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Art. 130 - Correzione di errori materiali

1. La correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto, è disposta, anche di ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento. Se questo è impugnato, e l’impugnazione non è dichiarata inammissibile, la correzione è disposta dal giudice competente a conoscere dell’impugnazione.

1-bis. Quando nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti si devono rettificare solo la specie e la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la correzione è disposta, anche d’ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento. Se questo è impugnato, alla rettificazione provvede la corte di cassazione a norma dell’articolo 619, comma 2.

2. Il giudice provvede in camera di consiglio a norma dell’articolo 127. Dell’ordinanza che ha disposto la correzione è fatta annotazione sull’originale dell’atto.

Rassegna giurisprudenziale

Correzione di errori materiali (art. 130)

In generale

Nel caso in cui il giudice, per errore materiale nell’affoliazione, abbia redatto una sentenza contenente una motivazione in realtà inerente ad altra sentenza, la conseguente inesistenza attiene al documento-sentenza, non anche al dispositivo inteso quale forma di manifestazione della decisione; ne consegue la necessità di nuova redazione della sentenza, completa di motivazione ad hoc, oltre che dell’originario dispositivo, non anche della celebrazione ex novo del giudizio. Inoltre, laddove il giudice abbia fatto ricorso allo strumento dell’ordinanza di correzione di errori materiali ex art. 130, quest’ultima deve essere conseguentemente annullata in quanto atto abnorme, rientrando nella categoria della abnormità gli atti per i quali l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva depositato una sentenza contenente una motivazione inerente tutt’altra decisione, emessa nei confronti di un soggetto diverso e, per porre rimedio a tale discrasia, aveva disposto la correzione dell’errore materiale a mezzo di ordinanza ex art. 130. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale, disponendo la trasmissione degli atti alla medesima corte di appello per la sola redazione della motivazione della sentenza) (Sez. 2. 23782/2021).

Alla procedura di correzione di errore materiale il giudice può fare ricorso per porre rimedio ad imprecisioni o alla carenza di elementi che debbano necessariamente essere ricompresi nel provvedimento, in modo tale, quanto al primo profilo, da adeguare l’espressione formale ed esteriorizzata della decisione assunta al suo effettivo contenuto e, quanto al secondo, da inserire mediante integrazione dati necessari, non ricavati dall’esercizio postumo di un potere discrezionale. Non è consentito, invece, apportare modifiche all’atto con inserimento di elementi non inclusi nella ratio decidendi e tali da alterare il contenuto essenziale della decisione già adottata. In ogni caso l’errore deve essere “materiale”, ossia non attinente alla volontà decisoria estrinsecata nel provvedimento, ma soltanto alla sua manifestazione all’esterno e, come tale, deve presentarsi di immediata rilevazione e soluzione attraverso un semplice intervento di adeguamento sostitutivo o integrativo, con la precisazione che in questo secondo caso l’emenda sarà consentita soltanto se i dati inseriti siano in rapporto di stretta dipendenza logico- giuridica con il contenuto della decisione e corrispondano ad una statuizione necessitata a contenuto predeterminato, perché soltanto a questa condizione l’integrazione mantiene intangibile il contenuto essenziale del giudizio, lo rende coerente con i parametri normativi di riferimento e non trasforma il rimedio della correzione in un anomalo mezzo d’impugnazione, che surrettiziamente consenta di pervenire ad una diversa modulazione della decisione compiuta (Sez. 1, 31046/2018).

In tema di correzione degli errori materiali deve ritenersi esclusa l’applicabilità dell’art. 130 quando la correzione si risolve nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assuntaL’errore, quale che sia la causa che possa averlo determinato, una volta divenuto partecipe del processo formativo della volontà del giudice, non può che diffondere i suoi effetti sulla decisione: ma questa, nella sua organica unita e nelle sue essenziali componenti non può subire interventi correttivi, per quanto ampio significato si voglia dare alla nozione di “errore materiale” suscettibile di correzione. Viceversa sono sempre ammissibili gli interventi correttivi imposti soltanto dalla necessita di armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione con il suo reale intangibile contenuto, proprio perché intrinsecamente incapaci di incidere sulla decisione già assunta (Sez. 5, 1291/2019).

Non è emendabile con la procedura di correzione dell'errore materiale la sentenza che abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta di condanna dell'imputato alle spese processuali, ritualmente formulata dalla parte civile, trattandosi di emenda non automatica e predeterminata - pertanto, non rimediabile con il ricorso alla procedura di cui all'art. 130 - ma implicante valutazioni sia in ordine all'ammissibilità della relativa domanda sia in ordine all'entità della liquidazione, che ben può essere neutralizzata da una possibile compensazione, salvo che dalla sentenza emergano elementi che giustifichino la mancata condanna dell'imputato alla rifusione delle spese processuali della parte civile (Sez. 1, 20068/2022).

Giudice competente

La correzione di errori materiali può essere disposta dal giudice che ha deliberato il provvedimento, non solo nella pendenza dei termini per l'impugnazione, ma anche fino a quando gli atti non siano ancora materialmente pervenuti nella sfera del giudice ad quem, qualora ricorra una situazione di urgenza. In tali casi, infatti, sussiste la necessità che il provvedimento di correzione indifferibile sia assunto dall'unico giudice che potrebbe tempestivamente ed utilmente provvedere, ovvero dal giudice che ancora disponga degli atti processuali, in analogia con la previsione di cui all'art. 91 disp. att. relativo alla competenza ad adottare i provvedimenti concernenti le misure cautelari (Sez. 4, 29381/2022).

