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Art. 33 - L’amministrazione giudiziaria dei beni personali

1. Nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 4, comma 1, lettere c), d), e), f), g) ed h) il tribunale può aggiungere ad una delle misure di prevenzione previste dall’articolo 6, quella dell’amministrazione giudiziaria dei beni personali, esclusi quelli destinati all’attività professionale o produttiva, quando ricorrono sufficienti indizi che la libera disponibilità dei medesimi agevoli comunque la condotta, il comportamento o l’attività socialmente pericolosa.

2. Il tribunale può applicare soltanto l’amministrazione giudiziaria se ritiene che essa sia sufficiente ai fini della tutela della collettività. 3. L’amministrazione giudiziaria può essere imposta per un periodo non eccedente i 5 anni. Alla scadenza può essere rinnovata se permangono le condizioni in base alle quali è stata applicata.

4. Con il provvedimento con cui applica l’amministrazione giudiziaria dei beni il giudice nomina l’amministratore giudiziario di cui all’articolo 35.

Rassegna di giurisprudenza

Il provvedimento con cui il tribunale competente per le misure di prevenzione neghi l’applicazione del controllo giudiziario richiesto ex art. 34–bis, comma 6, è impugnabile con ricorso alla corte di appello anche per il merito (SU, 46898/2019).

Il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende è previsto dall’art. 34–bis ed è stato inserito nel novero delle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca, disciplinate nel capo V del Titolo II del predetto decreto, ad opera della L. 161/2017.

In via generale, può affermarsi che l’istituto del controllo giudiziario trova la sua ratio nell’obiettivo di promuovere il recupero delle attività economiche e delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, nell’ottica di bilanciare in maniera più equilibrata gli interessi che si contrappongono in questa materia.

Secondo la relazione finale della Commissione Fiandaca che ne ha teorizzato la figura, costituisce una misura innovativa che non determina lo “spossessamento gestorio” dell’azienda bensì configura, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento nella vita dell’impresa, intervento che consiste in una “vigilanza prescrittiva” condotta da un commissario giudiziario nominato dal tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare “dall’interno dell’azienda” l’adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall’AG.

I presupposti oggettivi di applicazione della misura del controllo giudiziario e la individuazione dei soggetti destinatari dell’agevolazione sono delineati nel primo comma dell’art. 34–bis e solo in parte rinviano a quelli dell’istituto dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende, misura, quest’ultima, prevista dall’art. 34, parimenti oggetto di riforma attraverso le previsioni recate dalla L. 161/2017.

Dette misure, in uno all’istituto dell’amministrazione dei beni personali di cui all’art. 33, partecipano di una comune caratteristica, rappresentata dall’assenza dei presupposti per addivenire all’applicazione della misura del sequestro finalizzato alla confisca, e costituiscono misure sussidiarie, applicabili ove venga riscontrato il tratto dell’agevolazione/soggezione dell’attività economica, intesa in senso lato, rispetto ad entità mafiose ovvero criminali.

Il presupposto di carattere oggettivo per l’applicazione della misura del controllo giudiziario di cui all’art. 34–bis è costituito dall’agevolazione occasionale rispetto a soggetti e condotte in senso lato mafioso o criminale, agevolazione che autorizza l’intervento preventivo dello Stato in situazioni di pericolo di infiltrazione mafiosa con carattere anticipato rispetto alla ricorrenza di situazioni idonee ad integrare i presupposti per l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria.

Accanto al requisito dell’occasionalità dell’appoggio offerto dall’impresa alla criminalità mafiosa o organizzata, si pone una ulteriore condizione che è costituita dal rischio per l’attività economica di subire condizionamenti, rischio concreto (e non fumus astratto), attestato da circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di contaminazioni criminali, idonee a condizionarne l’attività.

Le categorie a favore delle quali può essere indirizzata l’agevolazione sono le stesse che giustificano l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria; entrambe le misure intendono sopperire a situazioni di infiltrazione mafiosa graduale, più subdola, già emerse nella realtà economica, prevedendo all’esito di tale controllo, più o meno incisivo, la possibilità della reimmissione dell’attività nell’ordinario tessuto produttivo.

