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Art. 446 - Richiesta di applicazione della pena e consenso

1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall’articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’articolo 458, comma 1.

2. La richiesta e il consenso nell’udienza sono formulati oralmente; negli altri casi sono formulati con atto scritto.

3. La volontà dell’imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall’articolo 583 comma 3.

4. Il consenso sulla richiesta può essere dato entro i termini previsti dal comma 1, anche se in precedenza era stato negato.

5. Il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell’imputato.

6. Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve, enunciarne le ragioni.

Rassegna giurisprudenziale

Richiesta di applicazione della pena e consenso (art. 446)

La non modificabilità unilaterale e la non revocabilità, una volta raggiunta l'intesa, del consenso già espresso non implicano, tuttavia, l'immodificabilità dell'accordo, che resta, comunque, nella disponibilità delle parti sino alla ratifica da parte del giudice ed alla pronuncia della sentenza. Tale regola risponde ai principi generali in materia negoziale, la cui applicazione risulta, peraltro, imposta dall'art. 27, comma 3, Cost., atteso che eventuali modifiche congiunte potrebbero rendersi necessarie proprio al fine di adattare il trattamento sanzionatorio concordato alla gravità del fatto ed alla finalità rieducativa della pena (Sez. 4, 23811/2022).

Grava sull’istante un rigoroso onere di dare dimostrazione, con il corredo della relativa documentazione o l’indicazione dei diversi elementi dimostrativi, della tempestività della domanda rispetto al momento di effettiva conoscenza dell’atto (Sez. 4, 39103/2016).

In senso contrario: l’onere di accertamento a carico del giudice riguarda non solo l’eventuale effettiva conoscenza del procedimento da parte del condannato e la sua volontaria rinuncia a comparire, ma, anche, l’eventuale momento  diverso da quello allegato dalla parte  di intervenuta effettiva conoscenza della sentenza che si intende impugnare (riportata da Sez. 6, 24739/2018).

Comunque sia: la parte ha comunque un onere di allegazione riguardante la indicazione del momento in cui è venuta a conoscenza del provvedimento che si intende impugnare (Sez. 6, 24739/2018).

Manifestamente infondata è la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 446, comma 5, “laddove la norma non consente all’imputato di revocare il proprio consenso al patteggiamento fino alla sentenza del giudice”. Invero non solo è errato il riferimento normativo in quanto, come si è visto, la norma dalla quale si ricava la irrevocabilità del consenso è l’art. 447, comma 3, ma anche e soprattutto perché non si ravvisa alcun elemento di contrasto tra il contenuto di tale norma e la Costituzione. Lo stesso discorso vale per l’altra eccezione di costituzionalità dell’art. 446 laddove “non impone al giudice, chiamato a valutare la proposta di patteggiamento, di rigettarla nel caso manchi la volontarietà del consenso dell’imputato” (Sez. 2, 24210/2018).

Solo la manifestazione delle ragioni di un dissenso consente l’adempimento del corrispondente obbligo motivazionale del giudice sulla loro inidoneità a giustificare il dissenso stesso, con la conseguenza che il giudice non è gravato di un obbligo di motivazione attinente all’assenza di manifestazione di un parere da parte del PM sulla proposta di patteggiamento presentata dall’imputato, pur se in mancanza di tale parere, e dunque con modalità riconducibile ai cosiddetti facta condudentia, non si è raggiunto alcun accordo negoziale (Sez. 3, 37378/2013).

L’art. 446, comma 5, nel prevedere che il giudice dispone la comparizione dell’imputato al solo fine di verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, conferma la non indispensabilità della presenza dell’imputato all’udienza fissata per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena concordata tra le parti; là dove l’imputato rilasci al difensore procura speciale per procedere al “patteggiamento”, egli acconsente implicitamente che l’udienza (camerale o pubblica) si svolga in sua assenza, venendo rappresentato dal difensore (Sez. 7, 33439/2016).

Considerato che ai sensi dell’art. 446, comma 5, il giudice dispone la comparizione dell’imputato al solo fine di verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, la norma conferma la non indispensabilità della presenza dell’imputato all’udienza fissata per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena concordata tra le parti (Sez. 6, 7451/2017).

L’anticipazione, rispetto all’ora prefissata, dell’udienza disposta per l’applicazione della pena a richiesta integra una nullità assoluta, in quanto, impedendo l’intervento dell’imputato e l’esercizio del diritto di difesa, equivale alla sua omessa citazione (Sez. 3, 51578/2017).

Con particolare riferimento alla volontà della parte, la giurisprudenza di legittimità è orientata in senso restrittivo per quanto riguarda l’ammissibilità dell’impugnazione dell’imputato avverso la sentenza di patteggiamento pronunciata a seguito di accordo tra il PM e il difensore munito di procura speciale, nel caso in cui l’imputato non sia stato citato all’udienza camerale. 

Devono essere infatti valorizzati il ruolo della difesa tecnica e la volontà espressa dal rappresentato all’atto del conferimento della procura speciale.

È quindi inammissibile per difetto di interesse il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento – emessa a seguito di proposta avanzate dal difensore munito di procura speciale – con il quale si deduca il difetto di citazione dell’imputato medesimo, senza indicare la concreta utilità che deriverebbe dalla rimozione della sentenza né contestare la conformità della richiesta medesima al mandato conferito con procura speciale (Sez. 1, 15557/2018).

La proposizione legislativa di cui all’art. 446, comma 2 relativa alla formulazione orale della richiesta in udienza va intesa solo nel senso che essa, comunque espressa, deve essere esposta oralmente e verbalizzata (Sez. 3, 16703/2018).