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Art. 55 - Azioni esecutive

1. A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario.

2. Le procedure esecutive già pendenti sono sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione. Le procedure esecutive si estinguono in relazione ai beni per i quali interviene un provvedimento definitivo di confisca. In caso di dissequestro, la procedura esecutiva deve essere iniziata o riassunta entro il termine di un anno dall’irrevocabilità del provvedimento che ha disposto la restituzione del bene. (1)

3. Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento o di garanzia sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi degli articoli 23 e 57; il giudizio civile è sospeso sino alla conclusione del procedimento di prevenzione. (1)

4. In caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca per motivi diversi dalla pretesa originariamente fatta valere in sede civile dal terzo chiamato ad intervenire, il giudizio civile deve essere riassunto entro un anno dalla revoca.

(1) Comma così sostituito dall’ art. 20, comma 4, L. 161/2017.

Rassegna di giurisprudenza

La confisca penale sui beni della mafia estingue le ipoteche sull’immobile entrato a far parte del patrimonio dello Stato. Infatti, la tutela del superiore interesse pubblico legittima il pregiudizio cagionato al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, che può unicamente essere ammesso ad una tutela di tipo risarcitorio. Prevale dunque la misura di prevenzione patrimoniale, con la conseguente estinzione di diritto degli oneri e dei pesi iscritti o trascritti, compresi quindi l’ipoteca, il sequestro conservativo e il pignoramento (SU civili, 10532/2013).

È stata emanata la L. 228/2012 [recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013) che ha introdotto importanti novità in materia di sequestro, confisca, gestione ed alienazione dei beni nella disponibilità di appartenenti ad organizzazioni mafiose. Tali norme sono contenute nell’art. 1, commi da 189 a 205, della legge.

I temi devoluti all’esame delle Sezioni unite, relativi alla sorte dei diritti vantati dal creditore garantito da ipoteca su un bene colpito da una misura di prevenzione antimafia, sono affrontati dai commi 194–205 dell’art. 1 L. 228/12, che disciplinano i rapporti ed i conflitti tra lo Stato confiscante di beni nella disponibilità della criminalità organizzata, da un lato, ed i creditori garantiti da ipoteca iscritta sui suddetti beni, i creditori pignoranti ed i creditori intervenuti nel giudizio di esecuzione forzata, dall’altra.

Queste norme saranno oggetto di esame preliminare. La L. 228/2012, ai commi 194–205, ha dettato una disciplina tendenzialmente organica volta a regolare i rapporti tra creditori ipotecari e pignoranti e Stato, con riferimento alle procedure di confisca non soggette alla disciplina del codice antimafia, entrato in vigore il 13 ottobre 2011. La nuova disciplina si applica, quindi, alle misure di prevenzione disposte prima di tale data.

Con riferimento alle procedure di confisca soggette alla L. 575/65, la nuova legge distingue, in primo luogo, due ipotesi: a seconda che il provvedimento di confisca sia stato emesso o no alla data del1 gennaio 2013.

Per le procedure nelle quali, a tale data, sia già avvenuta la confisca, le legge distingue, poi, ulteriormente, i casi in cui il bene confiscato sia stato assoggettato a procedura esecutiva, ma non sia stato ancora aggiudicato o trasferito, e quelli in cui sia avvenuto, invece, il trasferimento o l’aggiudicazione, anche in via provvisoria.

Se alla data dell’1 gennaio 2013 i beni oggetto della procedura di prevenzione sono già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, la nuova legge stabilisce che: 1) nessuna azione esecutiva potrà essere iniziata o proseguita sui beni suddetti; 2) i pesi e gli oneri iscritti o trascritti prima della confisca si estinguono; 3) i creditori ipotecari, pignoranti od intervenuti nell’esecuzione potranno far valere le proprie ragioni nei confronti dell’ANBSC, ma solo a determinate condizioni, e cioè: a) l’iscrizione dell’ipoteca, la trascrizione del pignoramento o l’intervento nel processo esecutivo devono essere avvenuti prima della trascrizione del sequestro di prevenzione; b) per ottenere il pagamento dei propri crediti tali creditori debbono presentare una istanza entro il termine di decadenza del 30 giugno 2013; c) l’istanza va proposta al “giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca, il quale provvede su di essa con provvedimento impugnabile ai sensi dell’art. 666 CPP; d) l’ANBSC forma quindi il “piano di pagamento’ dei creditori ammessi e procede ai pagamenti, che non potranno complessivamente eccedere la minor somma tra il ricavato della vendita ed il 70% del valore del bene; e) contro il piano di riparto dell’ANBSC a è ammessa opposizione al giudice civile, nelle forme di cui all’art. 737 CPC; f) il tribunale provvede in composizione monocratica con decreto non reclamabile.

