Art. 445 - Effetti dell’applicazione della pena su richiesta
1. La sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l’applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall’articolo 240 del codice penale. Nei casi previsti dal presente comma è fatta salva l’applicazione del comma 1-ter.
1-bis. Salvo quanto previsto dall’articolo 653, la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi. Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna.
1-ter. Con la sentenza di applicazione della pena di cui all’art. 444, comma 2, del presente codice per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis del codice penale, il giudice può applicare le pene accessorie previste dall’art. 317-bis del codice penale.
2. Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l’applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.
Rassegna giurisprudenziale
Effetti dell’applicazione della pena su richiesta (art. 445)
La previsione contenuta nell'art. 445, comma 1, relativa all'esenzione dall'obbligo del pagamento delle spese del procedimento in caso di applicazione di pena su richiesta delle parti non superiore a due anni (soli o congiunti a pena detentiva), deve intendersi riferita alle spese processuali in senso stretto e non si estende tanto alle spese per la custodia dei beni sequestrati e aventi un nesso pertinenziale con il reato per il quale è stata applicata la pena quanto a quelle di mantenimento in carcere dell'imputato che, quindi, devono essere in ogni caso poste a suo carico (Sez. 4, 24390/2022).
In tema di patteggiamento, non è consentita l'applicazione delle pene accessorie ex art. 445, comma 1-ter, per iniziativa del giudice, nel caso di sentenza di applicazione pena non superiore a due anni di reclusione, ai fatti commessi prima del 31 gennaio 2019 (data di entrata in vigore della L. 3/2019), trattandosi di un trattamento penale sfavorevole all'imputato dal momento che tale applicazione non era consentita dalla disciplina in materia di patteggiamento vigente al momento del fatto (Sez. 6, 40538/2021).
Siccome l’art. 445 equipara la sentenza emessa a seguito di applicazione della pena su richiesta alla sentenza di condanna, l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo di cui a tale norma va impartito anche in caso di applicazione della pena concordata dalle parti. Non assume rilievo il fatto che l’ordine di demolizione non abbia formato oggetto dell’accordo intercorso tra le parti, in quanto esso costituisce atto dovuto per il giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali, sottratto alla disponibilità delle parti stesse e di cui l’imputato deve tenere conto nell’operare la scelta del patteggiamento (Sez. 3, 38770/2018).
L’estinzione del reato, che ha costituto oggetto di sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445, comma 2, opera “ipso iure” e non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione (Sez. 5, 20068/2015, e, più di recente, Sez. 3, 9100/2021.).
In tema di patteggiamento, la declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 comporta l’esclusione degli effetti penali anche ai fini della recidiva (Sez. 3, 7067/2013).
La conversione del sequestro conservativo in pignoramento ai sensi dell’art. 320 ha luogo anche al passaggio in giudicato di sentenza di patteggiamento, dopo il quale ogni provvedimento relativo al bene oggetto del vincolo rientra nella competenza del giudice civile (Sez. 5, 16312/2013).
L’art. 106 Cod. pen. prevede che, agli effetti della recidiva, si tiene conto anche delle condanne per le quali sia intervenuta una causa di estinzione del reato salva l’ipotesi in cui “la causa estingue anche gli effetti penali”. Tale estinzione degli effetti penali che, ad esempio, non ricorre per la ipotesi della sospensione condizionale della pena, si realizza, invece, nella ipotesi di estinzione del reato per effetto della applicazione di pena su richiesta. Difatti, l’art. 445 comma 2, limitatamente al patteggiamento con applicazione di pena sino a due anni, prevede la estinzione del reato decorso il termine di cinque anni e che “in questo caso si estingue ogni effetto penale”. Quindi del reato estinto a seguito di applicazione della pena non deve tenersi conto ai fini della recidiva (Sez. 6, 34195/2014).
La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida va disposta con la sentenza di applicazione della pena, anche se della stessa non sia fatta menzione nella richiesta di patteggiamento. Trattasi, infatti, di provvedimento sanzionatorio di carattere specifico che, per la sua natura amministrativa ed atipica, non postula un giudizio di responsabilità ma consegue di diritto alla decisione e si distingue in tal senso dalle pene accessorie e dalle misure di sicurezza diverse dalla confisca cui fa riferimento l’art. 445, comma 1. È, pertanto, irrilevante la circostanza che le parti non abbiano fatto riferimento ad essa nell’accordo (Sez. 4, 8002/2014).
In tema di patteggiamento, ai fini dell’irrogazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici deve farsi riferimento, in caso di riconosciuta continuazione tra più reati, alla determinazione in concreto della pena, quale individuata per il reato più grave, e non a quella globale, comprensiva anche degli aumenti per la continuazione (fattispecie nella quale con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti veniva disposta la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici a fronte di una pena finale di anni tre di reclusione, come risultato degli aumenti inflitti per la continuazione su una pena base di anni due di reclusione. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici, che ha eliminato) (Sez. 2, 17861/2021).
La confisca del profitto del reato presupposto, eventualmente nella forma per equivalente, deve sempre essere disposta anche con la sentenza di patteggiamento, a prescindere dal rilievo che l’accordo fra le parti riguardi tale aspetto, oltre alla misura della pena principale (Sez. 5, 1154/2014).
Anche nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, la confisca per equivalente non può essere applicata sulla base della motivazione sintetica tipica del rito, sicché il giudice, nel disporre la misura ablatoria, deve specificamente esplicitare le ragioni per cui ritiene sussistenti i presupposti per adottarla e non attendibili le giustificazioni eventualmente addotte sull’esistenza di una sproporzione tra i valori sequestrati e il profitto del reato per cui è stato apposto il vincolo cautelare (Sez. 2, 9375/2019).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 445 per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. laddove impone l’applicazione delle pene accessorie quando la pena irrogata è superiore ai due anni, atteso che, quanto al richiamo all’art. 3 Cost., rientra nella discrezionalità del legislatore tener conto dell’entità della pena applicata, indice di maggior gravità del fatto, soprattutto in considerazione dell’ampliamento del limite entro cui è consentito patteggiare, e, con riferimento all’art. 24 Cost., sul rilievo che l’imputato, formulando la richiesta di patteggiamento o aderendo alla stessa, è in condizione di prevedere l’applicazione della pena accessoria in quanto essa è disposta dalla legge stessa (Sez. 7, 21146/2016).