La correzione di errori materiali può essere disposta dal giudice che ha deliberato il provvedimento, non solo nella pendenza dei termini per l’impugnazione, ma anche fino a quando gli atti non siano ancora materialmente pervenuti nella sfera del giudice ad quem (Sez. 4, 29807/2015).

Nullità della procedura

Il provvedimento di correzione di errore materiale che sia stato adottato senza fissazione della camera di consiglio ed avviso alle parti, ai sensi dell’art. 127, è affetto da nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p.; la deduzione di siffatta invalidità con il ricorso per cassazione è consentita soltanto se il ricorrente indichi un concreto interesse a partecipare all’udienza camerale (Fattispecie nella quale la Corte, evidenziando come il ricorrente avesse documentato di aver sollevato, nel corso del giudizio di merito relativo ai fatti oggetto delle indagini per cui era stato emesso il provvedimento corretto, eccezione di inutilizzabilità di alcuni atti, ha disposto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, disponendo la restituzione degli atti al tribunale competente) (Sez. 2, 37068/2020).

Correzione del verbale d’udienza

La sostanziale diversità ontologica fra i provvedimenti giurisdizionali elencati dall’art. 130 e il verbale di udienza, atto meramente rappresentativo delle operazioni svoltesi nel corso della udienza, proprio del cancelliere, che attesta nel verbale quanto avvenuto in udienza, esclude che possa ritenersi applicabile, in via analogica, anche a tale atto il procedimento di correzione dell’errore materiale previsto dall’art. 130 (Sez. 3, 45251/2016).

 

Correzione del decreto che dispone il giudizio

Il GIP può ricorrere al procedimento di correzione di errore materiale di cui all’art. 130 per integrare il decreto che dispone il giudizio nei limiti strettamente necessari a ricostituire i contenuti, pieni, del capo di imputazione nel primo racchiuso, non esprimendo per ciò stesso, egli, un apprezzamento valutativo-decisionale preclusogli per l’adottato meccanismo (SU, 7945/2008 e Sez. 6, 29912/2018).

 

Morte dell’imputato

La tardiva conoscenza dell’evento morte, verificatasi nel corso del processo, può essere considerata errore di fatto paragonabile all’errore materiale e soggetto, in virtù di applicazione estensiva dell’art. 130 al procedimento della correzione degli errori materiali, anche nei gradi successivi del giudizio, in quanto la mancanza del soggetto, nei cui confronti si esercita l’azione penale, determina l’inesistenza giuridica della sentenza, per essere estinto il reato per morte del reo (Sez. 2, 23144/2018).

 

Erronee generalità dell’imputato

È legittima l’instaurazione della procedura di incidente di esecuzione per la correzione dell’errore materiale relativo all’erronea indicazione delle generalità del condannato, essendo stato questi regolarmente avvisato come indagato, anche se con altro nome (Sez. 3, 18532/2018).

 

Difformità tra dispositivo e motivazione

La difformità tra dispositivo letto in udienza e dispositivo in calce alla motivazione non è causa di nullità della sentenza, che ricorre nei soli casi in cui difetti totalmente il dispositivo, ma, prevalendo il dispositivo di udienza, detta difformità è sanabile mediante il procedimento di correzione dell’errore materiale (Sez. 6, 18372/2017).

In caso di difformità, il principio secondo il quale il dispositivo prevale sulla motivazione della sentenza incontra una deroga nel caso in cui l’esame della motivazione consenta di ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente la volontà del giudice. Conseguentemente, quando dall’esame della motivazione emerge che la divergenza dipende da un mero errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo, è legittimamente esperibile la procedura per la correzione degli errori materiali. (Sez. 2, 3186/2014).

È applicabile la procedura di correzione degli errori materiali nel caso in cui la Corte di cassazione abbia dichiarato l’inammissibilità del ricorso omettendo la statuizione sulle spese giudiziali sostenute dalla parte civile in sede di legittimità (Sez. 3, 30057/2018).

 

Omissione di sanzioni amministrative obbligatorie

L’omissione, nella sentenza di patteggiamento, di sanzioni amministrative obbligatorie accessorie e a contenuto predeterminato, come la demolizione di immobili abusivi o la rimessione in pristino dello stato dei luoghi per le violazioni paesaggistiche, è emendabile con il procedimento di correzione dell’errore materiale ex art. 130 dal giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna o dal giudice dell’impugnazione ove questa non sia inammissibile, ma non dal giudice dell’esecuzione, che non ha una competenza specifica in materia. (Sez. 3, 35200/2016).

 

Correzione e ricorso straordinario

L’istituto del ricorso straordinario avverso le sentenze della Corte di cassazione, previsto dall’art. 625-bis, è ammesso limitatamente alla correzione di errore materiale o di fatto contenuto nella sentenza di legittimità.

Per errore materiale si deve intendere solo l’errore che concerne la documentazione grafica della volontà giudiziale e quindi coincide con l’ambito disciplinato anche dall’art. 130, mentre per errore di fatto si intende l’errore percettivo nella lettura degli atti del giudizio di cassazione, decisivo nella formazione della decisione ed immediatamente rilevabile.

Non costituiscono quindi errori di fatto gli errori valutativi né gli errori di interpretazione di norme; l’omesso esame di un motivo di ricorso integra errore di fatto solo nel caso in cui l’omissione sia stata determinata da errore di percezione che abbia fatto ritenere l’assenza del motivo (Sez. 1, 31040/2018).