Duplice può essere il contenuto della misura del controllo giudiziario: limitato alla imposizione di oneri comunicativi nei confronti dell’AG, meglio descritti alla lettera a) dell’art. 34–bis, o esteso all’imposizione di un GD e di un amministratore giudiziario, così denominato dall’art. 34–bis, comma 2, lett. b) creando così una sovrapposizione linguistica con la figura e l’istituto di cui all’art. 34. In quest’ultima ipotesi – secondo la previsione recata dalla richiamata norma – l’amministratore riferisce, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attività di controllo al GD e al PM.

In aggiunta alla previsione dei compiti dell’amministratore finalizzati alle attività di controllo, il tribunale può imporre all’impresa una serie di obblighi, oggetto di previsione nel successivo comma 3 dell’art. 34–bis. La L. 161/2017 ha modificato anche le disposizioni recate dagli artt. 20 e 24, in materia di sequestro e di confisca, prevedendo che i provvedimenti di amministrazione e controllo giudiziario, ove ne ricorrono i presupposti, siano adottati dal tribunale, anche di ufficio, su proposta dei soggetti di cui all’art. 17.

Inoltre il tribunale può procedere di ufficio – ai sensi dell’art. 34, comma 6 – all’applicazione della misura del controllo giudiziario dell’impresa nel caso in cui venga revocata quella dell’amministrazione giudiziaria, previsione, questa, che ha potenziato le possibilità applicative dell’istituto in analisi. Può, dunque, pervenirsi ad una prima conclusione, secondo la quale le previsioni di cui agli artt. 34 e 34–bis – contenute nel capo V – integrano il catalogo delle misure di prevenzione adottabili dall’AG e la loro disciplina risulta dalla combinazione delle disposizioni specializzanti, espresse dai richiamati artt. 34 e 34–bis, e da quelle previste, per il procedimento di applicazione, quanto ai presupposti sostanziali ed al sistema di impugnazione, dal titolo II.

Un particolare modello di misura di controllo giudiziario, rispetto a quella generale innanzi delineata, è costituito dall’istituto disciplinato dal comma 6 dell’art. 34–bis. La norma prevede la possibilità di attivare la misura del controllo giudiziario su istanza delle aziende che sono state destinatarie della interdittiva antimafia di cui all’art. 84, comma 4. Il comma 7 dell’art. 34–bis disciplina gli effetti della misura del controllo giudiziario precisando che il provvedimento che la dispone sospende gli effetti di cui all’art. 94, mentre, nella prima parte del comma 6 dell’art. 34–bis, è indicato il contenuto specifico della misura che il tribunale può adottare, individuandolo nell’adozione dei provvedimenti di cui al comma 2, lett. b), art. 34–bis.

La misura del controllo giudiziario di cui all’art. 34–bis, comma 6, ha natura del tutto peculiare nella quale vengono in contatto istituti diversi, per struttura e caratteri: da un lato quello del controllo giudiziario regolato, in generale, dall’art. 34–bis e dall’altro la informazione antimafia interdittiva di cui all’art. 84. Le “informazioni antimafia”, disciplinate dall’art. 84 appartengono al sistema della documentazione antimafia e, unitamente alle “comunicazioni antimafia”, costituiscono le fondamentali misure di prevenzione amministrative previste dal “codice antimafia” nel libro II e confermate, nel loro impianto, anche dalla recente modifica di cui alla L. 161/2017.

L’informazione antimafia, come precisato nel comma 3 dell’art. 84, consiste nell’attestazione della sussistenza, o meno, di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’art. 67 (relativo a tutti gli effetti che si producono a seguito di irrogazione di misura preventiva con carattere definitivo nei confronti dei destinatari), nonché, fatto salvo quanto previsto dall’art. 91 comma 6, nell’attestazione della sussistenza, o meno, di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, volti a condizionare le scelte o gli indirizzi della società o delle imprese interessate.