Nella seconda ipotesi, invece, vale a dire se alla data dell’1 gennaio 2013 è già avvenuto il trasferimento o l’aggiudicazione nell’ambito di una esecuzione forzata, ovvero se il bene da confiscare consiste in una quota di proprietà indivisa già pignorata, restano fermi gli effetti dell’esecuzione o dell’aggiudicazione.

Nel caso, infine, in cui alla data dell’1 gennaio 2013, i beni ipotecati o sottoposti ad esecuzione forzata non siano ancora stati confiscati, si applicheranno le stesse misure previste per quelli che alla data dell’1 gennaio 2013 siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, con l’unica differenza che il termine di decadenza di 180 giorni, entro il quale i creditori debbono presentare la domanda di ammissione del credito, decorrerà dal passaggio in giudicato del provvedimento che dispone la confisca.

Non v’è dubbio che la disciplina introdotta dalla legge di stabilità abbia innovato significativamente il controverso tema del rapporto fra procedimento esecutivo e misure di prevenzione patrimoniale di cui all’art. 2–ter L. 575/1965, fissando regole stringenti e chiarificatrici dei reciproci rapporti, in un’ottica di saldatura con la disciplina prevista dal codice delle misure di prevenzione. Sotto questo profilo possono, quindi, dirsi superate le divergenti visioni del problema, affrontato dal diritto vivente. La normativa introdotta pone delicati problemi interpretativi, anche di diritto intertemporale.

L’art. 1, comma 194, testualmente recita: “A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, sui beni confiscati all’esito dei procedimenti di prevenzione per i quali non si applica la disciplina dettata dal libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive”.

Dall’analisi della norma si ricava che l’inibitoria delle azioni esecutive riguarda esclusivamente i beni confiscati; con la conseguenza che i pignoramenti sul patrimonio sequestrato non possono essere sospesi e proseguono sino all’eventuale misura ablatoria definitiva.

Una tale interpretazione è avallata da argomenti di ordine letterale e sistematico. Il riferimento della norma al divieto di azioni esecutive per i soli “beni confiscati’ esclude che l’inibitoria possa riguardare le procedure mobiliari ed immobiliari pendenti durante la fase del sequestro e fino alla confisca definitiva. Inoltre, il legislatore, all’art. 55, ha espressamente richiamato il divieto di azioni esecutive sui beni sequestrati. Ne deriva che il riferimento operato dal citato comma 194 alla sola confisca rafforza la conclusione della impossibilità di bloccare, durante la fase del sequestro, tutte le azioni esecutive.

La nuova disciplina, che si applica – come già detto – ai procedimenti di prevenzione ancora disciplinati dalla L. 575/1965, pone come spartiacque la data dell’1 gennaio 2013, a seconda che il provvedimento di confisca sia stato emesso prima o dopo tale data. Per i beni confiscati prima di tale data, la normativa compie una selezione ulteriore, a seconda che a tale data il bene confiscato sia stato assoggettato a procedura esecutiva, ma non sia stato ancora aggiudicato o trasferito, ovvero sia avvenuto, invece, il trasferimento o l’aggiudicazione, anche in via provvisoria.

È con riferimento a questo dato temporale – che consente il permanere o meno degli effetti dell’esecuzione forzata (o dell’aggiudicazione) – che assume rilevanza determinante la nuova disciplina andando a comporre i temi che la giurisprudenza aveva diversamente risolto, e che il giudice dell’esecuzione sarà tenuto ad esaminare. Infatti, sui beni oggetto della procedura di prevenzione che alla data del 1 gennaio 2013 siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, “non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive’ (comma 194, L. 228/2012) e “gli oneri e pesi iscritti o trascritti (sui beni di cui al comma 194) anteriormente alla confisca sono estinti di diritto’ (comma 197, L. 228/2012). 

In particolare, il legislatore sembra avere risolto, nel senso della prevalenza della misura di prevenzione patrimoniale, il quesito relativo ai rapporti ipoteca–confisca, indipendentemente dal dato temporale, con conseguente estinzione di diritto degli oneri e pesi iscritti o trascritti. Nessun dubbio che la norma faccia riferimento anche all’ipoteca, al sequestro conservativo ed al pignoramento ricompresi tra i pesi e gli oneri dei quali è affermata l’estinzione.

Ma, quel che pare anche avere avuto soluzione è la natura dell’acquisto del bene confiscato da parte dello Stato che, a seguito dell’estinzione di diritto dei pesi e degli oneri iscritti o trascritti prima della misura di prevenzione della confisca acquista un bene non più a titolo derivativo, ma libero dai pesi e dagli oneri, pur iscritti o trascritti anteriormente alla misura di prevenzione.

