x

x

Art. 106

Casi di revocazione

1. Salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile.

2. La revocazione è proponibile con ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

3. Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello.

Bibliografia. R. De Nictolis, Codice del Processo Amministrativo Commentato, IV ed., Wolters Kluver, 2017; F. Caringella e M. Giustiniani, Manuale del processo amministrativo, II ed., Dike, 2017; Quaranta e Lopilato, Il Processo amministrativo – commentario al Decreto Legislativo 104/2010, Giuffrè editore, 2011; R. Garofoli, Codice Amministrativo ragionato, VII edizione, Nel diritto editore, 2020

 

Sommario. 1. La revocazione. 2. La composizione del collegio. 3. Il giudizio.

 

1. La revocazione

L’articolo in commento disciplina i casi di revocazione delle sentenze emesse dai TAR e dal Consiglio di Stato.

La disposizione in commento rinvia alle norme del codice di procedura civile ed in particolare agli articoli 395 e 396 c.p.c..

L’articolo 395 prevede ipotesi di revocazione ordinaria:

- se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare. L’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, come ha precisato dall’Adunanza Plenaria n. 5 del 24 gennaio 2014, deve, quindi:

a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio che abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;

b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;

c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa.

- se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;

e di revocazione straordinaria:

- se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra;

- se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;

- se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario;

- se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

La revocazione delle sentenze TAR è ammessa, ai sensi del terzo comma dell’articolo 106, se i motivi non possono essere dedotti con l’appello. 

Non è quindi ammessa la revocazione ordinaria avverso le sentenze di primo grado dei TAR.

La revocazione infatti è rimedio eccezionale e non può convertirsi in un terzo grado di giudizio (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 6 dicembre 2018, n. 6914)

La revocazione deve essere proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

Non sono impugnabili per revocazione solo le sentenze, ma anche:

  • le ordinanze cautelari, ai sensi dell’articolo 58 co. 2 CPA;
  • i decreti ingiuntivi non opposti;
  • i provvedimenti dell’Adunanza Plenaria;
  • in generale, tutti i provvedimenti giurisdizionali che hanno contenuto decisorio. 

La revocazione ordinaria è soggetta al termine di decadenza di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. 

Il deposito del ricorso deve avvenire nel termine di trenta giorni in cui l’ultima notifica si è perfezionata per il destinatario.

La revocazione straordinaria, invece, deve essere proposto nel termine di 60 giorni dal giorno in cui è stato scoperto il dolo ovvero la falsità ovvero la collusione ovvero è stato recuperato il documento ovvero è passata in giudicato la sentenza di cui all’articolo 395 n. 6 c.p.c..

Il deposito del ricorso, anche in questo caso, deve avvenire nel termine di trenta giorni in cui l’ultima notifica si è perfezionata per il destinatario.

 

2. La composizione del collegio

Il CPA nulle dispone in ordine alla composizione del collegio nei casi di revocazione e se vi sia una incompatibilità da parte dei giudici che hanno pronunciato la decisione impugnata.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con due sentenze (nn. 4 e 5 del 24.1.2014) ha precisato, richiamando un orientamento della Corte di Cassazione, che salva ovviamente l’ipotesi di dolo del giudice, non sussiste per i magistrati che avevano pronunciato la sentenza revocanda alcuna incompatibilità a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione, atteso che essa non predica, per sua natura, un errore di giudizio (Cass. nn. 2342/1962, 1624/1965, 2222/1987 e, da ultimo, sez. lav., 12 settembre 2006, n. 19498).

Il principio trae giustificazione dalla circostanza che la decisione impugnata è dovuta ad un errore involontario del giudice, o talmente grossolano da risolversi in una svista; pertanto, il fatto che non sia possibile imputare al giudice un errore di giudizio comporta che allo stesso non sia addebitabile un pregiudizio tale da impedirgli, allorchè chiamato nuovamente a giudicare della materia controversa, di assumere una decisione senza essere condizionato da quella precedentemente resa (cfr. Cass., n. 19498/06).