L’informazione antimafia ha natura discrezionale, laddove incarica il prefetto di verificare la sussistenza, o meno, di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa, desumibili o dai provvedimenti e dagli elementi, tipizzati nell’art. 84, comma 4, o dai provvedimenti di condanna, anche non definitiva, per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali, unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose (“contiguità concorrente”) o esserne in qualche modo, condizionata (“contiguità soggiacente”).

L’informazione antimafia preclude qualunque attività nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione (contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici), incidendo anche in quelli tra privati, poiché l’effetto interdittivo si estende alle autorizzazioni, in forza del D. Lgs. 153/2014.

Il Consiglio di Stato ha, a più riprese, precisato le caratteristiche e le finalità di tale forma di provvedimento prefettizio, individuandone i requisiti e gli effetti. L’informazione antimafia, secondo l’organo di giustizia amministrativa, costituisce un provvedimento discrezionale e non vincolato che deve fondarsi su un autonomo apprezzamento da parte dell’autorità prefettizia degli elementi emersi dalle indagini svolte o dei provvedimenti emessi in sede penale. Il provvedimento di cd. interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale – in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la pubblica amministrazione – e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto destinatario è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67.

Il provvedimento in esame è soggetto alle impugnative giurisdizionali e amministrative, dei provvedimenti prefettizi. Il comma 6 dell’art. 34–bis, prevede che le imprese destinatarie di “informazione antimafia interdittiva” ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo (vale a dire la nomina di un GD e di un amministratore il quale riferisce all’AG, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attività di controllo).

L’iter procedimentale della richiesta è disciplinato dal medesimo comma 6: il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente e gli altri soggetti interessati, nelle forme di cui all’articolo 127 CPP, accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti. Successivamente, prosegue il citato comma 6, anche sulla base della relazione dell’amministratore giudiziario, può revocare il controllo e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali.

Effetto della disposta misura del controllo giudiziario richiesto dall’impresa, come innanzi anticipato, è la sospensione degli effetti di cui all’art. 94, ossia degli effetti prodotti dalla informazione prefettizia, esito che rende evidente, ictu oculi, al mero confronto con i descritti effetti prodotti dall’interdittiva prefettizia e dal controllo giudiziario, la vantaggiosità per le aziende contaminate che intendano essere depurate e rimanere sul mercato, dell’ammissione al controllo giudiziario: da qui l’affermazione della natura mitigatrice degli effetti della interdittiva prefettizia dell’istituto in parola.

Rispetto alla generale figura del controllo giudiziario di azienda adottabile dal tribunale quale misura di prevenzione di carattere patrimoniale ma non ablatoria, l’istituto in esame si caratterizza per la previsione di specifici requisiti del soggetto che può avanzare la richiesta, ovverosia le imprese già destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4, e dell’ulteriore requisito che l’impresa richiedente abbia proposto impugnazione del provvedimento del prefetto.

Viceversa la misura di cui all’art. 34–bis è attivata su proposta dei soggetti di cui all’art. 17 ovvero è disposta di ufficio dal tribunale, in pendenza di richiesta di distinta misura di prevenzione patrimoniale della quale non ricorrono i presupposti, quali la richiesta di sequestro – art. 20 – o la richiesta di confisca di prevenzione – art. 24 – ovvero in caso di revoca della già disposta amministrazione giudiziaria – cfr. art. 34, comma 6.

Contrastante in dottrina e nelle prime applicazioni pratiche dell’istituto, è stato l’apprezzamento della misura di cui all’art. 34–bis, comma 6, misura che ha trovato favorevole accoglimento nella prassi, documentata dal numero di richieste rivolte ai tribunali di prevenzione per l’applicazione dell’istituto.

