.

Costituiscono, pertanto, eccezioni in senso proprio alla regola sul patrocinio obbligatorio, i casi di difesa personale della parte in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione Europea di circolare nel territorio degli Stati membri.

Tale eccezionale possibilità, tuttavia, è espressamente preclusa per i giudizi di impugnazione che si celebrano davanti al Consiglio di Stato ai sensi dell’articolo 95, c. 6, CPA

 

2. La difesa personale nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa

Prima dell’introduzione dell’articolo 23 CPA, nei giudizi in materia di accesso, la possibilità per la parte di stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore era prevista solo dall’articolo 25, c. 5-bis, della l. n. 241/1990 come modificato dalla l. n. 15/2005.

Con l’introduzione della norma in commento, parte della dottrina ha ritenuto in un primo momento, che nelle materie indicate dall’articolo 23 CPA, la parte potesse stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore sia in primo grado davanti ai Tribunali amministrativi regionali sia in appello dinnanzi al Consiglio di Stato.

La giurisprudenza amministrativa ha adottato, tuttavia, una soluzione più restrittiva prevedendo l’impossibilità della parte, ai sensi dell’articolo 95, c. 6, CPA, di impugnare personalmente un giudizio dinanzi al Consiglio di Stato.

Come precisato dai giudici di Palazzo Spada, infatti, premesso che “in primo grado il ricorrente si era difeso in proprio, avvalendosi dell’articolo 23 (difesa personale delle parti) del codice del processo amministrativo secondo cui “Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa…”, va rilevato che in questo grado d’appello è viceversa inderogabilmente necessaria l’assistenza del difensore, in quanto l’articolo 95 (parti del giudizio di impugnazione) dello stesso codice stabilisce al comma 6 che “ai giudizi di impugnazione non si applica l’articolo 23, comma 1, precedente” (Cons. St., sez. VI, 23 maggio 2017, n. 2394).

La possibilità di stare in giudizio personalmente deve ritenersi ammissibile, inoltre, ogni qualvolta l’istanza abbia una natura sostanzialmente ostensiva.

Sul punto è stato precisato dalla giurisprudenza amministrativa che “il riferimento normativo all’accesso come "materia" consente di ritenere che la difesa personale sia ammessa in ogni caso in cui la causa abbia per oggetto una pretesa di carattere ostensivo, indipendentemente dalla riconducibilità o meno della relativa disciplina a quella dettata dalla L. n. 241 del 1990” (TAR Puglia Lecce, Sez. II, Sent., 27 gennaio 2020, n. 80).

Resta preclusa, invece, l’estensione della possibilità di difendersi personalmente anche nell’eventuale giudizio risarcitorio connesso al giudizio d’accesso.

La possibilità di escludere la presenza di un difensore abilitato costituisce, del resto, una fattispecie di carattere eccezionale.

Come precisato dalla giurisprudenza, infatti, la “relativa previsione normativa, dunque, anche a tutela dell’effettività del diritto di difesa costituzionalmente garantito (articolo 24 Costituzione della Repubblica Italiana), deve essere oggetto di stretta interpretazione. Per quanto precede, ritiene il Collegio che la proposizione della domanda risarcitoria, sebbene nell’ambito di un giudizio concernente la materia dell’accesso, richieda indefettibilmente la difesa tecnica” (TAR Puglia Lecce, Sez. II, 27 gennaio 2020, n. 80).

Da ultimo, deve evidenziarsi che l’amministrazione in materia elettorale può –

 alla luce di quanto disposto dall’articolo 116, c.3, del CPA – essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato senza che sia necessaria la qualifica dirigenziale di quest’ultimo come previsto in precedenza dall’articolo 25, c. 5-bis, l. n. 241/1990.

 

3. La difesa personale nei giudizi in materia elettorale

La difesa personale in materia elettorale era già prevista dall’abrogato articolo 19 della legge Tar, il quale prevedeva la possibilità di non avvalersi di un difensore per i giudizi in materia di operazioni elettorali previsti dall’articolo 6 della medesima legge.

L’articolo 6 si riferiva, tuttavia, alle sole controversie in materia di operazioni per le elezioni dei consigli comunali, provinciali e regionali.

Con l’introduzione dell’articolo 23 CPA, invece, la possibilità di difendersi personalmente è stata estesa all’intera materia elettorale.

Anche in subiecta materia è sempre necessaria, ai fini della proposizione di un appello dinanzi al Consiglio di Stato, l’assistenza di un avvocato difensore abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. 

Il ricorso in appello presentato senza assistenza di un avvocato sarà, pertanto, dichiarato inammissibile (ex multis, Cons. St., sez. III, 29 maggio 2018, n. 3232).

 

Il punto di vista degli Autori

Come è noto, il legislatore ha provveduto a dare piena attuazione alla disciplina del Processo Amministrativo Telematico attraverso il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 40 del 16 febbraio 2016 e la Legge n. 197 del 25 ottobre 2016 (di conversione del D.L. n. 168/2016). 

Vista la crescente importanza degli strumenti informatici, l’introduzione del processo amministrativo telematico ha costituito sicuramente una delle novità più importanti degli ultimi anni.

Nell’introdurre le nuove regole tecnico-operative il legislatore, tuttavia, non sembra aver tenuto in debita considerazione la particolare ipotesi in cui, ai sensi dell’articolo 23 CPA, le parti possono stare in giudizio personalmente.

La presentazione di un ricorso amministrativo, mediante le nuove modalità telematiche, richiede, infatti, il possesso quantomeno di una posta elettronica certificata e di un dispositivo di firma digitale che chiaramente non sono sempre nelle disponibilità del privato cittadino. 

In mancanza di tali “strumenti” sarà impossibile presentare un ricorso, difendersi in giudizio o risultare destinatari delle comunicazioni previste dal codice del processo amministrativo.

Ciò comporta un’inevitabile compressione del diritto di difesa per chi scelga di optare per la difesa personale nonché l’assunzione di ulteriori oneri economici rispetto a quelli già previsti in precedenza dal nostro ordinamento.

Non dirimente della questione può considerarsi, del resto, la previsione inserita nel portale istituzionale della giustizia amministrativa (www.giustizia-amministrativa.it) che prevede “al fine di evitare che le nuove tecnologie finiscano per ostacolare la possibilità dei cittadini di esperire ricorso in proprio il cittadino potrà rivolgersi all’Urp del Tar ove deve depositare il ricorso o costituirsi”.