In sostanza, superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da parte dello Stato a seguito della confisca, il legislatore ha inteso ricomprendere questa misura nel solco delle cause di estinzione dell’ipoteca disciplinate dall’art. 2878 CC. Alla stregua di tale normativa, dunque, in ogni caso, la confisca prevarrà sull’ipoteca.

La salvaguardia del preminente interesse pubblico, dunque, giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, ad una tutela di tipo risarcitorio. Il bilanciamento dei contrapposti interessi viene, quindi, differito ad un momento successivo, allorché il terzo creditore di buona fede chiederà – attraverso l’apposito procedimento – il riconoscimento del suo credito.

La L. 228/2012 (comma 198) amplia la platea dei soggetti legittimati all’azione ricomprendendovi: 1) i creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni anteriormente alla trascrizione del sequestro di prevenzione; 2) i creditori che prima della trascrizione del sequestro di prevenzione hanno trascritto un pignoramento sul bene; 3) i creditori che, alla data del 1 gennaio 2013 (entrata in vigore della legge), sono intervenuti nell’esecuzione iniziata con il pignoramento indicato sub 2). Quanto ai presupposti per il riconoscimento del credito, sono quelli previsti dall’art. 52, con ciò trovando applicazione i principii della buona fede, ovvero della non strumentante del credito all’attività illecita.

I limiti del riconoscimento del diritto sono fissati nel minor importo tra il 70 % del valore del bene ed il ricavato dall’eventuale liquidazione dello stesso bene (commi 203 e 206), in stretto parallelismo con il disposto dell’art. 57 che prevede un analogo limite. I termini per agire sono fissati a pena di decadenza. La competenza è attribuita – dal comma 199 – al “giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca”. Nonostante il non corretto riferimento al giudice dell’esecuzione, è intuitivo e deriva dalla stessa interpretazione giurisprudenziale, che s’intende indicare, quale giudice competente, il tribunale – misure di prevenzione.

E ciò perché in materia di misure di prevenzione, il giudice dell’esecuzione è lo stesso tribunale che ha disposto la confisca; appunto, il tribunale – misure di prevenzione. Questa conclusione è avallata anche dal comma 203 che fa riferimento “al tribunale del luogo che ha disposto la confisca”.

Quanto al procedimento di ammissione del credito – di natura tipicamente concorsuale –, il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 159 del 2011 (artt. 52 e 58) conferma l’intento legislativo di risolvere – almeno tendenzialmente – in modo complessivamente unitario le multiformi vicende normative relative alle misure di prevenzione patrimoniali.

L’ammissione è subordinata, unitamente all’accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito, alla ricorrenza della condizione di cui all’art. 52, comma 1, lett. b), vale a dire che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentante.

E, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, nella valutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi.

Va rilevato che con tale ultima disposizione il legislatore fissa dei parametri di giudizio di cui il giudice deve tener conto al momento della valutazione probatoria. Tali parametri sono obbligatori, ma non sono né esclusivi, né vincolanti.

In altri termini, il giudice deve obbligatoriamente tener conto di tali parametri, ma può considerare altri parametri non menzionati dal legislatore, e può anche motivatamente disattendere i parametri indicati dal legislatore. In sostanza, il legislatore impone al giudice un parziale protocollo logico nel ragionamento probatorio. Va poi aggiunto che le nuove norme, e quelle richiamate, non contengono previsioni espresse in termini di prova; vale a dire, a chi spetti provare la buona fede e l’affidamento incolpevole.

Deve ritenersi che l’elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata, soprattutto nell’ambito penale, e la veste sostanziale di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione, che assume il creditore, convergano nell’addossare a quest’ultimo la prova positiva delle condizioni per l’ammissione al passivo del suo credito. Tale conclusione è conforme al canone ermeneutico dell’intenzione del legislatore (art. 12 preleggi). Si suppone che il legislatore razionale – quando emana una legge – conosca il diritto vivente.

Ora, se il legislatore nel disciplinare una materia non innova le soluzioni che costituiscono l’approdo interpretativo della giurisprudenza, vuoi dire che le recepisce: cioè le fa normativamente proprie. Il diniego di ammissione del credito è, quindi, impugnabile ex art. 666 CPP. 

Si applicano le disposizioni di tale articolo, ad eccezione del comma 7, che attribuisce al giudice la possibilità di sospendere l’esecuzione dell’ordinanza. Infatti, si prevede espressamente che la proposizione dell’impugnazione non sospende gli effetti dell’ordinanza di accertamento (comma 200).