È stata criticata come artificiosa la scelta legislativa di condizionare la richiesta dell’impresa alla previa impugnazione del provvedimento prefettizio, con il rischio di vanificare, a cagione delle lungaggini del procedimento amministrativo, l’adesione spontanea all’istituto che realizza il positivo effetto di affrancare l’impresa dall’invasività del provvedimento prefettizio, mettendola immediatamente al riparo dalla misura di prevenzione amministrativa.

Per altro aspetto, è risultata complessa, nelle prime applicazioni giurisprudenziali, la ricostruzione dei presupposti applicativi dell’istituto.

Sono stati discussi, in particolare, la individuazione del margine di discrezionalità in capo al tribunale competente destinatario della richiesta nella valutazione dei presupposti applicativi essendo, viceversa, proposto un automatismo di applicazione della misura del controllo giudiziario in presenza dei meri requisiti formali, cioè l’assoggettamento alla interdittiva e l’impugnazione del provvedimento prefettizio; sui poteri del tribunale della prevenzione in merito alla valutazione della legittimità delle misure interdittive antimafia adottate dal prefetto; sul contenuto prescrittivo del controllo, se, cioè, limitato alla nomina del GD e dell’amministratore, ai sensi del comma 2, lett. b) dell’ art. 34–bis ovvero esteso agli obblighi recati dal comma 3 dell’art. 34–bis.

Soprattutto sono risultati controversi i rapporti che intercorrono tra l’impugnazione in sede amministrativa e la misura del controllo giudiziario.

Ci si è domandato se l’applicazione del controllo giudiziario di cui all’art. 34–bis, comma 6, sia fisiologicamente ed inscindibilmente connessa alla pendenza di un procedimento giurisdizionale amministrativo o meno – e, quindi, se si è in presenza di un presupposto della richiesta ovvero mero requisito di ammissibilità della domanda – e quali siano i rapporti tra l’esito del procedimento amministrativo e la decisione irrevocabile che in esso sopraggiunga e la richiesta di controllo giudiziario, e, più in generale, quali sino i reciproci tra la misura del controllo giudiziario eventualmente disposto dal tribunale ai sensi del cit. comma 6 dell’art. 34–bis e l’esito della impugnativa amministrativa.

Si tratta di aspetti vari e ciascuno di essi non indifferente rispetto al tema della impugnabilità del provvedimento adottato dal tribunale di prevenzione adito dall’impresa che, come anticipato, è l’unico soggetto che può azionare la misura in esame e, in caso affermativo, della individuazione del mezzo di impugnazione.

Ad alcuni di tali spunti problematici ha dato risposta la copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità.

Esaminando la problematica dell’ammissibilità della richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario si è negato qualsivoglia automatismo di accesso a tale controllo, dovendo il giudice accertarne la ricorrenza dei presupposti e, in particolare, oltre alla intervenuta impugnazione del provvedimento prefettizio, quella della occasionalità del contagio mafioso (Sez. 5, 34526/2018).

Sotto altro aspetto, si è precisato che l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiesti non investe anche la valutazione della legittimità o meno delle misure interdittive antimafia adottate dal prefetto (Sez. 2, 18564/2019; Sez. 2, 16105/2019).

Anche il tema dei rapporti tra la misura del controllo giudiziario eventualmente disposto dal tribunale ai sensi del comma 6 dell’art. 34–bis e l’impugnativa amministrativa è stato affrontato (Sez. 2, 16105/2019) concentrando l’attenzione dell’interprete sull’autonomia o meno dei due giudizi al momento della proposizione della domanda di controllo giudiziario.

L’esame dei descritti aspetti di criticità e l’analisi del rapporto tra la impugnazione – che può essere amministrativa o giurisdizionale non essendovi specificazione nella norma – del provvedimento di interdittiva antimafia e la richiesta di applicazione della misura del controllo giudiziario, sposta direttamente l’attenzione sul tema dell’odierna decisione e sull’affermazione dalla quale muove la conclusione di inoppugnabilità del provvedimento emesso dal tribunale della prevenzione.

