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Art. 359-bis - Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi

1. Fermo quanto disposto dall’articolo 349, comma 2-bis, quando devono essere eseguite le operazioni di cui all’articolo 224-bis e non vi è il consenso della persona interessata, il pubblico ministero ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che le autorizza con ordinanza quando ricorrono le condizioni ivi previste.

2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenete i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell’articolo 224-bis, provvedendo a disporre l’accompagnamento coattivo, qualora la persona da sottoporre alle operazioni non si presunti senza addurre un legittimo impedimento, ovvero l’esecuzione coattiva delle operazioni, se la persona comparsa rifiuta di sottoporvisi. Entro le quarantotto ore successive il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell’eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso immediatamente al pubblico ministero e al difensore.

3. Nei casi di cui al comma 1 e 2, le disposizioni degli articoli 132, comma 2, e 224-bis, commi 2, 4 e 5, si applicano a pena di nullità delle operazioni e di inutilizzabilità delle informazioni così acquisite. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 191.

3-bis. Nei casi di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale, qualora il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, se vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il decreto di cui al comma 2 e gli ulteriori provvedimenti ivi previsti possono, nei casi di urgenza, essere adottati anche oralmente e successivamente confermati per iscritto. Gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all’accompagnamento dell’interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all’esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Del decreto e delle operazioni da compiersi è data tempestivamente notizia al difensore dell’interessato, che ha facoltà di assistervi, senza che ciò possa comportare pregiudizio nel compimento delle operazioni. Si applicano le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 365. Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede la convalida del decreto e degli eventuali ulteriori provvedimenti al giudice per le indagini preliminari, che provvede al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone immediato avviso al pubblico ministero e al difensore. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell’articolo 224-bis.

Rassegna giurisprudenziale

Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi (art. 359-bis)

Non sussiste violazione di legge, con riguardo all’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 359-bis in relazione all’art. 224-bis, in ordine all’utilizzabilità dei campioni biologici (saliva) laddove prelevati su mozziconi di sigaretta o su bicchieri di plastica utilizzati da un soggetto che poi li ha abbandonati.

Difatti, il prelievo di saliva, avvenuto all’insaputa dell’imputato, mediante l’apprensione di un bicchierino di caffè offerto dalla PG, può essere effettuato ai sensi dell’art. 348 - e dunque senza ricorrere ad un provvedimento di perquisizione e sequestro- in quanto l’attività non determina alcuna incidenza sulla sfera della libertà personale dell’interessato, riguardando materiale biologico fisicamente separato dalla persona (Sez. 2, 51086/2016).

I risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad un incidente stradale, non preordinato a fini di prova della responsabilità penale, ma di cura ed assistenza, sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza senza che rilevi la “mancanza di un preventivo consenso” dell’interessato (Sez. F, 52877/2016); lo stesso vale per il reato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti.

Diversamente, ove si tratti di prelievo ematico richiesto dalla PG e finalizzato all’accertamento della presenza di alcol o sostanze stupefacenti nel sangue, il conducente può opporre un “espresso dissenso” al prelievo, fatte salve le conseguenze penali di tale “dissenso” (Sez. 4, 54977/2017).

Le operazioni di identificazione del DNA della persona, attraverso l’utilizzo del materiale genetico repertato si traducono in un accertamento tecnico, da qualificarsi come ripetibile o non in base ad una valutazione tecnico-fattuale in ordine alla possibile conservazione dei reperti (Sez. 1, 18246/2015).

L’attività di prelievo coattivo disciplinata dall’art. 359-bis si colloca nell’ambito del titolo V del codice, che regolamenta l’attività del PM, dunque si presenta come una attività direttamente gestita dall’organo dell’accusa, previa autorizzazione del giudice. Questa è necessaria per garantire il massimo controllo di legalità disponibile relativo ad una operazione che incide sul diritto fondamentale alla autodeterminazione.

L’attività di prelievo non ha una sua autonomia probatoria essendo una operazione prodromica alla effettuazione di analisi tecniche successive che, nel caso della analisi del DNA, si individuano nella attività tecnica di estrazione del profilo genetico sia dai campioni prelevati coattivamente che dalle tracce presenti sui reperti e nella successiva attività di comparazione dei profili estratti. Nel caso della attività di identificazione attraverso il DNA è sufficiente carpire un campione salivare o acquisire capelli o peli: si tratta di un intervento che non richiede l’utilizzo di competenze tecniche tali da attivare i presidi di tutela che regolamentano l’acquisizione della prova scientifica.