E, sotto questo profilo, pur menzionando genericamente l’impugnazione, il richiamo all’art. 666, comma 6 c.p.p., individua nel solo ricorso per cassazione il mezzo per reagire alla mancata ammissione. Il decreto con cui sia stata rigettata definitivamente la richiesta è, poi, comunicato, ai sensi dell’art. 9 D. Lgs. 231/07, alla Banca d’Italia, nell’ottica di un potenziamento dei suoi poteri di controllo e vigilanza, nell’ipotesi in cui il decreto di rigetto riguardi un istituto di credito, la cui assenza di buona fede può agganciarsi a potenziali concessioni di credito di dubbia trasparenza, come rilevato anche dalla giurisprudenza.

Competente a conoscere delle opposizioni – proposte dai creditori concorrenti – al piano di riparto (pagamento) predisposto dall’ANBSC sarà, invece, il giudice civile del luogo dove ha sede il tribunale che ha disposto la confisca. E ciò per il richiamo che il comma 203 fa agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile in quanto compatibili. Il tribunale provvede in composizione monocratica.

Contro il decreto del tribunale non è ammesso reclamo. Un cenno ai procedimenti già definiti con provvedimento irrevocabile. La L. 228/2012 nulla dice al riguardo, ma deve ritenersi che, in base ai principi generali, una volta esauriti i mezzi di tutela, il rigetto definitivo della richiesta avanzata non possa essere bypassato dall’applicazione della nuova normativa.

Questo per due ordini di ragioni. Il primo di natura processuale: lo ius superveniens, di fronte alla definitività della posizione giuridica accertata ed all’esaurimento della tutela già fornita dall’ordinamento, non consente una nuova e diversa disamina della fattispecie; diversamente, si avrebbe un mezzo di tutela straordinario, positivamente non disciplinato. Il secondo motivo è di ordine sistematico, nel senso che le nuove disposizioni hanno sostanzialmente riconosciuto il previgente orientamento giurisprudenziale, in tal senso orientato.

Un’ultima notazione. La legge di stabilità che ha dato – almeno sulla carta – soluzione ai problemi che si sono dibattuti per anni in ordine ai rapporti fra confisca, quale misura di prevenzione patrimoniale, e garanzie di natura patrimoniale iscritte o trascritte sui beni oggetto della stessa, e tutela dei terzi, non ha colto l’occasione per regolamentare anche le conseguenze della confisca disciplinata dall’art. 12–sexies L. 356/1992, che, per la sua natura e per le sue caratteristiche, è destinata ad incidere anche sui terzi estranei al procedimento.

In questa ottica, però, la L. 228/2012, si è limitata alla pur opportuna modifica dell’art. 12–sexies, comma 4–bis, unificando la disciplina dell’amministrazione e della destinazione per tutti i beni sequestrati e confiscati. La novella, infatti, ha esteso l’applicazione delle norme contenute nel Codice Antimafia anche alla suddetta tipologia di confisca. L’ANBSC coadiuva l’AG nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati fino al provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal codice antimafia, restando comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.

La modifica si pone nell’ottica di una complessiva razionalizzazione di tutti i procedimenti di sequestri patrimoniali, avviata con l’art. 30 che ha previsto la prevalenza del sequestro e della confisca di prevenzione su quella disposta in sede penale (SU civili, 10532/2013).

Il divieto di cui all’art. 55, comma 1, di iniziare o proseguire azioni esecutive dopo l’imposizione del sequestro, si riferisce alle solo iniziative civilistiche, e non anche ai provvedimenti giudiziari dettati da esigenze pubblicistiche, come quelli che dispongono la demolizione dei manufatti risultati abusivi (Sez. 3, 32192/2018).

 

Linee guida, circolari e prassi

CNDCEC, “La riforma del codice antimafia: le problematiche applicative e il ruolo del professionista post–riforma”, marzo 2018, reperibile al seguente link: https://www.commercialisti.it/documents/20182/323701/2018.03.05_Riforma+del+codice+antimafia_revisione.pdf

FNC, “La riforma del d. lgs. n. 159 del 2011.Antimafia, corruzione e nuovi mezzi di contrasto”, 5 dicembre 2017, reperibile al seguente link: https://www.fondazionenazionalecommercialisti.it/system/files/imce/inf–per/informativa–periodica_20171205.pdf

FNC, “La tutela dei terzi nella legislazione antimafia”, 29 febbraio 2016, reperibile al seguente link: http://www.fondazionenazionalecommercialisti.it/filemanager/active/0976/2016.02.29_la_tutela_dei_terzi_D_AMORE.pdf?fid=976

CNDCEC, “Linee guida in materia di amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati e confiscati”, ottobre 2015, reperibile al seguente link: https://www.commercialisti.it/Portal/Documenti/Dettaglio.aspx?id=fb16cd12–3c1c–493f–a46f–dcea39c24929

https://www.commercialisti.it/documents/20182/323701/2018.03.05_Riforma+del+codice+antimafia_revisione.pdf