I riferimenti normativi che regolano l’istituto consentono, in primo luogo, di escludere che la disciplina positiva ne preveda un mezzo di impugnazione e, come noto, anche nella materia della prevenzione opera il principio di tassatività che presiede al regime delle impugnazioni ai sensi dell’art. 568, comma 1, CPP. Né la sintetica disciplina positiva innanzi richiamata – che delinea caratteri del tutto peculiari dell’istituto – contiene alcun rinvio al procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali o patrimoniali ovvero al sistema di impugnazione dei provvedimenti patrimoniali, recato dagli artt. 27 e 10.

Una conferma della non casualità del vuoto di previsione può essere tratta dalla specificazione, inserita nell’ultimo comma dell’art. 34 alla L. 161/2017, unitamente all’introduzione dell’esaminato art. 34–bis, di uno specifico richiamo ai mezzi di impugnazione esperibili avverso quel provvedimento, circostanza che sembra confermare, per inevitabile valutazione sistematica del nuovo testo normativo, l’assenza del diritto all’impugnazione nel caso che ci occupa.

Non si ignora che, riguardo alla questione, vi sono specifici provvedimenti di questa Corte nel senso della ricorribilità per cassazione del provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi dell’art. 34–bis, comma 6.

La prima decisione in tal senso è stata assunta con sentenza resa all’esito di procedimento ai sensi dell’art. 611 CPP, ed è massimata nel senso che il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi dell’art. 34–bis, comma 6, è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 127, comma 7, CPP (Sez. 5, 34526/2018), individuata quale unica impugnazione consentita

. La sentenza indicata ha attribuito rilevanza al richiamo alle forme del procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 127 CPP ed ha fatto riferimento alla necessità di assicurare il controllo di legittimità “imposto, ex art. 111 Cost., dalla interferenza con diritti soggettivi costituzionalmente garantiti, quale è la libertà di impresa”.

Altra decisione (Sez. 2, 18564/2019) ha precisato che è deducibile con il ricorso, a mente dell’art. 10, comma 3, solo il vizio di violazione di legge. Tale conclusione è stata condivisa anche da ulteriori decisioni, non massimate.

L’opzione ermeneutica seguita da tali decisioni non è, tuttavia, condivisibile. Il principio costantemente affermato sul valore da attribuire al rinvio all’art. 127 CPP, operato nelle norme del codice con la formula, “secondo le forme previste” o con altre equivalenti riguarda la regola di svolgimento dell’udienza camerale ma non implica, di per sé, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in questa norma, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità, tanto che per diverse disposizioni contenenti tale rinvio il legislatore ha previsto espressamente quel rimedio (SU, 17/1993).

Neppure appare decisivo il richiamo all’art. 111 Cost. Il provvedimento adottato dal tribunale di prevenzione ai sensi del comma 6 dell’art. 34– bis, non incide sulla libertà personale – ambito richiamato dalla previsione costituzionale – mentre il riferimento alla interferenza con la libertà di impresa appare, piuttosto, volto ad attribuire al provvedimento impugnato la natura sostanziale di sentenza, ovvero, ai fini della ricorribilità per cassazione, di un provvedimento giurisdizionale che sia suscettibile di assumere carattere di definitività, quanto all’incidenza sulle posizione soggettive tutelate.

Orbene, si ritiene che la decisione del tribunale della prevenzione, sia di accoglimento che di rigetto della richiesta dell’interessato non possiede tali connotati ma, anzi, si caratterizza, alla stregua dei descritti presupposti strutturali dell’istituto e degli effetti del provvedimento di ammissione al controllo giudiziario eventualmente adottato, per il contenuto provvisorio della statuizione, alla quale inerisce l’attribuzione di decisione rebus sic stantibus e, pertanto, sia sempre rivedibile in forza di elementi nuovi che sopraggiungano fino al momento in cui, attraverso il giudicato amministrativo, gli effetti della misura di prevenzione amministrativa siano stabilizzati.