La conferma del fatto che il prelievo in questione non richiede competenze tecniche specialistiche si ricava anche da quanto previsto dall’art. 349, comma 2-bis, che nel disciplinare le operazioni di identificazione, dispone che «se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell’interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta oppure resa oralmente e confermata per iscritto del pubblico ministero».

Diversamente, se il prelievo dovesse richiedere una attività invasiva in quanto ai fini della prova dovesse risultare necessario acquisire campioni di tessuto interno, reperti riconducibili a materiale organico non apprendibile senza l’utilizzo di tecniche chirurgiche o senza il ricorso a competenze mediche, il ricorso al tecnico (consulente o perito) diventa opportuno anche ai soli fini del prelievo, sebbene la scelta di farvi ricorso resti, vale la pena di rimarcarlo, nella disponibilità del pubblico ministero.

La possibilità di effettuare il prelievo senza ricorso a competenze tecniche specialistiche trova conferma anche nella struttura dell’art. 224-bis che regolamenta i provvedimenti del giudice per le perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale. Dalla lettura della norma si evince che il prelievo coattivo di capelli, peli o mucosa del cavo orale è attività materiale prodromica rispetto all’effettuazione degli accertamenti tecnici funzionali all’estrazione del profilo genetico.

La norma in questione disciplina i casi in cui l’“accertamento peritale”, che non si conclude con l’attività di prelievo, ma da questa prende avvio, richieda atti incisivi della libertà personale. Il prelievo coatto ha dunque natura ancillare rispetto agli accertamenti peritali disciplinati dall’art. 224-bis, evidentemente estesi ad attività tecnica che presuppone il prelievo, ma che in esso non si esaurisce.

Il che non esclude che potrebbero verificarsi dei casi in cui per la repertazione del campione biologico necessario agli accertamenti peritali sia necessario il ricorso a tecniche chirurgiche (si pensi alla necessità di acquisire un frammento di un organo interno per verificarne l’incidenza di agenti patogeni). In tal caso anche l’attività di prelievo assurge alla dignità di operazione tecnica non eseguibile senza il ricorso a competenze specialistiche e dovrà essere compiuta nel rispetto dello statuto che il codice prevede per la acquisizione della prova scientifica.

Diversamente, l’estrazione del profilo genetico rinvenibile sui campioni è attività che richiede sempre l’attivazione di competenze specialistiche, essendo una operazione tecnica di significativa complessità.

Pertanto, inquadrato il prelievo come attività prodromica ed ancillare rispetto alla estrazione del profilo genetico, attività quest’ultima che richiede invece sempre l’attivazione di competenze specialistiche, le possibilità che il codice offre al pubblico ministero per identificare il profilo genetico da persona vivente sono due: a) provvedervi direttamente attraverso la nomina di un consulente tecnico; in questo il caso il prelievo coatto del campione biologico sarà acquisito con l’autorizzazione del giudice ai sensi dell’art. 359-bis per garantire il controllo di legalità nella esecuzione di un atto che incide sulla libertà personale; b) chiedere al giudice che l’analisi sia effettuata con le forme della perizia incidentale, come consentito dall’art. 392 comma 2; in questo caso il campione sarà prelevato nell’ambito delle operazioni peritali dirette all’estrazione del profilo genetico dai campioni organici ed alla successiva comparazione degli stessi.

In conclusione, deve ritenersi che il combinato disposto degli artt. 359-bis, 224-bis e 224 non indichi il necessario ricorso allo strumento della perizia per l’operazione di prelievo coattivo, che si inquadra come attività prodromica ed ancillare rispetto alla successiva analisi tecnica finalizzata alla estrazione del profilo genetico dalla traccia di DNA rinvenibile sul reperto.

Quando l’assunzione dei reperti presenta caratteristiche di complessità tali da rendere opportuno il ricorso a competenze tecniche il PM attiverà i presidi codicistici che governano l’acquisizione della prova scientifica nominando un consulente tecnico “anche” per il prelievo o chiedendo l’incidente probatorio indicato nell’art. 392 comma 2 (Sez. 2, 2476/2015).

L’attività di comparazione tra profili genetici estratti dai reperti e riversati in supporti documentali è una operazione di confronto sempre ripetibile ogni volta che sia assicurata la corretta conservazione dei supporti documentali che ostendono l’impronta genetica. (Sez. 2, 2087/2012).