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Art. 194 - Oggetto e limiti della testimonianza

1. Il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova. Non può deporre sulla moralità dell’imputato, salvo che si tratti di fatti specifici, idonei a qualificarne la personalità in relazione al reato e alla pericolosità sociale.

2. L’esame può estendersi anche ai rapporti di parentela e di interesse che intercorrono tra il testimone e le parti o altri testimoni nonché alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutarne la credibilità. La deposizione sui fatti che servono a definire la personalità della persona offesa dal reato è ammessa solo quando il fatto dell’imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona.

3. Il testimone è esaminato su fatti determinati. Non può deporre sulle voci correnti nel pubblico né esprimere apprezzamenti personali salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti.

Rassegna giurisprudenziale

L’oggetto e i limiti della testimonianza (art. 194)

L’oggetto

Non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle “fonti di prova”, nonché sui contenuti testimoniali o sulle scelte riguardanti l’interpretazione dei fatti (Sez. 6, 20513/2018).

In tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. 2, 15796/2017).

Il giudice può legittimamente desumere elementi di prova dall’esame del consulente tecnico, di cui le parti abbiano chiesto ed ottenuto l’ammissione, stante l’assimilazione della sua posizione a quella del testimone, senza necessità di dover disporre apposita perizia se, con adeguata e logica motivazione, dimostri che essa non sia indispensabile per essere gli elementi forniti dall’ausiliario privi di incertezze, scientificamente corretti e basati su argomentazioni logiche e convincenti (Sez. 4, 25127/2018).

Le dichiarazioni predibattimentali (comprese quelle di tipo ricognitivo) utilizzate per le contestazioni possono essere valutate come dichiarazioni rese direttamente dal medesimo in sede dibattimentale ove le stesse siano state successivamente confermate (Sez. 2, 57263/2017).

 

Divieto di testimonianza su voci correnti

Il divieto di testimonianza sulle voci correnti nel pubblico, previsto dall’art. 194, comma 3, non trova applicazione qualora il testimone riferisca di circostanze apprese da persone determinate, ancorché non identificate; ed è pacificamente utilizzabile a fini probatori nel giudizio abbreviato l’annotazione di servizio redatta dal personale di PG intervenuto sul luogo del reato, nella quale sono riportate le dichiarazioni rilasciate da persona ivi presente, di cui non è stato possibile procedere alla compiuta identificazione, dovendosi escludere l’assimilabilità delle dichiarazioni in oggetto alle voci correnti nel pubblico e l’operatività del divieto di cui all’art. 195, comma 7 (Sez. 4, 14599/2017).

 

Divieto di esprimere apprezzamenti personali

Il divieto di esprimere apprezzamenti personali, posto in via generale dall’art. 194 comma 3, non vale qualora il testimone sia una persona particolarmente qualificata, che riferisca su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e particolare attività, giacché in tal caso l’apprezzamento diventa inscindibile dal fatto (Sez. 2, 30384/2018).

Ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice ben può utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di PG che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, così come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario.

Non si tratta infatti di un’impropria attività para-peritale, ma della espressione di una percezione sensoriale, che ben può formare oggetto di testimonianza, anche da parte degli operanti della PG coinvolta nelle indagini, perché ad essi è inibita la testimonianza sulle dichiarazioni rese nel corso del procedimento dagli indagati (art. 62) o da testimoni (art. 195 comma 4), e non su quanto da loro appreso o percepito direttamente, attraverso l’uso dei normali sensi (vista, udito, tatto, gusto, olfatto).

Né una simile testimonianza incontrerebbe in tal caso il divieto di espressione di apprezzamenti personali (art. 194) perché in questo ambito ricadono espressioni di opinioni e non quanto rientra nella sfera di ricognizioni, siano esse uditive o di altra natura (Sez. 2, 33746/2018).