Non é casuale né approssimativa la scelta del legislatore di prevedere, come requisito della domanda di ammissione al controllo giudiziario in esame, l’impugnazione del relativo provvedimento – quale che essa sia, amministrativa o giurisdizionale – né la descrizione delle conseguenze del provvedimento di ammissione, individuata attraverso l’espressione “sospende gli effetti”, indicazione che comporta la necessità che il procedimento di impugnazione in sede amministrativa sia ancora pendente.

La ratio e la funzione dell’istituto non possono ragionevolmente consistere nell’aggiramento della misura interdittiva amministrativa, ovvero in una sua anomala impugnativa dinanzi al tribunale della prevenzione (in violazione del principio di riparto della giurisdizione), con la produzione degli effetti tipici di tale decisione di annullamento ovvero revoca della misura di prevenzione amministrativa, esiti decisori che permangono in capo alla competente autorità amministrativa o giurisdizionale.

Si deve concludere che la norma delinea la previsione che l’azienda interessata, fintanto che sia pendente l’impugnazione e sia in corso la contestazione della legittimità del provvedimento amministrativo, possa rivolgersi al tribunale di prevenzione, individuato in ragione della specifica competenza nella materia, demandandogli la verifica – nel contraddittorio tra le parti interessate – della sussistenza dei requisiti (sussistendone i presupposti) di applicazione di una misura meno stringente di quella applicata in sede amministrativa e della quale, in caso di accoglimento della richiesta, sono sospesi gli effetti.

La misura del controllo giudiziario di cui all’art. 34–bis, comma 6, consente l’operatività dell’azienda stessa, sotto controllo dell’AG, attraverso un adeguato bilanciamento di interessi, quando l’agevolazione degli scopi criminali risulti occasionale, ovvero emergano profili di infiltrazione non stabili e l’impresa, attivando il meccanismo dell’impugnazione del provvedimento interdittivo, abbia contestato la legittimità della decisione che, altrimenti, si ha per accettata.

Deve, invece, escludersi qualsiasi potere di controllo da parte del tribunale di prevenzione sui presupposti che legittimano l’applicazione dell’interdittiva antimafia, venendo, altrimenti, a realizzarsi una illegittima invasione delle sfere di competenza dell’autorità amministrativa ed una illegittima duplicazione di procedimenti aventi ad oggetto la legittimità delle interdittive, la cui valutazione resta esclusivamente di competenza del prefetto e del “giudice” amministrativo, quale esso sia.

Gli effetti del provvedimento adottato dal tribunale della prevenzione, individuati e descritti nella norma richiamata, non sono immediatamente correlati all’esercizio di diritti di rango costituzionale – diritti che sono connessi alla vicenda impugnatoria dell’interdittiva prefettizia dinanzi al competente organo amministrativo – ma sono di preminente natura cautelare essendo volti a realizzare una ulteriore forma di tutela dell’impresa destinataria della misura di prevenzione amministrativa consentendogli la continuità dell’attività economica, in vista della decisione amministrativa sulla inibitoria.

In caso di esito positivo di accoglimento della richiesta, con applicazione della misura del controllo giudiziario, per l’accertata sussistenza di situazioni, ancorché occasionali, di infiltrazione/condizionamento criminale dell’impresa – infiltrazione/condizionamento che, vale ricordarlo, sono a base della informativa prefettizia – non si produce un effetto decisorio definitivo suscettibile di incidere sulla situazione soggettiva dell’impresa destinataria della informativa, esito connesso al giudizio dinanzi alla competente autorità amministrativa, ma solo una sospensione degli effetti del provvedimento inibitorio, analoga a quella che interviene per effetto di un provvedimento di sospensiva autorità amministrativa, effetti che, ove sopravvenga il giudicato amministrativo di rigetto, sono destinati a riespandersi, ovvero a venire meno del tutto, nel caso in cui la decisione amministrativa sia favorevole all’impresa che, per l’effetto, viene rimessa nel pieno esercizio dei suoi diritti.