Tale principio non trova ovviamente applicazione nell’ipotesi di dolo del giudice, in quanto tale caso rappresenta l’unica ipotesi di incompatibilità del magistrato a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione.

In difetto di tempestiva ricusazione, la violazione da parte del giudice dell’obbligo di astenersi nell’ipotesi prevista dall’articolo 51 n. 4 c.p.c. (a cui rinvia espressamente l’articolo 17 CPA), non comporta la nullità della sentenza ex articolo 158 c.p.c., al di fuori del caso in cui il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, in modo da porlo nella posizione sostanziale di parte (cfr. Cass., Sez. Un., 28.1.2002, n. 1007; Cass., 18.1.2002, n. 528; Cass., 22.6.2005, n. 13370; Cass., 29.3.2007, n. 7702).

L’Adunanza plenaria ha pertanto ritenuto che, anche alla luce del nuovo codice del processo amministrativo, debba escludersi l’applicabilità della norma di cui all’articolo 51 n. 4 c.p.c. - richiamata dalla norma di rinvio di cui all’articolo 17 CPA - che prevede l’obbligo del giudice di astenersi quando abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, allorquando sia lo “stesso ufficio giudiziario” che ha reso la pronuncia oggetto di revocazione, competente a decidere nuovamente; ne consegue che, ad eccezione dell’ipotesi del dolo del giudice o, comunque, dell’ipotesi in cui il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, i magistrati che hanno pronunciato la sentenza impugnata per revocazione possono legittimamente far parte del collegio investito della cognizione del giudizio revocatorio.

Del resto, l’illegittima composizione dell’organo giudicante è ravvisabile solo ed esclusivamente nelle diverse ipotesi di alterazioni strutturali dell’organo medesimo per vizi di numero o qualità dei suoi membri, che ne precludono l’identificazione con quello delineato dalla legge (cfr. Cass., Sez. Un., 1.6.2006, n. 13034; analogamente è a dirsi con riguardo alla pronuncia del giudice contabile: Cass., Sez. Un., 13.7.2006, n. 15900).

 

3. Il giudizio

Il giudizio di revocazione consta di due fasi.

La fase rescindente, che mira a revocare la decisione impugnata e la fase rescissoria che, invece, mira alla sostituzione della decisione revocata con un’altra decisione di merito. 

La decisone su entrambe le fasi è rimessa al medesimo giudice che si pronuncerà con un atto unitario.

Il ricorso per revocazione pertanto deve contenere domande riferibili ad entrambe le fasi rescindente e rescissoria.

 La giurisprudenza civile (Cassazione civile, sez. III, 14/11/2006, n. 24203) e quella amministrativa (Consiglio di Stato, sez. V, 29/05/2006, n. 3242):

a) concordano nel ritenere inammissibile il ricorso che contenga solo la domanda di revocazione della sentenza, ma non quella di decisione sull’originario ricorso attraverso la riproposizione degli argomenti in esso riportati, non essendo siffatto ricorso idoneo ad attivare la eventuale, successiva fase rescissoria;

b) impongono che i motivi d’impugnazione debbano essere formulati, nel testo del ricorso per revocazione di una sentenza amministrativa, in modo rigoroso, non limitandosi alla mera richiesta di revocazione (iudicium rescindens), ma formulando specifiche richieste in ordine alla decisione di merito della controversia (iudicium rescissorium);

c) evidenziano la necessità di una intellegibile indicazione (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 06/03/2008, n. 143 “è inammissibile il ricorso per revocazione in difetto di riproposizione di ogni domanda rescissoria, né per sommi capi, né per comprensibile relatio.”) [Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza del 21 aprile 2017 n. 1869].

 

Il punto di vista dell’Autore

La revocazione è un mezzo di impugnazione eccezionale e in rapporto di subordinazione rispetto all’appello della sentenza di primo grado.

Spesso viene usato impropriamente quale tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio, soprattutto in ordine all’ipotesi n. 4 dell’articolo 395 c.p.c., confondendo l’errore di fatto con l’errore di diritto.

Tale mezzo di impugnazione delle decisioni invece deve essere utilizzato nei cassi tassativi previsti dalla legge che prevedono ipotesi di carattere eccezionale.