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Art. 380 - Arresto obbligatorio in flagranza

1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.

2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:

a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;

a bis) delitto di violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti previsto dall’articolo 338 del codice penale;

b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall’articolo 419 del codice penale;

c) delitti contro l’incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;

d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall’articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall’articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall’articolo 600-ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall’articolo 600-quinquies del codice penale;

d.1) delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsti dall’articolo 603-bis, secondo comma, del codice penale;

d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall’articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall’articolo 609-octies del codice penale;

d-ter) delitto di atti sessuali con minorenne di cui all’articolo 609-quater, primo e secondo comma, del codice penale;

e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), nonché 7-bis) del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;

e-bis) delitti di furto previsti dall’articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;

f) delitto di rapina previsto dall’articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall’articolo 629 del codice penale;
f-bis) delitto di ricettazione, nell’ipotesi aggravata di cui all’articolo 648, primo comma, secondo periodo, del codice penale;

g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;

h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo;

i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni;

l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall’articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, delle associazioni di carattere militare previste dall’articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654;

l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall’articolo 416-bis del codice penale;

l-ter) delitti di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dagli articoli 387-bis, 572 e 612-bis del codice penale;

m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall’articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale, se l’associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma;

m-bis) delitti di fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso previsti dall’articolo 497-bis del codice penale;

m-ter) delitti di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione di trasporto di persone ai fini dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato, di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.

m-quater) delitto di omicidio colposo stradale previsto dall’articolo 589-bis, secondo e terzo comma, del codice penale.

3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l’arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela, l’arrestato è posto immediatamente in libertà.

Rassegna giurisprudenziale

Arresto obbligatorio in flagranza (380)

Nel procedere all’arresto in flagranza la PG è tenuta ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura e, preliminarmente, sulla base dei criteri indicati dagli artt. 380 e 381, a verificare se trattasi di arresto obbligatorio o facoltativo. Di tale accertamento e della relativa scelta la PG deve dare puntuale contezza, pur senza procedere ad esporre le motivazioni della scelta effettuata.

Sicché è sufficiente l’esposizione degli elementi dai quali i predetti parametri sono stati desunti, così da consentire al giudice, in sede di convalida, di effettuare la verifica di legittimità.

Il tutto secondo quanto si desume dal disposto degli artt. 389 comma 2 (che prevede la liberazione dell’arrestato quando risulta evidente che l’arresto è stato eseguito fuori dei casi previsti dalla legge), e 385 (che impone il divieto di arresto in presenza di determinate circostanze di non punibilità accertabili dalla stessa PG) (Corte costituzionale, sentenza 54/1993).

L’art. 380, comma 1, lett. e) prescrive l’arresto obbligatorio in fragranza, allorché l’autore del reato sia colto nell’atto di commettere un delitto di furto, aggravato da taluna delle circostanze aggravanti, previste dall’art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi, Cod. pen., ossia l’uso della violenza, come, per l’appunto, nella fattispecie oggetto di giudizio.

Tale riscontro esclude il rilievo dei requisiti, concernenti la gravità indiziaria e la pericolosità sociale dell’imputato, trattandosi, per l’appunto, di provvedimento obbligatorio, legittimamente adottato dagli agenti operanti di PG (Sez. 5, 37975/2017).

Il giudice della convalida è tenuto a controllare unicamente la sussistenza dei presupposti legittimanti l’arresto in relazione allo stato di flagranza ed alla ipotizzabilità di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381, attraverso una verifica “ex ante”, che deve tener conto della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria o conoscibile con l’ordinaria diligenza, al momento dell’arresto o del fermo, con esclusione delle indagini e delle informazioni acquisite successivamente, le quali sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo “status libertatis”.

In sostanza il vaglio che il giudice della convalida è chiamato ad effettuare in questa fase attiene alla verifica del ragionevole uso dei poteri discrezionali della PG, verifica da effettuare ponendosi nella medesima situazione in cui la stessa ha agito per stabilire, sulla base degli elementi conosciuti e conoscibili in quel momento, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti dell’esercizio legittimo dei poteri conferiti alla PG.

Non può, invece, estendersi all’accertamento dei presupposti per l’affermazione della responsabilità che, per la complessità dei canoni di riferimento, deve essere riservata al giudice della cognizione. Né può riguardare la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, valutazioni riservate alla successiva fase della applicabilità di misure cautelari (Sez. 4, 22626/2017).

Il D. Lgs. 286/1998, art. 13, comma 13-ter, nell’ipotesi di abusivo reingresso nel territorio dello Stato, prevede l’arresto anche fuori dei casi di flagranza, riducendo lo spazio valutativo dell’organo di PG sull’ipotizzabilità dell’illecito penale, che risulta configurabile, una volta verificate l’avvenuta espulsione, la mancata decorrenza del termine del divieto di reingresso e la mancanza delle prescritte autorizzazioni (Sez. 1, 52962/2016).

Integra il tentativo di rapina impropria la condotta dell’agente che, dopo aver sottratto merce dai banchi di vendita di un supermercato ed averla occultata sulla propria persona, al fine di allontanarsi, usa violenza nei confronti dei dipendenti dell’esercizio commerciale che lo hanno colto in flagranza e trattenuto per il tempo necessario all’esecuzione della consegna agli organi di Polizia, poiché anche i privati cittadini hanno, in simili circostanze, il potere di procedere all’arresto, ai sensi del combinato disposto degli art. 380, comma 2, lett. f), e 383, comma 1 e, pertanto, la reazione violenta dell’autore del fatto non può configurarsi come difesa da un’azione illecita a norma dell’art. 52 Cod. pen. (Sez. 2, 50662/2014).