La norma in esame, peraltro, non disciplina l’esito del procedimento di controllo giudiziario, del quale non è prevista la durata, se non riferendosi alla possibilità di revoca del provvedimento e a quella di disporre altre misure di prevenzione patrimoniali, ricorrendone i presupposti; rinvio sintetico, ma sufficiente per enucleare quale esito possibile anche quello dell’applicazione, da parte dell’AG, di una misura di prevenzione patrimoniale.

Certamente, poi, nel caso in cui l’impugnativa amministrativa sia favorevole all’impresa, viene meno uno dei requisiti soggettivi che costituisce il presupposto dell’applicazione della misura del controllo giudiziario che da tale soggetto era stato attivato.

Conclusivamente, si ritiene che l’accoglimento della richiesta di controllo giudiziario , ex art. 34–bis, comma 6, secondo l’esito auspicato dalla impresa richiedente, che è l’unica legittimata a proporre la domanda, determina l’attivazione degli obblighi connessi al controllo giudiziario e la mera sospensione (e non già nell’annullamento ovvero la revoca) della interdittiva prefettizia, effetti caducatori, questi ultimi, che possono prodursi solo nella competente sede amministrativa, secondo una precisa scelta del legislatore – anche di natura semantica – e dell’inquadramento sistematico dell’istituto del controllo giudiziario per nulla casuale, scelta che ribadisce la natura provvisoria dell’applicazione dell’istituto e funzionale a ridimensionarne gli effetti, nelle more della definitiva decisione amministrativa sulla misura interdittiva applicata dal prefetto, che ne costituisce il presupposto..

In caso di applicazione della misura, corrispondente ad una precisa richiesta dell’impresa interessata, questa potrà sempre sollecitare la revoca del provvedimento, revoca che potrà essere proposta anche dall’amministratore giudiziario, per sopravenute modifiche delle condizioni di applicazione, o conseguire anche alla definizione della impugnazione amministrativa nella sede naturale.

E’ inoltre previsto che, in tale evenienza, anche quando si verifichi una situazione favorevole all’impresa interessata, con l’ annullamento della misura interdittiva, il tribunale di prevenzione, comunque investito della conoscenza di una situazione di contagio criminale dell’attività economica, possa attivare, ricorrendone i presupposti, una misura di prevenzione, secondo le previsioni del codice antimafia in materia di misure di competenza dell’AG, procedura di revoca che chiama in causa anche la pubblica accusa, pienamente informata, attraverso la procedura camerale ed i suoi esiti, della misura amministrativa e della fase aperta con la misura del controllo giudiziario richiesto dall’azienda interessata.

L’art. 34–bis – che prevede la procedura in discorso quando i pericoli di infiltrazione comportino solo “in via occasionale” l’agevolazione dell’attività di impresa che ha fondato l’applicazione della misura interdittiva antimafia amministrativa – non incide sulla sussistenza dei pericoli stessi – che, anzi, presuppone – attenendo unicamente alla possibilità di consentire, in via provvisoria, la prosecuzione dell’attività economica e prende atto della necessità di salvaguardare, con le necessarie cautele, le realtà produttive che, per quanto incise da tentativi di infiltrazione mafiosa, manifestino un grado di autonomia gestionale (dalle consorterie criminali) non ancora totalmente compromesso e sufficiente a consentirne un’attività economica corretta, pure in forma “controllata”.

Opzione favorita dal legislatore il cui intento è quello di conservare, per quanto possibile, realtà produttive che, soprattutto nelle zone in cui esistono i fenomeni associativi criminali più eclatanti, possano costituire rimedio all’assenza di credibili opportunità occupazionali.

Un definitivo esito decisorio non si produce neppure in caso di esito negativo, di inammissibilità o rigetto, della richiesta dell’impresa destinataria di informazione prefettizia antimafia, per carenza dei requisiti che legittimano il ricorso all’applicazione della misura, come ad es. per la mancanza del requisito della occasionalità ovvero della inidoneità e incapacità dell’impresa di svolgere dall’interno un’adeguata e idonea azione di bonifica volta alla eliminazione delle situazioni segnalate nella informativa prefettizia come indicative o sintomatiche del pericolo di infiltrazione/condizionamento/contaminazione mafiosa dell’impresa.

Tale conclusione non solo non è positivamente prevista, sotto forma di preclusione o decadenza, ma, soprattutto, non è in linea con i descritti requisiti soggettivi e presupposti di accesso alla misura del controllo giudiziario a richiesta dell’impresa destinataria dell’informativa prefettizia, in positivo delineati dalla previsione di cui all’art. 34–bis, controllo che, pertanto, può essere azionato, ricorrendone i presupposti giustificativi, in qualunque momento del complesso iter dell’impugnativa amministrativa.

Ciò è tanto più vero ove si osservi che le aziende e imprese costituiscono sia per la compagine soggettiva che per il dinamismo che ne caratterizza l’operatività, soggetti giuridici che possono attivare positive sinergie per la rimozione di quelle condizioni di infiltrazione e agevolazione criminale e che, pertanto, possono avviarsi sulla via della bonifica adottando modelli di organizzazione e gestione risanati.

La modifica sostanziale di tali condizioni operative ha diretta incidenza sulla procedura amministrativa di applicazione della misura, che come previsto dall’art. 91, comma 5, ultimo periodo, deve essere sempre aggiornata in presenza di nuovi elementi di valutazione offerti dall’interessato all’autorità amministrativa e che, per l’effetto, rifluisce anche sulla possibilità di riproposizione della richiesta di controllo giudiziario.

Né ricorrono i presupposti affinché possa ritenersi che il provvedimento impugnato presenta caratteri di abnormità, secondo la generica prospettazione svolta dal ricorrente.

La categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla giurisprudenza con l’intento dichiarato di introdurre un correttivo al principio della tassatività dei mezzi di impugnazione e di apprestare il rimedio del ricorso per cassazione contro determinati provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente impugnabili, risultino, tuttavia, affetti da anomalie genetiche o funzionali così radicali da non poter essere inquadrati in nessuno schema legale.

Il ricorso per cassazione rappresenta, pertanto, lo strumento processuale utilizzabile per rimuovere gli effetti di un provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del suo contenuto, deve essere considerato avulso dall’intero ordinamento giuridico (SU, 7/1989).

Tale evenienza non ricorre nel caso in esame poiché il provvedimento adottato non si discosta né diverge dalle previsioni della norma e dell’intero e organico sistema della legge in materia di misure di prevenzione, non essendosi esplicato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, stante la descritta natura e funzione dell’istituto e la inerenza dei poteri di controllo esercitati dal giudice ai fini dell’adozione del provvedimento (Sez. 6, 22889/2019).

 

Linee guida, circolari e prassi

G. Muntoni (presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma), “Giurisprudenza e prassi operative del tribunale di Roma, sezione misure di prevenzione”, relazione tenuta per il corso su “Misure di prevenzione patrimoniale: potenzialità e problematiche del contrasto ai patrimoni illeciti” organizzato dalla Scuola superiore della magistratura, 6 giugno 2019, reperibile al seguente link: https://www.fondazioneforensefirenze.it/uploads/fff/files/2019/2019_06%20–%20Giugno/13%20–%20Misure%20di%20prevenzione/Relazione%20–%20Dott_%20Guglielmo%20Muntoni.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, “Nuova disciplina delle misure di prevenzione: problematiche organizzative e operative”, nota n. 6815 del 10 novembre 2017, reperibile al seguente link: http://www.procura.bologna.giustizia.it/allegatinews/A_16709.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, “Nuova disciplina delle misure di prevenzione: l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario”, nota n. 5810 dell’8 novembre 2018, reperibile al seguente link: http://www.procura.bologna.giustizia.it/allegatinews/A_21020.pdf

Procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, “Quinta lettera di prevenzione”, novembre 2018, reperibile al seguente link: http://www.osservatoriomisurediprevenzione.it/prassi–e–documenti/